[Il 15 marzo 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale delle «Disposizioni generali» del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Pieri. Prendo la parola nella mia doppia veste di segretario di un'importante sezione italiana del movimento federalista europeo e di deputato socialista: noi socialisti siamo federalisti per definizione, perché internazionalisti. Intendo, dunque, parlare per esprimere il mio, il nostro compiacimento nel vedere codificata nell'articolo 4° della Costituzione quell'aspirazione propria della democrazia, e che è viva e profonda nella classe lavoratrice: l'aspirazione alla creazione dei vincoli federali fra gli Stati europei.

Il movimento federalista è di origine italiana. Anche a prescindere che esso deriva dalle dottrine di Mazzini e di Cattaneo, resta di fatto che la prima organizzazione federalista è stata creata nell'isola di Ventotene da un gruppo di confinati politici, nel giugno 1941. Questi lanciarono un manifesto-programma, fondarono un giornale clandestino: L'Unità europea, e scrissero opuscoli sui vari problemi del movimento federalista.

Quasi tutti coloro che facevano parte di questo gruppo sono morti nella lotta per la liberazione, ed essi appartenevano ai vari partiti di sinistra: Ginsburg, del Partito di azione, morì in carcere a Roma, a Regina Coeli; Jervis, del Partito di azione, fu impiccato a Villarpellice; Colorni, socialista, fu trucidato a Roma dagli sgherri della banda Koch; Barbera, socialista, fu fucilato a Torino.

Nel breve periodo di libertà che seguì la caduta del regime di Mussolini il movimento federalista tenne il suo primo congresso a Milano il 27-28 agosto 1943.

Nel frattempo l'idea federalista aveva fatto strada ed era penetrata anche in altre Nazioni. Nel maggio del 1945 si riunì a Parigi il comitato per il movimento federalista, che decise la fondazione di una rivista: L'Europe fédéraliste e pubblicò i Cahier du fédéralisme européen.

In Italia, dopo la fine della guerra, il movimento federalista tenne un congresso a Milano nel settembre 1945, ed un altro congresso a Firenze nel gennaio 1946, e decise la pubblicazione di un periodico quindicinale: L'Unità europea, che si stampa a Torino.

Ora, noi federalisti ci teniamo a distinguere il nostro federalismo, che è un federalismo realista, da un federalismo utopistico, le cui idee ed origini risalgono a quei pensatori che hanno predicato la pace e la fraternità dei popoli partendo da presupposti filosofici, a cominciare da Seneca e discendendo ad Erasmo da Rotterdam e giù giù fino a Spinoza, Voltaire, Tolstoj ecc. Un federalismo utopista ispirò anche i vari tentativi destinati a fallire in partenza, come la Società per la pace fondata da Nicola I all'Aja, la Società delle Nazioni, la Paneuropa di Coudenhove-Kalergi, il recentissimo movimento unionista promosso da Churchill, al quale noi opponiamo una ostilità pregiudiziale per il fatto di rappresentare un federalismo in funzione antirussa, diretto cioè a scopi non di pace, ma di guerra.

Noi ci teniamo a definirci federalisti realisti, perché la nostra dottrina si basa non su principî astratti ed eterni, ma sopra interessi concreti ed attuali.

E ciò, perché il nostro movimento si basa sulla necessità, sulla urgenza di ricostruire questa vecchia e rissosa Europa, in modo che da essa non partano più le scintille di un incendio che, questa volta, potrebbero divorare tutto l'edificio della civiltà.

Ora, noi dobbiamo domandarci: perché l'Europa è un continente stremato economicamente ed irrequieto politicamente? Lo è, sia perché numerose guerre hanno dilapidato completamente le ricchezze del continente, e lo è anche perché le barriere nazionali bloccano la produzione e i mercati.

Quindi necessità di abolire, se non le frontiere politiche, almeno in primo tempo le frontiere economiche; e noi vediamo che questa abolizione avrebbe una importanza grandissima, anzitutto perché permetterebbe una riorganizzazione razionale della economia e darebbe un grande incremento alla produzione, per il fatto che ogni Paese dovrebbe produrre le merci per le quali ha l'attrezzatura e le materie prime, quelle, cioè, per le quali, si trova nelle condizioni più favorevoli; e ciò si applicherebbe anche all'agricoltura, nel senso che ogni Paese dovrebbe coltivare i prodotti della terra per i quali è più adatto. Poi avrebbe la conseguenza di aprire ai singoli paesi non il piccolo mercato nazionale, ma l'intiero mercato europeo.

Ora è chiaro che ciò non può avvenire, se non si arriva all'abolizione delle barriere doganali. E questo è il lato economico del problema.

C'è poi un lato politico: noi riteniamo necessario che le singole nazioni rinuncino ad una parte della loro sovranità, delegando ad un consiglio federale i problemi che riguardano la politica estera e l'esercito; le nazioni dovrebbero avere esclusivamente delle forze di polizia.

La Francia, con l'intuito politico che le è caratteristico, nel preludio alla sua Costituzione ha inserito un periodo che dice: «La Francia, a condizioni di reciprocità, è pronta a rinunciare ad una parte della sovranità, quando ciò si renda necessario per l'organizzazione e per la difesa della pace».

Ora, io penserei che il nostro articolo 4 ci potrebbe mettere in condizioni di entrare in intese con la Francia, in modo da costituire un primo nucleo federalista, al quale si aggiungerebbe quasi certamente la Svizzera e poi, probabilmente, le altre nazioni europee. Noi non riteniamo che il movimento federalista possa, almeno in principio, estendersi in tutta l'Europa; pensiamo che con tutta probabilità si formerà un nucleo centro-occidentale federalista, perché da una parte l'Inghilterra e dall'altra la Russia con la catena degli Stati satelliti, probabilmente resteranno fuori dall'organizzazione.

Ma, in fondo, Inghilterra e Russia sono paesi che possiamo considerare marginali per l'Europa, che hanno il loro centro di gravità fuori dell'Europa: l'Inghilterra lo ha sull'Oceano, la Russia in Asia. Ma è anche possibile che in seguito al trattato di alleanza concluso recentemente a Dunkerque tra la Francia e l'Inghilterra, questa possa essere attirata nell'orbita dell'organizzazione federalista europea. È anche probabile che la Russia si avvicini sempre più al resto dell'Europa e possa in seguito inserirsi nell'organizzazione federale dell'Europa.

Ma quand'anche ciò non accadesse, noi potremmo realizzare un blocco federalista centro-occidentale europeo, sinceramente democratico e pacifista, omogeneo politicamente e vitale economicamente, che potrebbe esercitare un'utile funzione di pacificazione, e rappresentare come un cuneo interposto fra i due blocchi russo e angloamericano. E, nella deprecabile ipotesi di un conflitto fra i due blocchi, la presenza di questo cuneo potrebbe stornare dall'Europa la tempesta che si scaricherebbe lontano da noi, nell'altro emisfero.

Ora, qualcuno potrà domandarsi: non può l'Italia cercare di trovare la tutela del suo pacifico sviluppo nell'Organizzazione delle Nazioni Unite? Noi riteniamo che ciò non sia possibile, per almeno tre ragioni.

Anzitutto l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha una struttura che ricorda molto da vicino quella della Santa Alleanza. In fondo, sono cinque popoli che si sono assunti la tutela di tutti gli altri popoli del mondo, e l'Organizzazione appare destinata a fallire come la prima Santa Alleanza.

Poi, l'organizzazione delle Nazioni Unite si è messa sul terreno della politica delle zone d'influenza, di equilibrio politico, di blocchi; politica che ha sempre condotto alla guerra e che non ha risolto nessuno dei problemi fondamentali, ma tende a dividere il mondo in due blocchi antagonisti, e davanti a problemi scottanti, né è uscita con espedienti (quando il Consiglio di sicurezza discusse il problema dei rapporti fra l'Iran e la Russia fu tolta la questione dall'ordine del giorno; così il Consiglio rinunziò a formulare una decisione sulla questione della presenza delle truppe inglesi in Grecia); politica che ha prodotto l'atmosfera di sospetto e di equivoco che si addensa minacciosa sugli attuali colloqui di Mosca.

Infine, noi crediamo che l'O.N.U. sia in grado di evitare la guerra fra le nazioni minori, ma che non sia in grado di evitarla fra le nazioni maggiori, e che molto meglio servirebbe la causa della pace il movimento federalista europeo, in quanto verrebbe ad unificare quell'Europa che è stata finora il focolaio di origine delle recenti guerre.

Bisogna anche pensare che la tendenza federalista sia implicita nel dinamismo della evoluzione politica moderna; infatti, vediamo che forma federale hanno raggiunto gli stati più progrediti politicamente: la Svizzera, con la sua Confederazione, l'Inghilterra col suo Commonwealth; così gli Stati Uniti e la Russia.

Ora, onorevoli colleghi, questa nostra propaganda per la idea federalista trova adesioni non solo in questi banchi, ma anche in altri settori ed anche presso personalità politiche di primo ordine. Mi limiterò a citare il Conte Sforza, gli onorevoli Pam, Einaudi, Calamandrei.

Questo ci dà affidamento, non solo che l'articolo 4° sarà approvato, ma che l'idea federalista in esso affermata non resterà lettera morta, non resterà come una platonica affermazione di principio, ma rappresenterà la forza viva ed operante della politica estera della nuova Italia.

Terminerò il mio dire con un augurio: questa nostra Italia, povera, e fieramente bistrattata dal destino, è stato sempre il paese più ricco di vita spirituale. Essa ha dato in ogni tempo al mondo le idee nuove. L'ultima è quella del federalismo. Qualora, come ne abbiamo fede, l'idea federalista, possa realizzarsi, l'Italia si riscatterà dalla involontaria colpa di aver dato al mondo il fascismo. (Applausi).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti