[Il 15 marzo 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale delle «Disposizioni generali» del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Targetti. [...] Un'altra osservazione, anche questa di carattere generale, vorrei fare sopra la prima parte dell'articolo 6.

I colleghi sanno che a questo Progetto, fra i tanti appunti che gli sono stati mossi, vi è stato quello, ripetuto con maggiore insistenza di ogni altro, di essere troppo ricco di affermazioni finalistiche. Ebbene, forse qui abbiamo un'affermazione finalistica che, se non è dannosa, è certo superflua. Basterebbe dichiarare — e la norma risulterebbe più eloquente nella sua concisione — che la Repubblica italiana garantisce i diritti essenziali agli individui e alle formazioni sociali; senza parlare di principî inviolabili e sacri. Si potrebbe forse trovare qualche altro aggettivo. Ma sopprimere senz'altro l'affermazione non sarebbe che bene.

[...]

Ravagnan. Onorevoli colleghi, mi propongo di svolgere davanti a voi succintamente la materia che è contenuta negli articoli 6 e 7 del progetto della nostra Costituzione. È una materia che è in connessione diretta, a mio modo di vedere, con l'articolo 1.

Qual è il contenuto fondamentale degli articoli 6 e 7? Mi sembra che essi contengano tre elementi essenziali:

1°) Essi riconoscono e riaffermano quelli che si conviene di chiamare i diritti di libertà, già sanciti nelle varie Costituzioni dell'800, aggiungendo a questi il riconoscimento di quelli che conveniamo di chiamare i diritti economici e sociali;

2°) Questi diritti di libertà e diritti economici e sociali non sono soltanto riconosciuti al singolo, ma anche alle formazioni sociali nelle quali gli individui sviluppano e perfezionano la loro personalità;

3°) Non solo è dato questo riconoscimento, ma è data la garanzia dell'effettivo godimento di questi diritti, cioè la garanzia della rimozione degli ostacoli che si frappongono al libero godimento dei diritti di libertà e dei diritti economici e sociali.

[...]

se vogliamo che la nostra Costituzione abbia un carattere effettivamente moderno, aderente alla realtà attuale, se vogliamo che la democrazia non sia soltanto una democrazia formale, ma che sia effettiva, dobbiamo integrare il riconoscimento dei diritti di libertà con i diritti economici e sociali. Ne viene, come corollario, che non si tratta soltanto del riconoscimento, ma che è necessaria anche la garanzia epperciò gli articoli 6 e 7 giustamente affermano che è garantito l'esercizio dei diritti di libertà e dei diritti economici e sociali, prendendo lo Stato impegno di rimuovere gli ostacoli di carattere economico e sociale che si frappongono all'esercizio e al godimento di questi diritti.

Ora, coloro i quali sostengono che questa affermazione, che questo riconoscimento non hanno che un semplice carattere programmatico, errano, a mio modo di vedere, perché questa garanzia rappresenta, effettivamente, una norma costituzionale, ossia un impegno che il legislatore costituzionale affida al legislatore ordinario, quello di emanare leggi e disposizioni, le quali attuino questa garanzia e la rendano effettiva.

[...]

Vi è un problema secondario che, secondo me, deve essere anche risolto, quello di vedere se la formulazione degli articoli 6 e 7 corrisponda effettivamente ai concetti che la Commissione ha creduto di introdurre, e che, secondo noi, sono giusti, ai concetti cioè della dichiarazione del riconoscimento dei diritti di libertà e dei diritti economici e sociali e della loro garanzia.

E qui è da rilevare, come già è stato rilevato dall'onorevole Togliatti nel suo precedente discorso, che fra il testo della prima Sottocommissione ed il testo del progetto che ci è presentato è occorso un processo di levigazione, vi è stato una specie di laminatoio, io penso, che ha operato sopra questo testo, nel senso che il rilievo è stato perduto o è stato attenuato. Io domanderei agli onorevoli colleghi di confrontare il testo degli articoli 6 e 7 come è stato redatto dalla prima Sottocommissione con il testo del progetto. Questo afferma che la Repubblica italiana garantisce i diritti essenziali agli individui e alle formazioni sociali; il testo della prima Sottocommissione dice: «riconosce e garantisce i diritti dell'uomo sia come singolo, sia nelle forme sociali nelle quali esso organicamente e progressivamente si integra e si perfeziona».

Mi pare che sia più corretto il testo della prima Sottocommissione.

Nell'articolo 7 — testo del progetto — è detto: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli d'ordine economico e sociale che limitano la libertà e l'eguaglianza degli individui e impediscono il completo sviluppo della persona umana»; mentre il testo della prima Sottocommissione è il seguente: «È compito della società e dello Stato eliminare gli ostacoli di ordine economico o sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana ed il suo completo sviluppo».

Io penso che sia più corretto, nel senso e nella forma, il testo della prima Sottocommissione che non il testo del progetto che ci è presentato, ed a questo proposito noi ci riserviamo di presentare le opportune proposte di emendamento in sede di discussione degli articoli.

[...]

Condorelli. [...] Voi avete voluto creare e noi vogliamo creare lo Stato sociale, imprimere un carattere fortemente sociale allo Stato italiano. La rivoluzione francese era sorta con l'accordo teorico o con la spinta, non sappiamo, dell'individualismo razionalista che metteva l'individuo al centro di tutti i valori, talché lo Stato assumeva una giustificazione in quanto mezzo per l'individuo, come garanzia della sua libertà. Il diritto, nella formulazione di Kant, era considerato come la condizione della coesistenza dell'arbitrio di ciascuno con l'arbitrio di tutti. Si svolge tutto un travaglio spirituale dal secolo XIX a questo secolo, che pone in evidenza il carattere sociale e storico dell'uomo: l'individuo non è che una astrazione. La realtà sostanziale che deve essere il centro di tutto quanto il sistema etico, giuridico, economico, non è questo scarnito individuo che è una astrazione, ma l'uomo, che è contemporaneamente, come diceva poco fa il collega Giordani, famiglia, classe economica, Nazione, Stato, Chiesa. È l'uomo sociale. Questo voi avete voluto affermare. Da ciò un nuovo concetto di libertà che, per altro, era acquisito alla scienza, alla filosofia, al nostro stesso diritto positivo. La libertà, intesa non più in senso soltanto negativo, ma anche e più in senso positivo, cioè come possibilità data all'uomo di attuare sé stesso, di svolgere la sua personalità. E questo mi pare che voi abbiate voluto affermarlo nell'articolo 6.

Ma l'affermazione è difettosa, gravemente difettosa. Io so qual è l'alchimia delle deliberazioni collettive. Ad un certo punto, di fronte a tante tendenze, si trova un compromesso ed una formula che non soddisfa nessuno, ma che è il mezzo per uscire da una discussione che si prolunga. Ma, questa volta, la formula sortita non può meritare l'approvazione di nessuno dei giuristi che hanno dato prestigio alla Commissione dei Settantacinque.

L'articolo 6 dice che «per tutelare i principî inviolabili e sacri di autonomia e dignità della persona e di umanità e giustizia fra gli uomini, la Repubblica italiana garantisce i diritti essenziali agli individui ed alle formazioni sociali ove si svolge la loro personalità e richiede l'adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale».

Garantisce i diritti essenziali? Perché solo quelli? E gli altri diritti non li garantisce?

Garantisce tutti quanti i diritti soggettivi, ma non transige su quelli essenziali: in sostanza il vostro pensiero doveva essere questo. Viceversa avete fatto una formulazione palesemente difettosa perché pare che la Repubblica garantisca soltanto i diritti essenziali e che gli altri li sacrifica, non li considera.

La Repubblica, che è un ordinamento giuridico, non può garantire altro che tutti i diritti che essa dà, cioè tanto i diritti essenziali, quanto quelli accidentali e secondari. Ma poi dove è stata trovata questa distinzione fra diritti essenziali e diritti non essenziali? Forse in qualche trattato di diritto naturale di un secolo e mezzo fa? Ma nella terminologia moderna, che io sappia, non c'è. Che cosa sono questi diritti essenziali? I diritti innati? Ma oggi nessuno, né nella filosofia, né nelle scienze del diritto crede nelle idee innate né tanto meno nei diritti innati. Tutti i diritti in senso tecnico si hanno dallo Stato, si hanno dall'ordinamento. Ci sono diritti che hanno un fondamento naturale, ma non sono diritti innati. Si voleva dire i diritti naturali? Ci siamo ingolfati nelle nebbie del giusnaturalismo che, non so se a ragione o a torto, se per il bene o per il male dell'umanità, non è più di attualità. L'espressione non è certo felice ed io sono certo che i giuristi me né daranno atto.

Presidente Terracini. Onorevole Condorelli, tenga conto che la mezz'ora stabilita per ciascun oratore è passata già da cinque minuti.

Condorelli. E poi c'è che la Repubblica richiede l'adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale, cioè di tutti i doveri umani. Ma così il diritto soffoca. Come lo richiede, la Repubblica, l'adempimento di questi doveri? come il maestro può richiederlo al suo discepolo, il padre al figlio, il precettore allo scolaro?

Vi accorgete che questa è una posizione attraverso la quale lo Stato può diventare un convento, una caserma o, peggio, un carcere! Si può creare un regolamento di disciplina che regoli in tutti i modi, fino agli ultimi dettagli, tutte quante le azioni, a incominciare dall'ora della levata, passando a quella dei pasti, a quella di andare a letto. Stiamo attenti! Sono anch'io convinto che sono disposizioni che non avrebbero nessuna efficacia pratica; ma voi sarete i primi a riconoscere che noi italiani, che ci vantiamo soprattutto di una grande tradizione giuridica, proprio a Roma, non possiamo fabbricare un documento nel quale ci siano di queste espressioni.

Dell'articolo 6, secondo me, non c'è altro da fare che sopprimerlo e passare l'affermazione di questi principî di solidarietà sociale fra gli uomini nel preambolo. Non c'è altro da fare. Mi sono sforzato a pensare come quest'articolo potesse essere conservato, ma devo dichiarare che mi sono trovato assolutamente impotente a trovarlo. Non è possibile.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti