[Il 26 marzo 1947 l'Assemblea Costituente inizia la discussione generale del Titolo primo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti civili».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Tieri. [...] Altri parlerà certamente del resto di questo strano titolo primo, ch'è un monumento di volontà liberticida. Ma non si può essere, nel giudicarlo, così pessimisti da negargli almeno un merito, che pure ha, e grande: il merito di negare la retroattività della legge. I partiti al potere si son decisi finalmente a questo atto di contrizione.

[...]

Bettiol. [...] Un altro problema molto importante, che gode della approvazione, credo, di tutta l'Assemblea, è la riaffermazione chiara e precisa del principio di legalità. L'articolo 20 del progetto di Costituzione esprime il principio che nessuno può essere punito, se non in virtù di una legge in vigore prima del fatto commesso e con pena in essa prevista.

Già il Codice penale sottolinea espressamente questo principio, ma dopo venti anni di sofferenze inenarrabili in cui questo è stato violentato, è bene che la nuova Costituzione, la prima Costituzione della Repubblica italiana, sancisca il principio secondo il quale: nullum crimen sine lege, nulla poena sine lege, principio che troviamo già in molti Statuti dei secoli XII e XIII.

Questo principio esclude la possibilità della interpretazione analogica della legge penale e del prevalere dell'arbitrio sulla legge, mentre noi, proprio in materia penale, dove è in giuoco la libertà individuale, vogliamo che questa libertà possa essere compromessa soltanto nei casi espressamente e tassativamente determinati nella legge. I penalisti e gli uomini di scienze italiani a questo riguardo non si sono mai macchiati, come giuristi di altri Paesi europei, quando hanno chiesto a gran voce l'abrogazione del principio di legalità. Nessuno in Italia ha chiesto l'abrogazione di questo principio, la quale avrebbe la conseguenza che tutte le volte che un individuo è nocivo alla categoria può essere punito o eliminato, anche se una espressa disposizione di legge non disciplina il caso o non prevede come reato una determinata condotta dell'individuo stesso. Qui sono in giuoco i destini del futuro diritto penale democratico italiano, perché se noi rimarremo ancorati al principio di legalità così come è espresso in questa Costituzione potremo guardare all'avvenire con serenità e con fiducia; mentre, se dovessimo sacrificare questo principio, il regno dell'arbitrio starebbe davanti a noi con tutte le conseguenze dannose e pericolose.

Io mi rivolgo all'illustre mio collega e caro amico Paolo Rossi, per esprimergli la mia speranza: che nell'ambito di tutte le tendenze politiche rappresentate in quest'Aula il principio di legalità sia considerato un principio cardine per la legislazione futura italiana.

E lo dico perché sono preoccupato da una recente manifestazione di parte socialista, a proposito di un «diritto penale socialista», nel quale, onorevoli colleghi, si ricalcano chiaramente e decisamente i passi segnati dal nazismo in materia penale. Si chiede l'abolizione del principio di legalità; si chiede, in un libro di Giotto Bonini, che il reato sia spostato dall'evento all'azione; si chiede l'eliminazione non già nei confronti di individui colpevoli, ma di individui considerati dannosi; e non soltanto individui dannosi da un punto di vista politico, ma anche da un punto di vista umano, materiale, biologico, come i pazzi, i deformi e via dicendo.

Io sono preoccupato di queste manifestazioni di pensiero.

[...]

Crispo. [...] Richiamo ora la vostra attenzione sulla disposizione dell'articolo 20 il quale stabilisce che «nessuno può essere punito se non in virtù di una legge in vigore prima del fatto commesso, e con la pena in essa prevista, salvo che la legge posteriore sia più favorevole al reo». Noi intendiamo per legge più favorevole al reo sia la legge che cancella un fatto dal novero dei reati, sia la legge che attenua la sanzione penale in rapporto alla legge precedente. Tale norma è di facile comprensione. Ma l'articolo presenta una lacuna. Avete, signori della Commissione, voluto comprendere nella legge favorevole successiva anche la legge eccezionale? Anche la legge temporanea, anche la legge di guerra? Evidentemente no, perché è chiaro che una legge eccezionale o temporanea punisce un fatto in base a determinate, particolari condizioni eccezionali, sì che la legge successiva più favorevole non può trovare applicazione in rapporto al fatto previsto e punito con la legge precedente, intesa a provvedere ad una situazione anormale, della quale, intanto, non tennero conto coloro che la legge violarono.

Bisogna, adunque, esprimere tale concetto ed escludere, nel caso di successione di leggi, l'applicazione della legge più favorevole, ove si tratti di leggi temporanee od eccezionali. Altrimenti resterebbe un evidente contrasto tra la disposizione dell'articolo 20 e la disposizione del Codice penale.

Ciò premesso, non basta, a mio avviso, garantire il diritto alla difesa e stabilire il principio nulla poena sine lege e quello della non retroattività. Occorre anche garantire la irretrattabilità della sentenza passata in cosa giudicata.

Mi riferisco, signori, all'esperienza tragica che noi abbiamo vissuto e so benissimo che, se i giudicati sono stati posti nel nulla, questo fatto si è giustificato con un richiamo a quel regime di violenza permanente, a quello spirito di faziosità, al quale per avventura i giudici e le sentenze erano stati ispirati. Ma è chiaro che, nella Costituzione del nuovo Stato italiano, occorre dare al cittadino una garanzia categorica e imprescindibile che, quando egli fu sottoposto già ad un procedimento penale, questo procedimento non può rinnovarsi.

Tupini. L'articolo 104, onorevole Crispo, dice qualche cosa e può aiutarci nella discussione[i].

Crispo. È esatto. Ma l'articolo 104 deve essere collocato nel primo titolo, e deve aggiungersi il divieto di promuovere o proseguire l'azione penale, quando sia intervenuta una causa estintiva del reato. Poiché è anche accaduto che declaratorie di amnistia furono poste nel nulla, e fu ripromossa l'azione anche per fatti estinti per prescrizione. Ciò per l'avvenire non dovrà più verificarsi, onde la necessità di una norma da inserirsi in proposito nella Costituzione.

[...]

Carboni. [...] L'onorevole Crispo, che mi ha preceduto nella discussione, ha fatto una lunga trattazione sull'articolo 20. Io mi limiterò a condividere la sua affermazione che quell'articolo — del quale ammetto in pieno l'opportunità quando afferma il principio della irretroattività della legge penale — non appare, così come è formulato, completo. Se è vero che si deve fare eccezione al principio della irretroattività allorquando la legge penale successiva sia più favorevole alla precedente — in quanto sarebbe assurdo condannare per un reato che ha cessato di essere tale o condannare ad una pena che ha cessato di essere considerata giusta — dovrebbe però questa eccezione essere limitata con un'altra eccezione, quella che trova la consacrazione nell'articolo 2 del Codice penale, cioè la preferenza per la norma più favorevole non è applicabile nel caso di disposizioni eccezionali o temporanee.

[...]

Bellavista. [...] E passiamo ora all'articolo 20. Ma mi consenta l'amico Bettiol — che mi ha direttamente chiamato in causa per la mia appartenenza ad una tradizione ideologica che è stata definita, certo poco propriamente, come residuo di un velenoso liberalismo — che io concordi appieno con lui nel ritenere che molti di questi principî sono immortali, non perché nati sulla Bastiglia in fiamme, ma perché nati con l'uomo: non scriptae sed natae leges, a dirla con Cicerone. Ma sono perciò appunto principî sempre liberali, e non possono non essere liberali. Nell'epoca d'oro della «ragione tutta spiegata», come direbbe Vico, irrompono sulla scena politica del mondo; l'oscurantismo li caccia sotto terra, ma essi risorgono e risorgeranno, come tutte le cose che sono destinate a non perire, e che non appartengono al partito liberale, ma a tutte le classi liberali, finché il liberalismo sarà un verbo comune a tutti i partiti.

Qui vorrei chiedere al buono e paziente Licurgo assente — c'è il vice Licurgo, non meno autorevole — perché si sia preferita, all'articolo 20, alla vecchia (ma, secondo me, esatta per quello che vi esporrò) formulazione dello Statuto Albertino «nessuno può essere sottratto al suo giudice naturale» la dizione presente e diversa, in contrasto con la proposta della Cassazione, che vedo ricordata nelle tavole di raffronto: «nessuno può essere distolto dal giudice naturale che gli è precostituito per legge».

Ora dato che questa è contemporaneamente la Carta della legittima — specialmente dopo il recente passato — diffidenza dell'individuo contro lo Stato sempre potente, e dell'individuo sempre non perfettamente difeso (anche quando relegheremo in soffitta, come altri ha fatto una volta con Carlo Marx, i famosi diritti di supremazia), io osservo: può avvenire il caso che la formula «precostituito per legge» possa prestarsi a questo equivoco interpretativo. Quindi io propenderei per la eliminazione. Tizio commette un determinato reato, e, a rigore giuridico, il suo giudice naturale è quello del luogo dove egli commise il delitto. Ma qui sembra che possa, successivamente alla commissione del reato, essergli precostituito un altro giudice. Noi dovremmo eliminare ogni possibilità di equivoco, che bari e truffi sulle competenze, e si risolva quindi in una lustra, in un tradimento della finalità che la norma stessa si propone. Onde io raccomando la eliminazione.

E non posso fare a meno di sciogliere un inno al secondo comma dell'articolo 20. Anche questa non è una recente importazione di illuminismo, ma continuazione di saggezza romana perché il «nullum crimen sine lege» è nel diritto di Roma: il migliore, il diritto della libertà di Roma classica, di Roma repubblicana.

È stato un bene, ripeto, riaffermare nella nostra Costituzione questo sacro preambolo del nostro Codice penale; è stato un bene perché questa è la maniera con la quale fortificare quel principio e indirizzare ammonimento solenne al legislatore futuro, che da questo principio non si può decampare. E il pericolo di scantonamento c'è stato e c'è ancora.

La costituzione della Germania nazista ammetteva l'estensione analogica della legge penale, e purtroppo il Codice penale sovietico accoglie questo principio, incivile, e lo accoglie giustificandolo con la possibilità dell'estensione analogica qualora il fatto, pur non rivestendo il carattere di reato, offenda «il sano risentimento popolare».

Noi dobbiamo guardarci — e bene ha fatto l'articolo 20 a premunirci in questa materia — da questa possibilità, perché qualsiasi richiamo alla analogia legis, in materia penale, ci porterebbe alle conseguenze di quella cattiva digestione del giudice, che è arbitrio, sopruso, tirannide, di cui alle immortali pagine di Cesare Beccaria.

E dissento dall'onorevole Crispo per quanto riguarda la critica, vivace e distruttiva, che ha fatto del principio della presunzione della innocenza dell'imputato.

I casi che egli vi ha citati sono delle eccezioni, a mio parere, che confermano la regola, che il principio, che al mio amico onorevole Leone sembra romantico, e lo è infatti, obbedisce però anche ad esigenze pratiche alle quali non si può rinunziare nella vita forense, e non vi si può rinunziare in nome dei diritti di libertà.

Il destinatario di queste norme giuridiche è il giudice, il quale, più spesso di quanto purtroppo non si creda, viene alla Magistratura giudicante da quella requirente ed è spesso portato a vedere un colpevole in ogni imputato, e perfino la istruttoria si instrada, incespica e si ingarbuglia in un clima di prevenzione e di ostilità inconsapevole che è bene la legge rimuova, riconfermando il principio che questa è una presunzione, che ha il valore di tutte le presunzioni giuridiche, ma è anche una bandiera di libertà che presidia il processo e che deve essere mantenuta, sotto pena di oscurarlo, sotto pena di non servire le vere esigenze della giustizia.


 

[i] L'articolo 104 del progetto è trattato nelle appendici del Titolo quarto della Parte seconda, nelle discussioni relative alla immutabilità del giudicato.

 

PrecedenteSuccessiva

Home

 

 

A cura di Fabrizio Calzaretti