[Il 22 aprile 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo secondo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti etico-sociali».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Pignedoli. Mi appresto a parlare davanti all'Assemblea Costituente, con molta modestia, su un problema che mi appassiona profondamente, il problema della scuola, e soprattutto della scuola in un suo aspetto particolare, il problema della cultura universitaria, e, se possibile, della ricerca scientifica.

[...]

Il doloroso andarsene degli scienziati italiani, onorevoli colleghi, è un altro punto che voglio richiamare all'Assemblea Costituente italiana. Gli scienziati se ne vanno dall'Italia per ragioni di trattamento, per ragioni proprio inerenti alla possibilità di vivere. E qui non c'è nessuno spunto polemico; qui siamo tutti uniti in una grande considerazione di Patria e di giustizia umana. Gli scienziati se ne vanno, ma il doloroso calvario degli scienziati, che se ne vanno all'estero e che la Patria perde, dovrà essere finito una volta per sempre.

La Repubblica democratica italiana dovrà provvedere ai suoi ricercatori, dovrà provvedere a questi suoi lavoratori della mente; dovrà provvedere a questi suoi figli più eletti.

Io non mi sento mai così me stesso come davanti al lavoro umano, al lavoro umano che va dalla ricostruzione di un ponte al lancio di una funivia, ma che nella sua estrinsecazione più alta, è la «Nona» o la Divina Commedia: e, quando mi trovo di fronte ad una grande manifestazione artistica, mi sento profondamente lieto.

Dovrà finire dunque questo esodo e la Repubblica italiana dovrà impegnarsi a lottare, non dico a promettere di risolvere con faciloneria il problema, ma dovrà impegnarsi a far di tutto perché spiriti eletti non debbano emigrare lontano.

Per questo io mi sono permesso, onorevoli colleghi — e sto finendo — mi sono permesso di presentare un emendamento. Ho visto un altro emendamento, successivo, proposto dall'illustre Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche ed un altro ancora presentato da altri onorevoli colleghi, mi pare dal professor Firrao, dell'Università di Napoli, e dall'onorevole generale Nobile. Ma mi sono permesso di mantenere il mio primo emendamento, che è leggermente diverso.

Esso è così concepito: «La Repubblica protegge e promuove con ogni possibile aiuto la creazione artistica e la ricerca scientifica». Esso non è in contrasto con la prima parte dell'articolo 27, in cui si dichiara che l'arte e la scienza sono libere. L'arte e la scienza sono libere per la loro stessa natura; noi lo sappiamo bene! Ma l'asserire, come comma aggiuntivo, che la Repubblica protegge e promuove la creazione artistica e la ricerca scientifica non è, evidentemente, una negazione del primo comma dell'articolo, ma anzi, una integrazione, direi necessaria, del comma stesso.

Ho finito. Sulla tomba di Isacco Newton, il genio altissimo, che ha onorato tutto il mondo scientifico, sta scritta un'espressione nella quale è detto che l'umanità tutta si gloria di averlo avuto figlio.

Noi siamo al di fuori e al di sopra di ogni esasperato spirito nazionalistico anche dal punto di vista della rivendicazione, dinanzi al mondo delle nostre glorie scientifiche; ma noi sentiamo, però, che la tradizione italiana, che la gloria di Leonardo, quella di Galileo, la gloria di Volta e di Pacinotti, di Ferrari, e di Marconi non sono tali da poter essere dimenticate dinanzi al mondo e sentiamo ancora più che è necessario tutelarne lo spirito e la grandezza.

Per questo io non ho mai plaudito sufficientemente e non avrò mai sufficientemente approvato quella dizione del nostro progetto costituzionale, nella quale si parla di aiutare i giovani migliori, anche se privi di mezzi, anzi soprattutto se privi di mezzi, a raggiungere le alte espressioni della cultura e le altissime posizioni dell'insegnamento e della ricerca scientifica.

A questo la scuola italiana, onorevoli colleghi, deve assolutamente impegnarsi e la Repubblica deve lavorare con ogni mezzo, e gli uomini che hanno la responsabilità delle decisioni in questo campo dovranno agire con intensa passione e con alta convinzione; perché, onorevoli colleghi, io sono certo di non usare espressioni di esasperato nazionalismo, ma di dire semplicemente la verità; non esalto infatti glorie militari o fatti che si sperdono nelle lontananze della storia o della leggenda, ma esalto glorie effettive della nostra stirpe.

Io vi dichiaro: la Repubblica difenderà e proteggerà i ricercatori e gli studiosi e avvierà i giovani migliori alle altissime posizioni, da cui poi, brillerà il loro genio, perché se si spegnesse la civiltà scientifica italiana, ne avrebbe grave pregiudizio la civiltà del mondo. (Applausi al centro Congratulazioni).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti