[Il 19 dicembre 1946, nella seduta antimeridiana, la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sulla libertà di opinione, di coscienza e di culto.]

Il Presidente Tupini prega l'onorevole Dossetti di comunicare la formula definitiva dell'articolo, quale risulta dall'unione dell'articolo 1 con l'articolo 2 da lui precedentemente proposti.

Dossetti, Relatore, comunica la formula del nuovo articolo:

«Ogni uomo ha diritto alla libera professione delle proprie idee e convinzioni, alla libera e piena esplicazione della propria vita religiosa interiore ed esteriore, alla libera manifestazione, individuale ed associata, della propria fede, alla propaganda di essa, al libero esercizio, privato e pubblico, del proprio culto, purché non si tratti di religione o di culto implicante principî o riti contrari all'ordine pubblico e al buon costume».

Chiarisce alcuni punti della formula da lui proposta, facendo osservare che nella sua prima parte essa, come assolutezza di garanzia della vita religiosa, specialmente delle varie confessioni non cattoliche, e perciò come possibilità di esplicazione di ogni vita religiosa sia individuale che associata, è completamente esauriente proprio per il fatto di essere sintetica e di non scendere a determinazioni.

Fa osservare che l'altra parte della formula, la quale dice: «purché non si tratti di religione o di culto implicante principî o riti contrari all'ordine pubblico e al buon costume», è la formula adoperata tradizionalmente da tutte le legislazioni, la quale contiene una certa precisazione tecnica, in quanto si riferisce non soltanto agli eventuali principî contrari all'ordine pubblico e al buon costume, ma anche ai riti, cioè alle manifestazioni di questi principî che possono essere contrari all'ordine pubblico e al buon costume.

Cevolotto, Relatore, dichiara che l'articolo proposto dall'onorevole Dossetti diverge non solo formalmente, ma anche sostanzialmente dalla formulazione da lui proposta, alla quale non può rinunciare.

Ricorda che le sue proposte comprendono i seguenti quattro articoli:

Art. 1. — «Tutti i cittadini hanno diritto alla piena libertà di fede e di coscienza».

Art. 2. — «Tutti i cittadini hanno diritto di professare qualsiasi culto che non sia contrario all'ordine pubblico, alla morale e al buon costume, o di non professarne alcuno; di manifestare pubblicamente le proprie credenze religiose, di compiere attività religiosa nella loro casa e nei locali privati come nei locali e templi aperti al pubblico culto, o anche di abbandonare una confessione religiosa per entrare in un'altra».

Art. 3. — «Tutte le confessioni religiose che non contrastino con l'ordine pubblico, con la morale e con il buon costume hanno pari diritto di organizzarsi liberamente, di propagandare e di diffondere la loro fede, di eleggere i propri ministri e di revocarli, di aprire templi e di possedere gli edifici nei quali il culto viene esercitato.

«Tutti i culti hanno diritto a eguale protezione penale contro il vilipendio loro, delle loro credenze, dei loro ministri e contro il turbamento delle loro funzioni.

«Particolari leggi e patti concordati regoleranno il regime giuridico e amministrativo delle associazioni e degli enti morali di qualunque culto».

Art. 4. — «Nessuno può giustificare un reato o il mancato adempimento di un dovere imposto dalla legge, invocando le proprie opinioni religiose o filosofiche».

Fa presente che, se nella seduta precedente non fosse stato votato l'ultimo capoverso di un articolo in cui si dice che i rapporti tra Stato e Chiesa sono regolati dai Patti Lateranensi, egli avrebbe insistito molto meno nel mantenere la sua formulazione. Ma, poiché nel Trattato Lateranense, riconosciuto costituzionalmente, c'è un articolo primo che si richiama all'articolo primo dello Statuto Albertino per cui la religione cattolica è la religione dello Stato, (anzi è detto che la religione cattolica è «la sola» religione dello Stato) di conseguenza, sia pure indirettamente, è stato ammesso il principio dello Stato confessionale.

A questo proposito richiama l'attenzione della Sottocommissione su un brano di una delle ultime lezioni del professor Jemolo, in cui si afferma che «Religione dello Stato vuol dire posizione dominante fatta ad una confessione religiosa e con essa ai suoi ministri e ai beni che essa possiede, e posizione deteriore fatta ad altre confessioni alle quali si può negare il diritto di propaganda e di proselitismo».

Osserva che in questo brano è prospettata la situazione creata con l'approvazione della formula, la quale inserisce nella Carta costituzionale i Patti Lateranensi.

Il Presidente Tupini prega l'onorevole Cevolotto di prendere atto che i Commissari democristiani non ritengono di aver determinato con l'approvazione di quella formula la situazione cui egli ha accennato.

Cevolotto, Relatore, riferendosi alla storia delle ultime relazioni tra Stato e Chiesa in Italia, ricorda che, dopo la sanzione di quel primo articolo del Trattato Lateranense, si sono avute manifestazioni in Italia, anche nel campo giudiziario e in quello legislativo, che hanno confermato la superiorità della posizione fatta ad una religione rispetto alle altre. Cita, nel campo legislativo, il caso del Codice penale, che ha sancito una protezione minore per le offese alla religione e ai ministri dei culti ammessi nei confronti di quelli della religione cattolica; e nel campo giudiziario, varie sentenze che non fanno onore alla nostra magistratura, perché contrarie al diritto di proselitismo di culti diversi da quello cattolico.

Per questa ragione, dato che si è creduto opportuno di creare uno Stato confessionale, col richiamo sia pure indiretto all'articolo 1 dello Statuto Albertino, ritiene necessario affermare la libertà religiosa con formula precisa, che consenta la libertà del proselitismo. Ricorda che le Chiese protestanti si lamentano fortemente della posizione fatta loro non dalla legge, ma dall'applicazione dopo il Concordato della legge sui culti ammessi, e sostiene la necessità di trovare formule per cui questa applicazione, che forse è aberrante ma che deriva sempre dalla interpretazione che si è data ai Patti Lateranensi, non abbia a ripetersi. Insiste pertanto nella sua formulazione.

Il Presidente Tupini domanda all'onorevole Cevolotto se non crede che sia soddisfatta la sua esigenza allorquando si dice: «Ogni uomo, nessuno escluso, ha diritto alla libera e piena esplicazione della vita religiosa, interiore ed esteriore, alla libera manifestazione individuale ed associata della propria fede, al libero esercizio privato e pubblico del proprio culto».

Cevolotto, Relatore, risponde che non può ritenersi soddisfatto, perché con questa formula non è riconosciuta la libertà di propaganda e di proselitismo.

Togliatti osserva che la formula dell'onorevole Dossetti contiene quasi tutto quello che è necessario prevedere; però c'è una piccola sfumatura nei confronti di quella dell'onorevole Cevolotto. La formula dell'onorevole Dossetti dice: «Ogni uomo ecc....» quella dell'onorevole Cevolotto invece dice: «Tutte le confessioni religiose...» ciò che, certamente, costituisce qualche cosa di diverso.

Marchesi propone di aggiungere alla formula proposta dall'onorevole Dossetti, dopo le parole: «libera manifestazione» le altre «e propagazione della propria fede».

Dossetti, Relatore, dichiara che sarebbe anche disposto ad approvare gli articoli dell'onorevole Cevolotto; ma resta convinto che la sua formula sintetica sia più esauriente.

Il Presidente Tupini domanda all'onorevole Cevolotto se, con l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Marchesi, la sua esigenza sarebbe soddisfatta.

Cevolotto, Relatore, riconosce che con tale aggiunta verrebbe anche prevista la libertà di proselitismo.

Dossetti, Relatore, fa presente che dicendosi: «manifestazione individuale ed associata», evidentemente si ammette anche la libertà del proselitismo. Per comprendere l'ampiezza del significato che i democristiani danno alla formulazione da lui proposta, basterà un rilievo: che con essa i democristiani intendono garantire la libertà religiosa di tutte le confessioni e anche della confessione cattolica; perciò, ogni ulteriore precisazione in questo senso rappresenta una garanzia maggiore nella dannata ipotesi che in Italia venisse a cessare il regime concordatario. Se egli si è preoccupato di ciò, vuol dire che la formula da lui presentata è esauriente, almeno nelle intenzioni.

Il Presidente Tupini domanda alla Sottocommissione se è d'accordo di prendere come base della discussione l'articolo proposto dall'onorevole Dossetti.

(La Commissione concorda).

Mette ai voti la prima parte dell'articolo presentato dall'onorevole Dossetti:

«Ogni uomo ha diritto alla libera professione delle proprie idee e convinzioni».

(È approvato all'unanimità).

Mette in discussione le parole seguenti: «alla libera e piena esplicazione della propria vita religiosa interiore ed esteriore».

Propone che vengano omesse le parole «interiore ed esteriore». Osserva che è difficile vietare il diritto di una libera manifestazione interiore della propria fede. Quanto poi alla parola «esteriore», osserva che nel termine «esplicazione» è già compreso il carattere di esteriorità, che è quello che si deve garantire.

Dossetti, Relatore, spiega che egli distingue tra esplicazione della propria vita religiosa e manifestazione della propria fede o esercizio del culto. «Manifestazione della fede» è una forma di esplicazione della propria vita religiosa, ossia è l'esercizio di un culto. Questa norma richiede che tutti gli uomini non siano, in nessuna maniera, coartati o compressi nella esplicazione di questo aspetto della loro personalità. Se non si può sopprimere la realtà interiore dell'uomo, si può comprimerla. Perciò anche l'esplicazione interiore della propria vita religiosa deve essere tutelata. Per questi motivi insiste sulla formulazione da lui proposta.

Togliatti concorda con quanto ha dichiarato l'onorevole Dossetti. Ritiene che si debba insistere nel conservare la specificazione. L'intolleranza in materia di religione è consistita parecchie volte non nel proibire un determinato culto, ma nel proibire una fede. Si sono spesso mandate al rogo delle persone non in quanto esplicavano un culto, ma in quanto avevano una determinata fede, anche se puramente interiore.

Il Presidente Tupini mette ai voti l'inciso contenuto nell'articolo presentato dall'onorevole Dossetti e così formulato:

«alla libera e piena esplicazione della propria vita religiosa interiore ed esteriore».

Cevolotto, Relatore, dichiara che si asterrà dal votare l'intero articolo, non perché sia contrario ai principî in esso contenuti, ma perché è contrario alla formulazione che ritiene incompleta.

Grassi dichiara che voterà contro, non perché sia contrario, ma perché ritiene superflua la specificazione.

(L'inciso è approvato con 13 voti favorevoli, 1 contrario ed 1 astenuto).

Il Presidente Tupini mette ai voti l'inciso:

«alla libera manifestazione, individuale ed associata, della propria fede, alla propaganda di essa, al libero esercizio, privato e pubblico, del proprio culto».

(L'inciso è approvato con 15 voti favorevoli ed 1 astenuto).

Il Presidente Tupini pone in discussione l'ultimo inciso dell'articolo proposto dall'onorevole Dossetti: «purché non si tratti di religione o di culto implicante principî o riti contrari all'ordine pubblico e al buon costume».

Basso domanda se in base a quest'ultima disposizione si potrebbe proibire in Italia la professione della religione mussulmana, la quale ammette la poligamia.

Mastrojanni osserva che la poligamia è proibita dal Codice penale.

Dossetti, Relatore, fa presente che questo non significa che la religione mussulmana sia proibita.

La Pira rileva che bisogna tener distinto il problema religioso da quello civile.

Basso obietta che con la norma in discussione si afferma il diritto di ogni uomo di professare la religione ed il culto che vuole, purché essi non offendano l'ordine pubblico e il buon costume. Potrebbe darsi che domani si proibisse in Italia la religione mussulmana per il fatto che essa contiene un principio contrario al buon costume. D'altra parte è lecito temere che l'interpretazione possa essere generalizzata.

Dossetti, Relatore, fa osservare che la formula da lui proposta riproduce la formula dell'articolo 1 della legge attualmente in vigore sui culti ammessi.

Il Presidente Tupini mette ai voti l'inciso:

«purché non si tratti di religione o di culto implicante principî o riti contrari all'ordine pubblico e al buon costume».

(L'inciso è approvato con 14 voti favorevoli e 2 astenuti).

Legge l'articolo così come risulta dopo l'approvazione delle singole parti:

«Ogni uomo ha diritto alla libera professione delle proprie idee e convinzioni, alla libera e piena esplicazione della propria vita religiosa interiore ed esteriore, alla libera manifestazione, individuale ed associata, della propria fede, alla propaganda di essa, al libero esercizio, privato e pubblico, del proprio culto, purché non si tratti di religione o di culto implicante principî o riti contrari all'ordine pubblico e al buon costume».

Le pone in votazione nel suo complesso.

(È approvato).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti