[Il 15 aprile 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti civili».]

Presidente Terracini. [...] Passiamo all'articolo 20:

«Nessuno può essere distolto dal giudice naturale che gli è precostituito per legge.

«Nessuno può essere punito se non in virtù di una legge in vigore prima del fatto commesso e con la pena in essa prevista, salvo che la legge posteriore sia più favorevole al reo».

A questo articolo sono stati presentati molti emendamenti.

L'onorevole Bulloni ha proposto di sostituire l'articolo col seguente:

«Nessuno può essere distolto dai suoi giudici naturali, né può essere sottoposto a processo e punito se non in forza di legge in vigore anteriormente al fatto commesso».

L'onorevole Bulloni ha facoltà di svolgerlo.

Bulloni. Ritiro l'emendamento.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento presentato dagli onorevoli Lami Starnuti, Carboni, Tremelloni:

«Sostituirlo col seguente:

«Nessuno può essere distolto dai suoi giudici naturali.

«Nessuno può essere sottoposto a processo o punito se non in virtù di una legge in vigore al tempo del commesso reato».

Non essendo presente l'onorevole Lami Starnuti, ha facoltà di svolgerlo l'onorevole Carboni.

Carboni. Ritiro l'emendamento.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento presentato dall'onorevole Patricolo:

«Comporre l'articolo 20 come appresso:

«Primo comma, l'attuale secondo comma.

«Secondo comma, il terzo comma dell'articolo 21.

«Terzo comma, il quarto comma dell'articolo 21.

«L'articolo avrà, pertanto, la seguente formulazione:

«Nessuno può essere punito se non in virtù di una legge in vigore prima del fatto commesso e con la pena in essa prevista, salvo che la legge posteriore sia più favorevole al reo.

«Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato e non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità.

«Non è ammessa la pena di morte. Possono fare eccezione soltanto le leggi militari di guerra».

Non essendo presente l'onorevole Patricolo, l'emendamento si intende decaduto.

L'onorevole Bellavista ha presentato e già svolto il seguente emendamento:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«Nessuno può essere sottratto ai suoi giudici naturali».

Non essendo presente l'onorevole Bellavista, l'emendamento si intende decaduto.

L'onorevole Riccio Stefano ha presentato il seguente emendamento:

«Al primo comma, sopprimere la parola: naturale».

Ha facoltà di svolgerlo.

Riccio Stefano. Mantengo il mio emendamento, ma non lo svolgo, poiché il concetto mi pare evidente.

Presidente Terracini. L'onorevole Leone Giovanni ha presentato il seguente emendamento:

«Al primo comma, sopprimere le parole: che gli è».

Ha facoltà di svolgerlo.

Leone Giovanni. Mantengo il mio emendamento, perché le parole che chiedo di sopprimere potrebbero prestarsi ad equivoci di interpretazione.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Grilli:

«Sostituire il secondo comma coi seguenti:

«Nessuno può essere punito se non in virtù di una legge in vigore prima del fatto commesso e colla pena in essa prevista.

«Se la legge del tempo in cui fu commesso il fatto e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo».

L'onorevole Grilli ha facoltà di svolgerlo.

Grilli. Il difetto di questo capoverso dell'articolo 20, secondo me, dipende dal fatto che in un solo periodo si sono voluti riassumere tre vecchi principî, che nel codice penale sono contemplati in due articoli, e precisamente: 1°) il principio che nessuno può essere punito se non esiste una legge penale; 2°) che chi deve essere punito, non possa essere punito che con le pene stabilite dalla legge in vigore; 3°) che in caso di successione di leggi penali, si applica la legge più favorevole.

Questi sono i tre principî, cui il codice penale ha dedicato due articoli e che si vorrebbero comprendere in questo capoverso. Con la prima parte di questo capoverso: «Nessuno può essere punito se non in virtù di una legge in vigore prima del fatto commesso e con la pena in essa prevista», si stabiliscono i due primi principî; e siamo d'accordo. Si potrebbe modificare un po' la forma.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Lo faremo in ultimo.

Grilli. L'onorevole Targetti, con un emendamento eguale al mio, propone di sostituire alle parole «in virtù», le altre «in applicazione»; si potrebbe dire anche «in base», ecc. Questo lo vedrà la Commissione. Questo «in virtù di una legge» è un'espressione nuova: la parola «virtù» non l'avevo ancora veduta in nessuna legge. Ma lasciamo andare: queste sono piccolezze. D'accordo su questi due principî che sono compresi nell'articolo 20; ma le parole «salvo che» guastano tutto. Il terzo principio, quello cioè della successione delle leggi penali e dell'applicazione della legge più favorevole, qui sembrerebbe che fosse un'eccezione, perché il «salvo che» regge un'eccezione. Ora, che si debba applicare la legge più favorevole quando si ha una successione di leggi penali, costituisce un'eccezione alla regola che si debba punire il colpevole con le pene stabilite dalla legge del tempo, ma non forma un'eccezione al primo principio, che cioè nessuno può essere punito se non esiste una legge, perché, se non esiste una legge, non è possibile parlare più di successioni di leggi, perché nessuna legge sarà più favorevole per il reo di quella che non ammette possibilità di punizione, di quella che non comprende, cioè, il fatto come reato.

Ecco perché io ritengo opportuno di dividere in due parti questo capoverso, cioè: «Nessuno può esser punito se non in virtù di una legge in vigore prima del fatto commesso e con la pena in essa prevista». Punto e a capo: «Se la legge del tempo in cui fu commesso il fatto e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo».

In questo modo, noi abbiamo tutti e tre i principî che sono nei primi due articoli del codice penale e li abbiamo chiari, senza che permanga l'equivoco originato dal «salvo che», il quale stabilisce un'eccezione che sembra riguardare anche quel primo principio che non può invece sopportare eccezioni.

Presidente Terracini. L'onorevole Riccio Stefano ha presentato un altro emendamento;

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Nessuno può essere punito se non per una norma preesistente al fatto e con la pena in essa prevista, salvo che la legge posteriore sia più favorevole al reo».

Ha facoltà di svolgerlo.

Riccio Stefano. Poiché si tratta soltanto di un emendamento di forma, potrei passarlo come una semplice raccomandazione alla Commissione.

Presidente Terracini. Sta bene. Segue un emendamento dell'onorevole Targetti:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Nessuno può esser punito se non in applicazione di una legge in vigore al momento del fatto commesso e con pene da essa stabilite. Se la legge del tempo in cui il fatto fu commesso e le leggi posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli all'imputato».

Non essendo presente l'onorevole Targetti, l'emendamento si intende decaduto.

Segue un emendamento dell'onorevole Mastrojanni:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Nessuno può essere punito per un fatto non espressamente preveduto come reato dalla legge del tempo in cui fu commesso, né con pene diverse da quelle dalla legge stessa stabilite».

Non essendo presente l'onorevole Mastrojanni, l'emendamento si intende decaduto.

Gli onorevoli Leone Giovanni, Bettiol, Mastino Gesumino, Notarianni, Firrao, Balduzzi, Lazzati, Gatta, De Michele, Fanfani, hanno proposto il seguente emendamento:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Nessuno può essere punito se non in forza di una legge in vigore prima del fatto commesso».

L'onorevole Leone Giovanni ha facoltà di svolgerlo.

Leone Giovanni. L'emendamento che io e numerosi altri colleghi abbiamo presentato tende a questo: poiché la formulazione del capoverso dell'articolo 20, così come si trova nel progetto, ha dato luogo ad alcune esatte osservazioni dell'onorevole Crispo, che ha proposto un suo emendamento, osservazioni tendenti a mettere in rilievo che nel capoverso dell'articolo 20 non si è tenuto conto del problema delle leggi penali eccezionali e temporanee, noi pensiamo che, non parlandosi di pena, si risolva il problema della necessità di adottare in questa sede soluzioni circa la successione delle leggi penali. In sostanza, il capoverso dell'articolo 20 mira a due esigenze fondamentali che abbiamo tutti sottolineato nella discussione generale: mira in primo luogo a stabilire il principio della legalità o della tassatività della legge penale; mira in secondo luogo a stabilire il principio della irretroattività della legge penale.

Sono queste due esigenze che danno luogo alla necessità dell'inserzione nella Carta costituzionale dei due tradizionali principî.

Per quanto poi attiene al problema della legge più favorevole, io penso che non sia questa la sede per risolverlo, sia perché questo è un problema di dettaglio, nel quale il legislatore futuro potrebbe anche essere di diverso avviso, senza con questo mancare alla nostra tradizione; sia perché, secondo me, se fosse risolto dovremmo occuparci di una serie di problemi (come quello della successione delle leggi penali eccezionali e temporanee) estranei all'economia di una Carta costituzionale. Mantenendo queste due esigenze, principio della legalità e principio della retroattività, non accennando alla pena (la quale è implicita nel concetto di legge penale, perché quando si dice che non si può punire per una legge non in vigore al momento del fatto, si fa accenno ai due momenti, precetti e sanzione), si rischia di dover risolvere tutta la ricca casistica dei problemi di successione.

Se l'Assemblea vorrà aderire a questo nostro emendamento semplificatore, potremmo anche non preoccuparci degli emendamenti presentati dall'onorevole Crispo e da altri, i quali tendono a che si ponga in questa sede la risoluzione dei problemi particolari in tema di successione di leggi penali.

Presidente Terracini. L'onorevole Corsanego ha presentato il seguente emendamento:

«Al secondo comma, alle parole di una legge in vigore, sostituire le altre: pubblicata ed entrata in vigore».

Ha facoltà di svolgerlo.

Corsanego. Poche parole per spiegare il mio emendamento che è fatto nella ipotesi che non venga accolto l'emendamento dell'onorevole Leone. La mia precisazione ha semplicemente lo scopo di evitare che con cavillose interpretazioni si possa pubblicare una legge con efficacia retroattiva; per cui è meglio dire «legge pubblicata ed entrata in vigore», anziché «legge in vigore». L'emendamento è chiaro.

Presidente Terracini. L'onorevole Nobili Tito Oro ha presentato il seguente emendamento:

«Al secondo comma, dopo le parole: fatto commesso, aggiungere: e se non».

Ha facoltà di svolgerlo.

Nobili Tito Oro. Lo trasformo in segnalazione per il Comitato di redazione.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Crispo, già svolto:

«Al secondo comma, aggiungere le seguenti parole: fuori dei casi di leggi eccezionali o temporanee».

L'onorevole Cifaldi ha presentato il seguente emendamento, firmato anche dagli onorevoli Cevolotto e De Caro Raffaele:

«Al secondo comma, aggiungere le parole seguenti: e ciò anche in riferimento a leggi speciali o eccezionali».

L'onorevole Cifaldi ha facoltà di svolgerlo.

Cifaldi. L'emendamento che mi permetto di presentare all'esame dell'Assemblea è un emendamento il quale vorrebbe risolvere, circa la questione della successione delle leggi penali e in contrasto con quanto diceva il collega che mi ha preceduto, la questione della ultra attività della legge penale. Contro questo mio criterio vi è un emendamento dell'onorevole Crispo che è di tesi perfettamente opposta, perché l'onorevole Crispo desidererebbe che, a chiarire la portata dell'articolo 20 della Costituzione che noi stiamo esaminando, pel quale rimane impregiudicata la questione della successione della legge penale, a chiarirla in senso negativo alla possibilità di estendere la ultra attività delle leggi penali, si aggiungesse «fuori dei casi di leggi eccezionali e temporanee». Sono di parere perfettamente opposto e chiedo all'Assemblea di risolvere questo problema che a me sembra di capitale importanza.

Allo stato attuale abbiamo il principio universalmente accettato della non retroattività della legge penale, ma rimane in dubbio, per lo meno in confusa dizione, che cosa debba accadere in merito alla successione della legge penale, se cioè per leggi temporanee e eccezionali si debba o no applicare la legge più favorevole nel momento in cui il dibattito viene celebrato.

Per l'articolo 2 del Codice penale, questo concetto è risolto nel senso negativo; a meno che non vi sia una speciale disposizione contenuta nella stessa legge di eccezione o temporanea normalmente, quindi, non vige il concetto della non ultrattività, di talché abbiamo che, decorso il periodo relativo alla legge di eccezione, quando questa o quella temporanea non sono più in vigore, un fatto debba essere ancora giudicato applicando quella legge non più in vita. Onde appare chiaro come la questione debba essere guardata con molta attenzione e preoccupazione. Oggi noi possiamo esaminare, con dolorosa esperienza del passato, quanto il problema sia attuale ed impellente, perché abbiamo avuto in Italia una serie di leggi speciali e di leggi temporanee, le quali hanno dimostrato la estrema facilità pel potere esecutivo di derogare alle norme comuni e come sia possibile imporre un giogo pericoloso a tutto intero l'aggregato sociale.

Penso che il concetto di dovere applicare la legge più favorevole, anche in tema di leggi eccezionali, non abbia in sostanza nulla che fondatamente vi si opponga. Per le leggi temporanee si obietta che, qualora si accettasse questo concetto, se ne verrebbe a rendere impossibile praticamente l'applicazione, in quanto, negli ultimi giorni in cui una legge temporanea è in vigore, ciascuno potrebbe delinquere sicuro che essa va a decadere. Ma a questo argomento è possibile rispondere che si potrebbe reagire attraverso la stessa legge, nel senso di fare procedimenti per direttissima, onde ridurre al minimo la possibilità di poter infrangere impunemente la legge temporanea.

Per quanto riguarda la legge eccezionale, bisogna fermarsi sul concetto che essa non deve aver effetto che per il momento eccezionale in cui è stata creata; si obietta che il cittadino che l'ha violata non può pretendere, in un secondo momento, quando queste circostanze sono venute meno, di essere giudicato con una legge più favorevole.

Ma la legge eccezionale, creata per un periodo cosiddetto di emergenza e per una visione particolaristica di date circostanze, non può mantenere la sua forza, quando si celebra il dibattimento in altro momento ed in altre circostanze, e quando non vi è più quel rapporto fra la coscienza sociale e giuridica ed il fatto che viene giudicato.

Ricordo un episodio che è rimasto impresso nella mia memoria. Da ragazzo vidi una pagina a colori di un giornale illustrato che raffigurava una fucilazione avvenuta durante il terremoto calabro-siculo. In quell'occasione era stato proclamato lo stato di assedio, e coloro che commettevano furti e saccheggi venivano fucilati sul posto immediatamente.

Io non mi riferisco ad episodi recenti ed attuali per non far riferimenti che non potessero essere generalmente accolti, e mi domando: se uno di quegli individui sorpreso in quelle circostanze fosse sfuggito, per una ragione qualsiasi, alla esecuzione, (poniamo, ad esempio, che per ragione di malattia mentale fosse stato sottratto al procedimento e dopo due, tre o quattro anni fosse stato poi giudicato regolarmente) pensate che quell'individuo potesse subire la pena di morte? L'episodio giudicato nel momento in cui si verificava il fatto, nella urgenza drammatica dell'ora, giustificava un procedimento sommario che rafforzasse il pubblico interesse contro ogni attentato individuale, ma non diventava ripugnante alla coscienza giuridica di un Paese civile prendere un simile provvedimento? E pensate che si sarebbe potuto anche trattare di atti iniziali, invece che di un reato consumato e che la sorpresa nell'atto del saccheggio imponeva la pena di morte.

Ricordo che nel 1941 la legge emanata in materia annonaria all'articolo 1 prevedeva la pena di morte per sottrazioni rilevanti agli ammassi, e nel capoverso la pena dell'ergastolo quando non vi fosse stato sensibile ripercussione sul mercato, oltre alla penalità per delitti minori. Nel 1943, invece, le pene furono rese assai più lievi. La giurisprudenza, nel succedersi delle stesse leggi speciali, non ha ritenuto di poter applicare la legge più favorevole. A me sembra che questo sia un caso tipico e che sia preoccupante il vedere che, anche nella sequenza di leggi speciali, il reo viene giudicato con la legge speciale anteriore e che non venga applicata quella posteriore più favorevole. Ciò appare aberrante. Non mi sembra, quindi, che vi siano ragioni valide ad ostacolare l'applicazione del principio della non ultrattività della legge penale, anche in tema di leggi speciali o temporanee, onde insisto e prego la Commissione, e poi la Costituente, perché vogliano accogliere il mio emendamento.

Presidente Terracini. L'onorevole Nobile ha presentato il seguente emendamento:

«Al secondo comma, alle parole, in vigore prima del fatto commesso, sostituire le parole: in vigore nel tempo in cui fu commesso il fatto».

Ha facoltà di svolgerlo.

Nobile. Non svolsi questo emendamento nella discussione generale sul titolo, perché non mi sembrò necessario. L'emendamento parla da sé, in quanto mira a correggere quello che a me sembra un'evidente improprietà di linguaggio. Anzi direi linguaggio erroneo, perché si parla di legge in vigore «prima del fatto commesso», invece di dire: nel tempo in cui il fatto fu commesso. L'errore è ripetuto anche negli emendamenti presentati da altri colleghi, ma è stato implicitamente corretto in quelli presentati dagli onorevoli Lami Starnuti e Targetti, il che mi conforta a ritenere che il mio emendamento, di carattere formale, sia giusto.

Presidente Terracini. Gli onorevoli Bettiol e Leone Giovanni hanno presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere, dopo il secondo, il seguente comma:

«Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza al di fuori dei casi previsti dalla legge».

L'onorevole Bettiol ha facoltà di svolgerlo.

Bettiol. È stato detto, mi pare, in questa Assemblea, un po' malignamente, che da questo progetto di Costituzione bisognava togliere il troppo e il vano. Ma occorre anche dire, non malignamente, che bisogna aggiungere il necessario, perché vi sono situazioni molto importanti, ormai consolidatesi nel campo della legislazione penale, che non hanno trovato in questo progetto una conferma o un riverbero: tale è il problema delle misure di sicurezza.

È noto come la legislazione penale moderna marci su un doppio binario: da un lato le pene che postulano la colpevolezza e hanno carattere repressivo; dall'altro le misure di sicurezza. Per quanto riguarda le pene il progetto si pronunzia, mentre tace per quanto riguarda le misure di sicurezza.

Il concetto della misura di sicurezza è decisivo: accanto al criterio della repressione del delitto si accetta anche quello della prevenzione, basata sul presupposto della pericolosità del delinquente. La cosa è molto importante. La misura di sicurezza si presenta con carattere indeterminato e, quindi, incide più marcatamente della pena stessa sulla libertà dell'individuo, tanto è vero che oggi i delinquenti temono molto più le misure di sicurezza che la pena stessa, appunto per questo carattere di indeterminatezza. Sullo sfondo vediamo balenare lo Stato di polizia, quindi non si tratta di misure che siano consone, al cento per cento, ai principî di una Costituzione liberale. Ma siccome lo Stato deve difendersi contro i delinquenti, è necessario che in certi casi possa disporre di provvedimenti difensivi di carattere preventivo. Si tratta sempre di misure di sicurezza che entrano in considerazione nella legge penale, e quindi vengono applicate nei confronti di persone socialmente pericolose, in occasione della perpetrazione di un reato.

Non sono misure di polizia: questo devo chiarire perché non sorgano equivoci. Si tratta di misure preventive di sicurezza, che devono essere applicate, a norma del Codice penale, nei confronti di individui imputati o imputabili in occasione della perpetrazione di un reato.

Data la grande importanza di queste misure, dato il loro incidere sulla libertà personale, e dato che sono riconosciute anche dalle altre legislazioni moderne, è bene fissare anche per esse il principio di legalità, onde la discrezionalità sia bloccata, in modo che anche per queste misure si possa avere il presidio della legge scritta sull'arbitrio del giudice o delle altre autorità statali che possano privare il cittadino della libertà individuale.

Presidente Terracini. Con altro emendamento gli onorevoli Leone Giovanni e Bettiol propongono di fare dei due commi due distinti articoli.

L'onorevole Leone Giovanni ha facoltà di svolgere l'emendamento.

Leone Giovanni. Lo ritiro.

Chiedo di parlare per esprimere il mio dissenso sull'emendamento presentato dall'onorevole Nobile.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Leone Giovanni. Penso non si possa accettare la formula proposta dall'onorevole Nobile per questo profilo tecnico.

Quando si parla di «fatto», nella scienza giuridica e nella legislazione è controversa la nozione.

Per alcuni «fatto» è sia l'azione che l'evento, per altri «fatto» è solo l'azione.

Se noi diciamo che si può punire soltanto in forza d'una legge, che sia in vigore nel momento in cui si commette il fatto, questa formula potrebbe prestarsi ad una applicazione pericolosa; cioè: ritenere che basti, per punire un soggetto, che la legge sia andata in vigore prima dell'evento, anche dopo l'azione.

Ora la norma deve preesistere all'azione, in quanto è nell'azione che si realizza il contrasto tra la volontà imputabile del delinquente e la volontà della legge.

Per questo profilo tecnico e perché non vi sia equivoco, vogliamo che si stabilisca in maniera precisa che la norma di legge penale deve preesistere non solo all'evento, ma anche all'azione.

Onde è necessario scrivere «in vigore prima del fatto».

Crispo. Chiedo di parlare per esprimere il mio dissenso sull'emendamento Cifaldi, che è in opposizione al mio.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Crispo. Se fosse accolto l'emendamento Leone-Bettiol, lasciandovi impregiudicata la questione della successione delle leggi, non avrei ragione di insistere sul mio emendamento.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. D'accordo.

Crispo. Allora non insisto.

Nobile. Chiedo di parlare per rispondere all'onorevole Leone Giovanni.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nobile. Rendo omaggio alla sapienza giuridica dell'onorevole Leone Giovanni. Mi consenta però l'Assemblea di considerare che il linguaggio adoperato nella Costituzione deve essere chiaro non solo per i giuristi, ma per tutti i cittadini. Nel testo proposto dalla Commissione si parla di legge in vigore prima del fatto, ma una legge vigente prima del fatto potrebbe non esserlo più al momento del fatto, e sarebbe perciò inapplicabile.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. No, no.

Nobile. E io direi invece sì, sì. Se si vuole adoperare un'espressione letterariamente corretta, che non si presti ad equivoci, si deve dire legge in vigore al tempo del fatto, e non già prima del fatto, come per l'appunto ho proposto col mio emendamento.

Presidente Terracini. Degli emendamenti presentati sull'articolo 20, restano ancora validi quelli degli onorevoli Riccio Stefano, Leone Giovanni, Grilli, Corsanego, Nobile, Cifaldi, Bettiol.

Nobile. Ritiro il mio emendamento.

Presidente Terracini. Chiedo il parere della Commissione sugli emendamenti mantenuti.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. La Commissione è contraria all'emendamento dell'onorevole Riccio Stefano, e si propone di mantenere il concetto del giudice naturale appunto per dare al cittadino la certezza del giudice che lo deve giudicare. Spero che l'onorevole Riccio non vi insista. La Commissione accetta, invece, l'emendamento soppressivo dall'onorevole Leone Giovanni, in base al quale la formula attuale della prima parte dell'articolo diverrebbe la seguente: «Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge». L'onorevole Grilli ha insistito nel suo emendamento relativo alle disposizioni più favorevoli al reo. Questa dizione (come l'onorevole Grilli ha potuto apprezzare attraverso la discussione che si è fatta anche in sede di discussione di emendamenti) in fondo si riferisce anche alle discussioni analoghe che hanno fatto gli onorevoli Leone Giovanni, Crispo e Cifaldi attraverso i loro rispettivi emendamenti.

La Commissione sarebbe per eliminare tutte le questioni che possono insorgere e che hanno avuto largo riflesso nel dibattito dell'Assemblea a proposito dell'applicazione della legge più favorevole, specie in relazione alle leggi eccezionali. Sarebbe disposta ad accogliere inoltre l'emendamento degli onorevoli Leone Giovanni e Bettiol, di soppressione pura e semplice della seconda parte del secondo comma, di modo che rimane al codice penale di statuire definitivamente in ordine a questa questione.

L'onorevole Grilli mi pare che con il suo assenso sia disposto a seguire la Commissione su questo punto di vista. L'onorevole Crispo lo ha già dichiarato da parte sua. Penso che l'onorevole Cifaldi potrà fare altrettanto, se rifletterà al contrasto tra lui e l'onorevole Crispo in questa materia, contrasto che accentua il disagio e che giustifica l'eliminazione della formula della Costituzione.

All'onorevole Corsanego faccio osservare che la sua proposta aggiuntiva è pleonastica, perché quando si dice «in vigore» ci si riferisce chiaramente alla pubblicazione della legge, e quindi confido nel ritiro del relativo emendamento.

Prendo atto che l'onorevole Nobile ha ritenuto giuste e convincenti le mie considerazioni e ha dichiarato di ritirare il suo emendamento.

Nobile. No. Non sono affatto rimasto persuaso; ma ho ritirato l'emendamento solo per deferenza verso il collega Leone.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Non so se l'onorevole Nobili Oro Tito vorrà seguire l'esempio dell'onorevole Nobile.

Nobili Tito Oro. Non insisto.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. La ringrazio. All'onorevole Bettiol dichiaro che la Commissione è favorevole ad accogliere il suo emendamento aggiuntivo a questo articolo nei termini da lui stesso e dall'onorevole Leone proposto, cioè: «Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza al di fuori dei casi previsti dalla legge».

Lo svolgimento che ne ha fatto, così esaurientemente, l'onorevole Bettiol, mi dispensa dal dire le ragioni della mia adesione personale e di quella della Commissione.

Presidente Terracini. Chiedo agli onorevoli presentatori di emendamenti se, dopo le dichiarazioni dell'onorevole Tupini, li ritirano.

Riccio Stefano. Ritiro il mio emendamento.

Grilli. Aderisco alle dichiarazioni della Commissione e ritiro l'emendamento.

Corsanego. Non insisto sul mio emendamento.

Cifaldi. Dopo i chiarimenti favoriti dall'onorevole Tupini, non insisto nel mio emendamento, in quanto con la modifica dell'articolo della Costituzione così come suggerita, la questione è impregiudicata e sarà risoluta dalla legge.

Crispo. Ritiro l'emendamento, in quanto la Commissione accetta l'emendamento Leone Giovanni-Bettiol.

Presidente Terracini. Pongo in votazione il primo comma dell'articolo 20 con la modifica proposta dall'onorevole Leone Giovanni, accettata dalla Commissione:

«Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge».

(È approvato).

Per il secondo comma, la Commissione ha dichiarato di accettare la formulazione presentata dagli onorevoli Leone Giovanni, Bettiol, Mastino Gesumino ed altri:

«Nessuno può essere punito se non in forza di una legge in vigore prima del fatto commesso».

La pongo in votazione.

(È approvata).

Vi è poi la proposta degli onorevoli Bettiol e Leone Giovanni, che la Commissione ha dichiarato di accettare, di aggiungere dopo il secondo, il seguente comma:

«Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza al di fuori dei casi previsti dalla legge».

La pongo in votazione.

(È approvata).

Il testo definitivo dell'articolo 20 risulta, quindi, del seguente tenore:

«Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.

«Nessuno può essere punito se non in forza di una legge in vigore prima del fatto commesso.

«Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza al di fuori dei casi previsti dalla legge».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti