[Il 3 dicembre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo VI della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Garanzie costituzionali».

Vengono qui riportate solo le parti relative al tema in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 138 per il testo completo della discussione.]

Presidente Terracini. L'onorevole Benvenuti ha presentato il seguente emendamento:

«Dopo il primo comma, aggiungere:

«Il Presidente della Repubblica non promulga le leggi modificatrici della Costituzione o con essa contrastanti, se non quando siano adottate dalle due Camere con la procedura e con la maggioranza di cui al presente articolo».

Ha facoltà di svolgerlo.

Benvenuti. Onorevoli colleghi, continuo il cortese contraddittorio iniziato con i colleghi della Commissione sabato scorso e continuato stamattina col collega Rossi. Ho detto che il problema va al di là del testo letterale dell'emendamento. È un problema che segna una svolta, a mio avviso, della elaborazione costituzionale che stiamo formulando.

Il problema è questo: i diritti fondamentali dell'uomo e del cittadino, che abbiamo riconosciuto come inviolabili all'articolo 2 della nostra Costituzione, sono garantiti dalla Costituzione o sono rimessi all'arbitrio di qualsiasi maggioranza parlamentare?

Questo è il tema che vi propongo e che passerò brevemente ad illustrare, a sostegno del mio emendamento. Premetto che desidero mantenermi su di un terreno generale e ideale, sul terreno dei principî.

Io non mi vergogno di difendere gli immortali principî: potrà essere una posizione romantica, ma tengo fermo e duro su questo terreno. Lascio ad altri i fasti della così detta real politik, perché sono convinto che ogni abbandono di principî si traduce sempre in una debolezza dell'azione.

D'altra parte, il principio della inviolabilità della persona umana fa parte essenziale del programma del partito nel quale ho l'onore di militare. Ai colleghi del Partito repubblicano storico mi permetto di ricordare un passo classico di Mazzini. Nei «Diritti e doveri del l'uomo» Mazzini proclamava: «Vi sono cose che costituiscono il vostro individuo (parla agli italiani) e sono essenziali alla vita umana. Su queste neppure il popolo ha signoria. Nessuna maggioranza può rapirvi ciò che vi fa essere uomini. Nessuna maggioranza può decretare la tirannide e spegnere o alienare la libertà».

Vi dico con tutta franchezza che non mi sento di approvare un testo costituzionale che dà al potere legislativo la facoltà, perfettamente legittima, di decretare la tirannide e di spegnere la libertà. Questo il pubblico non sa ancora: bisogna avere il coraggio di denunciarlo. Gli italiani credono che il Presidente della Repubblica nella nuova Costituzione abbia funzioni di tutore della Costituzione e della pubblica libertà, e credono sul serio che la Costituzione che si sta costruendo sbarri la strada ad ogni tirannia. Al contrario, il Presidente della Repubblica, così come la sua figura emerge dal sistema costituzionale sostenuto dalla Commissione, deve obbligatoriamente promulgare le leggi, quando anche esse sopprimano le libertà fondamentali dei cittadini.

È contro questa complicità del Presidente della Repubblica che io insorgo. Una legge che mettesse la stampa alla mercé della polizia, che comprimesse la libertà religiosa, che è sacra per gli italiani, che istituisse tribunali speciali, dovrebbe o non dovrebbe essere promulgata dal Presidente della Repubblica? Lo deve essere secondo il sistema architettato dalla Commissione; anzi, se il Presidente della Repubblica non la promulga, egli è passibile di essere deferito all'Alta Corte di giustizia.

E più precisamente: il Presidente che ha giurato fedeltà alla Costituzione è passibile di deferimento all'Alta Corte di giustizia ove si rifiuti di promulgare una legge che violi quella Costituzione alla quale ha giurato fede. Questa è una mostruosità giuridica e morale. E non parliamo più, onorevoli colleghi, di Costituzione rigida! Io non conosco il perfetto toscano dei costituzionalisti ma il semplice comune vernacolo dell'umile gente della Valle Padana, che qui mi ha mandato a difendere le sue libertà. Quando in uno Stato non esiste un organo che abbia il potere e il dovere di impedire l'entrata in vigore di leggi incostituzionali, o comunque violatrici della libertà, ci troviamo di fronte ad una Costituzione non più rigida, ma tipicamente flessibile, in quanto docile ed adattabile ad ogni e qualsiasi arbitrio del potere legislativo.

Ma i colleghi rispondono: «C'è la Corte costituzionale». Questa difesa non può esser tenuta valida. Quando avete votato, onorevoli colleghi della Commissione, l'obbligatorietà della promulgazione, l'istituzione della Corte costituzionale non era ancora votata e, se non fosse stata mai votata, saremmo rimasti senza un qualsiasi barlume di garanzie di fronte al prepotere della maggioranza legiferante.

In secondo luogo, faccio presente una considerazione fondamentale: se la Corte costituzionale non era ancora istituita quando avete votato il principio delle promulgazioni obbligatorie, essa non è entrata in vita neppure oggi. Noi dobbiamo infatti attendere che l'istituto sia regolato, concretamente istituito e messo in azione da parte del potere legislativo ordinario. Quindi, in realtà, la prima maggioranza che uscirà dal suffragio popolare, dopo lo scioglimento della nostra Assemblea, avrà praticamente il potere illimitato di votare qualsiasi legge, di istituire qualsiasi regime anticostituzionale, senza ombra di controllo, neppure quello della Corte costituzionale. Ed infine, se si ricorresse alla Corte costituzionale, quando una legge anticostituzionale e liberticida fosse già entrata in vigore (supponete una legge che sciogliesse i partiti, che sopprimesse la stampa, che imbavagliasse i giornali, che arrestasse i cittadini), una legge cioè che rievocasse i fasti del 3 gennaio mussoliniano e di tutta la legislazione successiva, allora io mi domando: la situazione incostituzionale ed eccezionale che sarebbe venuta a crearsi, quale margine lascerebbe al popolo italiano per adire sul serio la Corte costituzionale? Quale margine di libertà lascerebbe il fatto compiuto al Parlamento ed ai cittadini per insorgere contro la legge incostituzionale? In realtà, il fatto compiuto, svuoterebbe la Corte costituzionale della sua sostanziale funzione di difesa del cittadino.

È contro questo «fatto compiuto», con tutte le sue gravissime conseguenze, che si leva il mio emendamento, il quale non ha nessun contenuto rivoluzionario, che tocchi cioè i sacri principî del diritto parlamentare. Qualche volta, quando si parla di questioni costituzionali, si ha l'impressione di essere gente, che, invitata in una buona società, non ne conosce le regole: ma mi sembra che il mio emendamento non turbi nessuna delle norme fondamentali del galateo costituzionale. Noi abbiamo stabilito procedure e maggioranze specifiche per le leggi, che rivedono, modificano o comunque mutano la Costituzione. Conseguentemente il Presidente della Repubblica, all'atto in cui la legge è sottoposta alla sua promulgazione, deve esaminarne il contenuto. Ciò deve essere da lui fatto soltanto al fine di determinare con quale maggioranza, legittimamente e costituzionalmente, la legge debba venire approvata. Se la legge è tale da poter essere votata con maggioranza ordinaria, il Presidente della Repubblica la promulgherà; se è tale invece da richiedere il procedimento speciale con la maggioranza qualificata, di cui all'articolo che stiamo esaminando, ebbene, il Presidente della Repubblica non promulgherà; perché una legge non viene in essere, se non è votata con la maggioranza e con le procedure prescritte dalla Costituzione. Come non sarebbe da considerarsi approvata una legge ordinaria, che non fosse votata dalla maggioranza della Camera e del Senato, così non è da ritenersi approvata una legge, che innovi, modifichi o violi la Costituzione, qualora non venga votata con la particolare procedura e colla maggioranza prescritta per tali eccezionali atti legislativi.

Quindi, nessuna violazione sostanziale dell'obbligo della promulgazione. Il Presidente della Repubblica non promulga, perché la legge non c'è. Questa è la sostanza del mio emendamento.

Il Capo dello Stato, in sostanza, deve limitarsi a controllare se il potere legislativo abbia o meno rispettato le norme stabilite, per la validità delle sue deliberazioni, dalla stessa sovranità popolare, in quella solenne suprema sua manifestazione che è la Carta Costituzionale.

Tale posizione del Presidente della Repubblica non ha nulla a che vedere coll'esercizio della «sanzione».

Il diritto di sanzione rappresentava una partecipazione del Capo dello Stato al potere legislativo come un «terzo ramo del Parlamento». Nel concetto del mio emendamento, invece, il Presidente della Repubblica deve limitarsi ad esaminare se il potere legislativo ha esercitato i suoi poteri nei limiti e colle forme stabilite dalla Carta Costituzionale, la quale costituisce l'espressione suprema della volontà sovrana del popolo italiano sul piano del diritto pubblico. D'altronde, onorevoli colleghi, se non entriamo in questo ordine di idee, a cosa varrebbe la norma di revisione della Costituzione? Quale sarà mai la maggioranza che, volendo adottare una norma anticostituzionale, ricorrerà al procedimento di revisione? Essa metterà sempre il Paese di fronte al fatto compiuto: comincerà col far promulgare la legge dal Presidente, la farà mettere in esecuzione e poi aspetterà il ricorso. Cadrebbe quindi il contenuto sostanziale della revisione costituzionale, la quale è ispirata ad un concetto preventivo, in quanto è intesa a prevenire la possibilità dell'entrata in vigore di una legge incostituzionale.

Onde è la stessa finalità dell'istituto della revisione costituzionale che verrebbe scalfita alla radice.

Dice l'onorevole Paolo Rossi: il Presidente invitato a promulgare una legge incostituzionale può dimettersi. Questa, io dico, è la peggiore delle soluzioni! Perché arriveremo a questo risultato: che l'Assemblea nominerà un secondo Presidente più docile del primo, e si consoliderà questa (chiamiamola così) giurisprudenza, che il Presidente della Repubblica non giura fedeltà al popolo, alla libertà ed alla Costituzione, ma giura fedeltà servile alla maggioranza parlamentare. Questo sarebbe il risultato di una soluzione del genere, che io non mi sento di accettare.

Presidente Terracini. Concluda, onorevole Benvenuti.

Benvenuti. Non mi sento di accettarla, tanto più che col sistema costituzionale varato dai nostri amici della Commissione si verrebbero in fatto a conferire alle Assemblee legislative, comprese quelle costituenti, poteri che, secondo me, non possono esser loro conferiti, neppure ove si trattasse di Assemblee costituenti. Desidero cioè riaffermare, prima di chiudere, un principio fondamentale: che qualsiasi legge violasse la Costituzione, e soprattutto violasse i principî fondamentali di libertà ed i diritti inalienabili dell'uomo e del cittadino (e qui parlo come cittadino e come deputato, in nome di quella percentuale di volontà popolare che, sia pure indegnamente, ho l'onore di rappresentare), una legge che venisse approvata da qualsivoglia maggioranza, contro i diritti dell'uomo e contro le libertà costituzionali, sarebbe soltanto chiffon de papier, un pezzo di carta! Perché nessun cittadino può essere tenuto all'osservanza di disposizioni legislative alle quali manchi il fondamento essenziale del rispetto delle libertà individuali e della Carta fondamentale della Repubblica. Ho finito. Non so quale sarà la sorte riserbata al mio emendamento, ma ho la coscienza di aver difeso una causa giusta ed ho soprattutto la certezza che per ogni causa giusta e per ogni verità c'è sempre un avvenire. Il tempo riserva la vittoria ad ogni battaglia che trascende gli interessi contingenti dell'ora che volge e difende valori universali. Ma ho fiducia che sarà questa stessa Assemblea ad accogliere il mio emendamento.

Presidente Terracini. L'onorevole Rossi Paolo ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

Rossi Paolo. Voglio applaudire anch'io le cose che ella ha detto, onorevole Benvenuti, anche se giungo in ritardo. La sua esigenza è l'esigenza di tutti coloro che amano sinceramente la libertà. Mi consenta di dirle che quelle stesse parole con cui ella ha concluso il suo discorso dimostrano che è bene che questa suprema esigenza resti inappagabile legislativamente e che ad un certo momento non la si possa appagare altrimenti che con il proprio sacrificio. Come si può pretendere la garanzia delle garanzie della Costituzione? Perché ella, in sostanza, vuole qualche cosa che garantisca i congegni già destinati a garantire la Costituzione. L'onorevole Benvenuti in precedenza aveva proposto un'altra formulazione come articolo 130-bis: «Le disposizioni della presente Costituzione che riconoscono o garantiscono i diritti di libertà, rappresentando l'inderogabile fondamento per l'esercizio della sovranità popolare, non possono essere oggetto di procedimenti di revisione costituzionale, tendenti a misconoscere o a limitare tali diritti, ovvero a diminuirne le guarentigie».

Benvenuti. Questo è un altro emendamento.

Rossi Paolo. Sostanzialmente è lo stesso. Lei vuole con questo ottenere una garanzia ulteriore delle garanzie già stabilite. La finalità dei due emendamenti è comune: ella intende con entrambi ottenere gli stessi effetti.

Perciò io rispondevo all'altro emendamento che mi pareva più consono al discorso dell'onorevole Benvenuti. Se si tratta di leggi che modificano la Costituzione, e così seriamente come lei ha accennato, è evidente che si tratta di leggi costituzionali che non possono essere votate se non con le garanzie dell'articolo 130. Il controllo formale del Presidente nessuno glielo toglie; quindi, se si volesse creare una legge costituzionale, una legge attinente alla libertà, senza il procedimento dell'articolo 130, il Presidente farebbe benissimo a non promulgarla.

Benvenuti. Allora, la Commissione accetta l'emendamento?

Rossi Paolo. No, la Commissione dichiara che la formulazione dell'articolo 130 comprende ed esaurisce, senza ombra di dubbio, l'esigenza di cui al suo emendamento aggiuntivo.

[...]

Presidente Terracini. Proseguiamo nell'esame del progetto di Costituzione.

L'onorevole Benvenuti ha proposto il seguente articolo 130-bis:

«Le disposizioni della presente Costituzione che riconoscono o garantiscono diritti di libertà, rappresentando l'inderogabile fondamento per l'esercizio della sovranità popolare, non possono essere oggetto di procedimenti di revisione costituzionale, tendenti a misconoscere o a limitare tali diritti, ovvero a diminuirne le guarentigie».

Ha facoltà di svolgerlo.

Benvenuti. Sarò brevissimo, anche perché mi duole che ad esporre questo concetto non sia presente un collega di alto valore, che avrebbe potuto svolgerlo colla sua particolare competenza di giurista: alludo al collega onorevole Calamandrei, il quale fu il primo a lanciare l'idea sul piano parlamentare. Per parte mia mi si consenta di rammentare che, già fin dall'anno scorso, avevo sostenuto in articoli di quotidiani politici il concetto che i diritti fondamentali di libertà del cittadino non possono andare assoggettati né a revisione costituzionale e neppure rientrare nella sfera di disponibilità di qualsiasi Assemblea Costituente. Successivamente l'onorevole Calamandrei, nel suo discorso in sede di discussione generale sul progetto di Costituzione, aveva manifestato l'intenzione di proporre un emendamento che stabilisse la non revisionabilità costituzionale dei diritti di libertà. Egli allora, se ben ricordo, ebbe a prospettare la questione sotto un profilo nuovo che qui mi permetto di riproporre brevemente all'Assemblea. Va tenuto fermo il concetto tradizionale affermato in tutte le classiche «dichiarazioni di diritti» e cioè che i diritti fondamentali dell'uomo e del cittadino sono anteriori allo Stato, anteriori alla legge positiva, o comunque radicati nel diritto di natura, nella coscienza giuridica creatasi nel consorzio umano prima di ogni intervento dello Stato. Contro tali diritti né lo Stato, né la legge possono in alcun caso intervenire: questo concetto è sempre valido, anzi fondamentale. Ma l'onorevole Calamandrei ha prospettato il problema in termini nuovi, specificando come oggi i diritti di libertà non vadano più concepiti come limite alla sovranità popolare, ma come il presupposto necessario al suo esercizio.

Mi si consenta di aggiungere una considerazione: gli Stati assoluti, gli Stati tradizionali, anche nel loro sviluppo parlamentare, erano sempre legittimi, quale che fosse l'apporto dato dalla volontà popolare alla vita dello Stato. La legittimità c'era sempre; il consenso si presumeva anche in mancanza di un istituto che permettesse a tale consenso di manifestarsi liberamente, coscientemente, volontariamente. Lo Stato era sempre legittimo, avesse un Parlamento o no, ammettesse il suffragio universale o no, partecipasse il popolo o non partecipasse alla attività politica. In regime democratico invece la volontà sovrana dello Stato si manifesta solo per mezzo della partecipazione libera e cosciente dei cittadini. Non c'è volontà di Stato, se non c'è l'immissione della volontà dei cittadini espressa attraverso l'esercizio dei diritti di libertà nelle forme costituzionali.

Onde, ogni revisione costituzionale dei diritti di libertà ossia della libertà personale, della libertà di coscienza, della libertà di riunione, della libertà di espressione, della libertà di voto, colpirebbe alla radice il concetto di libertà democratica e non solo farebbe cadere l'istituto, ma distruggerebbe fondamentalmente i concetti di democrazia e di libertà costituzionale. È chiaro d'altronde che, come vien proposto il principio della non revisionabilità della forma istituzionale, a maggior ragione dovrà venir proclamata l'intangibilità e quindi la non revisionabilità dei diritti fondamentali senza dei quali non vi è né repubblica né libertà.

Laconi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. Vorrei chiedere all'onorevole Benvenuti se è disposto ad aggiungere, dopo le parole: «riconoscono o garantiscono i diritti di libertà», le parole: «e del lavoro». Il mio Gruppo è favorevole all'emendamento dell'onorevole Benvenuti e lo voterà, con questa aggiunta.

Benvenuti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Benvenuti. Io mi rendo perfettamente conto dello spirito della proposta dell'onorevole Laconi, e dichiaro di condividerlo in linea di principio. Ma faccio presente la difficoltà pratica di formulare immediatamente un testo che dia soddisfazione all'istanza prospettata dal collega. In questo senso: che io ritengo che quella categoria di diritti che non rientrano strettamente nei diritti di libertà, nel senso tradizionale, ma che per il loro contenuto sociale conferiscono efficacia e concretezza all'esercizio dei diritti di libertà, siano essi pure intangibili. Sennonché, data una Costituzione come questa la quale nel capo dedicato ai problemi del lavoro tocca argomenti svariati, dal controllo sul credito, allo sviluppo dell'artigianato, dall'aiuto alle zone montane, alla legge sulle cooperative, ecc., occorrerebbe studiare una formula precisa e non troppo lata in modo da non comprendere nella norma di non revisionabilità disposizioni non essenziali ed evidentemente revisionabili.

Fermo restando quindi, che il riconoscimento dei diritti del lavoro rappresenta un contributo fondamentale ad un concreto esercizio dei diritti di libertà, l'accoglimento della proposta Laconi richiederebbe l'elaborazione di un nuovo testo.

Presidente Terracini. Invito l'onorevole Rossi Paolo ad esprimere il parere della Commissione.

Rossi Paolo. I diritti di libertà, fra i quali il diritto del lavoro è compreso come primissimo, sono contenuti in una categoria più vasta: il diritto naturale.

L'onorevole Benvenuti e l'onorevole Laconi rivendicano qui, dopo tante discussioni, il vecchio e maltrattato diritto naturale e hanno ragione. È passato da poco un periodo in cui un interprete relativamente autorizzato del pensiero di Mussolini scriveva una canzonetta così fatta:

«L'italian non ha paura della legge di natura e talora anche corregge la natura della legge!»

La preoccupazione dell'onorevole Benvenuti, dell'onorevole Laconi e di tutti noi, che i diritti della persona umana, i diritti della dignità umana, i diritti del lavoro umano siano validamente tutelati è la preoccupazione essenziale dell'Assemblea, ma non credo che alcun articolo bis possa costituire una difesa intrinseca di questi diritti fondamentali. Per difenderli ci vuole, onorevole Benvenuti, onorevole Laconi, onorevoli colleghi, qualche cosa di più che una disposizione di carattere costituzionale: ci vuole il permanere costante e fino al sacrificio, in tutti noi, della stessa ardente volontà di essere liberi che in questo momento ha manifestato con eloquenza l'onorevole Benvenuti.

Ahimè, dal punto di vista formale, dal punto di vista legalitario, dal punto di vista costituzionalistico, questo povero articolo 130-bis è una ben modesta garanzia. Pensi l'onorevole Benvenuti che basterebbe il procedimento della doppia revisione per porre nel nulla questa garanzia che egli considera un argine insormontabile, una tutela invincibile dei diritti fondamentali della personalità umana; basterebbe che un'Assemblea con un primo procedimento di revisione costituzionale cancellasse dalla Costituzione l'articolo 130-bis e una seconda volta, dopo questa cancellazione, modificasse taluni degli articoli che garantiscono le principali libertà dell'uomo perché accadesse questa cosa enorme: che una violazione fondamentale dei diritti della libertà umana avesse l'apparenza della legalità, ciò che non vogliamo noi della Commissione, ciò che spero l'Assemblea non vorrà.

Se una lesione di questo genere dovesse mai avvenire nel futuro, avvenga col sangue, avvenga, con la violenza, avvenga contro la legge, non avvenga almeno col soccorso formale della Costituzione.

Presidente Terracini. Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo proposto dall'onorevole Benvenuti.

Russo Perez. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Russo Perez. Voterò contro la proposta dell'onorevole Benvenuti non per motivi di carattere sostanziale, non per motivi di ordine sociale e politico, perché posso essere d'accordo nella sostanza con le idee espresse dall'onorevole Benvenuti, ma mi meraviglio come, pur essendoci in questa Aula tanti esimi giuristi, tanti professori di diritto, si lasci a me, avvocato, il compito di proclamare assurda una legge la quale dichiari immutabile ed eterna un'altra legge. Per questo motivo voterò contro.

Moro. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Dichiaro, a titolo personale, che non vedo l'opportunità di questo articolo 130-bis proposto dall'onorevole Benvenuti ed accettato dall'onorevole Laconi. Che i diritti fondamentali di libertà, tra i quali sono anche i diritti del lavoro di cui parla l'onorevole Laconi, debbano essere salvaguardati permanentemente nella prassi legislativa e politica del nostro Paese, non credo vi possa essere dubbio. Mi pare che quello stesso articolo 6 — se non sbaglio — il quale consacra, senza nominarli individualmente, i diritti fondamentali della persona umana sia in questo senso sufficientemente indicativo della nostra volontà di salvaguardare i diritti fondamentali e di sottrarli al vivo flusso della vita storica che deve passare dinanzi a questi diritti senza toccarli. Sono diritti che noi chiamiamo naturali e poniamo al di sopra delle mutevoli esigenze della vita politica. Ma la norma così come è formulata, nel significato che fatalmente assumerebbe, è da un lato inutile per quanto ha detto l'onorevole Rossi e dall'altro pericolosa, perché diventa un ostacolo a quelle riforme di dettaglio che attengono a quel tanto di storico e di mutevole che è in questi diritti assoluti. Quindi la norma proposta finirebbe per essere un impedimento a quel processo di revisione e di adattamento che invece è garanzia di stabilità della Costituzione. Per queste ragioni, pur apprezzando i motivi della proposta e pur condividendo con i colleghi che hanno prospettato questa esigenza il proposito di difendere questi diritti fondamentali e metterli al di sopra delle mutevoli vicende della vita politica, dichiaro che voterò contro l'articolo 130-bis.

Presidente Terracini. Il seguente emendamento all'emendamento Benvenuti è stato presentato dagli onorevoli Laconi, Gullo Fausto ed altri:

«Dopo le parole: diritti di libertà, aggiungere: e del lavoro».

Si metterà in votazione prima il testo dell'onorevole Benvenuti, e separatamente l'emendamento aggiuntivo.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Vorrei fare una dichiarazione semplicissima. Un dilemma. O noi intendiamo questa modificazione in senso letterale, e allora non potremo più in nessun modo ritoccare la Costituzione. Le libertà che abbiamo messo nella Costituzione sono libertà che hanno un inderogabile fondamento; e cadono tutte nell'espressione dell'onorevole Benvenuti; così che, se non potessimo toccarle, non potremmo mai toccare l'arca santa della Costituzione. O noi vogliamo affermare un'altra cosa; che vi sono diritti di libertà e di democrazia, che sono inviolabili e che neppure la Costituzione può violare; le leggi «superiori a quelle della città» di cui parla Antigone; i diritti naturali; gli «immortali principî»; ed io sono perfettamente d'accordo con l'onorevole Benvenuti, nel sentire la esigenza di queste istanze supreme; ma non si tratta di vere norme giuridiche; non ci muoviamo più nella zona del diritto; siamo in quella zona più alta, dove stanno i principî di natura etico-politica; superiori alla lettera del diritto; e tali che non possono essere tradotti in norme concrete di Costituzione, come quelle che l'onorevole Benvenuti ha proposto. Noi del resto, spingendoci ai limiti del contenuto d'un testo costituzionale, abbiamo già parlato nei primi articoli della nostra Costituzione di diritti «inviolabili» dell'uomo; non possiamo andare più in là e stabilire che tutto quanto riguarda le libertà non può essere oggetto di revisione costituzionale. Ripeto: dobbiamo difendere questi diritti inviolabili, questi principî etico-politici; ma non possiamo dire che la Costituzione non potrà mai essere riveduta.

Presidente Terracini. Onorevole Benvenuti, mantiene il suo emendamento?

Benvenuti. Rispondo alle dichiarazioni dell'onorevole Ruini; ripeto che per quanto attiene alla formulazione dell'emendamento i vari rilievi meritano di essere presi in considerazione; preciso che il mio concetto è questo: che le norme relative ai diritti di libertà possono essere rivedute nel senso di ampliare o meglio garantire tali diritti, che si possa cioè in questo campo andare avanti e non indietro. Il testo costituzionale può evidentemente essere riveduto: ma la revisione del testo non potrebbe mai limitare i diritti di libertà, né, aggiungo, quei diritti sociali che rappresentano una integrazione concreta ed essenziale dei diritti di libertà. Ritengo peraltro opportuno di ritirare l'emendamento augurandomi che il principio meglio formulato possa venire riproposto successivamente.

Laconi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. Faccio mio l'emendamento dell'onorevole Benvenuti con la modificazione da me proposta.

Presidente Terracini. Su questo emendamento è stata presentata domanda di votazione per appello nominale dagli onorevoli Laconi, Grieco, Reale Eugenio, Moranino, Farina, Pellegrini, Longo, Rossi Maria Maddalena, Musolino, Gullo Fausto, Platone, Lozza, Cremaschi Olindo, Pucci, Lombardi Carlo. Contemporaneamente è stata presentata anche domanda di votazione a scrutinio segreto dagli onorevoli Uberti, Monticelli, Castelli Avolio, Giacchero, Pecorari, Bertone, Camposarcuno, Del Curto, Ambrosini, Perlingieri, Bosco Lucarelli, Chatrian, Baracco, Colonnetti, Brusasca, Clerici, Riccio, Caronia, Mazza, Bubbio. Avrà la precedenza la votazione a scrutinio segreto.

Lussu. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lussu. Precedentemente si era stabilito che si sarebbe votata prima la formula dell'onorevole Benvenuti e poi l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Laconi. Penso che, se si votasse a scrutinio segreto, si ingenererebbe confusione. Desidero che il Presidente chiarisca.

Presidente Terracini. Si era detto di votare per divisione, in quanto ci trovavamo di fronte ad un emendamento aggiuntivo dell'onorevole Laconi all'emendamento dell'onorevole Benvenuti. Poiché questi ha ritirato il proprio emendamento, ci troviamo di fronte soltanto alla formulazione unitaria dell'onorevole Laconi, che ha modificato il testo primitivo dell'onorevole Benvenuti.

La votazione quindi si riferisce al testo completo.

Cappugi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Cappugi. Accetto l'emendamento Laconi; però chiedo che, per ovviare all'inconveniente segnalato dall'onorevole Ruini, che ha determinato l'onorevole Benvenuti a ritirare il suo emendamento, l'emendamento Laconi sia integrato con la seguente aggiunta: «se non nel senso di un loro ulteriore ampliamento».

Laconi. Accetto la proposta Cappugi.

Presidente Terracini. Onorevole Cappugi, penso che il suo concetto sia implicito nella formulazione proposta.

Cappugi. L'osservazione del Presidente è giustificata, e quindi ritiro il mio emendamento.

Laconi. Chiedo che l'onorevole Presidente dia ancora lettura dell'elenco dei firmatari della richiesta di votazione a scrutinio segreto. (Commenti al centro).

Presidente Terracini. Darò lettura dei richiedenti la votazione per appello nominale e dei richiedenti la votazione a scrutinio segreto.

L'appello nominale è stato richiesto dagli onorevoli Laconi, Grieco, Reale Eugenio, Moranino, Farina, Longo, Rossi Maria Maddalena, Pellegrini, Musolino, Gullo Fausto, Platone, Lozza, Cremaschi Olindo, Pucci e Lombardi Carlo.

Lo scrutinio segreto è stato richiesto dagli onorevoli Uberti, Monticelli, Castelli Avolio, Pecorari, Bertone, Clerici, Bosco Lucarelli, Chatrian, Bubbio, Alberti, Baracco, Colonnetti, Brusasca, Giacchero, Caronia, Ambrosini, Mazza, Riccio, Perlingieri e Camposarcuno.

Laconi. Qui si rivelano gli amici della democrazia! (Rumori al centro).

Uberti. Si rivela la vostra lealtà. Voi siete stati sempre i difensori dello scrutinio segreto! (Proteste a sinistra).

Laconi. Noi avevamo chiesto l'appello nominale!

Uberti. Voi non avete coraggio, tanto vero che ricorrete allo scrutinio segreto. (Proteste del deputato Laconi).

Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, facciano silenzio. Mi pare che in questa gara di richieste di appelli nominali e di scrutini segreti sia assai difficile stabilire a chi spetti il primato.

Uberti. Noi abbiamo da tempo proposto una modifica del Regolamento, nel senso di dare la prevalenza all'appello nominale. (Applausi al centro — Rumori all'estrema sinistra).

Presidente Terracini. Rammarico, onorevole Uberti, che lei mi metta nell'obbligo di dire che attendiamo da tre settimane la relazione dell'onorevole Gronchi a questa decisione della Giunta del Regolamento e che non è certo responsabilità né dell'Assemblea, né dell'Ufficio di Presidenza se il Relatore non ha ancora adempiuto al suo compito.

Presidente Terracini. Indico la votazione segreta sull'emendamento aggiuntivo, fatto proprio e modificato dall'onorevole Laconi:

«Le disposizioni della presente Costituzione che riconoscono o garantiscono i diritti di libertà e del lavoro, rappresentando l'inderogabile fondamento per l'esercizio della sovranità popolare, non possono essere oggetto di procedimenti di revisione costituzionale, tendenti a misconoscere o a limitare tali diritti, ovvero a diminuirne le guarentigie».

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione. Invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Presidente Terracini. Comunico il risultato della votazione segreta:

Presenti.......................... 309
Votanti...................... 307
Astenuti......................... 2
Maggioranza.............. 154
Voti favorevoli........... 116
Voti contrari.............. 191

(L'Assemblea non approva).

[Nel resoconto stenografico della seduta segue l'elenco dei deputati che hanno preso parte alla votazione.]

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti