[Il 3 dicembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sullo Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti.]

Il Presidente Tupini. [...] Sottopone, pertanto, all'esame della Sottocommissione l'articolo 5 dell'onorevole Dossetti:

«Lo Stato rinuncia alla guerra come strumento di conquista o di offesa alla libertà degli altri popoli.

«Lo Stato consente, a condizioni di reciprocità, le limitazioni di sovranità necessarie all'organizzazione e alla difesa della pace[i]».

Cevolotto, Relatore, non ha niente in contrario alla prima parte dell'articolo, il cui concetto è stato già adottato in altre Costituzioni. Nutre invece forti dubbi sulla seconda parte perché, pur essendo convinto che in relazione all'Organizzazione delle Nazioni Unite potranno stabilirsi delle norme per cui tutti gli Stati debbano consentire a limitazioni della loro sovranità, non vede il motivo di introdurre nella Costituzione un principio di questo genere, che, a suo avviso, è piuttosto materia di trattative e di rapporti internazionali. Data la variabilità dei rapporti internazionali, pensa che farne cenno nella Costituzione vorrebbe dire cristallizzare una materia che è di per se stessa mutevole.

Per queste ragioni, propone di limitare l'esame e l'eventuale approvazione alla sola prima parte dell'articolo.

Corsanego prega l'onorevole Cevolotto di recedere dalla sua opposizione alla seconda parte dell'articolo. Gli sembra infatti opportuno affermare nella Costituzione questo principio dell'autolimitazione della sovranità, in considerazione che quasi tutte le rovine che si sono verificate in questi ultimi tempi, sono dovute alla protervia con cui ogni Stato ha voluto sostenere in modo assoluto, senza limitazioni, la propria sovranità. Se si vuole veramente arrivare ad un lungo periodo di pace tra i popoli, bisogna invece che le Nazioni si assoggettino a norme internazionali che rappresentino veramente una sanzione. Fare una Costituzione moderna che finalmente rompa l'attuale cerchio di superbia e di nazionalismo, e sia una mano tesa verso gli altri popoli, nel senso di accettare da un lato delle limitazioni nell'interesse della pace internazionale e col riconoscere dall'altro un'autorità superiore che dirima tutte le controversie, gli sembra che sarebbe mettere la Repubblica italiana tra i pionieri del diritto internazionale.

Dossetti, Relatore, rileva che forse l'onorevole Cevolotto non ha tenuto nel debito conto una espressione del suo articolo e cioè l'inciso: «a condizioni di reciprocità». Mediante questo inciso, mentre da un lato si afferma il principio internazionale così bene illustrato dall'onorevole Corsanego, dall'altro si vuole precostituire nella Costituzione quasi un alibi di fronte alle altre nazioni con le quali l'Italia si trova in fase di trattative, per non accettare eventuali limitazioni di sovranità, se non a condizione di reciprocità. Quindi, sotto tutti i punti di vista, l'articolo si rivela non solo opportuno, ma addirittura necessario.

Cevolotto, Relatore, richiama l'attenzione della Sottocommissione sulla possibilità che l'Organizzazione delle Nazioni Unite, per una qualsiasi ragione, non sia più in grado di funzionare. In tal caso, rimarrebbe in sospeso nella Costituzione una formula senza più alcuna giustificazione.

Circa l'inciso: «a condizioni di reciprocità», fa rilevare che se da parte delle Nazioni Unite si ritenesse opportuno, nell'interesse della pace, di chiedere solo ad una determinata nazione delle limitazioni al suo diritto di sovranità, come l'uso di certi porti e campi di aviazione, in questo caso non si verificherebbe la condizione di reciprocità nei riguardi di altre nazioni. Ad ogni modo non è contrario alla norma e finirà anche per accettarla, se per ragioni di principio si ritiene opportuno inserirla nella Costituzione. Ripete però che, a suo avviso, trattasi di una norma da discutere quando l'Italia entrerà a far parte dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Attraverso questa società di Stati si formeranno anche i diritti superiori che spetteranno a questa organizzazione internazionale, a cui, nell'interesse della pace generale, ogni Stato dovrà sottostare.

Caristia non dissente dal contenuto dell'articolo, che esprime anzi un concetto diffusissimo nell'ambito degli studiosi e nella coscienza di ogni popolo civile, ma ritiene che esprimerlo nella Costituzione sia perfettamente superfluo.

Togliatti dissente dalla opinione dell'onorevole Caristia, perché, a suo avviso, si tratta di un principio che deve essere affermato nella Costituzione, per chiarire la posizione della Repubblica italiana di fronte a quel grande movimento del mondo intiero, che, per cercare di mettere la guerra fuori legge, tende a creare una organizzazione internazionale nella quale si cominci a vedere affiorare forme di sovranità differenti da quelle vigenti.

In particolare, il principio della rinuncia alla guerra come strumento di politica offensiva e di conquista, oltre il fatto che è compreso in tutte le Costituzioni, deve essere sancito nella Costituzione italiana per un motivo speciale interno, quale opposizione cioè alla guerra che ha rovinato la Nazione.

Cevolotto, Relatore, dichiara che, dopo le spiegazioni avute, non insiste nella sua opposizione, tanto più che, data la condizione di reciprocità, l'Italia rinuncerà ad una parte della sua sovranità quando anche altre nazioni come l'U.R.S.S. avranno fatto la stessa rinuncia.

De Vita accetta la dizione proposta dall'onorevole Dossetti. Propone, però, che alla parola «Stato» sia sostituita l'altra «Repubblica».

Dossetti, Relatore, dichiara di accettare l'emendamento.

Il Presidente Tupini osserva che in sede di coordinamento si potrà decidere sulla collocazione più idonea da dare all'articolo che, a suo avviso, dovrebbe essere collegato alla parte relativa alle questioni di diritto internazionale. Al concetto, già contenuto nell'articolo, di una autolimitazione della sovranità per l'organizzazione e la difesa della pace, aggiungerebbe quello di una eventuale autolimitazione ai fini della collaborazione tra le nazioni.

Premesso che egli è favorevole all'idea degli Stati Uniti d'Europa, ritiene opportuno esprimere fin d'ora il concetto della collaborazione tra le nazioni, affermando così un principio originale che non è compreso in nessuna delle Costituzioni moderne.

Moro ritiene che quanto propone l'onorevole Presidente sia già implicito nell'articolo dell'onorevole Dossetti.

Dossetti, Relatore, dichiara che, in linea di principio, non è contrario alla proposta del Presidente, la quale rispecchia anche il suo pensiero. Osserva però che invertendo la costruzione della frase, vale a dire dicendo: «necessarie alla difesa e alla organizzazione della pace», apparirebbe meglio il principio della collaborazione tra le nazioni, giacché quando si parla di «organizzazione» si intende non semplicemente il fatto negativo dell'evitare le guerre, ma anche quello positivo di una collaborazione internazionale per il bene comune.

Il Presidente Tupini ritiene che, effettivamente, mettendo in primo luogo la difesa della pace, la formula sarebbe più rispondente al concetto da lui espresso. Ricorda che l'onorevole De Vita ha proposto di sostituire alla parola «Stato», la parola «Repubblica».

Caristia propone di fondere i due commi dell'articolo.

Dossetti, Relatore, è d'accordo.

Il Presidente Tupini mette ai voti l'articolo nella seguente formulazione:

«La Repubblica rinunzia alla guerra come strumento di conquista o di offesa alla libertà degli altri popoli e consente, a condizioni di reciprocità, le limitazioni di sovranità necessarie alla difesa e alla organizzazione della pace».

(È approvato all'unanimità).


 

[i] Il resoconto sommario della seduta riporta in questo punto la dizione «all'organizzazione e alla difesa della Patria». Si tratta evidentemente di un errore di verbalizzazione, in quanto sia nel resto del resoconto, sia nella relazione dell'onorevole Dossetti si dice «difesa della pace».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti