[22 gennaio 1947, Commissione per la Costituzione. Seduta plenaria. — Esame degli articoli delle disposizioni generali del progetto di Costituzione. — Presidenza del Vicepresidente Tupini.]

Il Presidente Tupini. [...] Pone in discussione l'articolo 1, nel testo approvato dal Comitato di redazione:

«L'Italia è Repubblica democratica. La sua sovranità emana dal popolo e si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi.

«Il lavoro è l'essenziale fondamento dell'organizzazione politica economica e sociale della Repubblica italiana».

Avverte che su quest'ultimo comma sono state proposte formulazioni diverse e precisamente le due seguenti:

«La sua organizzazione politica economica e sociale è fondata sul lavoro e sull'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori».

«Il lavoro è il titolo di partecipazione all'organizzazione politica economica e sociale della Repubblica italiana».

Comunica che l'onorevole Togliatti ha inoltre presentato un emendamento, tendente a sostituire il primo comma con il seguente:

«L'Italia è una Repubblica democratica di lavoratori».

Ricorda che nell'ultima seduta si era raggiunto l'accordo su questo punto: che sulle formulazioni approvate dal Comitato di redazione, in base alle proposte pervenute dalle varie Sottocommissioni, la Commissione non si sarebbe dovuta fermare (rimandando naturalmente l'articolazione all'esame definitivo dell'Assemblea Costituente), salvo il caso in cui le formulazioni avessero dato luogo a discussioni o controversie in seno al Comitato stesso.

In base a tale accordo, si era rimasti intesi che l'esame dell'Assemblea plenaria della Commissione avrebbe dovuto limitarsi a quelle parti degli articoli che avevano dato luogo ad osservazioni accennate nel progetto distribuito, o a proposte di emendamenti presentati secondo la prescritta procedura.

Dato però che nella odierna seduta si procede all'esame degli articoli senza che ciò fosse all'ordine del giorno, si può, in via eccezionale, consentire la presentazione immediata di emendamenti.

(La Commissione concorda).

Apre la discussione sull'emendamento al primo comma presentato dall'onorevole Togliatti.

Togliatti precisa che il suo emendamento tende a specificare giuridicamente e politicamente nella Costituzione, in termini concreti, la parte che si intende riservare al lavoro nella organizzazione della Repubblica democratica italiana.

Grassi ricorda che nella prima Sottocommissione, in seno alla quale si è svolta la discussione, furono ascoltate tutte le ragioni addotte dall'onorevole Togliatti per portare ad una specificazione del carattere della Repubblica democratica. La maggioranza, però, ritenne che questa specificazione fosse superflua o troppo specifica e togliesse il carattere, effettivamente fondamentale, che si doveva dare alla Repubblica, ossia il carattere democratico.

Togliatti osserva che, sulla questione, non ci fu maggioranza, ma parità di voti.

Grassi rileva che l'onorevole Togliatti si riservò di presentare nuovamente la questione in sede di Commissione e di Assemblea Costituente. Osserva che la questione può dirsi fondamentale, in quanto stabilisce il tipo di Repubblica. Sembrò sufficiente alla prima Sottocommissione stabilire che l'Italia è una Repubblica democratica, nel senso che nel passato e nel presente ha la parola democrazia. Con la specificazione «di lavoratori» si verrebbe a dare la sensazione di voler formare una Repubblica democratica «specializzata», cioè di una sola categoria, di una sola classe.

Richiamando l'attenzione della Commissione sulla gravità della questione, mantiene la sua posizione contraria all'emendamento proposto.

Cappi si associa alle considerazioni svolte dall'onorevole Grassi, rilevando che pur essendo tutti d'accordo che il lavoro è l'attività preminente, che dà diritto a partecipare alla vita pubblica, bisogna tener presente che la parola «lavoratore», correntemente, ha un significato diverso da quello etimologico, significa cioè lavoratore materiale, tanto vero che della Confederazione del lavoro fanno parte prevalentemente i lavoratori manuali.

Terracini osserva che vi sono anche i maestri.

Cappi risponde che non tutti i cittadini, comunque, fanno parte della Confederazione del lavoro, mentre della Repubblica democratica debbono poter far parte tutti i cittadini.

Parlare di Repubblica dei lavoratori significherebbe, a suo avviso, dare a questa Repubblica un carattere classista, contrario, cioè, alla sua concezione.

Pertanto si oppone all'emendamento Togliatti.

Lussu dichiara che aderirebbe alla proposta Togliatti, se essa avesse un riscontro nella realtà. L'accetta come aspirazione ideale di democrazia, non come realtà d'oggi. La Repubblica dei lavoratori oggi non esiste. Oggi la Repubblica democratica dei lavoratori o del lavoro, in ogni senso, dell'intelligenza e della mano, è insidiata in molteplici forme, tanto che i democratici più onesti ne sono vivamente preoccupati e allarmati. Non può, in coscienza, votare a favore dell'emendamento Togliatti. Se accettasse la formula da lui proposta, avrebbe l'impressione di riportare nella Costituzione italiana la menzogna dell'articolo 1 della Costituzione spagnola del 1931. Quella Repubblica dei lavoratori, non esisteva; era insidiata molto più gravemente che non la nostra; e cadde, appunto perché non esisteva.

Ritiene che la dizione proposta dalla prima Sottocommissione, in cui pure è fatta menzione dei lavoratori, rispecchi meglio le aspirazioni di democrazia sociale, e che sarebbe un errore trasformarla.

La Rocca osserva che dal punto di vista storico, parlare di Repubblica democratica non significa nulla. Anche le Repubbliche greche e la Repubblica romana si dicevano democratiche. Se si è tutti d'accordo sulla esigenza di dare una determinata impronta alla Costituzione, la quale, non potendo rispecchiare delle grandi trasformazioni avvenute alla base, deve essere un orientamento per l'avvenire, è necessario dare assolutamente ad essa questo carattere distintivo del nuovo indirizzo politico italiano.

Occorre affermare che questa è la Repubblica degli uomini che lavorano.

Non ritiene che questa affermazione abbia un carattere classista. Nella Confederazione del lavoro non è concentrato solo il lavoro materiale.

Si domanda che cosa significhi il voler escludere che la Repubblica democratica italiana è Repubblica di lavoratori. Si vuol forse accettare il principio che è anche di coloro che non lavorano e vivono del lavoro altrui?

Conclude esprimendo l'avviso che la specificazione proposta dall'onorevole Togliatti dia una schietta impronta alla Costituzione, rivendicando il concetto che il lavoro è fondamento e titolo di nobiltà per la vita avvenire del Paese.

Terracini ricorda all'onorevole Lussu, il quale ha obiettato che la formulazione proposta dall'onorevole Togliatti contraddirebbe con la realtà, che, in sede di Comitato di coordinamento un collega di parte democristiana aveva formulato una proposta che non fu accettata proprio perché essa tendeva a specificare troppo questa caratteristica di Repubblica di lavoratori e creava una impossibilità tecnica di pratica attuazione; e fu quando si propose che il diritto di voto era riservato soltanto a coloro che lavoravano. In quel caso si obiettò che una tale decisione avrebbe portato ad una ricerca di assoluta impossibilità materiale, quella di distinguere tra gli italiani che non lavorano e coloro che lavorano. Riconosce che quella proposta fu giustamente respinta. La proposta dell'onorevole Togliatti, invece, ha tutt'altro carattere: essa non ha necessità di tradursi in una norma di carattere concreto, ma è semplicemente una indicazione di certe direttive sulle quali dovrebbero poi orientarsi le disposizioni legislative normali.

Fanfani è d'avviso che la proposta dell'onorevole Togliatti ed i chiarimenti dati dagli onorevoli La Rocca e Terracini dimostrino come ci sia il proposito di fare risaltare fin dal primo articolo una preoccupazione che investe ormai tutta la nostra Costituzione, la preoccupazione cioè di tendere a realizzare un ordinamento in cui il lavoro sia il titolo essenziale, fondamentale per la partecipazione alla vita politica.

Ora si domanda se questa aspirazione sia meglio espressa dalla dizione proposta dall'onorevole Togliatti quando dice «Repubblica democratica di lavoratori» o non piuttosto dal terzo capoverso, in cui si specifica a quale titolo si vuole che il lavoro sia il fondamento essenziale per la partecipazione alla vita pubblica.

All'onorevole Togliatti osserva che la parola «lavoratore», posta nel primo capoverso, dovrebbe essere immediatamente seguita da una definizione per impedire, per lo meno, malintesi o necessità di interpretazioni esplicative.

Ritiene che per sottolineare l'aspirazione manifestata dall'onorevole Togliatti, sia più conveniente insistere nel perfezionare il terzo capoverso, che specifica l'importanza del lavoro nella organizzazione politica, economica e sociale della Repubblica.

Nobile è invece d'avviso che il comma dell'articolo sia pleonastico, in quanto è impossibile pensare ad una società moderna che non sia basata sul lavoro. La formula dell'onorevole Togliatti, invece, dice qualche cosa di nuovo, e perciò si dichiara favorevole alla modificazione del comma da lui proposta.

Togliatti nega anzitutto che l'espressione «lavoratori» abbia un carattere limitativo; se così fosse, eguale carattere limitativo avrebbe l'espressione «lavoro». Difatti, la Confederazione del lavoro si chiama così e non Confederazione dei lavoratori. Comunque, se vi è questo timore, si può usare la formula «lavoratori di tutte le categorie», oppure «lavoratori del braccio e della mente».

All'onorevole Lussu, il quale afferma trattarsi della formulazione di una aspirazione, risponde che si è già fatto presente che nella Costituzione alcune formulazioni avrebbero avuto questo speciale carattere di dare una impronta particolare alla futura organizzazione della società italiana.

L'onorevole Fanfani pensa che il concetto possa essere meglio espresso nel terzo comma dell'articolo; come spiega allora che l'onorevole Grassi, il quale è contrario al concetto, accetti invece il capoverso e non accetti l'emendamento proposto? Non si tratta di una contraddizione dell'onorevole Grassi, ma si tratta del fatto che la formulazione è un po' confusa e facilmente può essere intesa in un modo o nell'altro, ossia non è impegnativa. È necessaria, invece, una formulazione incisiva con cui si apra la Costituzione, come una affermazione di principio da imprimersi nella mente di tutti i cittadini: questo è ciò che conta, questo ha un valore non soltanto politico, ma anche storico. Ritiene che coloro i quali sono d'accordo sulla sostanza di tale principio, dovrebbero accettare anche che venisse chiaramente formulato.

Grassi risponde all'onorevole Togliatti che la formula proposta, potrebbe dare l'impressione di una direttiva che non voglia comprendere nella Repubblica tutti gli italiani. Egli pensa invece che tutto il popolo debba partecipare alla vita politica del Paese.

Evidentemente la democrazia ha oggi questo significato; e quando si è detta la parola «democrazia» nel senso storico attuale, non si può andare oltre. Specificare significherebbe dividere il popolo in diverse classi, ed egli si oppone a questo classismo, poiché ritiene che il lavoro debba essere la base fondamentale della democrazia, e quindi non vi possano essere classi particolari capaci di arrogarsi un titolo al lavoro.

Il Presidente Tupini pone in votazione l'emendamento dell'onorevole Togliatti, sostitutivo del primo comma dell'articolo 1.

(Non è approvato).

Avverte che si intende allora approvato il primo comma nel testo proposto dal Comitato di redazione:

«L'Italia è Repubblica democratica».

Comunica che al primo capoverso: «La sua sovranità emana dal popolo e si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi», l'onorevole Lucifero propone di sostituire alle parole «emana dal popolo», le parole «risiede nel popolo».

Lucifero ripropone in questa sede — come ne aveva fatto esplicita riserva — quella che fu la sua tesi in sede di Sottocommissione. Afferma che sovrano è il popolo, che tale resta permanentemente; la sovranità risiede nel popolo e in esso sempre rimane. Vi possono essere degli organi delegati che per elezione popolare esercitano la sovranità in nome del popolo; ma la sovranità è del popolo e resta del popolo. Dire pertanto che la sovranità emana o promana dal popolo dà — a suo avviso — la sensazione, che può essere domani interpretazione giuridica, che il popolo, con l'atto con cui ha eletto coloro che eserciteranno la sovranità in suo nome, si spoglia di questa sovranità, investendone i suoi delegati. Ciò gli sembra antidemocratico e — sia concesso dirlo a lui monarchico — soprattutto antirepubblicano; poiché proprio il far risiedere la sovranità nel popolo, dovrebbe costituire la distinzione fondamentale fra repubblica e monarchia.

Tosato non ritiene esatto il concetto della sovranità che risiede nel popolo, secondo la spiegazione data dall'onorevole Lucifero. Osserva che l'applicazione della formula potrebbe essere giustificata qualora tutti gli atti emanati dagli organi dello Stato dovessero essere sottoposti all'approvazione popolare. In questo caso essa avrebbe un valore, quando cioè qualsiasi decisione politica derivasse direttamente dal popolo. Ma poiché questo non avviene nella Costituzione, a base parlamentare rappresentativa, con solo qualche caso di referendum, la formula: «la sovranità emana dal popolo» è — a suo avviso — molto più esatta.

Merlin Umberto fa presente che la Costituzione della Repubblica francese usa l'espressione: «la sovranità nazionale appartiene al popolo francese». Domanda se questa formula non sia più precisa dal punto di vista storico e giuridico, e non risponda meglio ad esprimere il concetto.

Il Presidente Tupini rileva che in sede di Comitato di redazione fu anche esaminata questa formula e si ritenne che il concetto fosse espresso nel modo migliore, con la formula: «La sua sovranità emana dal popolo».

Avverte che l'onorevole Bulloni propone che al posto di «emana dal popolo» si dica «promana dal popolo».

De Vita è favorevole alla formula: «La sua sovranità risiede nel popolo». Ricorda che in seno alla prima Sottocommissione, quando fu proposta la dizione: «La sovranità dello Stato si esplica nei limiti dell'ordinamento giuridico, ecc.», osservò che con questa formula si veniva a personificare lo Stato e a porlo al di sopra del popolo. Anche la nuova formula: «La sua sovranità emana dal popolo», non lo soddisfa. Si associa pertanto alla proposta dell'onorevole Lucifero.

Nobile si associa anch'egli alla proposta dell'onorevole Lucifero. Osserva inoltre che l'obiezione mossa dall'onorevole Tosato cade, allorquando si tenga presente che la parola «risiede» è precisata dalle successive parole: «e si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi».

Tosato risponde che la formulazione è contraddittoria, in quanto che dicendo «risiede» si esprime un concetto di permanenza, per cui la sovranità non potrebbe essere delegata.

Lussu è d'avviso che la formula del Comitato di redazione sia preferibile.

Cevolotto anch'egli è favorevole alla formula adottata dal Comitato di redazione. Osserva che comunque, per andare incontro all'obiezione dell'onorevole Tosato bisognerebbe modificare la formula dicendo: «emana dal popolo che la esercita (anziché «e si esercita») nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi».

Terracini domanda la chiusura della discussione generale.

(È approvata).

Il Presidente Tupini mette ai voti l'emendamento Lucifero, secondo il quale dovrebbe dirsi:

«La sua sovranità risiede nel popolo e si esercita», ecc.

(Non è approvato).

Merlin Umberto propone si dica: «La sua sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti», ecc.

Fabbri si dichiara contrario alla formula dell'onorevole Merlin, e favorevole al testo del Comitato di redazione, che gli pare assolutamente il più preciso.

Osserva che quella parte che è favorevole alle dizioni «risiede» o «appartiene», è anche la parte la quale desidera che questa Costituzione non venga sottoposta all'approvazione del popolo, ritenendo sufficiente l'elaborazione che se ne fa nell'Assemblea, cosicché la Costituzione risulterebbe una notizia che si invia ai sovrani per informarli che la loro sovranità è stata regolata.

Merlin Umberto non insiste nel suo emendamento.

Bulloni dichiara anch'egli di non insistere nell'emendamento presentato.

Il Presidente Tupini avverte che allora rimane approvato il secondo comma dell'articolo nel testo proposto dal Comitato di redazione.

Lussu è d'avviso che il testo originariamente approvato dalla prima Sottocommissione sia preferibile, e propone di tornare a tale testo.

Cevolotto, per mozione d'ordine, ricorda che la Commissione aveva stabilito un sistema di lavoro consistente nel non prendere in esame punto per punto i singoli articoli ma di discutere soltanto gli emendamenti scritti.

Lussu precisa il suo emendamento nei seguenti termini: Ritornare all'articolo 1 proposto dalla prima Sottocommissione, cioè: «Lo Stato italiano è una Repubblica democratica. Essa ha per fondamento il lavoro e la partecipazione concreta di tutti i lavoratori alla organizzazione economica, sociale e politica del Paese».

Aggiungere successivamente, il secondo comma dell'articolo proposto dal Comitato di redazione:

«La sua sovranità emana dal popolo e si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi».

La Pira aderisce alla proposta dell'onorevole Lussu, in quanto l'articolo 1, elaborato dalla prima Sottocommissione, fu il frutto della diversità di opinioni che si erano manifestate a proposito della formula Togliatti: «Repubblica democratica di lavoratori».

Ritornare a tale formulazione, significherebbe riaffermare concetti sui quali tutta la Sottocommissione si trovò d'accordo, dare cioè alla vita del Paese il volto del lavoro.

Fabbri, nell'ipotesi in cui si tornasse al testo della prima Sottocommissione, propone di sostituire la parola «cittadini» alla parola «lavoratori». Ritiene infatti che qualunque cittadino deve poter partecipare alla organizzazione economica, sociale e politica del Paese senza avere bisogno di appartenere alla categoria dei lavoratori, in quanto oggi, nel concetto comune, la parola «lavoratori», dal punto di vista politico, ha un significato di organizzazione di classe e di categoria.

Tosato propone che, oltre a lasciare l'articolo 1 nel testo approvato dalla prima Sottocommissione, si conservi l'articolo 2, sempre nel testo proposto dalla stessa Sottocommissione. Infatti, l'articolo proposto dal Comitato di redazione rappresenta — a suo avviso — una deviazione da quella linea logica di concetti che era stata espressa molto precisamente nei due articoli della prima Sottocommissione.

Togliatti si associa alla proposta dell'onorevole Tosato.

De Vita si dichiara, invece, contrario a tale proposta, poiché parlare di «sovranità dello Stato» è — a suo avviso — una enormità. Una cosa è l'esercizio dei poteri, ed un'altra è la sovranità.

Lussu fa presente che nel secondo articolo proposto dalla Prima Sottocommissione, vi sono parole superflue che giustamente il Comitato di redazione ha soppresse. Mentre è d'accordo per ripristinare il primo articolo, non lo è per quanto riguarda il secondo.

Terracini, parlando per una mozione d'ordine, fa presente ai colleghi che l'onorevole Ruini, che ha presieduto il lavoro del Comitato di redazione, non è presente, e pensa che sarebbe opportuno attendere il ritorno del Presidente prima di procedere ad una votazione sull'articolo.

Togliatti si dichiara contrario alla proposta di rinvio.

Il Presidente Tupini pone ai voti la proposta di rinvio presentata dall'onorevole Terracini, al quale si associa.

(È approvata).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti