[Il 18 settembre 1946, la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione analizza l'articolo 5 della proposta dei relatori La Pira e Basso. Le discussioni relative all'ultima proposizione del secondo comma e al terzo comma, sono riportate a commento dell'articolo 27.]

Il Presidente Tupini dà lettura dell'articolo 5 così come è stato proposto dai Relatori La Pira e Basso:

«Nessuno può essere sottoposto a processo né punito se non in virtù di una legge entrata in vigore anteriormente al fatto commesso.

«Non possono essere irrogate che le pene tassativamente fissate dalla legge. La responsabilità è personale.

«Le sanzioni penali devono tendere alla rieducazione del reo. La pena di morte non è ammessa se non nei codici penali militari di guerra. Non possono istituirsi pene crudeli né irrogarsi sanzioni collettive».

Pone in discussione il primo capoverso dell'articolo, osservando che esso ha la sua origine nelle proposte del Relatore La Pira che formano buona parte dell'articolo 11 e in quelle del Relatore Basso, per buona parte contenute nell'articolo 2. Evidentemente questo articolo 5, non è che il combinato sforzo dei due Relatori per sintetizzare in un articolo unico quello che era contenuto, quasi con una coincidenza sintomatica, nelle due relazioni.

Mastrojanni chiede se non si potrebbe dire semplicemente: «La legge non ha effetto retroattivo».

Il Presidente Tupini, premesso che ritiene opportuno ritornare a quel carattere d'espressione che si è prevalentemente usato nei precedenti articoli, nei quali si è cercato di cominciare il meno possibile con la parola «nessuno», adoperata soltanto come conseguenza di affermazioni di carattere generale, è dell'opinione che si potrebbe dire: «La norma penale non è retroattiva», oppure: «La retroattività della norma penale è vietata».

Moro osserva che nella formula proposta dai Relatori sono consacrati due principî che si distinguono, il principio della irretroattività della legge penale e quello della tassatività della legge penale. Dire che la legge penale è irretroattiva non è dire con esattezza che nessuno può essere punito se non per una legge penale che indichi quella determinata pena. Crede pertanto che si debba mantenere la formula così come è stata proposta.

Caristia fa presente che il principio della non retroattività è già compreso nel Codice penale. Comunque ritiene più concreta la formula proposta dai Relatori.

Mancini aderisce al concetto espresso dall'onorevole Moro, però pensa che si dovrebbe togliere le parole: «né punito», poiché s'intende che ogni processo si conclude con la assoluzione o con la punizione.

Chiede poi un chiarimento. Nell'articolo proposto si legge: «se non in virtù di una legge entrata in vigore anteriormente al fatto commesso». Talché se c'è una legge posteriore al fatto commesso, la quale prevede il fatto come reato, questo non potrà essere punito? A rimanere alle parole dell'articolo si verrebbe a stabilire che una legge emanata posteriormente al fatto commesso, la quale contempla il fatto stesso come reato, non può essere applicata e il cittadino che si sia reso colpevole di un reato non può essere processato o punito. Si verrebbe in tal modo a creare una condizione di privilegio a beneficio di chi ha commesso il fatto anteriormente alla emanazione della legge, mentre nei confronti di chi abbia commesso lo stesso fatto posteriormente all'entrata in vigore della legge vi è l'impunità.

Moro ritiene che la Commissione debba garantire la libertà individuale contro la possibilità che gli organi giudiziari irroghino pene per fatti non previsti dalla legge quando furono commessi. Con la formula proposta si vieta al giudice di incriminare qualsiasi fatto non previsto dalla legge come reato. Non si può punire un cittadino per aver commesso un fatto che solo posteriormente al fatto stesso venga dalla legge riconosciuto come reato; altrimenti la legge avrebbe effetto retroattivo.

Mancini vorrebbe che l'articolo avesse una specificazione maggiore.

Cevolotto ritiene che la preoccupazione dell'onorevole Caristia, che in questa sede si ponga una norma superflua perché già contenuta nel codice, non abbia ragione d'essere. Sebbene il Codice penale parli di irretroattività della legge penale, si sa benissimo che può venirne un'altra retroattiva, come purtroppo è avvenuto anche in questo ultimo periodo, pure ammettendo che necessità rivoluzionarie abbiano potuto giustificare questo fatto. Comunque, il fatto è stato possibile perché la Costituzione non era più una realtà. Bisogna mettere perciò questo divieto nella Costituzione, perché non sia più possibile emanare norme che abbiano valore retroattivo.

La Pira, Relatore, rispondendo all'onorevole Mancini, fa osservare che il principio della non retroattività delle leggi è fondamentale e bisogna fissarlo nella Costituzione. Se c'è un problema politico che ha interessato il mondo in questi ultimi tempi è proprio questo. Anche le parole «né punito» vanno conservate perché affermano che la persona non può essere punita se non nel modo che la legge penale ha stabilito nel tempo del commesso reato.

Fa presente inoltre che questa formula si ritrova in tutte le Costituzioni a cominciare dalla lontana dichiarazione del 1789.

Il progetto di costituzione francese dice: «Nessuno può essere sottoposto a processo né punito se non in forza di una legge promulgata e pubblicata anteriormente al fatto commesso». La dichiarazione del 1789 dice: «Nessuno può essere punito che in virtù di una legge stabilita e promulgata anteriormente al delitto e legalmente applicata». Anche la Costituzione di Weimar dice all'articolo 116: «Un fatto può essere punito unicamente se la legge lo abbia dichiarato punibile prima che sia stato commesso».

Per ragioni di ordine politico e giuridico sostiene la dizione proposta da lui e dall'onorevole Basso.

Lombardi Giovanni rileva che lo schema in discussione è uno statuto nel quale bisogna affermare i principî. Che cosa sono il processo e la punizione? Sono due aspetti di un solo fenomeno giudiziario. Quindi affermare l'una e l'altra cosa non solo è una superfluità, ma in uno statuto è una cosa che va oltre il criterio fondamentale che lo statuto deve fissare.

Per conseguenza, senza tener conto di quello che dissero un secolo fa i francesi i quali non hanno, come avevano i romani, il pregio o il privilegio delle sintesi, direbbe semplicemente così: «La legge penale non può essere retroattiva».

Cevolotto ritiene che la formula: «Nessuno può essere sottoposto a processo se non in virtù di una legge», sia incompleta perché potrebbe darsi che leggi posteriori vengano ad aggravare la pena per un fatto già commesso e questo non dovrebbe essere ammesso. È necessario completare la formula in modo che sia ben chiaro il principio della irretroattività della legge: che nessuno può essere punito se non in base ad una legge anteriore e con le pene che questa stabilisce, e che non vi può essere nemmeno un posteriore aggravamento della pena ai danni dell'imputato. Per queste ragioni ritiene che la formula dei relatori debba essere accettata completamente.

Moro insiste perché siano adottate le due formule, sia del processo, sia della sanzione punitiva. Non concorda con l'onorevole Lombardi che si tratti di due fenomeni che si compongono in uno solo. Altro è il momento di diritto sostantivo, altro quello di diritto processuale. Bisogna distinguere i due aspetti, sia per ragioni dogmatiche che per ragioni di fatto.

Mastrojanni dichiara che le preoccupazioni degli onorevoli Cevolotto e Moro sono, a suo avviso, infondate. Per quanto riguarda l'esigenza che una legge posteriore non possa aggravare le pene, dispone già il Codice penale, come tutti i codici. Quando un fatto è previsto da due leggi successive, delle quali la prima è più favorevole, è canone fondamentale che debba essere applicata la legge più favorevole per l'imputato. È, quindi, inutile precisare questo principio, acquisito dalla scienza penale.

Per quanto riguarda l'osservazione dell'onorevole Moro che distingue il processo dalla pena, la sua preoccupazione gli sembra superflua. Se si inizia un processo penale, ciò avviene perché si ha in ipotesi la convinzione che sia stato consumato un reato. Questa indagine preventiva non potrà mai essere eliminata.

Lombardi Giovanni dichiara di spiegarsi da un punto di vista dogmatico, quanto ha detto l'onorevole Moro; ma appunto perché è una questione dogmatica, essa rientra nella specificazione che deve fare la legge speciale, il diritto penale. Non si può quindi pensare ad una norma statutaria; se dovesse essere tale, non sarebbe nemmeno completa. La legge statutaria deve affermare soltanto il principio; sarà cura dei compilatori della legge penale di ricavarne le conseguenze. Perciò insiste nella necessità di una formula che sia sintetica e generale.

Cevolotto osserva che se si lascia alla legge speciale la fissazione di questo principio, si va incontro al pericolo che una legge speciale successiva faccia proprio quello che si vuole evitare. È necessario che il divieto sia espresso nella Costituzione. Rispondendo all'onorevole Mastrojanni, il quale ha detto che il principio della scelta fra due leggi successive in senso favorevole all'imputato è già nel Codice, fa osservare che una legge speciale può infirmare questo principio. La Corte di cassazione, in tema di reati di accaparramento, ha sostenuto che una legge posteriore aveva autorizzato l'applicazione della pena più grave anche ai reati anteriori alla legge stessa. Per queste ragioni ritiene che le norme proposte debbano essere precisate nella Costituzione senza lasciare dubbi.

Moro dichiara di essere d'accordo con l'onorevole Cevolotto. Ribadisce inoltre il principio della necessità di consacrare costituzionalmente l'affermazione della tassatività e irretroattività delle leggi. Siamo nel campo di una difesa della libertà umana; uno dei campi tra i più delicati della difesa della libertà umana che il Codice in atto ci garantisce. Il fatto, però, che questo principio sia oggi nel Codice non può impedire a chi fa una Costituzione, che deve garantire da tutti i punti di vista la libertà individuale, di porre nella Costituzione stessa questi principî.

Per quanto riguarda l'espressione «Nessuno può essere sottoposto a processo né punito» è del parere che, se si volesse eliminare l'uno o l'altro di questi due termini, non andrebbe eliminato «punito» ma «sottoposto a processo» perché l'espressione della punizione in effetto richiama anche il fenomeno processuale. Ma preferisce che siano conservati tutti e due i termini.

L'ipotesi espressa dall'onorevole Mastrojanni, che cioè ad ogni inizio di processo vi è una fase di indagine preliminare, non infirma il principio. È chiaro che la Costituzione non proibisce di sottoporre a processo quando vi sia sospetto di reato.

De Vita ritiene che le considerazioni svolte dall'onorevole Cevolotto e dall'onorevole Moro rientrino nel principio della non retroattività della legge penale. Se ciò è esatto, è da preferirsi la formula lapidaria suggerita dall'onorevole Lombardi: «La legge penale non può essere retroattiva».

Il Presidente Tupini non è d'accordo con coloro che ritengono superflua una tale dichiarazione sol perché questa è già contenuta nel Codice Penale in vigore. La Costituzione che noi andiamo a fare riguarda il futuro e deve dare una direttiva chiara e netta al legislatore di domani. Che il Codice penale attuale affermi già questo principio non è motivo sufficiente perché lo si debba omettere in sede costituzionale poiché è la legge penale che deve prendere norma dalla Costituzione e non già questa da quella.

Basso, Relatore, fa presente che i due aspetti della retroattività e della tassatività sono distinti. Si possono configurare ipotesi di leggi che siano tassative e che siano anche retroattive. Da una parte si garantisce che nessuno possa essere punito perché esiste una legge; d'altra parte si chiarisce che non soltanto questa legge deve sussistere, ma deve anche essere entrata in vigore precedentemente al fatto. Non si può nella retroattività comprendere anche la tassatività della legge.

De Vita ritiene ovvio che nessuno possa essere punito se non in forza di una legge.

Dossetti non ritiene che sia così ovvio. È chiaro che non si può pensare alla ipotesi di una punizione per un fatto che non è assolutamente previsto da nessuna legge; ma si deve pensare anche a quelle ipotesi più complesse con cui si danno applicazioni estensive di leggi esistenti. Quando si afferma il principio di questa esclusività e tassatività della legge penale, si vuole prevedere e ovviare a questo pericolo. Quindi la necessità di adottare i due principî. Pensa anzi che lo stesso articolo 5 non sia sufficientemente esplicito, tanto che propone di accettarlo ma integrandolo con un'aggiunta di questo genere: «Nessuno può essere sottoposto a processo né punito se non in virtù di una legge entrata in vigore anteriormente al fatto commesso e con una pena da essa prevista».

Moro rileva che il concetto della pena prevista è contenuto nel secondo capoverso.

Dossetti fa osservare che le esigenze sono due e vanno sempre soddisfatte simultaneamente.

De Vita non vede come nel campo penale vi possa essere un'interpretazione analogica e quasi estensiva. Nel campo civile questa interpretazione analogica c'è, ma nel campo penale no.

Il Presidente Tupini osserva che questo argomento ha un valore relativo. La Commissione deve fissare quei concetti ai quali poi si ispireranno le leggi speciali.

Dossetti richiama l'attenzione della Sottocommissione sul fatto che negli ultimi anni vi sono state delle perturbazioni in questo campo. Vi era, ad esempio, l'interpretazione che veniva data dalla scuola del diritto libero, la quale portava alle più assurde applicazioni.

Il Presidente Tupini osserva che l'involuzione del diritto in questi ultimi tempi deve rendere accorti ed esigenti, nel senso che si debba affermare il concetto fondamentale: nulla poena sine lege. L'involuzione del diritto, avvenuta durante questi anni, aveva trasformato questo aforisma nell'altro: nullum crimen sine poena.

De Vita ritiene che il principio della irretroattività garantisca contro tutte queste possibili deformazioni.

Per quanto riguarda il principio della interpretazione, pensa che a questo pericolo non si sia ovviato.

La Pira, Relatore, ricorda che in questi ultimi anni sono stati pubblicati una quantità di volumi in Germania, tanto di diritto civile quanto anche di diritto romano, con i quali si è pensato di giustificare, anche attraverso il diritto romano, il principio della estensione analogica di diritto penale. A questo i giuristi italiani hanno reagito. Quindi è verissimo che, secondo i principî veri del diritto penale, non si ammette l'estensione analogica; però è vero altresì che in questi ultimi anni c'è stata una letteratura intera che ha cercato di capovolgere il principio medesimo.

Per queste ragioni ritiene che, per la difesa della libertà, sia da introdurre quel principio che è stato affermato dall'onorevole Moro.

De Vita dichiara che a questi pericoli non si può completamente ovviare attraverso gli articoli di una Costituzione, ma se mai attraverso tutti il nuovo congegno costituzionale, attraverso la Corte costituzionale che dovrebbe garantire l'ordinamento costituzionale.

Il Presidente Tupini avverte che da molti Commissari è stata chiesta la chiusura della discussione sul primo capoverso dell'articolo. La pone ai voti.

(È approvata).

Fa presente che vi sono due proposte. Vi è la proposta contenuta nella formulazione dei Relatori e quella fatta da altri che hanno interloquito, secondo i quali la proposta dei Relatori dovrebbe essere sostituita con un'altra formula che sarebbe la seguente: «La retroattività della norma penale è vietata».

Questa formula naturalmente è suscettibile di essere modificata per quanto riguarda la forma.

Basso, Relatore, fa rilevare che nel suo progetto adottava una formula diversa, ma in sede di discussione con l'onorevole La Pira, si è persuaso che la formula migliore è quella che è stata presentata congiuntamente.

Pertanto insiste per il mantenimento di questa formula.

Il Presidente Tupini, poiché alcuni componenti la Commissione hanno presentato una formula diversa, la mette ai voti. Essa potrebbe essere concepita in questi termini: «È vietata la retroattività della legge penale».

Moro richiama l'attenzione della Commissione sull'inesattezza della formula proposta. Essa non prevede le due ipotesi della tassatività e della retroattività. Rilegge i due punti: «Nessuno può essere sottoposto a processo né punito, se non in virtù di una legge» primo punto o tempo che è quello della tassatività; secondo tempo: «entrata in vigore anteriormente al fatto commesso»: questo riguarda la irretroattività. Si tratta dunque di due tempi distinti. Tutta la dottrina li distingue. Pertanto invita i colleghi a ritirare la nuova formula proposta.

Lombardi Giovanni dichiara che non può concordare con quanto afferma il collega Moro, perché i due termini che egli distingue fanno capo ad una dottrina tecnico-giuridica che non ha mai accettato.

Il Presidente Tupini mette ai voti la formula De Vita-Mastrojanni che dovrebbe sostituire la formula proposta dai Relatori e che suona così:

«La retroattività della legge penale è vietata».

(Non è approvata).

[...]

Il Presidente Tupini. [...] Dichiara che la proposta De Vita-Mastrojanni ha avuto tre voti favorevoli.

Pone ai voti la prima parte del primo comma dell'articolo 5 nella formula proposta dai Relatori:

«Nessuno può essere sottoposto a processo né punito, se non in virtù di una legge entrata in vigore anteriormente al fatto commesso».

(È approvata con 12 voti favorevoli e 3 contrari).

Pone in discussione il secondo capoverso: «Non possono essere irrogate che le pene tassativamente fissate dalla legge. La responsabilità è personale».

Fa presente che la discussione di questo capoverso può avvenire per tempi distinti. In un primo tempo sarà considerata la prima parte di questo capoverso: «Non possono essere irrogate che le pene tassativamente fissate dalla legge».

Togliatti trova che è superfluo dire: «fissate dalla legge» quando già nel primo capoverso si è detto: «se non in virtù di una legge». Domanda come si faccia ad irrogare una pena che non è prevista da una legge.

Moro osserva che nelle espressioni tradizionali della scienza giuridica si distinguono due principî. Quando si parla di una legge come legge incriminativa, si ha presente la prima parte della legge penale, quella norma cioè che deve indicare ciò che non si deve fare. Quando si parla di pena, invece, si accenna alla seconda parte della legge penale. È possibile considerare l'ipotesi che taluno sia punito per un fatto previsto dalla legge come reato, con una pena non fissata dalla legge. Ora la legge fissa tassativamente la pena da irrogare. Vi deve essere insomma la legalità del fatto commesso e la legalità della pena.

Caristia pur avendo tutto il rispetto per la scienza giuridica, ritiene che il concetto sia già implicito nel capoverso precedente in cui si dice che nessuno può essere punito se non in virtù di una legge. Se mai si potrebbero unire i due concetti.

Il Presidente Tupini fa presente che l'onorevole Dossetti aveva accennato ad una proposta di congiunzione della prima parte dell'articolo 5 con il capoverso successivo. Si potrebbe forse dire così: «Nessuno può essere sottoposto a processo né punito, se non in virtù di una legge entrata in vigore anteriormente al fatto commesso e con la pena da essa prevista». Domanda all'onorevole Togliatti se è soddisfatto di questa formula.

Togliatti dichiara di accettarla.

Il Presidente Tupini pone ai voti la proposta di congiungere il concetto espresso dal primo comma, prima parte, dell'articolo 5 con la prima parte del primo capoverso dello stesso articolo, in modo che risulti la seguente formula:

«Nessuno può essere sottoposto a processo né punito se non in virtù di una legge entrata in vigore anteriormente al fatto commesso e con la pena da essa prevista».

(La proposta è approvata all'unanimità meno un voto).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti