[Il 22 marzo 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente inizia l'esame degli emendamenti agli articoli delle «Disposizioni generali»

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 1 per il testo completo della discussione.]

Coppa. [...] Ai successivi comma, cioè: «La Repubblica italiana ha per fondamento il lavoro e la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese», noi abbiamo sostituito — l'onorevole Mario Rodinò ed io — questa formulazione: «Suo fondamento è l'unità nazionale. Sua meta è la giustizia sociale», non perché ci sia un partito preso contro il lavoro. Io, che ho l'onore di parlarvi, posso dirmi un autentico lavoratore, perché penso che l'unica mia ricchezza non voglia essere condivisa da nessuno dei presenti: posseggo due metri quadrati di terra in un certo luogo dove, credo, nessuno dei presenti vorrà farmi compagnia e dove spero di andare il più tardi possibile! Dunque, non c'è partito preso contro il lavoro; però, siccome ritengo che il lavoro sia un mezzo e non un fine, non so spiegarmi come qualche cosa che sia un mezzo e uno strumento possa essere la base dell'ordinamento giuridico di uno Stato; mentre oggi che si parla tanto di autonomie — e naturalmente da qualche banco è partita anche una voce non bene accolta, e non poteva essere bene accolta — è logico affermare, in un momento in cui alcune parti vive della nostra Patria, della nostra Nazione, sono state o stanno per essere distaccate dallo Stato italiano, che il fondamento di questo Stato non possa essere che la unità nazionale.

Un'altra considerazione ancora mi ha fatto escludere il concetto del lavoro. Qui si parla di lavoro e di lavoratori, e si è detto che tutti siamo lavoratori; ma come si può conciliare questa affermazione con un recente progetto di legge presentato dall'illustre amico Ministro Romita circa l'amministrazione degli istituti di assistenza ai lavoratori, nel quale egli auspica una maggiore partecipazione dei lavoratori all'amministrazione degli istituti stessi? Con questa affermazione, evidentemente, il Ministro Romita fa una distinzione fra lavoratori e lavoratori e, naturalmente, in una Costituzione non ci devono essere parole che si prestino ad equivoci.

Non solo; abbiamo sentito parlare dell'avvento al Governo delle classi lavoratrici. Dunque, questa affermazione comprende un progetto che intende affidare la cosa pubblica soltanto ai lavoratori. E allora c'è anche da domandarsi, siccome si parla di lavoratori e di funzioni, se nel campo complesso del lavoro si voglia creare un'antitesi fra datori di lavoro e prestatori d'opera. Perciò appunto riteniamo che nella Costituzione debbano essere bandite le frasi che possono dar luogo ad equivoci.

[...]

Presidente Terracini. [...] Passiamo ora agli altri emendamenti, fra i quali i seguenti sono già stati svolti:

Sostituirlo col seguente:

«L'Italia è una Repubblica democratica.

«La Repubblica italiana ha per fondamento essenziale il lavoro e la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori del braccio e della mente all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

«La sovranità risiede nel popolo ed è esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi.

«Russo Perez».

Sostituirlo col seguente:

«L'Italia si regge a Repubblica democratica.

«La Repubblica italiana ha per fondamento la sovranità popolare e la partecipazione effettiva di tutti i cittadini all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

«Il potere spetta al popolo ed è esercitato nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi.

«Condorelli».

[...]

«Al primo comma, alla parola: democratica, aggiungere le parole: di lavoratori.

«Basso, Targetti, Nenni, De Michelis, Gullo Fausto, Togliatti».

Ove l'aggiunta non sia approvata, sostituire il comma col seguente:

«L'Italia è una Repubblica democratica, che ha per fondamento il lavoro e la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale.

«Basso, Bernini, Targetti, Tonetti, Malagugini, Morandi, Sansone, Amadei, Dugoni, Romita, Fogagnolo, Merlin Angelina, Cacciatore, Lupis».

[...]

Il primo degli emendamenti non ancora svolti è quello dell'onorevole Cortese:

Sostituirlo col seguente:

«L'Italia è una Repubblica democratica.

«La Repubblica italiana ha per fondamento il lavoro e garantisce la partecipazione effettiva di tutti i cittadini all'organizzazione economica, politica e sociale del Paese.

«La sovranità appartiene al popolo; nessuna parte del popolo e nessun individuo può attribuirsene l'esercizio.

«La sovranità si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi».

L'onorevole Cortese ha facoltà di svolgerlo.

Cortese. L'emendamento da me proposto porta tre innovazioni al testo dell'articolo 1° del progetto: due sostitutive e una aggiuntiva.

[...]

Col secondo emendamento sostitutivo, lasciandosi intatta la dizione: «La Repubblica ha per fondamento il lavoro», si soggiunge: «e garantisce la partecipazione effettiva di tutti i cittadini alla organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

Io non credo che possa questo emendamento legittimare alcun timore circa una possibile lesione dei diritti dei lavoratori, i quali come cittadini hanno tutti i diritti politici, nonché quegli ampi diritti sociali che la Costituzione contempla, e la cui posizione, nello stesso articolo 1, è resa preminente per il riconoscimento che l'articolo 1 fa del lavoro, quale fattore fondamentale della vita e dello sviluppo della Repubblica.

A proporre questo emendamento io sono stato indotto non solo dal rilievo che ogni Costituzione, com'è naturale, si rivolge al cittadino, ma dall'indicativo discorso dell'onorevole Togliatti e dalle parole pronunciate l'altro ieri dall'onorevole Amendola.

L'onorevole Togliatti ha dichiarato che egli ritiene che la classe politica dirigente italiana pre-fascista sia responsabile dell'avvento del fascismo e della conseguente catastrofe, e che ad essa, fallita e colpevole, è da sostituirsi una nuova classe dirigente: tale giudizio e la congiunta sanzione dovrebbero trasferirsi dal piano politico al piano costituzionale ed in tali sensi dovrebbe interpretarsi l'articolo 1. Poiché è da escludersi che la precedente classe dirigente fosse fatta da oziosi, per modo da doversi sostituire ora con quella dei lavoratori, e poiché è del pari da escludersi che l'onorevole Togliatti abbia ripudiato gli elementi fondamentali della dottrina marxista, io sono preso dal grave timore che con la espressione «classe dirigente precedente» si debba intendere una determinata classe sociale e parimenti la espressione «nuova classe dirigente dei lavoratori» si debba intendere nel senso rigorosamente classista, e cioè con esclusione dalla direzione della cosa pubblica di tutte le altre classi destinate a scomparire, secondo una formula che è tipica del marxismo. E mi sovviene a questo punto il ricordo di uno di quegli slogan fatali e squillanti che l'onorevole Nenni predilige: delenda est borghesia! Traduco: è da distruggere la borghesia! Lo slogan, che ricordo in questo momento, mi induce a pensare che in questo punto s'incontrino l'onorevole Nenni e l'onorevole Togliatti e che quella classe, fallita e responsabile, da estromettere dalla direzione pubblica del Paese, sia proprio la borghesia.

Io, qui, inseguito dalle lancette dell'orologio nel limite di 10 minuti, non intendo fare il processo del passato e dimostrare come la sentenza dell'onorevole Togliatti sia, per lo meno, unilaterale, perché non tiene conto della responsabilità di quei partiti che, agitando per primi miti insurrezionali, disavvezzarono dal rispetto alle istituzioni liberali e dalla legalità, e facendo ricorso alla violenza (Rumori) determinarono le condizioni per quali sorse ed avanzò l'infausto fascismo.

Io mi preoccupo soltanto che l'articolo 1 della nostra Costituzione possa assumere una colorazione classista attraverso la formula contenuta nel primo comma e sancisca il diritto esclusivo d'una classe a dirigere la vita del Paese. E mi piace ricordare qui quanto perspicuamente ha scritto il collega comunista onorevole Marchesi in una sua relazione: «Lo Stato non è costituito dalla maggioranza dei cittadini, ma da tutti i cittadini e non deve essere rappresentante dei più e tollerante dei meno». La classe dirigente politica del Paese non può essere espressa con esclusività da una classe sociale, sia pure essa nobile e numerosa, ma la classe dirigente è quella che si forma attraverso la libera scelta del corpo elettorale.

[...]

Fanfani. [...] Al secondo comma dell'articolo 1 si rimprovera il senso puramente esplicativo che sembra renderlo un po' fuori posto in quel luogo. Ciò è tanto vero che il demo-cristiano Clerici, in un emendamento poi ritirato, e il liberale Crispo lo posponevano alla materia trattata nel terzo comma, relativo alla sovranità.

[...]

Non sarebbe completa l'espressione dell'emendamento sostitutivo, ove non si avvertisse che la contrazione da noi operata del secondo comma dell'articolo primo del progetto nella semplice espressione «fondata sul lavoro», poteva lasciare scontenti quanti avevano votato — ed io sono tra quelli — nella Commissione dei Settantacinque anche la dizione del progetto circa la partecipazione dei lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale dello Stato.

Uno Stato si definisce nei suoi caratteri costitutivi e nella sua missione storica. La definizione della nostra Repubblica avviene nel primo comma dell'articolo primo, e se nello stesso articolo fosse compiuto un tentativo di definizione della missione storica della Repubblica, questa definizione in due o tre parole riuscirebbe monca e per ragioni di spazio e di collocazione forse si troverebbe fuori posto e perderebbe forza. Occorre quindi che la definizione della missione storica della nostra Repubblica abbia uno sviluppo adeguato e non si concluda sommariamente in poche parole dell'articolo primo. È per questo motivo che abbiamo pensato di far seguire a quell'articolo primo, così come è da noi suggerito, la materia contenuta negli articoli 6 e 7 del progetto, trasportandola, con opportuni emendamenti rafforzativi e sveltitori, negli articoli due e tre.

In questa maniera riteniamo di poter rafforzare l'indicazione della novità e della missione storica della nostra Repubblica, quale risulta evidentissimamente dal dettato attuale, e ci sembra, ancora più, da quello da noi proposto, degli articoli 6 e 7.

Non leggo questi testi, perché a suo tempo saranno letti e commentati. Basti per il momento averli ricordati, a chiarimento della mia asserzione che, nel complesso, il nuovo testo non indebolirà, ma rafforzerà, l'affermazione sociale e solidaristica dell'attuale articolo 1.

Coll'articolo da noi proposto conserviamo la novità della Repubblica fondata sul lavoro, evitando una dizione, come quella proposta dall'onorevole Basso, la quale, per precedenti storici, per formulazioni teoriche, che non si possono sopprimere, può apparire, a parte della popolazione italiana, classistica e, perciò, può allontanare qualche consenso, che certamente non è superfluo, alla nostra Repubblica, in mezzo alle popolazioni italiane.

[...]

Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Fabbri, così formulato:

«Al secondo comma sostituire alle parole: il lavoro, le parole: la giustizia sociale, e alla parola, lavoratori, la parola: cittadini».

L'onorevole Fabbri ha facoltà di svolgerlo.

Fabbri. Il mio emendamento si propone semplicemente di eliminare quelli che a me appaiono errori di fatto.

In sostanza, l'affermazione che lo Stato si fonda sul lavoro non ha niente di nuovo e di peregrino; ed in quelle dimensioni in cui questa verità deve essere riconosciuta, essa è sempre stata vera anche in periodi storici completamente diversi da quello attuale.

Anche nel periodo del lavoro schiavista e dello sfruttamento più completo del lavoro, gli Stati, in gran parte, ma non totalmente, si sono sempre basati sul lavoro, il quale è una delle forze più decisive, concorrenti alla organizzazione sociale.

Non si tratta, quindi, di dire una parola nuova né di fare una scoperta. Se noi dobbiamo caratterizzare in qualche modo la nostra Carta costituzionale con una enunciazione, la quale ne richiami le aspirazioni veramente nuove e sulle quali ci si può trovare tutti d'accordo, essa può essere quella della giustizia sociale, che effettivamente, come fondamento dell'organizzazione politica, non si è verificata in tutti i tempi; e noi desideriamo, credo unanimemente, che si realizzi e si introduca con la nuova Costituzione. La mia dicitura quindi, che si riferisce alla sostituzione di una parola, è semplicemente per dire una cosa vera e per sostituire un'aspirazione reale ad una affermazione del tutto banale e per se stessa inconcludente, ove la si privi di questa aspirazione e di questo desiderio di ordine politico, sul quale mi soffermo anche a proposito dell'altro emendamento con cui chiedo che all'espressione «i lavoratori» venga sostituita l'espressione «i cittadini».

Qui non si tratta più, secondo me, di introdurre un'aspirazione, ma si tratta di eliminare una restrizione, perché indiscutibilmente il concetto di lavoratori è preso in considerazione rispetto a quelli che sono i veri soggetti dell'organizzazione politica dello Stato.

Non è giusto, non corrisponde alla verità, implica un errore giuridico e politico, il pretendere di designare la generalità delle persone con l'epiteto di lavoratori, invece che con quello veramente universale ed assoluto e di tutti comprensivo di «cittadini».

Qualunque sia l'organizzazione dello Stato, anche la più socialista, la più comunista che si possa immaginare, gli appartenenti al complesso sociale saranno sempre contemporaneamente e dei lavoratori e delle persone che non lavorano; saranno delle persone che hanno già lavorato e che quindi hanno tutto il diritto di riposarsi, di andare in pensione (Ilarità a sinistra), senza con ciò decadere dai diritti politici; saranno dei fanciulli, i quali hanno pieno diritto di cittadinanza fino dalla nascita; e, se non sembrasse una espressione troppo cerebrale, direi ancora prima della nascita, perché anche i nascituri, quando sono nell'utero materno, sono virtualmente già dei cittadini, a condizione di nascere.

Quindi questa esclusione di vaste categorie di cittadini che non sono lavoratori in atto, la quale non può essere rettificata che dalla dichiarazione dell'onorevole Togliatti il quale ci diceva: «Con l'espressione di lavoratori, noi non intendiamo di escludere nessuno», non è giusta ed io dico che non ci deve essere la necessità di avere un articolo sbagliato nella sua dicitura, il quale poi debba correggersi con la dichiarazione integrativa dell'onorevole Togliatti. Dal momento che una parola ha un contenuto giuridico e politico preciso, qual è quella di cittadini, è essa che è veramente corretta, mentre la parola lavoratori è una parola che implica un concetto di categoria, un concetto di classe, un concetto che si riconnette ad un'interpretazione materialistica della storia alla quale buona parte di questa Camera non accede.

Io ritengo pertanto che debba essere corretto il testo formulato nel progetto e che quindi alla parola «lavoro» e a quella «lavoratori» debbano essere sostituite, come fondamento, la «giustizia sociale», e come titolari dei diritti, i «cittadini» e non soltanto i lavoratori. (Applausi a destra).

[...]

Presidente Terracini. [...] Prima di passare alla votazione degli altri emendamenti, chiedo al Presidente della Commissione di esprimere su di essi il suo avviso.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Io rispetterò la regola della clessidra: parlerò meno di dieci minuti, per quanto debba pronunciarmi su molti emendamenti, perché credo che ormai sia l'ora della concretezza e occorra abbandonare le considerazioni generali.

Di tutte le proposte fatte ve n'è una che ha un valore pregiudiziale, ed è quella di trasferire la materia degli articoli 6 e 7 immediatamente dopo l'articolo 1, cosicché diventino articoli 2 e 3. La Commissione non ha nulla da opporre a questa proposta che tende a fissare subito, nei suoi lineamenti costitutivi ed essenziali, il volto della Repubblica.

[...]

Veniamo alle questioni più diffuse e più importanti, che vertono con una gamma di variazioni sul concetto di lavoro.

Onorevoli colleghi, coloro che hanno trovato che tutto il nostro progetto è un compromesso debbono constatare che qui il compromesso non c'è. Qui si tratta di tendenze che si sono delineate; io ne riferirò fedelmente come un notaio e voi potrete e dovrete scegliere. Mi è caro affermare che, prima delle divergenze, vi è stata un'idea ed una volontà comune: è necessario in una Carta costituzionale stabilire fin da principio che, oltre alla democrazia puramente politica, base di un nostro periodo glorioso di civiltà costituzionale, si deve oggi realizzare una democrazia sociale ed economica. Questo è il dato caratteristico che colorisce una nuova fase di storia. Nel testo della Commissione sul primo articolo sono ribaditi due concetti: della sovranità popolare, che è l'eredità del principio democratico come è giunto a noi; e la nuova aggiunta dell'elemento «lavoro». Si dice che è concetto indefinito. Ma vi sono altre nozioni fondamentali nelle Costituzioni che possono essere tacciate di indefinitezza. Pensate che cosa si soleva dire nel 1789 degli «immortali principî»; eppure hanno avuto una portata effettiva e concreta.

La Commissione è stata quasi unanimemente concorde nella necessità di accentuare questo aspetto nuovo della democrazia, che tiene conto dell'avanzarsi delle forze del lavoro. Vi è stato un dissenso, un nobile dissenso, manifestato con molta lealtà dall'onorevole collega Fabbri, nostro prezioso collaboratore in altre questioni. Egli non accoglie la nuova orientazione democratica; e vuol parlare di cittadini invece che di lavoratori. È chiaro il contrasto col senso della Commissione, che quindi non può accogliere il suo emendamento.

[...]

Dirò da ultimo che, nella proposta di trasposizione degli articoli 6 e 7 ad articoli 2 e 3, è implicita anche una trasposizione d'una parte dell'articolo 1, che riguarda «la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale del Paese». L'onorevole Fanfani ed i suoi colleghi ritengono che mettendo questo tratto alla fine del quadro che traccia la fisionomia della Repubblica, si acquista maggior efficacia; l'espressione di «rimuovere gli ostacoli» che si frappongono alla partecipazione integrale dei lavoratori è più forte, essi dicono, che un'espressione generica, usata in principio. Nel quale rilievo altri non consentono: gli onorevoli Basso e Targetti temono che, togliendola dal frontone del primo articolo, che resterebbe mutilato, la proposizione non acquisti, ma perda di vigore. Sono due punti di vista, fra cui è dato scegliere.

[...]

Presidente Terracini. [...] Segue l'emendamento a firma degli onorevoli Basso, Bernini, Targetti, Tonetti, Malagugini, Morandi, Sansone, Amadei, Dugoni, Romita, Fogagnolo, Merlin Angelina, Cacciatore, Lupis, il quale, mentre nella sua prima parte fa propria sostanzialmente la formula che abbiamo testé approvata, e può quindi considerarsi limitatamente da questa assorbito, nella seconda parte può essere considerato come emendamento aggiuntivo alla formula stessa.

L'emendamento dice: «L'Italia è una Repubblica democratica che ha per fondamento il lavoro e la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale».

Ha chiesto di parlare l'onorevole Condorelli. Ne ha facoltà.

Condorelli. Osservo che tanto nel mio emendamento, quanto in quello presentato dall'onorevole Fabbri alla parola «lavoratori» si sostituiva la parola «cittadini». Sarebbe quindi necessario procedere prima alla votazione di questo emendamento.

Presidente Terracini. Pongo allora in votazione la seconda parte del comma secondo dell'emendamento presentato dall'onorevole Condorelli:

«...e la partecipazione effettiva di tutti i cittadini all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

(Non è approvata).

Con la votazione testé avvenuta s'intendono decaduti anche l'emendamento dell'onorevole Fabbri e il secondo comma dell'emendamento Cortese. Dobbiamo ora passare alla votazione della seconda parte dell'emendamento Basso, Bernini, Targetti e altri.

Fanfani. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Fanfani. Noi voteremo contro l'emendamento dell'onorevole Basso, non perché non lo approviamo, ma perché ci pare che per la sua prima parte sia stato già approvato nell'aggiunta da noi proposta e, per la seconda parte, è stato da noi immesso, per ragioni di organicità, nell'articolo 7 — futuro articolo 3 — secondo l'emendamento da noi presentato; alla quale trasposizione si sono associati, del resto, anche i presentatori di analogo emendamento, onorevoli Amendola, Laconi, Iotti Leonilde, Grieco.

Grieco. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Grieco. Effettivamente, in un emendamento all'articolo 7 abbiamo introdotto i concetti contenuti nell'emendamento Basso e abbiamo proposto di spostare l'articolo 7 e portarlo all'articolo 3. A suo tempo saranno dette le ragioni di questa trasposizione; e pertanto, per motivi che concordano con quelli esposti dall'onorevole Fanfani, dovremo astenerci dalla votazione dell'emendamento Basso, perché in contraddizione con la nostra proposta di emendamento.

Valiani. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Valiani. Noi voteremo l'emendamento Basso, perché esprime principî politici e sociali, che sono suscettibili di conseguenze giuridiche, come si vedrà quando si discuterà dei consigli di gestione; ma non intendiamo con ciò associarci alla prima parte contenuta nell'emendamento Fanfani, perché espressione d'una filosofia corporativista. (Commenti).

Grassi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Grassi. Devo dichiarare che in un primo momento io avevo presentato un emendamento o, per dir meglio, una modifica al testo della Commissione, che suonava così:

«Tutti i lavoratori partecipano alla organizzazione politica, economica e sociale della Repubblica».

Avevo presentato questo emendamento appunto per correggere una dizione imprecisa, dal punto di vista logico, ossia che la Repubblica, che è di per se stessa un ordinamento giuridico, potesse trovare il suo fondamento su altra organizzazione giuridica o politica del Paese.

Ora si riproduce da parte dell'onorevole Basso la stessa dizione, alla quale io dovrò votare contro, anche perché, in seguito ad una riunione di diversi componenti della Commissione di coordinamento, si trovò giusto di unificare il testo nella proposta Fanfani-Grassi, che fu accettata anche dagli onorevoli Laconi, Grieco ed altri.

Quindi, sia perché non sarebbe giuridicamente esatto dire che la Repubblica ha fondamento su altra organizzazione giuridica e politica del Paese, sia perché, il concetto della partecipazione dei lavoratori si è spostato all'articolo 3, non possiamo votare per l'emendamento Basso. La maggioranza della Commissione di coordinamento ritenne opportuno fare detto spostamento, in quanto è preferibile affermare che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli, perché la partecipazione effettiva dei lavoratori nel campo economico e sociale potesse trovare la sua attuazione. Per queste considerazioni voteremo contro la proposta Basso.

Basso. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Basso. Credo che la trasposizione dall'articolo 1 all'articolo 7, anche se questo dovesse diventare successivamente 3, sia una diminuzione del significato di questo concetto di partecipazione effettiva dei lavoratori, in cui noi ravvisiamo veramente il solo concetto nuovo che sia affermato come il fondamento della Repubblica democratica italiana.

Ciò che contraddistingue una nuova democrazia, che non sia semplicemente formale, ma che intenda realmente fare appello a tutte le forze del lavoro, pensiamo che sia appunto questa affermazione d'una partecipazione effettiva e non soltanto nominale, di fatto e non soltanto di diritto, alla organizzazione politica, sociale ed economica del Paese.

Pensiamo che inserire questa dichiarazione nell'articolo 1 abbia veramente un significato fondamentale, nel senso che si afferma che, se questa partecipazione non si realizza e nella misura in cui non si realizza, non si realizza neppure la democrazia; ossia l'articolo 1 resta un puro flatus vocis.

Questo è il significato del nostro emendamento all'articolo 1.

Trasferito all'articolo 3, riteniamo che questo concetto perda la sua efficacia; epperciò insistiamo nel votarlo in sede di articolo 1.

Presidente Terracini. Pongo ai voti la seconda parte dell'emendamento Basso ed altri:

«... e la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale».

(Non è approvata).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti