[Il 18 dicembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione inizia la discussione sulla libertà di opinione, di coscienza e di culto.]

Il Presidente Tupini apre la discussione sugli articoli proposti dai Relatori in materia di libertà di opinione, di coscienza e di culto. Fa presente che il primo articolo proposto dall'onorevole Dossetti dice:

«Ogni uomo ha diritto alla libera professione delle proprie idee e convinzioni, purché non contrastino con le supreme norme morali, con la libertà e i diritti garantiti dalla presente Costituzione, con i principî dell'ordine pubblico».

L'onorevole Cevolotto, a sua volta, ha proposto l'articolo seguente:

«Tutti i cittadini, hanno diritto alla piena libertà di fede e di coscienza».

Invita i Relatori ad illustrare le loro formule.

Dossetti, Relatore, fa osservare che l'articolo 1 della sua relazione non corrisponde propriamente all'articolo 1 proposto dall'onorevole Cevolotto. Il suo articolo riguarda soltanto la libertà di professione di idee e di convinzioni genericamente intesa, mentre l'articolo della relazione Cevolotto riguarda anche la libertà di fede di cui l'oratore fa parola all'articolo 2. Quindi si presentano due eventualità: esaminare, discutere ed eventualmente votare il suo articolo 1 riguardo alla libertà di professione delle proprie idee e convinzioni, oppure fonderlo con la trattazione relativa alla libertà di fede e di coscienza religiosa.

Moro ritiene che si debba fare distinzione tra la libertà di opinione e di coscienza intesa in senso generale, e la professione religiosa. Pertanto le due questioni vanno trattate separatamente.

Cevolotto, Relatore, dichiara di non essere contrario alla discussione iniziale sull'articolo dell'onorevole Dossetti riguardante la libertà di opinione, restante salva la questione del suo collocamento.

Il Presidente Tupini apre la discussione sull'articolo proposto dall'onorevole Dossetti.

Marchesi ricorda che nella relazione sul programma della democrazia cristiana della primavera scorsa, si affermava la necessità che nella Carta costituzionale la religione cattolica venisse riconosciuta come religione di Stato, e se ne ricavava la conseguenza che gli istituti fondamentali dello Stato dovessero conformarsi alla morale cristiana che poi — come risultava da altri passi della relazione — era la morale cristiana cattolica. Rileva quindi come l'onorevole Dossetti faccia proprie le conseguenze che venivano tratte in quella relazione, quando stabilisce nel suo articolo che ogni uomo ha diritto alla libera professione delle idee, purché esse non contrastino con le supreme norme morali. Le quali supreme norme morali proposte dall'onorevole Dossetti — che è una così fervida anima cristiana — non possono che esser quelle della morale cattolica. Ma, con quella semplice parola «purché» si viene a distruggere il principio della libertà di pensiero, il quale pensiero può anche esigere la libertà di concepire e di formulare norme che siano in disaccordo con quelle della morale cattolica. Per queste ragioni dichiara di non accettare l'articolo dell'onorevole Dossetti, così come è stato formulato.

Cevolotto, Relatore, dichiara di ritenere l'articolo dell'onorevole Dossetti non necessario, dal momento che nei principî sulla libertà si è già garantita la libertà di esporre le proprie opinioni e di propagandarle.

Quanto alla formulazione dell'articolo, aderisce pienamente alle osservazioni dell'onorevole Marchesi, aggiungendo che esso rafforza in lui l'impressione che si stia facendo una Costituzione paolotta, mentre le formule dovrebbero essere, per dir così, un poco laicizzate.

La Pira fa presente che la stessa terminologia è usata anche in libri di autori non cattolici e non cristiani, e che la Costituzione che si sta facendo non è paolotta, ma umana. Essa ha per termine comune la personalità umana, accettata da tutte le correnti politiche.

Dossetti, Relatore, fa osservare che un richiamo alla morale si legge anche nell'articolo 2 proposto dall'onorevole Cevolotto, dove si dice che tutti i cittadini hanno diritto di professare qualsiasi culto che non sia contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume, mentre egli aveva semplicemente detto: «all'ordine pubblico e al buon costume», perché i due concetti di ordine pubblico e di buon costume sono concetti più limitati di quanto non sia il concetto di morale. Fa presente inoltre che egli non si è richiamato genericamente alla morale, ma a quelle supreme norme morali che devono essere alla base di ogni convivenza civile.

Ricorda all'onorevole Cevolotto che il professore Jemolo, nel suo opuscolo per la pace religiosa in Italia, ha sostenuto che la nuova disciplina e il nuovo ordinamento giuridico italiani debbono cominciare con una dichiarazione di adesione a quei principî etici del Cristianesimo che rappresentano, indipendentemente da qualsiasi specifica tesi religiosa, la base della nostra coscienza e della nostra civiltà.

Ritiene quindi che il richiamo alle supreme norme morali non possa bastare per qualificare «paolotta» la Costituzione; non ritiene parimenti che il suo riferimento alle norme morali possa suscitare allarmi, perché non ha nulla a che vedere con la relazione sul programma della Democrazia Cristiana, cui si è richiamato l'onorevole Marchesi.

Lucifero osserva che una buona Costituzione è tutta un dettame morale, e che il richiamo alle supreme norme della morale è nelle norme stesse che la Costituzione detta, e non come richiamo a sé stante. Quindi, pur dichiarando di consentire con le intenzioni dell'onorevole Dossetti, si domanda se è necessario il suo riferimento alle norme morali, e se non sia più pratico e più costituzionale l'accenno al buon costume e all'ordine pubblico.

Basso, pure essendo ossequiente alle supreme norme morali, si dichiara contrario alla formulazione dell'articolo, in quanto esso esprime un concetto che può essere interpretato in modi diversi, mentre una precisa definizione della norma in esame è di suprema importanza, perché riguarda la libertà di coscienza.

Ricorda che, per avere in sede di Sottocommissione sostenuto una volta che il principio dell'indissolubilità del matrimonio riguardava piuttosto il Codice civile che la Costituzione — e non crede che questa fosse una violazione della morale — è stato attaccato dall'Osservatore Romano che lo ha accusato di volere distruggere il vincolo familiare, di voler introdurre il libero amore, ecc. Ora, quando si stabilisce che la libertà di coscienza può essere sottoposta ad esame in base a una formula suscettibile di interpretazioni diverse, si va incontro al pericolo che questo esame possa variare da persona a persona. Perciò, pur essendo d'accordo che si debbano rispettare le supreme norme morali, ritiene inaccettabile una formula che si richiami alle norme morali, senza averle prima ben definite.

Mastrojanni ritiene che sia da accogliere la formula dell'onorevole Dossetti, il quale ha esattamente limitato le supreme norme morali a quelle che hanno resistito attraverso il corso dei secoli. La resistenza nel tempo di questa morale accettata da tutti la mette fuori di discussione, e non giustifica le preoccupazioni dell'onorevole Marchesi.

Marchesi domanda all'onorevole Mastrojanni quali sono secondo lui queste supreme norme morali.

Mastrojanni risponde che sono quelle — come la morale cristiana cattolica — che attraverso i secoli hanno resistito e sono rimaste integre nella coscienza collettiva.

Marchesi osserva che tali norme non sono state mai assolute nel tempo; sono materia di esortazione, non di storia; sono state predicate, non praticate.

Mastrojanni replica che la predicazione del cristianesimo è servita ad esaltare la norma morale, perché venga praticata con sempre maggiore profondità. Ma il fatto della predicazione non ha fatto che confermare l'esistenza di quella morale universale. Attraverso i secoli non vi è alcun'altra forza morale accettata dalla collettività, né ancora oggi vi è una morale da contrapporre a quella cristiana.

Marchesi domanda all'onorevole Mastrojanni se egli proibirebbe la pubblicazione dell'opera: Così parlò Zarathustra di Nietzsche.

Mastrojanni dichiara che se quell'opera urta contro l'umana coscienza e suscettibilità, non avrebbe alcuna difficoltà a contrastarla, appunto perché turba le coscienze. Egli è del parere che il bene supremo deve essere difeso. Le manifestazioni del pensiero debbono rientrare in quello che è il patrimonio spirituale dell'umanità. È questo un diritto dell'umanità.

L'onorevole Lucifero ritiene che meglio converrebbe alla nostra Costituzione la formula che pone il limite dell'ordine pubblico e del buon costume. Egli ritiene invece che quegli aspetti particolari possano far parte di leggi speciali, ma che nella Costituzione debba affermarsi il principio generale da cui il legislatore trarrà argomento per formulare altri divieti che attingono il loro valore da questa enunciazione generale. Per queste ragioni è favorevole alla formula Dossetti.

De Vita esprime l'avviso che i principî supremi della morale somiglino un po' al diritto naturale: sono, cioè, vaghi ed inafferrabili. Ritiene che la morale sia variabile attraverso il tempo e da luogo a luogo. Per queste considerazioni dichiara di non potere aderire alla proposta dell'onorevole Dossetti. Per il resto, aderisce alla dichiarazione fatta dall'onorevole Marchesi.

Togliatti dichiara di non comprendere perché venga proposto l'articolo in esame. Esso — a suo avviso — rappresenta una forma di ipocrisia. Quali sono i principî supremi della morale? Forse: non uccidere e non rubare? Ma è proprio la società, così come è oggi costituita, che spinge ad uccidere e a rubare.

Quali sono le norme morali? Il movimento anarchico può essere dichiarato contro le supreme norme morali; il movimento comunista può essere dichiarato immorale, perché non riconosce quel mito della proprietà che è a base della società capitalistica di oggi, ed è quasi una divinità per alcuni movimenti politici. Si vuol forse, proponendo una norma del genere, esacerbare i rapporti tra i partiti?

Osserva che qui non si mira a giudicare delle azioni, ma delle idee e delle convinzioni, la cui espressione deve essere invece libera. Con una norma del genere, si arriverebbe all'assurdo che un uomo non può più pensare una cosa che a giudizio dei proponenti dell'articolo sia considerata da essi contro le supreme norme della morale, supreme norme che non si conoscono e non vengono precisate.

La verità è che qui si nasconde il tranello della soppressione della libertà di pensiero, di convinzione, e di ogni altro principio di libertà.

Per questi motivi, dichiara che voterà contro la proposta dell'onorevole Dossetti.

Mastrojanni ritiene che l'onorevole Togliatti abbia esasperato al massimo il pensiero che la formula rappresenta. Le supreme norme morali non possono preoccupare alcuno. La libertà di pensiero non è da esse violata. Qualunque aspirazione politica è salva, perché le supreme norme morali non colpiscono le idee, ma i delitti, quali per esempio l'omicidio o la rapina e ogni lesione al diritto.

Togliatti osserva che con un articolo di legge, quale quello proposto dall'onorevole Dossetti, si sarebbero potuti mettere in prigione e sopprimere i primi predicatori del Vangelo. Quanto all'omicidio e alla rapina, cui ha accennato l'onorevole Mastrojanni, si tratta di materia riguardante il Codice penale. Ripete che l'inserimento di questo articolo nella Carta costituzionale farebbe sì che, chi, come i comunisti, respinge ad esempio il diritto di proprietà così come ora è concepito dalla società capitalistica, sarebbe considerato rapinatore ed assassino.

Grassi rileva che la libertà di opinione è a base dell'articolo proposto, e che essa va qui affermata, perché in nessuna parte della Costituzione ne è stato finora fatto cenno. Crede però che l'onorevole Dossetti sia andato oltre le sue intenzioni con le limitazioni che egli ha poste alla libertà di opinione.

Ritiene che non sia possibile porre una limitazione alla libertà di pensiero nei confronti dei principî affermati dalla Costituzione. L'onorevole Basso ha accennato alla indissolubilità del matrimonio; ed egli si domanda se si possa mai pensare che una opinione diversa possa essere vietata.

Ricorda che una delle ragioni per le quali la prima Costituzione francese fu respinta, derivava dal fatto che in essa vi era un articolo nel quale si dichiarava che i diritti affermati nella Costituzione non potevano essere posti in discussione: sembrò infatti agli elettori francesi che in questa affermazione vi fosse un germe pericoloso contro la libertà.

Togliatti dichiara che, dopo l'accenno ai reati fatto dall'onorevole Mastrojanni, appaiono chiare le intenzioni dell'articolo in discussione. Fa presente che ogni giorno legge giornali di parte cattolica, nei quali si dice che le dottrine politiche che egli professa sono contro le supreme norme morali. È chiaro, che se domani quella parte avesse la maggioranza, egli sarebbe dichiarato fuori legge soltanto perché crede nei principî del socialismo e nella trasformazione della proprietà dei mezzi di produzione e dei mezzi di scambio.

Lasciando da parte l'anarchismo e il comunismo, che sono dottrine politiche, se si desse domani il caso di una eresia religiosa, si potrebbe dire, in base a quest'articolo, che essa è contro le supreme norme morali.

Dossetti, Relatore, dichiara di non vedere la ragione dello sdegno manifestato dall'onorevole Togliatti. Osserva anzitutto che, per quella particolare manifestazione che è l'opinione religiosa, si ammette che possa subire un limite nei riguardi dell'«ordine pubblico e buon costume», come è detto nella sua proposta e della «morale» per giunta, come è detto nella formulazione dell'onorevole Cevolotto. Ora, se questo lo si ammette per una manifestazione della coscienza religiosa, non vede perché non possa essere ammesso anche per ogni opinione in genere, in quanto sia contrastante con l'ordine pubblico o il buon costume. Potrà essere, questa, materia opinabile, ma non è cosa che desti sospetti o che possa giustificare la qualifica di forma ipocrita ad essa data dall'onorevole Togliatti.

Quanto poi al richiamo alle supreme norme morali, fa presente che un richiamo esplicito alla «morale» è contenuto anche nella formula dell'onorevole Cevolotto, o chiarisce che l'espressione «supreme norme morali» si riferisce a quei supremi principî morali che non riguardano questa o quella forma di organizzazione della società o di disciplina dell'economia, perché questo non ha niente a che vedere con essi. Supremo principio morale è, ad esempio, quello che proibisce le persecuzioni razziali.

Cevolotto, Relatore, spiega che la sua formula si riferisce a tutt'altro campo. Essa afferma che tutti i cittadini hanno il diritto di professare quella religione e quel culto che desiderano, purché esso non sia contrario all'ordine pubblico, alla morale e al buon costume. È necessario fare una tale specificazione, perché si può dare il caso di un culto che sia per se stesso immorale. Vi sono state sette religiose che hanno professato il principio che bisogna peccare molto per poi pentirsi e salvarsi. Un tale principio sarebbe contrario alla morale. Questa è la portata ristretta della sua formula.

Dossetti, Relatore, osserva che non è in base ad eventuali intenzioni che si deve giudicare, ma in base alla portata oggettiva della norma che si propone. Rileva che quanto dice l'onorevole Cevolotto è tradizionalmente compreso nel concetto di buon costume. Quando si fa un richiamo alla morale senza limitazioni, si richiama qualche cosa di ancor più estensivo delle supreme norme morali.

Cevolotto, Relatore, dichiara che la parola «morale» può essere tolta dalla sua formula.

Dossetti, Relatore, replica che a lui premeva sottolineare che, anche partendo da un punto di vista che non sia il suo, si può arrivare a stabilire limitazioni più gravi di quelle che egli propone, senza che l'onorevole Togliatti accusi l'onorevole Cevolotto di ipocrisia.

Marchesi rileva che la «morale» richiamata dall'onorevole Cevolotto è la morale del regolamento di polizia.

Cevolotto, Relatore, fa osservare che la dizione «contrario all'ordine pubblico, alla morale e al buon costume» è una formula tradizionale della legislazione italiana, ed egli ha inteso qui adoperarla con quel significato e con quel valore.

Dossetti, Relatore, dichiara che, data l'interpretazione che egli ha inteso dare alla sua proposta, non può che insistere perché venga posta in votazione.

Basso osserva che l'articolo, quando fosse approvato, andrebbe soggetto ad interpretazioni diverse dalla interpretazione personale che ne ha dato il proponente onorevole Dossetti. Ritiene logica l'interpretazione datane dall'onorevole Mastrojanni, ed è contro di essa che intende reagire, come hanno già reagito gli onorevoli Togliatti e Marchesi.

Osserva che nell'articolo proposto dall'onorevole Dossetti, si dice che non si possono manifestare le proprie idee e convinzioni, quando esse contrastino con le supreme norme morali, con la libertà e i diritti garantiti dalla Costituzione. Ora, fra i diritti che la Costituzione garantisce vi è il diritto di proprietà. Approvando l'articolo dell'onorevole Dossetti, si verrebbe ad impedire ogni manifestazione di opinioni contrarie al diritto di proprietà, così come esso si esercita nella civiltà capitalistica; si verrebbero pure a impedire tutte le associazioni per il divorzio.

L'onorevole Mastrojanni ha detto che per lui è molto chiaro che le «supreme norme morali» non sono che quelle della religione cattolica. Ora, per la religione cattolica, il Santo Padre è infallibile quando parla ex cathedra, in materia di morale. Accogliendo l'articolo dell'onorevole Dossetti ci si verrebbe quindi a sottoporre all'interpretazione autentica del Santo Padre in materia di morale. Praticamente l'accoglimento della proposta Dossetti significherebbe rendere impossibile qualsiasi manifestazione di pensiero. Si pensi, ad esempio, alle associazioni naturistiche ed a quelle per il controllo delle nascite, che sono associazioni fiorentissime in paesi di alta civiltà e che verrebbero senz'altro proibite in base all'articolo in discussione. Ciò non implica da parte sua un giudizio di merito sulle predette associazioni: è certo però che egli è favorevole a che queste associazioni esistano e non siano soppresse da quel regime di polizia che verrebbe ad essere instaurato con l'articolo proposto dall'onorevole Dossetti.

Rileva che si potrebbe, eventualmente, comprendere la portata ed il significato dell'articolo proposto dall'onorevole Dossetti, qualora esistesse un testo che fissasse tassativamente le norme della morale. Si potrebbe discutere l'opportunità o meno di richiamarle nella Costituzione, ma almeno si saprebbe a che cosa ci si vuol riferire. Invece, così come è formulato l'articolo, non può essere accolto e pertanto ne propone la soppressione.

Lucifero dichiara che, se fosse sicuro che l'articolo venisse interpretato nel puro senso delle supreme leggi della morale cattolica, lo accetterebbe, perché esse sono le supreme leggi morali di tutti.

Osserva, però, che nell'articolo vi è una certa improprietà di impostazione. La morale produce la legge, ma la legge non è che il precipitato storico della morale, non è «la morale». Nella legge si fa l'applicazione della morale vigente nell'epoca. La legge è quindi un'applicazione della morale, ma non la richiama. Questo articolo pone di fronte ad una serie di problemi che un interprete di cattiva volontà può torcere come vuole. Compito del legislatore e del costituente è di sviluppare la morale nelle leggi, non di richiamarla come articolo di codice. Lo stesso fatto che si sia sentita la necessità di spendere tante parole dall'una e dall'altra parte per dire con quale significato si voleva adoperare la parola «morale», dimostra la difficoltà della sua interpretazione.

Dichiara pertanto di associarsi, per motivi diversi da quelli detti dagli altri oratori che lo hanno preceduto, alla proposta di sopprimere quest'affermazione.

Corsanego fa notare che la frase che ha destato tanto scandalo si trova in quasi tutte le Costituzioni. La Costituzione dell'Estonia, ad esempio, dice: «È garantita la libertà di manifestare le proprie idee con parole, scritti, stampe, rappresentazioni grafiche o di scultura. Essa non può essere limitata che nell'interesse della morale o della sicurezza dello Stato». Analoghe disposizioni si trovano nella Costituzione democratica spagnola, in quella lituana ed in altre Costituzioni.

Togliatti fa presente che, se alcune sue espressioni possono avere offeso qualche commissario, si dichiara disposto a rettificarle e a ritirarle, ma prega l'onorevole Dossetti di ritirare l'articolo proposto, onde si possa cercare un accordo su altra formula di comune consenso.

Moro dichiara di non poter concordare con le osservazioni fatte dall'onorevole Lucifero. È vero che la legge è un precipitato storico della morale, ma ciò non toglie che proprio per questa ragione le norme di legge debbano richiamarsi esplicitamente a criteri morali.

Per quanto riguarda il merito della proposta, intende difendere la sincerità con la quale essa è stata formulata. I rappresentanti della democrazia cristiana sono cristiani e cattolici e sono abbastanza aperti, conoscendo il mondo moderno, per sentire che le loro idee non sono da tutti condivise. Tuttavia, vi è una convivenza civile in Italia e nel mondo tra persone che professano apertamente il Cristianesimo ed altre che solo naturalmente ne seguono la morale; e sia gli uni che gli altri sentono che c'è una moralità comune che li unisce, frutto della civiltà ed elemento comune che permette di vivere insieme realizzando una umanità civile.

A chi ha affermato che una norma come quella proposta può essere pericolosa, fa osservare che essa può essere pericolosa non perché la sostengono i democristiani, ma perché domani potrebbe rappresentare, nelle mani di chi non ha eguale lealtà ed apertura di spirito, un pericolo per la libertà. I democristiani possono sinceramente affermare che nelle loro mani non sarebbe pericolosa, perché essi sono uomini non soltanto cristiani, ma dotati di una spiritualità ricca ed aperta.

Marchesi obietta che una norma del genere non è pericolosa nelle mani dell'onorevole Moro, ma sarebbe pericolosissima nelle mani di altre persone le quali, in base ad essa, si riterrebbero autorizzate a mandare al rogo i comunisti.

Moro ammette che la norma possa essere pericolosa, ma chiede che i Commissari diano atto della onestà delle intenzioni di chi l'ha proposta.

Il Presidente Tupini ritiene opportuno sospendere la seduta per qualche minuto per dar modo ai commissari di chiarire meglio tra di loro il proprio pensiero.

(La seduta è sospesa per alcuni minuti).

Dossetti, Relatore, comunica che, avendo l'onorevole Togliatti chiarito il suo pensiero, ed essendosi dichiarato disposto a venire ad un accordo sopra una nuova formulazione, non ha nessuna difficoltà a sopprimere l'articolo 1, purché nel successivo articolo da lui proposto come secondo, si faccia menzione della libertà di espressione delle proprie idee. Tale articolo dovrebbe avere, all'inizio, la seguente dizione:

«Ogni uomo ha diritto alla libera manifestazione delle proprie idee e convinzioni, alla libera e piena esplicazione della propria vita religiosa, ecc.».

Cevolotto, Relatore, ritiene che, se si vuole introdurre il principio della libertà di manifestazione delle proprie idee, questo principio deve essere staccato dall'altro che riguarda la libertà di fede e di coscienza.

Caristia ritiene che, se anche si vuol discutere sulla libertà di opinione, del resto ammessa da tutti, le norme relative dovrebbero essere collocate in altra sede.

Il Presidente Tupini spiega che la Commissione si riservò appunto di discutere il principio della libertà di opinione in questa sede, in quanto poteva avere una connessione con gli articoli che riguardano i rapporti tra lo Stato e la Chiesa; ma si intende che questi articoli dovranno poi trovare la loro sede nel primo capitolo, che riguarda i diritti fondamentali della personalità umana.

Caristia osserva che, dal momento che è stata già garantita la libertà di stampa, basterà dire: è garantita ai cittadini la libertà di opinione, che si esplica in determinati modi. Per quanto riguarda la libertà di coscienza e di culto, adotterebbe una formula molto più semplice.

Cevolotto, Relatore, concorda nella proposta di riunire tutti i concetti nell'articolo 2, della relazione Dossetti, ma ne propone una formulazione diversa.

Dossetti, Relatore, dichiara doversi intendere che la sua proposta di fusione dei due articoli in uno solo, cioè nell'articolo 2, è naturalmente subordinata all'inquadramento dell'articolo 2 stesso, nel senso che la libertà di espressione delle proprie idee e convinzioni resti sempre circoscritta da quel limite supremo che è contenuto in fondo all'articolo. In caso contrario, ritirerebbe la sua proposta.

Il Presidente Tupini rinvia il seguito della discussione alla seduta di domani, ed invita i relatori onorevoli Dossetti e Cevolotto a trovare una formula dell'orticolo 2, possibilmente concordata.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti