[Il 18 dicembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sullo Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti.]

Il Presidente Tupini ricorda che nella precedente seduta era stata iniziata la discussione sui rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica, sulla base di tre diverse formule rispettivamente presentate dall'onorevole Dossetti, dall'onorevole Togliatti e da lui. Nell'intento di facilitare un accordo tra i diversi punti di vista manifestatisi nel corso della discussione, ha formulato un nuovo articolo composto di due parti. La prima parte: «Lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti, e sovrani», riassume il pensiero espresso nella sua formula primitiva e nella prima parte di quella dell'onorevole Togliatti. La seconda parte: «I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi», differisce dalla formula dell'onorevole Togliatti, in quanto questa stabiliva che i rapporti tra Stato e Chiesa sono regolati in termini concordatari.

Pone in discussione la prima parte della sua nuova formula:

«Lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani».

De Vita dichiara di non poter accettare né la formulazione dell'onorevole Togliatti né quella proposta dal Presidente, osservando che il problema dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa, chiaramente impostato in un primo tempo su un terreno politico, è andato a poco a poco scivolando sul terreno giuridico, che è assai insidioso. Fa presente che l'ordinamento giuridico della Chiesa, ad esempio, in materia di matrimonio, sottrae allo Stato il potere di legiferare sulla sostanza del matrimonio stesso e sugli effetti intimamente connessi con esso, lasciando alla sua competenza gli effetti separabili, cioè puramente civili. Riconoscendo, quindi, la sovranità della Chiesa, si vengono a porre gravi limiti alla sovranità e ai poteri dello Stato; le formule proposte riproporrebbero, perciò, una delle questioni politiche più complesse ed oscure della nostra storia.

Dichiara di non esitare a rivendicare la sovranità dello Stato in tutte quelle materie di privato e pubblico interesse che da qualcuno ancora sono riconosciute di competenza della Chiesa.

Marchesi dichiara di non essere alieno dall'accettare la prima parte della formula proposta dal Presidente; ma, per quanto riguarda la seconda parte, fa presente che l'ultimo comma dell'articolo proposto dall'onorevole Togliatti, così formulato: «I rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica sono regolati in termini concordatari», rappresenta il limite estremo di ogni concessione che può essere fatta in materia dai Commissari di parte comunista. Essi non hanno chiesto e non chiederanno una denuncia del Concordato, ed hanno accettato che in sede costituzionale i rapporti tra Stato e Chiesa siano regolati in termini concordatari. Esiste un Concordato stabilito tra la Santa Sede e il Governo fascista: dunque esso mantiene la sua validità fino a che le parti — come sarebbe augurabile — non decidano di emendarlo in quei luoghi che lo spirito democratico dei tempi non più comporterebbe. I colleghi democristiani vorrebbero che quel Concordato — pattuito tra Santa Sede e Governo fascista — entrasse nel tessuto vitale ed organico della Repubblica italiana.

Fa osservare però all'onorevole Dossetti — il quale ha detto che la garanzia costituzionale del Concordato vigente è richiesta dalla coscienza cattolica italiana — che ci sono moltissimi cattolici italiani che appartengono a partiti diversi dalla Democrazia Cristiana; ed è il caso di domandarsi se la coscienza di questi cattolici, appartenenti a tutte le tendenze politiche, esiga veramente il solenne riconoscimento costituzionale del Concordato vigente, o piuttosto non chieda soltanto che la Chiesa cattolica sia libera e rispettata, ma non le si attribuiscano poteri che spettano allo Stato italiano.

Fa presente infine all'onorevole Dossetti, preoccupato per le persecuzioni subite dalla Chiesa in passato, che un articolo della Costituzione non varrebbe certo ad arrestare una eventuale ondata di anticlericalismo, che i comunisti sono i primi a deprecare, e che a scongiurare siffatto pericolo nulla potrà meglio giovare di una riduzione delle pretese avanzate dalla Democrazia Cristiana.

Conclude ripetendo di poter accettare solo la formula dell'onorevole Togliatti, sia pure con qualche modificazione di forma.

Cevolotto, Relatore, dichiara di poter accettare la formula proposta dal Presidente, solo nel caso che per ordine proprio della Chiesa si intenda l'ordine spirituale. Non può invece accettarla, se il riconoscimento della sovranità riguarda l'ordinamento giuridico della Chiesa, il quale è molto vasto e comprende anche materie che interferiscono nell'ordinamento giuridico dello Stato.

Pur essendo convinto che la Chiesa è troppo sapiente per approfittare di una simile formula oltre certi limiti, la ritiene ambigua, e perciò voterà contro di essa.

Grassi osserva che con la formula dell'onorevole Togliatti «in termini concordatari» non si dice tutto, perché oltre il Concordato c'è il Trattato del Laterano che regola i rapporti tra Stato e Chiesa nella parte più essenziale, e quindi non si può non menzionare questo Trattato. Per quanto riguarda la parte concordataria, fa presente che tutti sono d'accordo nel ritenere che il Concordato possa essere rivedibile, trattando materia mista. Propone pertanto che la formula del Presidente sia modificata in questo senso: «I rapporti sono regolati in base ai Patti Lateranensi».

De Vita ripete che con l'articolo proposto si apre la strada alla invadenza della legge canonica nel terreno della legge civile. Dichiara di poter accettare la formula dell'onorevole Togliatti, purché vi si aggiunga: «Allo Stato spetta il potere legislativo, integrato ed esclusivo in tutte le materie di privato e pubblico interesse.

Cevolotto, Relatore, fa presente che è stata posta in discussione solo la prima parte dell'articolo proposto dal Presidente e propone che essa sia votata separatamente.

Il Presidente Tupini, poiché non si fanno obiezioni alla mozione d'ordine dell'onorevole Cevolotto, mette ai voti la prima parte dell'articolo da lui proposto e così formulato:

«Lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani».

De Vita dichiara che voterà contro.

Cevolotto, Relatore, dichiara anch'egli che darà voto contrario.

(La prima parte dell'articolo proposto dal Presidente è approvata con 12 voti favorevoli e 3 contrari).

Il Presidente Tupini pone in discussione la seconda parte dell'articolo: «I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi», avvertendo che l'onorevole Grassi ha proposto un emendamento nel senso che si dica «dai Patti Lateranensi», invece che «in base ai Patti Lateranensi».

Cevolotto, Relatore, si dichiara contrario tanto alla formula dell'onorevole Grassi, quanto a quella del Presidente, osservando che i Patti Lateranensi sono ormai una realtà indistruttibile, e nessuno pensa a distruggere lo Stato della Città del Vaticano; ma perché esso continui ad esistere, non c'è bisogno di menzionare i Patti Lateranensi nella Costituzione, come non c'è nessun bisogno di enunciare ed includere nella Costituzione nessun altro trattato.

Fa presente inoltre che nei Patti Lateranensi vi sono parti caduche che potranno essere modificate in avvenire; non vi è quindi ragione di cristallizzare il Trattato con la Santa Sede inserendolo nella Costituzione.

Osserva che anche dicendo — come ha proposto l'onorevole Grassi — «in base ai Patti Lateranensi» non si fa che consacrare nella Costituzione la piena validità di questi Patti. Ritiene che né il Governo italiano attuale, né i Governi futuri vogliano denunciare il Trattato Lateranense, né in tutto né in parte; ma fa presente che, anche senza denuncia, i trattati internazionali si modificano in vari modi e non conviene, quindi, impedire il processo di evoluzione che potranno subire anche i Patti Lateranensi, con l'inserirli nella Costituzione.

Riconosce che il Concordato costituisce una materia più strettamente costituzionale, ma ritiene che ne debba essere fatta menzione solo nella forma proposta dall'onorevole Togliatti, perché non può essere tolta allo Stato la facoltà di risolvere in un determinato modo la questione della modifica di certe statuizioni del Concordato per accordo bilaterale, ed anche di considerare la convenienza di modificarle, ove l'accordo non intervenga. Questa libertà di scelta deve essere lasciata allo Stato. Ricorda ad esempio la questione dell'articolo 5 che diede origine al caso Buonaiuti, sollevando una vera indignazione in tutte le coscienze libere.

Merlin Umberto osserva che l'articolo 5 fu applicato solo in quel caso.

Cevolotto, Relatore, replica che, quando la libertà è ferita in una persona, tutta la libertà è ferita. Ritiene che, prima o poi, il Vaticano dovrà pensare a modificare questo articolo; ma, se il Vaticano non provvede alla modifica, lo Stato deve essere libero di modificarlo per proprio conto.

Rileva che vi sono anche altri punti del Concordato che dovranno formare oggetto di revisione, possibilmente concordata, come, per esempio, la questione della giurisdizione delle cause matrimoniali, che è una vera e propria rinuncia da parte dello Stato alla sovranità nella più gelosa delle sue funzioni.

Per queste ragioni, ripete di essere contrario a menzionare il Trattato Lateranense e il Concordato nella Costituzione. Non si oppone invece alla formula dell'onorevole Togliatti.

Grassi, pur riconoscendo giuste le osservazioni dell'onorevole Cevolotto, ricorda che i Patti Lateranensi hanno regolato una questione concernente il territorio italiano, cioè una questione interna dello Stato italiano, e insiste perciò sulla convenienza che essi siano menzionati nella Costituzione. Osserva che tale menzione non impedisce che le parti caduche possano essere modificate, quando si adotti la formula da lui proposta: «in base ai Patti Lateranensi».

Merlin Umberto, dichiara di essere sinceramente soddisfatto delle dichiarazioni fatte dagli onorevoli Togliatti e Marchesi, e di prendere atto della formula proposta dall'onorevole Togliatti come di una volontà seria e precisa di non turbare in Italia la pace religiosa. Rileva che gli onorevoli Togliatti e Marchesi, avendo ammesso che il regolamento dei rapporti tra Stato e Chiesa debba avvenire in termini concordatari, ed avendo poi dichiarato di non intendere di toccare sostanzialmente il Trattato e il Concordato con il Vaticano, sono giunti praticamente alle stesse conclusioni dei Commissari di parte democristiana. Infatti, anche essi sono contrari a quel famoso articolo 5, che però, ripete, ha avuto una sola applicazione nel caso Buonaiuti.

Togliatti ricorda che quell'articolo è stato applicato anche in un altro caso, riguardante un prefetto.

Merlin Umberto ritiene che la Santa Sede non sarebbe forse aliena dal consentire ad una modifica di quell'articolo, quando le si facesse presente che esso non corrisponde più al nuovo clima del Paese, dopo aver preso la solenne deliberazione di inserire i Patti Lateranensi nella Costituzione. Quando invece si votasse una formula come quella proposta dall'onorevole Togliatti, la Santa Sede potrebbe dubitare che da parte comunista si manifesti il proposito di discutere un nuovo Concordato. Di fronte ad una simile possibilità i Commissari democristiani dovrebbero prendere una posizione nettamente contraria, perché si tratterebbe di rimettere in discussione una materia delle più difficili, che ha importato anni di lavoro e di discussione, tra giuristi di gran valore. Invita perciò i Commissari comunisti ad aderire alla formula proposta dal Presidente, mettendo a verbale che i Commissari di parte democristiana si dichiarano disposti ad adoperarsi affinché quegli articoli che non si ritenessero più confacenti al nuovo clima del Paese, siano modificati col consenso delle due parti contraenti.

Togliatti rileva che l'onorevole Merlin ha fatto dichiarazioni interessanti circa il desiderio dei comunisti di mantenere e difendere la pace religiosa nel nostro Paese.

Afferma che i comunisti dal giorno in cui hanno ripreso un'attività aperta in Italia, anzi anche prima, si sono adoperati in questo senso. Non esiste alcun atto della loro politica che tenda in qualsiasi modo a ledere la pace religiosa del popolo italiano. Essi comprendono che si apre per il popolo italiano un periodo difficile, periodo di ricostruzione e di rinnovamento politico ed economico, e che questo processo non deve essere complicato da conflitti religiosi. I compiti che si pongono in questo periodo per le masse lavoratrici, a cui il partito comunista è legato in modo particolare e a cui sono legati anche altri partiti, saranno risolti in Italia attraverso una collaborazione tra gli elementi lavoratori di diverse correnti, e la pace religiosa dovrà conservarsi nel nostro Paese per un lungo periodo di tempo.

Non crede, dunque, che si possa dubitare delle intenzioni dei comunisti, i quali hanno presentato una formula nella quale hanno tenuto conto della richiesta democristiana di un riconoscimento della sovranità della Chiesa. Ma, mentre i comunisti facevano questo sforzo di avvicinamento, i democristiani facevano un movimento opposto, presentando formule sempre più tassative sull'altra questione dei Patti Lateranensi.

Ora, venendo al fondo della questione, dichiara, in risposta ai dubbi avanzati dall'onorevole Merlin, che i comunisti non intendono affatto porre il problema di una revisione del complesso degli accordi tra Stato e Chiesa, come essi sono sanciti dal Trattato e dal Concordato del Laterano. Ma d'altra parte, non ritengono giustificate le ragioni che sono state portate in favore di un inserimento di quei Patti nella Costituzione. Non vale l'argomento che il Trattato Lateranense regola la materia del territorio dello Stato, perché non c'è nulla di strano che un trattato che regola una materia territoriale non venga richiamato espressamente nella Costituzione.

Invece, contro l'inserimento dei Patti Lateranensi nella Costituzione, vi è l'argomento dei possibili ritocchi che verrebbero ad essere esclusi, e potrebbero essere fatti soltanto attraverso un procedimento di revisione costituzionale, almeno come ratifica. E ad esso si aggiungono altri due argomenti: uno di valore psicologico-politico e l'altro di natura dottrinaria.

L'argomento psicologico è che i trattati hanno la firma del fascismo; vale a dire che sono stati conclusi dal Governo fascista. Vorranno i democristiani ignorare questo fatto, chiedendo di inserire nella Costituzione dei Patti che vennero considerati come una delle più grandi opere del regime fascista?

L'argomento dottrinario consiste nel fatto che i comunisti intendono respingere l'affermazione che lo Stato possa avere una religione. Lo Stato non può avere una religione; lo Stato garantisce la religione, ma non ha una religione sua; la religione l'hanno gli individui. Ora nella vecchia Costituzione italiana, cioè nello Statuto Albertino, c'era un articolo che affermava che lo Stato aveva una religione e che questa era la religione cattolica apostolica romana. Questo articolo, che i comunisti respingono per una questione di principio, viene riportato dal Trattato Lateranense e, attraverso questo, verrebbe ad essere inserito nella Costituzione.

I democristiani possono domandare come mai i comunisti intendono di mantenere in piedi il Concordato e il Trattato Lateranense, se poi respingono l'articolo citato. I comunisti rispondono che quell'articolo nella Costituzione-Albertina ha un valore storico, ed essi non sollevano la questione, ma si oppongono a che venga inserito nella nuova Costituzione, perché esso potrebbe costituire domani un istrumento internazionale col quale si richiami lo Stato a condizioni giuridiche e a concezioni preesistenti.

Conclude dichiarando di ritenere che il dissidio tra i punti di vista comunista e democristiano non sia insolubile in linea politica, e che esso potrebbe essere risolto facilmente con un atto dell'Assemblea, la quale, nel momento in cui voterà la Costituzione, potrà votare anche un ordine del giorno in cui, nella forma più solenne, dichiari di ammettere che il Concordato e il Trattato del Laterano sono in vigore.

Corsanego rileva che la seconda osservazione dell'onorevole Togliatti si presenta molto grave nella sua formulazione. Ma tale gravità è conferita piuttosto da una abilità politica che non da una consistenza sostanziale. Quando poi l'onorevole Togliatti dice: Non vogliamo consacrare nella Costituzione i Trattati Lateranensi perché furono fatti dal fascismo, egli fa un'affermazione pericolosa, perché bisogna prima domandarsi se i Trattati Lateranensi corrispondevano alla volontà della maggioranza del popolo italiano. Se questo era, il fatto che li abbia stipulati il fascismo ha poca importanza. Se si insistesse su questo argomento, si dovrebbe spiegare anche perché l'Italia democratica ha istituito la Repubblica, quando il primo a fondarla fu proprio il fascismo. Come anche ci si dovrebbe domandare perché si parli di socializzazione, quando la prima socializzazione fu fatta proprio dal fascismo repubblicano.

Dossetti, Relatore, dichiara che l'affermazione dell'onorevole Togliatti circa una certa accentuazione delle pretese democristiane non corrisponde alla realtà. Osserva anzi, a questo proposito che l'onorevole Togliatti è stato il primo a pronunciarsi sulla materia in discussione, facendo affermazioni che, sotto certi aspetti formali, erano più decise di quante ne siano state mai fatte da parte democristiana.

La richiesta di un'affermazione più esplicita nei riguardi dei Patti Lateranensi è giustificata dal fatto che l'onorevole Togliatti, nelle sue nuove proposte, è venuto a restringere la portata del riconoscimento di quei Patti, che egli aveva mostrato di voler effettuare nelle sue precedenti dichiarazioni del 21 novembre.

Per quanto riguarda l'argomento avanzato dall'onorevole Togliatti della firma fascista dei Patti Lateranensi, si richiama alle osservazioni già fatte dall'onorevole Corsanego. Aggiunge che vi sono molti esempi di patti che hanno assunto un aspetto diverso quando sono apparsi contrastanti con una determinata linea politica, e che non vi è bisogno di richiamare i precedenti storici dei Patti Lateranensi per mostrare come essi già fossero maturi nella coscienza del popolo italiano, attraverso i numerosi tentativi falliti, per vari motivi, prima del fascismo.

Circa la ragione di principio riguardante l'articolo 1 dello Statuto Albertino, osserva che il significato di questo articolo va valutato non per quello che esso dice formalmente, ma per il suo contenuto specifico assunto in relazione all'organizzazione giuridica concreta nella quale si inserisce. D'altra parte, che questo non sia un argomento valido contro la tesi dell'inserzione dei Patti Lateranensi nella Costituzione, è dimostrato anche dalla proposta fatta in fine dall'onorevole Togliatti che l'Assemblea, attraverso un atto, sia pure fuori della Carta costituzionale, riconosca il Trattato e il Concordato. La distinzione che egli fa è di carattere estrinseco e riguarda esclusivamente il «pezzo di carta» in cui questa norma verrà scritta. Se invece l'onorevole Togliatti ritiene che questa enunciazione non abbia valore di norma costituzionale, allora non sarà che un voto, un auspicio di cui si può apprezzare il significato al fine di tranquillizzare la vigile coscienza cattolica, ma che non può accontentare chi rappresenta questa coscienza in seno all'Assemblea Costituente.

Il Presidente Tupini comunica che alla formula da lui presentata l'onorevole Lucifero propone di aggiungere un capoverso così formulato:

«Qualunque modifica di essi, bilateralmente accettata, non richiederà un procedimento di revisione costituzionale, ma sarà sottoposta a normale procedura di ratifica».

Basso dichiara di non comprendere la ragione per cui si chieda di inserire il concordato ed il Trattato del Laterano nella nuova Costituzione. Osserva che da 17 anni il Trattato e il Concordato con la Santa Sede vigono in Italia, e mai in passato si è chiesto che essi fossero inseriti nello Statuto Albertino. Non vede, pertanto, la necessità di inserirli oggi nella Carta costituzionale; anzi, a suo parere, vi sono ragioni per non farlo.

Osserva a questo proposito che, al fine di assicurare la pace religiosa, è utile all'Italia un Concordato approvato da un Governo il quale sia la legittima espressione della volontà popolare.

All'onorevole Corsanego, fa presente che il concetto degli accordi con la Santa Sede risponde alla volontà del popolo italiano, ma non le singole statuizioni di essi, alcune delle quali debbono essere modificate o aggiornate. Nessuno oggi intende turbare la pace religiosa, e tanto meno i socialisti; essi però ritengono che questa pace deve riposare su una base solida, e non su un Concordato il quale contiene statuizioni contrarie alla loro coscienza giuridica e civile. È necessario modificare alcuni articoli del Concordato, e d'altra parte non è possibile affermare questa necessità, nello stesso momento in cui si chiede che il Concordato venga inserito con tutti i suoi articoli nella Carta costituzionale, precludendo la via ad ogni revisione.

Va inoltre considerato il fatto che alcuni articoli del Concordato contrastano con lo spirito della Carta costituzionale. Ad esempio, l'articolo 5 offende due esigenze della Costituzione: l'indipendenza dello Stato e l'eguaglianza fra i cittadini. Inoltre l'articolo 36, in cui si parla dell'insegnamento religioso come culmine dell'educazione secondo i principî della Chiesa Cattolica, offende il principio dell'eguaglianza tra cittadini appartenenti a fedi diverse. Egualmente deve essere modificato l'articolo 20 del Concordato, relativo al giuramento dei vescovi nelle mani del re.

Conclude dichiarando che si può affermare nella Costituzione l'indipendenza della Chiesa ed altri principî che meritano un'affermazione di carattere costituzionale; ma non si può arrivare ad inserire nella Costituzione il Concordato in toto. Il Concordato è un avvenimento importante poiché ha rappresentato l'avvento in Italia della pace religiosa, fatto storico che nessuno disconosce. Ma è lecito non riconoscere che la specifica forma data allora al Concordato possa ancora rispondere alla situazione attuale.

Quanto all'emendamento proposto dall'onorevole Lucifero, ritiene che esso possa fornire un mezzo più spedito per modificare il Concordato, ma che non soddisfi a quelle esigenze più importanti che non gli consentono di votare a favore della formula proposta dal Presidente.

Cevolotto, Relatore, dichiara di non poter accettare l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Lucifero che aggrava la situazione, perché viene a consacrare nella maniera più rigida l'inserimento del Concordato nella Costituzione, confermando l'impossibilità di modificare il Concordato stesso con atti che non siano bilaterali.

Il Presidente Tupini osserva che questo non è lo spirito con il quale l'onorevole Lucifero ha presentato il suo emendamento.

Cevolotto, Relatore, obietta che questa, però, ne è la conseguenza, rilevando che, invece, l'emendamento proposto dall'onorevole Grassi costituiva un'attenuazione della formula del Presidente.

Si dichiara favorevole alla formula proposta dall'onorevole Togliatti per le ragioni che il proponente ed egli stesso hanno esposto.

Lucifero fa osservare all'onorevole Cevolotto che il problema cui ci si trova di fronte è quello della possibilità di modifiche del Concordato accettate bilateralmente dalla Santa Sede e dallo Stato italiano. Qualora non si dica niente in proposito, per una modificazione del genere bisognerà seguire la procedura della revisione costituzionale.

A questo inconveniente ovvia la dichiarazione che la revisione del Concordato avviene col normale sistema di ratifica. In questo modo, se mai, si attenua, non si aggrava, il peso dell'inserimento del Concordato nella Costituzione.

Il Presidente Tupini dichiara di insistere nella sua proposta aggiuntiva, e domanda all'onorevole Grassi se mantiene la sua proposta di emendamento.

Grassi dichiara di insistervi, perché ritiene che la dizione «I rapporti sono regolati in base ai Patti Lateranensi» possa risolvere sia la questione di sostanza, sia quella di forma accennata dall'onorevole Lucifero. Se si dicesse soltanto «sono regolati dai Patti Lateranensi», potrebbe darsi che per la modifica dei Patti Lateranensi si dovesse ricorrere a strumenti complessi, dato che quella italiana non è una Costituzione flessibile ma rigida; invece con la formula da lui proposta si potrebbe ratificare qualunque nuovo accordo, senza bisogno di ricorrere ad una procedura extra-parlamentare.

Lucifero chiede che il suo emendamento venga messo ai voti prima della formula proposta dal Presidente, perché ciò potrebbe indurre qualcuno a votare quella parte della proposta che sarebbe per lui inaccettabile senza l'emendamento.

Il Presidente Tupini fa osservare all'onorevole Lucifero che la sua richiesta non può essere accolta, perché il suo è un emendamento aggiuntivo e come tale presuppone una formula precedente.

Mette ai voti in primo luogo la formula proposta dall'onorevole Togliatti:

«I rapporti tra Stato e Chiesa cattolica sono regolati in termini concordatari».

Lucifero dichiara di votare contro, perché ritiene che la formula, richiamandosi solo alla parte concordataria, non contempli quegli altri rapporti che sono previsti dal Trattato. Inoltre, dicendo «in termini concordatari», si lascia adito al dubbio che non ci si riferisca al Concordato vigente.

(La formula Togliatti è respinta con 10 voti contrari e 7 favorevoli).

Il Presidente Tupini avverte che rimane da porre in votazione la formula da lui proposta, sulla quale l'onorevole Grassi ha presentato un emendamento.

Grassi dichiara di ritirarlo.

Il Presidente Tupini pone ai voti la formula da lui proposta:

«I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi».

Cevolotto, Relatore, dichiara di votare contro per le ragioni che ha già ampiamente esposto, riservandosi di risollevare la questione, sia nella Commissione plenaria che davanti all'Assemblea Costituente.

De Vita dichiara di votare contro.

Grassi dichiara di votare a favore, con l'intesa che egli ritiene che il Trattato e il Concordato debbano essere la base delle relazioni tra Stato e Chiesa, ma che essi vanno modificati in alcune parti. Con questo spirito, voterà anche a favore dell'emendamento aggiuntivo proposto dall'onorevole Lucifero.

Moro dichiara di votare a favore, sicuro di interpretare in questo modo la coscienza cattolica del popolo italiano, e anche di quella parte cattolica del popolo italiano che milita in altri partiti. Dichiara altresì, che con questo voto i Commissari di parte democristiana non intendono imporre l'affermazione di una maggioranza transitoria, ma vogliono avviare tutta la vita politica italiana verso la pace religiosa, nella certezza che, anche per mezzo del loro contributo, saranno operati nel Concordato quei ritocchi che valgano a rendere i termini della pace religiosa perfettamente aderenti allo spirito liberale e democratico della nostra Costituzione.

(La formula proposta dal Presidente è approvata con 10 voti favorevoli e 7 contrari).

Il Presidente Tupini mette ai voti l'emendamento aggiuntivo proposto dall'onorevole Lucifero:

«Qualunque modifica di essi, bilateralmente accettata, non richiederà un procedimento di revisione costituzionale, ma sarà sottoposta a normale procedura di ratifica».

Dossetti, Relatore, riservandosi, quanto al merito della proposizione proposta, di esprimere il suo avviso in sede più opportuna, dichiara di votare contro perché l'adozione di questa norma, quando ancora non si conosce la procedura che verrà adottata per la revisione della Costituzione, gli sembra inopportuna.

Grassi dichiara di votare a favore per le ragioni già esposte.

Togliatti dichiara di votare a favore.

(L'emendamento aggiuntivo è approvato con 8 voti favorevoli e 7 contrari).

Il Presidente Tupini rileva che la dizione dell'articolo, nel suo testo definitivo, rimane la seguente:

«Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Qualunque modifica di essi, bilateralmente accettata, non richiederà un procedimento di revisione costituzionale, ma sarà sottoposta a normale procedura di ratifica».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti