[L'11 aprile 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti civili».]

Presidente Terracini. [...] Passiamo all'esame dell'articolo 11:

«La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.

«Lo straniero al quale siano negate nel proprio paese le libertà garantite dalla Costituzione italiana ha diritto di asilo nel territorio italiano.

«Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici».

A questo articolo sono stati presentati alcuni emendamenti.

Il primo è quello, già svolto, dell'onorevole Mastino Pietro:

«Sostituirlo col seguente:

«Lo straniero a cui siano negate nel proprio Paese le libertà garantite dalla Costituzione italiana ha diritto di asilo nel territorio italiano. Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici».

Non essendo presente il proponente, l'emendamento si intende decaduto.

Segue l'emendamento, già svolto, dell'onorevole Ruggiero Carlo:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Lo straniero al quale sono negati i diritti e le libertà garantiti da questa Costituzione ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica».

Non essendo presente il proponente, l'emendamento si intende decaduto.

Segue l'emendamento degli onorevoli Bulloni e Avanzini:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Lo straniero al quale siano negate le libertà garantite dalla presente Costituzione ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica».

L'onorevole Bulloni ha facoltà di svolgerlo.

Bulloni. Rinuncio all'emendamento.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento degli onorevoli Ravagnan, Laconi, Grieco:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Lo straniero perseguitato per aver difeso i diritti della libertà e del lavoro ha diritto di asilo nel territorio italiano».

Presidente Terracini. L'onorevole Ravagnan ha facoltà di svolgerlo.

Ravagnan. Onorevoli colleghi, noi abbiamo presentato questo emendamento perché riteniamo che esso corrisponda ad una esigenza di chiarezza del testo costituzionale.

Anzitutto noi pensiamo che non vi è dubbio che la Costituzione che si va elaborando sia una Costituzione antifascista. Non vi è dubbio che il Comitato di redazione, presentandoci questo articolo, abbia avuto l'intenzione di affermare che il diritto di asilo è concesso in Italia a coloro che hanno combattuto all'estero per la libertà contro il fascismo, e che sono perseguitati per questa lotta. Siamo certi che questo è il concetto che anima la Commissione.

Riteniamo tuttavia che questo concetto sia troppo generico, sia troppo poco concreto e la formula che proponiamo vale appunto a dare a questo concetto una concretezza e una precisione maggiore.

Per dare un esempio: si usa dire oggi in Italia che noi abbiamo dei detenuti politici. Ora, i detenuti politici che abbiamo oggi in Italia sono di natura tutt'affatto opposta di quelli che esistevano prima della caduta del fascismo. E se ci si presenta alle frontiere un individuo che dice di essere perseguitato politico, e lo è della stessa natura di quelli che sono in carcere in Italia, come possiamo permettere che egli abbia diritto di asilo?

È necessaria dunque una discriminazione: Non possiamo concedere in tal caso il diritto di asilo, non possiamo ammettere una Costituzione che rischi di concedere il diritto di asilo ad elementi che si trovino sullo stesso piano di quelli che noi riteniamo in Italia pericolosi per l'ordine pubblico e per le istituzioni del nostro Paese.

Analogamente, se in un paese straniero sono negate le libertà di organizzazione a determinati gruppi che hanno condotto una lotta analoga a quella che è stata svolta nel nostro Paese da gruppi messi sotto la sanzione delle nostre leggi, come possiamo poi ammettere il diritto di asilo per gli esponenti di tali organizzazioni? Certamente non è possibile. Ecco la necessità di introdurre nella Costituzione una formulazione più precisa, e non credo che alcuno possa essere contrario a che essa sia introdotta, perché si tratta di una formulazione più restrittiva non della libertà, ma della possibilità che la libertà sia intaccata.

Oggi nel nostro Paese si ha da fare con molti e molti stranieri che non possono rientrare nel loro paese perché hanno condotto colà un'azione analoga a quella che svolge oggi il neo-fascismo e il neonazismo. Ci sono stati colleghi che in sede di commissione plenaria a questo proposito hanno affermato astrattamente il principio che si devono considerare in generale i perseguitati politici per qualsiasi idea. Nella pratica, altra è la vita che hanno condotto i combattenti della libertà in terra straniera, una vita di povertà decorosa e onorata, e altra è la vita, che conducono in Italia questi elementi, i quali si sono abituati alla morale fascista o nazista all'estero, di rapine e di delitti, e compiono rapine e delitti in Italia, e si dedicano ad attività ignobili di trafficanti di valute e di qualcosa di peggiore. Questo non è ammissibile che avvenga nel nostro Paese.

Per questo ci permettiamo di richiamare l'attenzione dell'Assemblea sulla necessità che la formulazione sia del tipo che noi proponiamo.

Io osservo ancora che la nostra formula si discosta anche da quelle presentate da altri gruppi, nel senso che noi non facciamo accenno ai diritti di libertà garantiti dalla Costituzione italiana.

Questa non è un'omissione; noi pensiamo che se facciamo esplicito riferimento soltanto ai diritti garantiti dalla nostra Costituzione, implicitamente siamo obbligati ad istituire dei raffronti colle altre Costituzioni.

Una voce. No, no.

Ravagnan. A noi sembra così. Questo raffronto ci sembra superfluo e non opportuno.

Dobbiamo semplicemente stabilire una norma, una indicazione, per cui sia obbligatoria la valutazione dell'attività del profugo politico straniero, poiché oggi e successivamente — in un periodo che non sappiamo quanto possa durare — evidentemente la lotta ci divide in due campi; e questi campi non si possono astrattamente considerare alla stessa stregua.

Per queste ragioni, insistiamo perché il nostro emendamento sia posto in votazione e ci auguriamo che sia approvato.

Presidente Terracini. Gli onorevoli Treves, Cairo, Grilli, Canevari, Bocconi, Morini, Carboni, D'Aragona, Preti, Chiaramello hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Lo straniero, al quale sia negato l'effettivo esercizio dei diritti di libertà garantiti dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica».

L'onorevole Treves ha facoltà di svolgerlo.

Treves. Onorevoli colleghi, il nostro emendamento mira sovrattutto a precisare un dato di fatto in un articolo che ci sta molto a cuore.

Effettivamente tutte le Costituzioni moderne contengono un articolo sul diritto di asilo per i perseguitati politici. Sia la Costituzione russa che quella jugoslava, sia il primo progetto di Costituzione francese all'articolo 6 e ora nel proemio, accolgono questa disposizione, ma in termini diversi da quello che è il testo suggerito dalla nostra Commissione. In quelle Costituzioni mi sembra seguito un altro procedimento, più esemplificativo. Si dice che gli stranieri perseguitati per avere compiuto determinati atti in favore della libertà e dei diritti del lavoro, hanno diritto di asilo nel territorio.

Il testo della Commissione è più comprensivo, senza scendere ad esemplificazioni.

Ma il nostro emendamento mira a precisare la portata della disposizione e perciò le parole chiave — diciamo così — a noi sembrano «l'effettivo esercizio dei diritti di libertà», ecc.

Quello che a noi preme di stabilire è se lo straniero può avere l'effettivo esercizio di questi diritti, e non che questi diritti siano astrattamente incorporati nella Carta costituzionale del paese cui lo straniero appartiene. Si tratta di vedere in pratica se lo straniero ha l'effettivo esercizio di quei diritti a cui noi soprattutto teniamo. In questo senso, proprio per precisare e completare il testo della Commissione, noi abbiamo formulato il nostro emendamento.

Presidente Terracini. Gli onorevoli Basso, Nobili Tito Oro, Giua, Pieri, Costantini, Grazi, Merighi, Tonello, Tega, De Michelis, hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Lo straniero, che sia perseguitato nel proprio paese per aver difeso i diritti della libertà e del lavoro garantiti dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica».

L'onorevole Tonello, firmatario dell'emendamento, ha facoltà di svolgerlo.

Tonello. Onorevoli colleghi, ho considerato le ragioni addotte dall'onorevole Ravagnan, tendenti a limitare in un certo modo il diritto di asilo allo straniero, ed ho provato una istintiva avversione dell'animo mio nel sentire enunciare il principio della limitazione del diritto di asilo.

Io ebbi la sventura di sopportare oltre venti anni di amaro esilio e so come la libertà concessa agli stranieri nel campo del pensiero non sia che una menzogna, anche se stampata nella Carta costituzionale di un Paese libero. E nella Svizzera, che i miei amici repubblicani hanno il torto di dipingere come la terra promessa della libertà, nella Svizzera questo diritto di asilo non è che una ipocrisia borghese e capitalistica. Erano favoriti tutti i commendatori ladri, tutti gli affaristi, tutti i banchieri falliti; ma i galantuomini, quelli che hanno lottato e che lottano e che soffrono per una idea, erano continuamente tormentati, come continuamente tormentato fu colui che vi parla. Ricordo di essere stato espulso dalla Svizzera per una poesia scritta prima dell'assassinio di Dolfüss e riguardante il passato Pontefice. Dissero che avevo offeso dei capi di Stato, cosicché dovetti fare il mio fardello e continuare il mio calvario in altra terra. Mi recai in Francia, e vidi che anche lì era problematico il diritto di asilo, benché il trinomio di libertà, fratellanza ed eguaglianza fosse sulla bocca di tutti. La verità è che quando un povero operaio, un cittadino straniero, capitava sotto le grinfie della polizia era perseguitato senza pietà.

Ed allora, dobbiamo proprio noi mettere delle limitazioni a questo riguardo nella nostra Costituzione? Dobbiamo noi proprio inserire nella Costituzione queste restrizioni di libertà al diritto di asilo? Io credo di no. Io non mi sento di approvarle, benché riconosca che le ragioni addotte dall'onorevole Ravagnan sono buone ed oneste, e mi ripugni il pensare che in Italia tutti i persecutori, tutti gli aguzzini di altri popoli sono liberi di ricoverarsi. Ma io penso che vi è il Codice penale, e che nella Costituzione non dobbiamo ammettere questo principio. Oggi vi è la Costituente. V'è un'aria di libertà, ma non sappiamo quali Governi e quali maggioranze si avranno domani, e quali uomini politici interpreteranno le limitazioni che includiamo nella nostra Costituzione. Basterà che venga un eresiarca qualunque da un altro Paese perché si trovi nella Costituzione le ragioni per mettergli la corda al collo o per esiliarlo un'altra volta.

Io vi invito, onorevoli colleghi, a rimanere fermi nel concetto espresso nell'emendamento presentato dal compagno Basso, da me e da altri compagni. Esso dice: «Lo straniero che sia perseguitato nel proprio Paese per aver difeso i diritti della libertà e del lavoro garantiti dalla Costituzione italiana ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica». Qui è precisamente segnato il limite di questa libertà, cioè questa libertà è ammessa per coloro che hanno difeso nel loro Paese le libertà che sono sancite nella nostra Costituzione.

Questo emendamento può essere adottato anche dagli amici comunisti, in quanto ribadisce il concetto espresso anche dall'onorevole Ravagnan, ma in una forma più precisa che ci rende più tranquilli. Esso ci fa capire che domani un agitatore operaio, un organizzatore di masse, venendo in Italia, troverà la difesa del suo diritto di asilo e nessuno lo espellerà.

Aspettiamo a marciare verso l'aria grigia della palude e della reazione e ci troveremo benissimo. Anche dieci anni fa, quando il Presidente della Repubblica svizzera mi mandò lo sfratto, nel Parlamento svizzero disse: «Noi riconosciamo teoricamente che gli esiliati hanno diritto di esprimere il loro pensiero e la loro anima nella nostra terra ospitale, ma...», ed i «ma» seguiranno sempre quando si vuole perseguitare lo straniero che sia incomodo non solo allo Stato, ma anche alle classi borghesi e abbienti dello Stato in cui si è ricoverato.

Non bisogna mettere limitazioni. Vi è il Codice penale ed in esso potrete mettere tutte le limitazioni che vorrete, ma nella Costituzione no. Nella Costituzione deve essere messo limpido il concetto che sacra deve essere l'ospitalità.

Onorevoli colleghi, pensate che questo fatto ha una grande importanza, anche perché può darsi che noi socialisti abbiamo ancora bisogno di chiedere ospitalità ai Paesi stranieri; ma può darsi che lo abbiate anche voi, amici della destra, questo bisogno. Oggi a me, domani a te, dice il proverbio. Badate, questo negare ogni concetto largo di libertà, può colpire non solo i vostri avversari, ma anche voi stessi, se l'ora della lotta suona. Ebbene, io vi dico che farete il vostro dovere, onorevoli colleghi, se voterete l'emendamento da noi proposto. Noi vogliamo che i combattenti onesti di una idea trovino aperte le vie del mondo e che la Costituzione affermi questo diritto sacro di ospitalità, senza limitazioni. Le limitazioni saranno fatte nei Codici penali dei singoli Stati, ma non devono apparire nella Costituzione. Qui in Italia devono poter venire tutti i combattenti onesti di una idea, tutti gli assertori di un nuovo mondo di libertà e di pace; essi devono poter vivere indisturbati e fare la loro propaganda, senza che trovino un intralcio nella Costituzione italiana.

Sarebbe doloroso e anche vile che proprio noi nella nostra Costituzione mettessimo una norma che contrasti con questo concetto. Ne abbiamo già messe delle limitazioni alla libertà negli articoli che abbiamo approvato, onorevoli colleghi, e non occorre che ne mettiamo ancora altre per incatenare noi stessi.

Ai colleghi democratici cristiani io dico che noi proponiamo questo emendamento per uno spirito di conciliazione, per non avere delle noie con gli stranieri coi quali dobbiamo vivere in pace. Se voi mettete limitazioni nella Costituzione, un Governo potrebbe domani applicare a suo capriccio e interpretare a modo suo la Costituzione e voi potrete anche ingaggiare nuove lotte politiche dannose al nostro Paese che deve marciare invece verso la libertà.

Domando quindi che sia accettato l'emendamento Basso per l'avvenire stesso del nostro Paese, per potere anche dire al mondo che l'Italia è diventata non soltanto il Paese dell'articolo 7, ma anche il Paese dell'articolo 11. (Commenti).

Presidente Terracini. Segue l'emendamento, già svolto, dell'onorevole Nobile:

«Al secondo comma, aggiungere le parole: salvo le restrizioni imposte dalla legge sull'immigrazione».

Segue l'emendamento dell'onorevole Perassi:

«Al secondo comma, aggiungere le parole: nelle condizioni stabilite dalla legge».

Conti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Conti. In assenza dell'onorevole Perassi, fo mio l'emendamento e rinunzio a svolgerlo.

Presidente Terracini. L'onorevole Corsanego ha presentato i seguenti emendamenti:

«Dopo il secondo comma, aggiungere il seguente:

«Non è ammessa l'estradizione del cittadino, salvo che sia espressamente consentita da trattati internazionali».

«All'ultimo comma, dopo la parola: estradizione, aggiungere: del Cittadino e».

L'onorevole Corsanego ha facoltà di svolgerli.

Corsanego. Il primo emendamento da me proposto è simile a quello proposto dai miei amici Bettiol, Leone Giovanni e Benvenuti, con una piccola differenza, cioè che mentre nell'emendamento Bettiol si esclude in ogni caso l'estradizione del cittadino, nel mio emendamento si ammettono delle eccezioni.

Lo svolgimento di questo emendamento può essere brevissimo, perché si tratta di materia cognita a tutti i giuristi. Tutti sanno che quasi tutte le legislazioni vietano l'estradizione dei loro concittadini e il divieto si fonda su motivi notissimi, perché il cittadino e lo Stato sono uniti da vincoli tali che non implicano soltanto degli obblighi da parte del cittadino di pagare le tasse, di prestare servizio militare, ecc., ma, in contrapposto agli obblighi, il cittadino ha dei diritti e tra questi il diritto di essere protetto dal proprio Stato sia all'interno che all'estero. Un secondo motivo è che, di solito, i giudici sono portati ad essere molto più severi verso lo straniero e la stessa opinione pubblica, lo stesso pubblico che assiste ad un dibattimento penale, sono sempre più ostili verso l'imputato straniero. Vi è poi un altro motivo fondamentale: ci sono molte nazioni le quali conservano delle pene barbare ed hanno una procedura difettosa.

Per tutti questi motivi, la maggior parte delle Costituzioni e la maggior parte delle legislazioni penali vietano l'estradizione dei propri cittadini. Ma se questo principio si trova consacrato nella maggior parte delle Costituzioni e si trova ripetuto nella maggior parte dei Trattati di diritto internazionale, la dottrina moderna e la prassi contemporanea hanno portato dei temperamenti al principio stesso: cioè la tendenza moderna è diretta a rendere meno assoluto il divieto di estradizione dei cittadini. Per esempio, c'è la grande eccezione degli Stati Uniti d'America e dell'Inghilterra, i quali concedono anche l'estradizione del proprio cittadino, perché dicono che non concepiscono che un colpevole possa essere legittimamente sottratto alla giurisdizione dello Stato di cui ha violato le leggi. Quindi l'Inghilterra e l'America concedono l'estradizione del cittadino anche quando non vi sia reciprocità.

Nel 1921 vi fu una convenzione fra l'Estonia, la Lettonia e la Lituania, per cui fu concessa in qualche caso l'estradizione dei propri cittadini, con questa esatta formula: L'extradition des propres citoyens peut être niée; cioè: può essere negata; ma può anche essere ammessa. E in certi casi è ammessa l'estradizione del cittadino dalle legislazioni del Brasile, del Perù e dell'Uruguay.

Perciò il mio emendamento ha un duplice scopo: anzitutto di affermare il principio, che non si trova formulato nell'articolo così com'è proposto, del divieto di estradizione del cittadino; e in questo concordo perfettamente coi miei colleghi e amici. Però, aggiungo che è possibile — per eccezione, quando ci sia la reciprocità di un'altra Nazione — concedere l'estradizione del cittadino. Perciò il mio emendamento dice appunto: «Non è ammessa l'estradizione del cittadino, salvo che sia espressamente consentita da trattati internazionali».

C'è poi un secondo mio emendamento allo stesso articolo, che consiste in una piccola aggiunta che si rende necessaria: laddove si dice che non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici, se si accetterà l'emendamento del collega Bettiol, allora si dirà: «in nessun caso quella del cittadino»; ma, se si accettasse per avventura il mio emendamento, bisognerebbe aggiungere all'ultimo comma la parola «cittadino»; cioè: non è ammessa l'estradizione del cittadino e dello straniero per reati politici. Bisogna, in sostanza, tener ben fermo il principio che mai, in nessun caso, può avvenire la mostruosità giuridica che un cittadino debba essere estradato per motivi politici.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento, già svolto, dell'onorevole Preziosi:

«All'ultimo comma, dopo la parola: ammessa, aggiungere le parole: in nessun caso».

Non essendo egli presente, l'emendamento si intende decaduto.

Gli onorevoli Bettiol, Leone Giovanni e Benvenuti hanno presentato il seguente emendamento:

«All'ultimo comma, aggiungere le parole: e in nessun caso quella del cittadino».

L'onorevole Bettiol ha facoltà di svolgerlo.

Bettiol. Col collega Leone e col collega Benvenuti noi insistiamo sul nostro emendamento, il quale è diretto a porre in sede costituzionale un divieto assoluto per quanto riguarda l'estradizione del cittadino. Io mi rendo conto che molte obiezioni assennate possono esser fatte contro il principio che noi vorremmo vedere sancito nella Costituzione; ma però ci richiamiamo al fatto che ogni Costituzione è storicamente condizionata, quindi sorge in un determinato momento storico che ha caratteristiche, peculiarità tutte sue. Questa nostra Costituzione — è stato detto già da più parti in questa Assemblea — sorge dopo la tirannia del ventennio. In quel periodo il principio dell'estradabilità del cittadino è stato nuovamente riaffermato, mentre nella nostra tradizione giuridica e politica, anteriore alla instaurazione del regime dittatoriale in Italia, era sancito il principio che il cittadino mai poteva venire estradato.

C'è, quindi, questa esigenza di carattere politico che, in questo momento, urge alle porte della Costituzione e fa sì che il principio della non estradizione del cittadino sia da considerarsi come degno di essere sancito espressamente negli articoli costituzionali.

Badate bene poi che la regola stessa per cui il cittadino non può essere estradato si può anche riferire, grosso modo, «alla regola che nessuno può essere distolto dai propri giudici naturali; principio che è stato già accolto nel progetto di Costituzione. E qual è il giudice più naturale, se non il giudice del Paese, se non il giudice dello Stato cui il cittadino stesso appartiene? È soltanto il giudice del Paese cui appartiene il cittadino che può infatti valutare, nei momenti o nelle situazioni di fatto, tutto quello che attiene all'azione delittuosa commessa dal cittadino stesso.

Le azioni delittuose perpetrate dal cittadino all'estero possono trovare in Italia una valutazione e un giudizio diversi da quelli che si possono avere all'estero, in quanto il nostro giudice ha una sensibilità diversa da quella del giudice che vive sotto altro clima, in altra situazione sociale e politica.

Noi crediamo che, per queste ragioni ed anche per altre cui per brevità ometto di accennare, l'emendamento debba esser posto in votazione.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Ruggiero Carlo:

«Trasferire l'articolo dopo l'articolo 22 alla fine del Titolo».

Non essendo presente l'onorevole proponente, l'emendamento si intende decaduto.

L'onorevole Patricolo ha ora presentato il seguente emendamento, firmato anche dagli onorevoli Colitto, Perugi, Mazza, De Falco, Miccolis, Corsini, Tumminelli, Marinaro e Rodi:

«La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge.

«Lo straniero perseguitato nel proprio paese per azioni commesse in difesa delle libertà garentite dalla Costituzione italiana ha diritto di asilo nel territorio italiano.

«Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici».

L'onorevole Patricolo ha facoltà di svolgerlo.

Patricolo. Il mio emendamento nasce da una preoccupazione non solo di carattere giuridico, ma anche di carattere politico. Per quanto poi tale mio emendamento sia molto vicino a quello presentato dai settori di sinistra, le preoccupazioni di carattere politico che mi muovono sono completamente opposte a quelle indicate dall'onorevole Tonello e dall'onorevole Basso.

Io direi, comunque, di esaminare l'articolo 11, così come esso si presenta. Si legge nel primo comma: «La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali».

Il mio emendamento tende a togliere completamente la seconda proposizione del primo comma, giacché noi abbiamo già inserito nell'articolo 3 del progetto di Costituzione un principio per cui l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. Non vedo, quindi, perché, in questa precisa materia, si debba sottolineare che tale condizione giuridica è subordinata alle norme del diritto internazionale.

Noi dobbiamo riferirci al diritto italiano e, d'altronde, la nostra legge si adatterà sempre alle norme internazionali.

Trovo, pertanto, superflua l'affermazione contenuta in questa seconda parte del primo comma.

Veniamo ora al secondo comma: «Lo straniero al quale siano negate nel proprio paese le libertà garantite dalla Costituzione italiana ha diritto di asilo nel territorio italiano».

Questa affermazione mi sembra di una grande gravità per la Costituzione italiana; richiamo pertanto l'attenzione degli onorevoli colleghi sul fatto che, secondo me, qualsiasi delinquente comune, di qualsiasi Stato, può avere il diritto di asilo in Italia, in quanto che, secondo la dizione giuridicamente ferrea di questo secondo comma, non è escluso che i delinquenti comuni possano essere ricevuti in Italia e soggetti al diritto di asilo, poiché nel secondo comma manca il titolo giuridico perché lo straniero non abbia rifiutato il diritto di asilo.

Quando si dice che «Lo straniero, al quale sono negate nel proprio paese le libertà garantite dalla Costituzione, ecc.», non si dice: «Lo straniero che ha compiuto determinati atti, lo straniero che ha compiuto determinati reati», ma si fa riferimento allo straniero che si trova in uno Stato in cui non esistono le nostre libertà e, quindi, ha il diritto di asilo.

Io dico alla Commissione che se un delinquente comune di un altro Stato viene in Italia, perseguito dalla legge del suo paese e chiede il diritto di asilo, allora noi non possiamo assolutamente negarlo, perché lo straniero ci dimostrerà che nel suo paese non sono rispettate le nostre libertà ed è soltanto questo il titolo che lo autorizza ad avere il diritto di asilo in Italia. D'altra parte il diritto di asilo è un istituto vecchio nel diritto internazionale e si riferisce principalmente al diritto comune.

Il diritto di asilo era dato dalla Chiesa cattolica principalmente; quindi il delinquente comune, rifugiatosi in una Chiesa, non poteva essere preso. Ora, se vogliamo modificare questo diritto di asilo e dargli una nuova configurazione giuridica, occorre esprimerlo esplicitamente nella Costituzione, o aggiungendo la parola «politiche» alla «libertà», ed allora si comprenderà che soltanto coloro i quali sono, secondo il loro paese, nell'impossibilità di godere delle libertà politiche italiane, possono essere ricevuti in Italia; oppure bisognerà modificare secondo l'emendamento mio.

D'altra parte il mio emendamento tende a precisare la questione delle azioni commesse dallo straniero, perché lo stesso diritto di asilo implica la persecuzione da parte di uno Stato straniero in un ordinamento giuridico estraneo al nostro verso un cittadino. Non basta dire che un cittadino spagnolo, inglese, russo o tedesco non goda delle sue libertà per ammetterlo in Italia e concedergli il diritto di asilo. Il diritto di asilo presuppone che questo cittadino sia un perseguitato, oppure sia stato condannato in contumacia, o voglia sfuggire ad una legge che vuole punirlo. Se, invece, ammettiamo chiunque appartenga ad un Paese ove non esistono le libertà di cui si gode in Italia, allora andiamo incontro ad una immigrazione in massa da parte di certi paesi, dove le nostre libertà non sono conosciute, all'immigrazione di delinquenti comuni, i quali pretenderebbero di avere sempre il diritto di asilo.

L'ultimo comma, nel quale è detto che non è ammessa l'estradizione per reati politici, non risolve nulla, perché rimane sempre il dubbio, essendo per gli altri reati ammessa l'estradizione. Dico ancora che il comma secondo dell'articolo 11 non ci dice se per i reati comuni è ammessa l'estradizione. Politicamente non credo sia il caso di preoccuparci che dall'estero possano venire degli uomini perseguitati per antifascismo o fascismo, per monarchismo o per essere repubblicani — io mi riferisco all'onorevole Tonello il quale ha detto delle parole sagge: oggi a me domani a te — perché non possiamo ipotecare il futuro. Facciamo sì che la nostra Costituzione sia affermazione di libertà vere, e poi quale che sia l'indirizzo politico del Governo italiano, esso potrà garantire coloro che seguono le correnti politiche della maggioranza del Governo italiano. Questa è una preoccupazione che, io direi all'onorevole Tonello, non è il caso di avere. Guardiamo alla Costituzione come a un fatto puramente giuridico. Facciamo in modo che questo nuovo statuto in Italia garantisca le libertà con formule pienamente giuridiche. (Approvazioni).

Presidente Terracini. L'onorevole Cappi ha presentato il seguente emendamento, firmato anche dagli onorevoli Castelli, Schiratti, Tosato, Recca, De Palma, Bastianetto, Bulloni, Chieffi e Lettieri:

«Modificare il secondo comma come segue:

«Lo straniero al quale nel proprio paese sia impedito di diritto o di fatto l'esercizio delle libertà garantite dalla presente Costituzione, ha diritto di asilo nel territorio italiano».

L'onorevole Cappi ha facoltà di svolgerlo.

Cappi. Desidero dire una parola sola sul mio emendamento che riguarda il primo capoverso dell'articolo 11. L'emendamento sostanzialmente si ispira al concetto che ha ispirato l'emendamento dell'onorevole Treves; si tratta di sostituire ad un criterio astratto un criterio concreto, perché è difficile oggi che in un Paese di una certa civiltà si neghino espressamente nella Costituzione alcune libertà civili o politiche. È difficile che tali libertà si trovino negate in una Costituzione, ma purtroppo non è difficile che di fatto l'esercizio di quelle libertà sia limitato. Perciò a me pare che la formula «negare l'esercizio delle libertà» sia più corretta e concreta che «negare le libertà». Osservo che sarebbe anche superfluo l'inciso «di diritto o di fatto» perché potrebbe bastare «al quale nel proprio paese sia impedito l'esercizio delle libertà».

E giacché ho la parola, mi sembra eccessivo il timore dell'onorevole Patricolo che, mantenendo il comma così com'è, si corra il rischio di vedere invasa l'Italia dai delinquenti comuni. In Italia, nella nostra Costituzione, non vi è libertà per i rapinatori, gli assassini, i delinquenti comuni. Quindi, se un delinquente comune venisse in Italia non potrebbe appellarsi a questa norma, perché la libertà per i delinquenti comuni non è sancita dalla nostra Costituzione.

Ad abundantiam si potrebbe aggiungere: «a cui sia impedito l'esercizio delle libertà politiche e civili», ma mi sembra superfluo.

Per queste ragioni insisterei sul mio emendamento.

Patricolo. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Patricolo. Vorrei chiarire brevissimamente il concetto. Io non dico che nella nostra Costituzione siano riconosciute le libertà riguardo al delitto comune, ma la dizione, quale noi presentiamo nel secondo comma, non dà il titolo per il quale lo straniero possa godere del diritto di asilo, perché lo straniero che non abbia determinate libertà, indipendentemente dai reati commessi, sia politici o non, secondo la dizione del secondo comma avrebbe diritto di asilo. È una questione sottile di diritto, ma invito l'onorevole Cappi, illustre giurista e maestro, di badare bene a questa dizione. Noi andremmo incontro domani a sorprese molto gravi se adottassimo la dizione del secondo comma.

Presidente Terracini. Qual è il parere della Commissione sugli emendamenti?

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Non essendo presenti gli onorevoli Mastino Pietro e Ruggiero Carlo si intende che abbiano rinunciato ai loro emendamenti.

Mi riferirò, quindi, subito all'emendamento proposto degli onorevoli Ravagnan, Laconi e Grieco. I colleghi Laconi e Grieco fanno parte della Commissione dei settantacinque e la presentazione stessa del loro emendamento dimostra che non siamo tutti d'accordo nel testo dell'articolo.

Osservo, comunque, agli onorevoli proponenti la soverchia genericità e latitudine del loro emendamento. Infatti, essi propongono che: «Lo straniero perseguitato per aver difeso i diritti della libertà e del lavoro ha diritto di asilo nel territorio italiano». Qui non trovo alcun accenno specifico ai diritti di libertà garantiti dalla nostra Costituzione. Un riferimento ai diritti di libertà e del lavoro, genericamente intesi senza un accenno specifico ai diritti di libertà garantiti dalla nostra Costituzione, mi pare che sia un emendamento così esteso, da superare, se non addirittura da contraddire allo spirito e alla sostanza delle nostre esigenze nazionali.

Nel merito faccio osservare che, quando il nostro testo dice che è garantito il diritto di asilo a coloro ai quali siano negate nel proprio Paese le libertà garantite dalla Costituzione italiana, in questa dizione sono comprese tutte le libertà presso di noi garantite, e, quindi, anche il diritto del lavoro e di libertà sindacale. Se precisiamo in modo particolare la libertà del lavoro, corriamo il rischio che questa distinzione escluda altri diritti che non siano quelli specifici del lavoro.

Per queste ragioni la maggioranza della Commissione si dichiara contraria all'emendamento Ravagnan, Laconi e Grieco.

L'onorevole Treves ha presentato un emendamento che si avvicina molto a quello dell'onorevole Cappi, come questi testé riconosceva.

Per mio conto non sarei alieno dall'accettare l'emendamento Treves o Treves-Cappi.

Sarei tuttavia del parere di dire invece che: «Lo straniero al quale sia negato»; «Lo straniero al quale sia «impedito» l'effettivo esercizio dei diritti di libertà, ecc.», perché, come giustamente osservava l'onorevole Cappi, è difficile che in teoria sia negato l'esercizio di un diritto. È molto più probabile che l'esercizio del diritto sia impedito praticamente.

Treves. Onorevole Tupini, c'è un emendamento che stiamo concordando.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Benissimo, avevo io stesso proposto di trovare una formula d'accordo tra i vari presentatori.

Le stesse ragioni da me opposte all'emendamento Ravagnan e le riserve per talune delle considerazioni illustrative degli emendamenti Treves e Cappi valgono anche per l'emendamento degli onorevoli Basso, Nobili Tito Oro, Giua, Tonello ed altri, che dichiaro — perciò — di non accettare.

Per quanto poi riguarda l'emendamento proposto dall'onorevole Nobile, ricordo quello che già ho detto a proposito dell'emendamento da lui presentato all'articolo 10, cioè che trattandosi di restrizioni imposte dalla legge sull'immigrazione, ne riparleremo in sede di discussione dei rapporti economici. In altri termini l'emendamento Nobile rimane impregiudicato, ma la sede in cui lo si esaminerà sarà quella del capitolo terzo.

Per quanto attiene all'emendamento Perassi, fatto proprio e svolto dall'onorevole Conti, io ed alcuni della Commissione non siamo contrari.

Riguardo all'emendamento proposto dall'onorevole Corsanego, dichiaro di essere d'accordo sul merito, salvo una mia proposta personale di emendamento all'emendamento.

La prima considerazione riguarda il collocamento di questo emendamento per quanto attiene alla estradizione del cittadino.

Se il Presidente consente, io direi che la sede opportuna sia l'ultima parte dell'articolo 10.

Prego l'onorevole Corsanego e gli onorevoli Bettiol ed altri, i quali, sia pure con termini diversi, aderiscono all'emendamento, di prendere atto di questo: che dobbiamo, sì, considerare l'estradizione del cittadino e l'estradizione dello straniero; ma, per quanto attiene all'estradizione del cittadino, collocare il concetto nell'articolo 10, e per quanto attiene all'estradizione dello straniero parlarne in sede di articolo 11, ora diventato 12.

Però, nel momento stesso in cui dichiaro di accettare l'emendamento Corsanego, nella speranza che egli concordi con me circa la sede più opportuna, prego di volere consentire che la formula da lui adoperata «consentita da trattati internazionali» sia sostituita da questa «consentita dalle convenzioni internazionali».

Ne ho già espresso le ragioni all'onorevole Corsanego e mi pare che egli non abbia opposto difficoltà.

L'onorevole Corsanego propone ancora altro emendamento e cioè di aggiungere all'ultimo comma dopo la parola «estradizione» le parole «del cittadino e».

Naturalmente, avendo egli aderito alla mia proposta di collocamento, l'emendamento stesso deve ritenersi assorbito in quella.

Credo di aver così implicitamente risposto anche agli onorevoli Bettiol ed altri, dai quali spero avere eguale consenso.

Onorevole Bettiol, è necessario aggiungere «e in nessun caso quella del cittadino»?

Quando non è consentita l'estradizione del cittadino e quando noi disgiungiamo l'estradizione dello straniero, collocandola all'articolo 11, e quella del cittadino, collocandola all'articolo 10, viene meno la ragione del suo emendamento.

Se fossero stati uniti i due concetti, avrei compreso il motivo rafforzativo della sua proposta, ma ora non più.

Ritengo, perciò, che l'onorevole Bettiol possa aderire.

L'onorevole Ruggiero Carlo non è presente. Comunque la sua proposta è fatta propria dalla Commissione. Evidentemente è opportuno che questo articolo, che riguarda lo straniero — e che per ragioni di logica è stato collocato nel capitolo dei diritti di libertà — sia trasferito in fondo al capitolo, e quindi è la Commissione stessa che crede opportuno di proporre alla Assemblea che questo articolo 11 sia votato, sì, ma poi sia collocato in fondo al capitolo riguardante i rapporti civili. E così mi pare di avere risposto a tutti. Vi sarebbe poi l'emendamento dell'onorevole Preziosi, che s'intende decaduto poiché il presentatore è assente.

Comunque anche qui siamo di fronte alla stessa questione da me sollevata a proposito dell'emendamento dell'onorevole Bettiol; e mi pare, anche per quanto riguarda l'articolo 12, di avere esaminato e detto il mio pensiero su tutte le proposte di emendamento. Ora vorrei conoscere il testo definitivo dell'emendamento presentato dall'onorevole Treves.

Presidente Terracini. Gli onorevoli Treves, Bulloni è Cappi hanno proposto di sostituire il secondo comma col seguente: «Lo straniero al quale sia impedito l'effettivo esercizio dei diritti derivanti dalle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica italiana».

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Io però direi: «dei diritti di libertà democratiche» anziché «dei diritti derivanti, ecc.».

Presidente Terracini. Comunque, sulla forma definitiva, ci si potrà mettere d'accordo successivamente.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Fatto salvo, naturalmente, il pensiero dell'onorevole Laconi, che deve dirci se io posso esprimere il pensiero dell'intera Commissione. Molti di noi sono d'accordo, comunque, sul testo presentato dagli onorevoli Treves e Cappi.

Presidente Terracini. Chiedo all'onorevole Ravagnan se mantiene il suo emendamento.

Ravagnan. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Chiedo all'onorevole Tonello se mantiene l'emendamento di cui è firmatario.

Tonello. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Nobile, ella insiste nel suo emendamento?

Nobile. Ho riflettuto sulla proposta fatta dall'onorevole Tupini e mi son persuaso che il posto migliore per inserire il mio emendamento e discuterlo è proprio qui.

Che il diritto di asilo debba concedersi a rifugiati politici isolati è cosa fuor di questione; ma domani potrebbero battere alle nostre porte migliaia di profughi politici di altri paesi, e noi saremmo costretti a dar loro asilo senza alcuna limitazione, quando restrizioni potrebbero venir consigliate anche da ragioni di carattere economico.

Severe limitazioni a questo riguardo vi sono perfino in un paese ricco come gli Stati Uniti di America, dove si richiede che vengano soddisfatte le prescrizioni della legge sulla immigrazione. Pregherei, perciò, il Presidente di porre in votazione il mio emendamento.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Nella eventualità che sia posta ai voti la proposta di emendamento dell'onorevole Nobile, faccio osservare che bisognerebbe collegarla con l'emendamento presentato dall'onorevole Perassi «nelle condizioni stabilite dalla legge». Però, senza entrare nel merito, insisto nel dire che la sede adatta è quella dei rapporti economici. Quanto al merito, mi riservo di spiegarmi al momento opportuno e pertanto non si deve ritenere pregiudicato. L'onorevole Nobile la pensa diversamente; vuol dire che l'Assemblea deciderà. Ricordo infine all'onorevole Presidente e all'Assemblea che ove questi due emendamenti venissero approvati dovrebbero essere collegati fra di loro, per trarne una formula chiara e intelligibile.

Presidente Terracini. Onorevole Conti, conserva il suo emendamento?

Conti. Lo mantengo.

Presidente Terracini. E lei, onorevole Corsanego?

Corsanego. Accetto la proposta della Commissione.

Presidente Terracini. E lei, onorevole Bettiol?

Leone Giovanni. Come firmatario dell'emendamento vorrei osservare che siamo d'accordo per la trasposizione del principio nell'articolo precedente, perché quella è la sede più opportuna. Ci sembra, poi, che vada messo in rilievo il divario fra la nostra formula e quella dell'onorevole Corsanego, in quanto noi non vorremmo consentire che neppure in caso di convenzione o trattato internazionale l'estradizione possa essere concessa. E a fondamento di questo nostro emendamento poniamo l'esperimento attuale di un trattato che ci viene imposto. In avvenire, potrebbe accadere qualcosa di analogo.

Presidente Terracini. Onorevole Patricolo, insiste nel suo emendamento?

Patricolo. Insisto.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Onorevole Patricolo, le chiedo scusa se ho omesso di portare il mio esame sul suo emendamento che non avevo trovato tra quelli stampati. La prego però ugualmente di non insistervi perché le preoccupazioni che vi si esprimono non mi sembrano fondate e, in ogni modo, possono sentirsi soddisfatte dalle limitazioni del diritto di asilo previste nell'emendamento Treves e altri. Infatti abbiamo già accolto il concetto di assicurare il diritto di asilo a coloro ai quali sia impedito effettivamente l'esercizio di quei diritti di libertà che sono garantiti dalla nostra Costituzione. Mi oppongo perciò all'emendamento Patricolo.

Patricolo. Allora, io chiederò che il mio emendamento sia votato per divisione.

Presidente Terracini. La votazione sugli emendamenti e il seguito della discussione sono rinviati alla seduta pomeridiana.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti