[Il 24 marzo 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli delle «Disposizioni generali».]

Presidente Terracini. [...] Passiamo all'esame dell'articolo 4, che dovrà diventare articolo 6 nel testo definitivo:

«L'Italia rinunzia alla guerra come strumento di conquista e di offesa alla libertà degli altri popoli e consente, a condizione di reciprocità e di eguaglianza, le limitazioni di sovranità necessarie ad una organizzazione internazionale che assicuri la pace e la giustizia tra i popoli».

La Commissione, tenendo conto dei vari emendamenti presentati, ha elaborato il seguente nuovo testo:

«L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e di risoluzione delle controversie internazionali; e consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento internazionale che assicuri la pace e la giustizia fra i popoli».

Sull'articolo sono stati presentati vari emendamenti.

L'onorevole Russo Perez ha presentato il seguente, già svolto:

«Sopprimerlo.

«Ove non sia approvata la soppressione, sostituirlo col seguente:

«L'Italia condanna il ricorso alle armi nelle controversie fra le Nazioni e consente, a condizione di reciprocità e di eguaglianza, le limitazioni di sovranità necessarie ad una organizzazione internazionale che assicuri la pace e la giustizia fra i popoli».

Non essendo l'onorevole Russo Perez presente, si intende che vi abbia rinunziato.

L'onorevole Valiani ha presentato il seguente emendamento, già svolto:

«Sostituirlo col seguente:

«L'Italia rinuncia alla guerra come strumento di politica nazionale e respinge ogni imperialismo e ogni adesione a blocchi imperialistici. Accetta e propugna, a condizione di reciprocità e di eguaglianza, qualsiasi limitazione di sovranità, che sia necessaria ad un ordinamento internazionale di pace, di giustizia e di unione fra i popoli».

Onorevole Valiani, lo mantiene?

Valiani. Rinuncio e aderisco a quello dell'onorevole Zagari.

Presidente Terracini. L'onorevole Zagari ha presentato il seguente emendamento, firmato anche dagli onorevoli Binni, Bennani, Zanardi, Carboni, Piemonte, Lami Starnuti, Persico, Fietta, Gullo:

«Sostituirlo col seguente:

«L'Italia ripudia la guerra come strumento di politica nazionale e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Favorisce la creazione e lo sviluppo di organizzazioni internazionali e consente, a condizione di parità con gli altri Stati, le relative limitazioni di sovranità».

L'onorevole Zagari ha facoltà di svolgerlo.

Zagari. Signor Presidente, onorevoli colleghi. Il testo proposto dal Presidente della Commissione non è soddisfacente. È il risultato di una fusione fra il primo testo ed il testo dell'emendamento da noi presentato e come tutti i compromessi ha in sé un elemento di equivoco, che prima o dopo finisce con il rompere l'unità morale, direi, dell'articolo.

La differenza fra l'articolo 4 del progetto e l'emendamento da noi presentato sta in un diverso tono che li caratterizza. Chi legge l'articolo 4 ha immediatamente la sensazione di una posizione di passività della nostra Costituzione nei confronti di un ordinamento che la trascende.

Si dice: «l'Italia rinunzia», «l'Italia consente». La prima e la seconda parte hanno questo in comune: che concedono qualche cosa che è imposto, ponendo immediatamente dopo una serie di condizioni per cui si rinuncia alla guerra, ma condizionando la guerra; cioè si rinuncia a quella determinata guerra, soltanto alla guerra di aggressione e si consente poi quella limitazione di sovranità. Manca cioè quello che noi riteniamo lo spirito nuovo che deve animare la Carta costituzionale nei confronti del mondo internazionale.

Circa la nuova dizione, noi saremmo certamente disposti ad accettare la parte relativa alla modificazione della nostra frase «politica nazionale» con «politica diretta contro la libertà degli altri popoli», per quanto riteniamo che non vi sia una chiarificazione neppure per l'opinione pubblica, perché la guerra come strumento di politica nazionale è ormai una dizione pienamente acquisita dall'opinione pubblica. È la dizione del patto Briand-Kellog che è entrata nella Costituzione ed è fortemente affermata e quindi rimane più chiara e meno equivoca dell'altra forma.

Sul secondo punto ci sembra difficile cedere, perché non solo l'Italia consente alle limitazioni di sovranità, l'Italia vuole queste limitazioni di sovranità. È l'Italia cosciente di un nuovo ordine pacifico, è l'Italia che è alla base dell'organizzazione della pace, ed ha interesse a questa organizzazione. Qualcuno può ritenere che noi si possa entrare in una sfera in cui noi soli si consente; ma il problema è sempre lo stesso, perché sono impegni che noi prendiamo di fronte alla nostra coscienza nazionale, sono impegni che l'Italia prende di fronte al popolo italiano.

Per tutte queste ragioni noi troviamo che l'unità dell'emendamento debba essere conservata, ed accanto alla dizione «l'Italia ripudia la guerra» si debba anche accettare la frase «l'Italia favorisce» queste limitazioni di sovranità che sono necessarie per la costituzione di un ordine internazionale che salvaguardi la pace e la giustizia fra i popoli.

Presidente Terracini. L'onorevole Crispo ha presentato il seguente emendamento, già svolto:

«Alle parole: L'Italia rinunzia alla guerra come strumento di conquista e di offesa alla libertà degli altri popoli e consente, sostituire le altre: L'Italia non intraprenderà alcuna guerra di conquista, né userà mai violenza alla libertà d'alcun popolo, e consente».

Onorevole Crispo, ella lo mantiene?

Crispo. Mantengo la seconda parte del mio emendamento, quella nella quale accenno alla violenza alla libertà, diversa dalla guerra, integrandosi il concetto precedente, nel senso, cioè, che non si può comprimere la libertà di un popolo soltanto attraverso una guerra di conquista, ma si può usare violenza alla libertà di un popolo anche altrimenti, onde il mio emendamento era redatto così: «L'Italia non intraprenderà alcuna guerra di conquista né userà mai violenza alla libertà di alcun popolo». Mantengo la seconda parte «né userà mai violenza alla libertà di alcun popolo».

Selvaggi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Selvaggi. In linea di massima sono d'accordo con la nuova dizione dell'articolo proposta dalla Commissione. Solo prego la Commissione di tener presente la possibilità di sostituire alcune parole.

Il testo della Commissione dice: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e di risoluzione delle controversie internazionali». Io proporrei la seguente dizione: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Per la seconda parte sono perfettamente d'accordo.

Presidente Terracini. L'onorevole Bastianetto ha presentato il seguente emendamento:

«Dopo le parole: limitazioni di sovranità necessarie, aggiungere le altre: alla unità dell'Europa o».

Ha facoltà di svolgerlo.

Bastianetto. Onorevoli colleghi, se noi vediamo le due dizioni di quest'articolo 4, troviamo nella prima «la rinuncia» alla guerra, nella seconda «il ripudio» della guerra. Ma sia l'una dizione che l'altra vanno benissimo per me, cioè per quello che è l'emendamento da me presentato; perché il mio emendamento si inserisce in quella che è la seconda parte dell'articolo 4 che, presso a poco, è eguale sia nell'una che nell'altra dizione.

L'articolo 4 è veramente da dividersi in due parti. In una parte vi è quella che si può dire la sintesi di tutto il recente diritto internazionale in materia di guerra. Vorrei dire che nella prima parte noi troviamo quella che è stata la grande speranza di tutti gli uomini politici, speranza che si sintetizza nel patto Kellogg. Ora, per me, la dizione «rinuncia» è assai più estesa ed assai più concreta di quello che possa essere la parola «ripudio». Ma io non debbo soffermarmi in questa prima parte, perché a me interessa la seconda parte, nella quale trovo che l'Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento internazionale che assicuri la pace e la giustizia fra i popoli. Ora, è proprio in questo «consente alle limitazioni di sovranità» che ci troviamo di fronte a quella che è la sintesi della odierna politica internazionale. Noi abbiamo assistito negli ultimi due o tre anni all'impostazione del problema della rinunzia della sovranità; e questo problema si è concretizzato nella Carta di San Francisco: le Nazioni Unite hanno rinunciato a parte della loro sovranità.

Ora, noi non sappiamo quello che ci darà l'avvenire in materia di organizzazioni internazionali. Noi al presente vediamo una sola grande organizzazione internazionale, l'O.N.U., che è mondiale, e non consideriamo i problemi a noi più vicini che sono quelli europei. Per questo propongo di inserire in quest'articolo 4, dopo la parola «necessarie» quelle mie modestissime parole «alla unità dell'Europa o».

Perché questo, onorevoli colleghi? Perché questo emendamento? Lasciamo stare l'abbondante letteratura sui problemi dell'unità europea, lasciamo stare tutti i discorsi che sono stati fatti in quest'ultimo secolo dagli uomini politici più eminenti in tutti i paesi d'Europa, lasciamo stare quelli che sono stati i tentativi di Kovenhoe Kalergi e di Briand, lasciamo stare i più recenti discorsi di Smuts e di Churchill, e fermiamoci a considerare il sogno, l'aspirazione di Mazzini, che aveva visto la salvezza dell'Europa nella sua unità. Ora, onorevoli colleghi, noi non sappiamo quale sarà l'avvenire dell'Europa; quello che sentiamo profondamente in noi è che alla unità si dovrà arrivare.

Noi qui siamo uniti per dare alla nostra Patria una grande Carta costituzionale; questa è la nostra speranza; e se in questa Carta costituzionale potremo inserire la parola «Europa», noi incastoneremo in essa un gioiello, perché inseriremo quanto vi è di più bello per la civiltà e per la pace dell'Europa. Perché, badate, onorevoli colleghi, dal punto di vista economico questa Europa non si scinde più; dal punto di vista politico-militare nemmeno si scinde più; dal punto di vista ideologico noi vediamo già che i partiti politici hanno un grande funzione in questa unità europea. Quando l'altro giorno il Presidente onorevole Terracini, dopo la lettura del telegramma di Herriot, disse che quella era stata la prima manifestazione in cui si è vista stendere una mano al di sopra delle frontiere, io ho pensato che questa mano possono stenderla tutti i partiti politici per proprio conto. L'altra settimana abbiamo visto i laburisti inglesi che la stendevano col loro ordine del giorno. Qualche giorno fa in Francia il M.R.P. votava un ordine del giorno auspicante gli Stati Uniti d'Europa. In tutti i Paesi del centro d'Europa c'è questa aspirazione. Ora, se tutti i partiti politici — perché non c'è dubbio che i partiti politici hanno questa altissima e grandissima funzione di moralizzare la vita, la politica, l'avvenire dell'Europa — se tutti i partiti hanno questa funzione e la sentono profondamente, non c'è dubbio, o colleghi, che noi potremo anche veder realizzata l'unità europea; ed è con questo augurio e con questa speranza che io auspico che l'emendamento sia accolto.

Non sappiamo quello che sarà l'avvenire dell'Europa ed è forse prematuro pensare — non però per mio conto — agli Stati Uniti d'Europa o ad una Federazione di Repubbliche europee; a me basta inserire il concetto che, come nella Costituzione consideriamo l'uomo, e sopra l'uomo la famiglia, e poi la Regione e lo Stato, così, sopra lo Stato e prima dell'organizzazione mondiale internazionale, vi sia l'Europa, la nostra grande Patria, perché, prima di tutto, noi siamo cittadini europei. Per questo chiedo che l'emendamento venga accolto e vi insisto. (Applausi).

Presidente Terracini. Credo che la Commissione abbia già espresso nettamente il suo avviso tenendo conto di tutti gli emendamenti e proponendo un testo nuovo. Comunque l'onorevole Presidente della Commissione ha facoltà di esprimere il suo avviso.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Debbo far notare come anche qui aleggia nell'Aula su tutti noi un'ispirazione comune, un'esigenza da tutti sentita di condannare la guerra e di tendere ad una organizzazione internazionale.

Questo è il punto comune. Le altre diventano piuttosto questioni di formulazione tecnica. Ho discusso amichevolmente con l'onorevole Zagari, alla ricerca non di un compromesso, ma di un'espressione migliore e più completa. Speravo di esservi riuscito; ma se è difficile mettersi d'accordo, per esprimere un sentimento comune, a 75 membri della Commissione, immaginate come è più difficile mettere d'accordo 550 persone. È quasi impossibile improvvisare definizioni tecniche precise, ed esatte, in un dibattito che pur rivela tanta competenza e tanto appassionamento.

Dirò le ragioni per cui la Commissione stamani ha ritenuto di accogliere alcuni degli emendamenti presentati e di fonderli nel suo testo; che era in origine: «L'Italia rinunzia alla guerra come strumento di conquista e di offesa alla libertà degli altri popoli e consente...». Risuonava qui come un grido di rivolta e di condanna del modo in cui si era intesa la guerra nel fosco periodo dal quale siamo usciti: come guerra sciagurata di conquista e di offesa alla libertà degli altri popoli. Ecco il sentimento che ci ha animati. Ma è giusta l'osservazione fatta anche dall'onorevole Nitti che però sembra esagerato e grottesco parlare, nelle nostre condizioni, di guerra di conquista. È meglio trovare un'altra espressione.

Si tratta anzitutto di scegliere fra alcuni verbi: rinunzia, ripudia, condanna, che si affacciano nei vari emendamenti. La Commissione, ha ritenuto che, mentre «condanna» ha un valore etico più che politico-giuridico, e «rinunzia» presuppone, in certo modo, la rinunzia ad un bene, ad un diritto, il diritto della guerra (che vogliamo appunto contestare), la parola «ripudia», se può apparire per alcuni richiami non pienamente felice, ha un significato intermedio, ha un accento energico ed implica così la condanna come la rinuncia alla guerra.

Dopo i verbi, veniamo ai sostantivi. Si è, in alcuni emendamenti, negata la guerra, come strumento di politica nazionale e di risoluzione delle controversie internazionali. Sono formule corrette, a cui ricorrono documenti ed atti internazionali, come il patto Kellogg, che, ahimè, dovrebbe essere ancora in vigore! Non ci dobbiamo comunque dimenticare che la Costituzione si rivolge direttamente al popolo: e deve essere capita. Parlare di «politica nazionale» non avrebbe un senso chiaro e determinato. Da accettare invece, perché definitiva, la negazione della guerra «come risoluzione delle controversie internazionali». Potrebbe bastare; ma si è posto uno scrupolo: se non sia opportuno richiamare anche quel termine di negazione della guerra «come strumento di offesa alla libertà altrui» che ha una ragion d'essere, una accentuazione speciale che può restare a sé di fronte agli altri mezzi di risoluzione delle controversie internazionali. Ecco perché la Commissione propone: «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e di risoluzione delle controversie internazionali».

Veniamo alla seconda parte.

Accettiamo, invece di «reciprocità» e «uguaglianza», l'espressione «in condizione di parità con gli altri Stati». Non avremmo nessuna difficoltà ad accogliere la proposta Zagari: «favorisce la creazione e lo sviluppo di organizzazioni internazionali». Ma qualcuno ha chiesto: di quali organizzazioni internazionali si tratta? Non si può prescindere dalla indicazione dello scopo. Vi possono essere organizzazioni internazionali contrarie alla giustizia ed alla pace. L'onorevole Zagari ha ragione nel sottolineare che non basta limitare la sovranità nazionale; occorre promuovere, favorire l'ordinamento comune a cui aspira la nuova internazionale dei popoli. Ma l'attività positiva diretta a tale scopo è certamente implicita anche nella nostra formulazione: che dovrebbe essere (e non è facile qui su due piedi) tutta rimaneggiata, col rischio di perdere l'equilibrio faticosamente raggiunto di un bell'articolo.

La questione sollevata dall'onorevole Bastianetto, perché si accenni all'unità europea, non è stata esaminata dalla Commissione. Però, raccogliendo alcune impressioni, ho compreso che non potrebbe avere l'unanimità dei voti. L'aspirazione alla unità europea è un principio italianissimo; pensatori italiani hanno messo in luce che l'Europa è per noi una seconda Patria. È parso però che, anche in questo momento storico, un ordinamento internazionale può e deve andare anche oltre i confini d'Europa. Limitarsi a tali confini non è opportuno di fronte ad altri continenti, come l'America, che desiderano di partecipare all'organizzazione internazionale.

Credo che, se noi vogliamo raggiungere la concordia, possiamo fermarci al testo della Commissione, che, mentre non esclude la formazione di più stretti rapporti nell'ambito europeo, non ne fa un limite ed apre tutte le vie ad organizzare la pace e la giustizia fra tutti i popoli.

Presidente Terracini. Comunico che l'onorevole Leone Giovanni ha presentato il seguente emendamento firmato anche dagli onorevoli Bettiol, Monticelli, Numeroso, Borsellino, Medi, Jervolino, De Michele, Gortani e altri:

«Sostituire alle ultime parole della formulazione della Commissione: tra i popoli, le altre: tra le Nazioni».

L'onorevole Leone Giovanni ha facoltà di svolgerlo.

Leone Giovanni. Il nostro emendamento mira, più che altro, ad un perfezionamento formale.

Presidente Terracini. L'onorevole Presidente della Commissione per la Costituzione ha facoltà di esprimere il suo avviso.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. La Commissione non ha nessuna difficoltà ad accettare l'emendamento.

Presidente Terracini. Dobbiamo ora procedere alla votazione dei quattro emendamenti mantenuti.

Il primo è quello sostitutivo dell'onorevole Zagari, per il quale comunico di aver ricevuto una richiesta di votazione per appello nominale, firmata dagli onorevoli Zagari, Bocconi, Matteotti Matteo, Bennani, Pieri, Ruggiero, Lami Starnuti, Momigliano, Gullo Rocco, Vigorelli, Di Gloria, Carboni, Canevari, Fietta, Fedeli, Nasi, Taddia, D'Aragona.

Chiedo ai colleghi che hanno chiesto l'appello nominale se insistono nella loro richiesta. (Commenti Rumori).

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non è un problema politico.

Presidente Terracini. Onorevole Zagari, ella mantiene la richiesta di votazione per appello nominale?

Zagari. Signor Presidente, noi rinunciamo alla richiesta di appello nominale, e ritiriamo anche l'emendamento, dopo i chiarimenti dati dal Presidente della Commissione, limitandoci ad una dichiarazione di voto.

Noi dichiariamo che, accettando la formula proposta dalla Commissione, diamo a questa formula un contenuto leggermente diverso da quello dato dal Presidente nelle sue recenti dichiarazioni. Noi riteniamo che, col ripudio della guerra, si intenda anche sotterrare un passato di aggressione che è stato il prodotto di una classe dirigente superata. (Commenti).

Presidente Terracini. Ha chiesto di parlare l'onorevole Presidente della Commissione. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ripeto all'onorevole Zagari che la proposta primitiva della Commissione non era l'eco, ma la più netta antitesi del passato di aggressione e di conquista. Se nella nuova dizione non abbiamo creduto di limitarci a questo, e di estendere l'orizzonte comprendendovi il ripudio della guerra come risoluzione delle controversie internazionali, è perché abbiamo voluto superare quel primo senso più ristretto, che però — intendiamoci bene — era proprio la condanna più esplicita, più sdegnosa, più netta dei sistemi del passato. (Applausi).

Presidente Terracini. Credo che si possa intanto porre ai voti la prima parte dell'articolo così come è formulata dalla Commissione, salvo poi votare la formula aggiuntiva proposta dall'onorevole Crispo.

Chiedo alla Commissione se accetta le parziali modificazioni proposte dall'onorevole Selvaggi.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Accettiamo.

Presidente Terracini. Pongo in votazione la prima parte dell'articolo nel seguente testo:

«L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».

(È approvata).

Pongo ai voti l'aggiunta proposta dall'onorevole Crispo:

«né userà mai violenza alla libertà di alcun popolo».

(Non è approvata).

Passiamo ora alla seconda parte dell'articolo, nel testo della Commissione:

«e consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento internazionale, che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni».

Ha chiesto di parlare l'onorevole Bastianetto. Ne ha facoltà.

Bastianetto. A seguito delle dichiarazioni del Presidente, seppure a malincuore, ritiro il mio emendamento.

Pensavo che, nel quadro delle organizzazioni internazionali, e nel quadro soprattutto dei regionalismi internazionali, previsti dalla stessa O.N.U., fosse stata possibile questa affermazione di fede europea. Il Presidente mi ha persuaso. Però faccio voto, colleghi, che si avveri questo sogno della unità, e lo faccio non soltanto come deputato ma come mutilato di guerra, a nome dei mutilati di guerra, facendo presente che il Presidente dell'Associazione nazionale fra mutilati e invalidi di guerra mi ha inviato in questo senso un ordine del giorno. La mia affermazione sia quindi affermazione di fede per ciò che sarà il domani: non sappiamo se gli Stati Uniti d'Europa o una Federazione di Stati europei; comunque, voto per la unità di questa Europa di cui siamo cittadini. (Applausi).

Corbino. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Corbino. Dichiaro che noi approveremo il testo proposto dalla Commissione; ma desideravo fare una constatazione, che dovrebbe andare un po' al di là della nostra Aula. Desideravo far constatare che per l'Italia, noi dell'Assemblea Costituente della Repubblica italiana, accettiamo volontariamente in questo istante l'impegno di consentire — in parità con gli altri Stati — a tutte quelle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento internazionale che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni.

Ora, non può essere senza significato il voto che noi daremo a questo articolo, quando si pensi che alla Assemblea Costituente dovrà venire fra poco per la ratifica un Trattato che, per le sue condizioni, costituisce una vera menomazione della nostra sovranità e della nostra indipendenza effettive. (Approvazioni).

Ecco perché io vorrei che si prendesse atto di questa nostra concezione della solidarietà internazionale: il popolo italiano, dopo aver ripudiato le recenti guerre di un passato che non è nostro, intende chiedere agli altri popoli la stessa solidarietà, per assicurare la pace e la giustizia per tutti e, soprattutto, per garantire la nostra indipendenza e la nostra sovranità. (Vivi applausi).

Cianca. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Cianca. Noi voteremo l'articolo così come è stato redatto nell'ultima edizione.

Dobbiamo dire che votiamo questo articolo con la coscienza di compiere un dovere di italiani e di europei. Ed è per questo che esprimiamo il nostro rincrescimento per il fatto che l'onorevole Bastianetto abbia ritirato il suo emendamento aggiuntivo: egli ha detto che usava delle piccole parole: si è espresso molto modestamente; in realtà, queste piccole parole esprimevano una grande aspirazione e una grande speranza.

Aveva ragione l'onorevole Ruini di dire che noi dobbiamo guardare al futuro e comprendere in questo futuro l'aspirazione ad una unità che varchi i confini dell'Europa.

Ma è evidente che, in queste previsioni, dobbiamo attenerci alle probabilità, alle possibilità più vicine: ecco perché noi votiamo l'articolo includendo idealmente in esso l'emendamento a cui l'onorevole Bastianetto ha rinunciato.

(La seconda parte dell'articolo è approvata).

Presidente Terracini. Pongo in votazione l'articolo 4, che diventerà l'articolo 6 della Costituzione, nel suo complesso:

«L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, e consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento internazionale, che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni».

(È approvato — Vivi applausi).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti