[Il 15 aprile 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti civili».

Durante la discussione dell'articolo 20 del progetto di Costituzione (per la quale si rimanda al commento all'articolo 25), viene presentato un emendamento che prevede la fusione parziale con l'articolo 21 del progetto.]

Presidente Terracini. Segue l'emendamento presentato dall'onorevole Patricolo:

«Comporre l'articolo 20 come appresso:

«Primo comma, l'attuale secondo comma.

«Secondo comma, il terzo comma dell'articolo 21.

«Terzo comma, il quarto comma dell'articolo 21.

«L'articolo avrà, pertanto, la seguente formulazione:

«Nessuno può essere punito se non in virtù di una legge in vigore prima del fatto commesso e con la pena in essa prevista, salvo che la legge posteriore sia più favorevole al reo.

«Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato e non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità.

«Non è ammessa la pena di morte. Possono fare eccezione soltanto le leggi militari di guerra».

Non essendo presente l'onorevole Patricolo, l'emendamento si intende decaduto.

[...]

Presidente Terracini. [...] Passiamo ora all'esame dell'articolo 21:

«La responsabilità penale è personale.

«L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

«Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato e non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità.

«Non è ammessa la pena di morte. Possono fare eccezione soltanto le leggi militari di guerra».

A questo articolo sono stati presentati numerosi emendamenti.

Il primo è quello dell'onorevole Patricolo:

«Comporre l'articolo 21 come appresso:

«Secondo comma, il primo comma dell'articolo 20.

«Terzo comma, l'attuale secondo comma.

«L'articolo avrà, pertanto, la seguente formulazione:

«La responsabilità penale è personale.

«Nessuno può essere distolto dal giudice naturale che gli è precostituito per legge.

«L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva».

Non essendo l'onorevole Patricolo presente, l'emendamento si intende decaduto.

Segue l'emendamento dell'onorevole Mastino Pietro già svolto:

«Sostituirlo col seguente:

«Non è ammessa la pena di morte. Possono far eccezione soltanto le leggi militari di guerra».

Non essendo presente l'onorevole Mastino, l'emendamento si intende decaduto.

Segue l'emendamento dell'onorevole Targetti:

«Sostituirlo col seguente:

«La responsabilità penale è personale.

«Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità.

«La pena capitale può essere comminata soltanto da leggi militari di guerra».

Non essendo presente l'onorevole Targetti, l'emendamento si intende decaduto.

Segue l'emendamento degli onorevoli Leone Giovanni e Bettiol:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«La responsabilità penale è solo per fatto personale».

L'onorevole Leone Giovanni ha facoltà di svolgerlo.

Leone Giovanni. L'emendamento proposto da me e dal collega Bettiol, come ebbi occasione di rilevare in sede di discussione generale, tende a confermare il concetto, che era certamente anche nell'animo della Commissione, che la responsabilità penale è personale, in quanto è per fatto personale e non per fatto altrui. Poiché mi sembra che la formula da noi proposta sia più chiara, pensiamo che sia da preferirsi.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Rescigno:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«L'imputato si presume innocente sino alla sentenza, anche non definitiva, di condanna».

L'onorevole Rescigno ha facoltà di svolgerlo.

Rescigno. Onorevoli colleghi, se il secondo comma dell'articolo 21 dovesse avere un semplice valore teorico, come tanti altri articoli della Costituzione, allora potrebbe rimanere anche nella formulazione del progetto o addirittura essere soppresso, come propone l'onorevole Crispo. Ma se, come io penso, questo secondo comma deve essere suscettivo e produttivo di conseguenze pratiche, ritengo che debba essere modificato, perché l'esigenza di questa disposizione è quella sentita da tutti, e cioè che l'imputato, il quale potrà anche essere dichiarato innocente, non subisca e non sopporti una custodia preventiva, talora molto lunga, perché sappiamo che in Italia le istruttorie penali sono ancora lentissime. Se questa è l'esigenza a cui deve obbedire la disposizione in esame allora non possiamo dire che l'imputato, il quale è un accusato, viene nello stesso tempo considerato non colpevole, il che sarebbe una contraddizione in termini, ma dobbiamo parlare di presunzione; né possiamo protrarre fino alla condanna definitiva questa presunzione di innocenza. Invece questa presunzione di innocenza dovrà indubbiamente capovolgersi alla prima condanna, alla condanna anche non definitiva, e da quel momento sarà l'imputato il quale dovrà distruggere invece la presunzione di colpevolezza, e da quel momento sarà anche giusto che sia sottoposto alle restrizioni della propria libertà e sia assicurato alla giustizia.

Credo di avere così chiarito il pensiero che giustifica e determina la dizione da me proposta.

Presidente Terracini. L'onorevole Crispo ha proposto di sopprimere il secondo comma.

Ha facoltà di svolgere l'emendamento.

Crispo. Dissi già le ragioni per le quali ritengo che il secondo comma dell'articolo 21 debba essere soppresso, perché esso contiene in buona sostanza una presunzione di innocenza, anche in casi in contrasto con tale presunzione. Io ricordai il caso del perdono giudiziale, che presuppone un'affermazione di responsabilità, e nel quale non si ha condanna, e ricordai le varie ipotesi dell'articolo 152 del nostro Codice di rito penale, per il quale, pur ricorrendo una causa estintiva del reato, l'imputato può domandare l'esame del merito; onde può accadere che il giudice affermi la responsabilità senza poterla dichiarare con sentenza di condanna.

Ritengo peraltro che la presunzione di innocenza è contrastata da tutte le norme della nostra legislazione penale, sia in rapporto all'emissione dei mandati, sia in rapporto all'emissione di una sentenza di rinvio a giudizio, sia in rapporto al rito della citazione diretta e direttissima, in rapporto ai casi di flagranza, quasi flagranza e confessione. Non mi pare adunque che il principio possa essere affermato nella Costituzione. L'imputato sarà innocente o colpevole secondo che il giudice lo dichiarerà innocente o colpevole.

Queste sono le ragioni per le quali, a mio avviso, dovrebbe eliminarsi il secondo comma dell'articolo 21.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Sulle quali, speriamo, non insisterà.

Presidente Terracini. L'onorevole Caroleo ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Qualunque imputazione è inefficiente sino alla condanna definitiva».

Ha facoltà di svolgerlo.

Caroleo. L'onorevole Crispo e l'onorevole Rescigno hanno in parte svolto le ragioni che giustificano il mio emendamento, e potrei essere anche d'accordo per la soppressione del secondo comma dell'articolo 21. Ma penso che si debba un po' tenere conto delle aspirazioni espresse dal collega Rescigno, le quali però non mi sembra possano essere tradotte nella formula da lui proposta e che riproduce nella sostanza gli inconvenienti a cui accennava l'onorevole Crispo.

Se noi potessimo superare la fase istruttoria del processo, di cui è presupposto essenziale l'imputato, che, per definizione del Codice di procedura penale, è «colui al quale il reato viene attribuito», se potessimo superare i casi di flagranza, di confessione, di custodia preventiva, per cui l'emissione del mandato è condizionata alla ricorrenza di gravi indizi di colpevolezza, allora potremmo anche adottare qualcuna di queste formule, così come propone la Commissione o secondo la enunciazione dell'onorevole Rescigno. Ma, poiché dobbiamo cercare di essere un po' aderenti alla logica e aderenti anche alla rilevata realtà ed esigenza processuale nella fase istruttoria, credo che nessuna delle due formule possa essere adottata; perciò ho pensato di suggerire alla Commissione un'altra formula, del seguente tenore: «Qualunque imputazione — resta fermo il fatto dell'imputazione, cioè dell'attribuzione provvisoria del reato — è inefficiente — cioè non produttiva, nemmeno in via provvisoria, di responsabilità penale — sino alla condanna definitiva». E questo dovrebbe servire di avviamento a quelle aspirazioni, dicevo, di possibilità di riduzione, per lo meno, se non di eliminazione della custodia preventiva, ed almeno di assistenza difensiva per l'imputato nel periodo istruttorio, durante il quale — tutti sappiamo — al difensore è soltanto consentito di avere copia del mandato di cattura e di prendere visione degli atti istruttori solo ad istruzione chiusa, sia sommaria, sia formale. È ammessa, com'è noto, la possibilità di presentare difese, memorie e richieste, ma non si fa obbligo al giudice di dare neppure una risposta a queste memorie o scritti difensivi nel periodo istruttorio.

Ora, in questo senso io penso che la formula da me adottata, o quell'altra che l'onorevole Commissione pensasse di sostituire a questa, potrebbe aprire la via ad una maggiore partecipazione del difensore al processo nel periodo istruttorio, per la maggiore tutela del diritto di libertà del cittadino.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Persico:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«Le sanzioni penali hanno soltanto scopo curativo ed educativo, secondo i casi e le necessità, e devono essere a tempo indeterminato».

Non essendo presente l'onorevole Persico, l'emendamento si intende decaduto.

Segue l'emendamento degli onorevoli Leone Giovanni e Bettiol:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità o che ostacolino il processo di rieducazione morale del condannato».

L'onorevole Leone Giovanni ha facoltà di svolgerlo.

Leone Giovanni. L'emendamento proposto da me e dall'onorevole collega Bettiol si pone nella stessa posizione spirituale in cui, a mio avviso, si è posta la Commissione nei confronti del secolare problema della funzione della pena. La Commissione, è chiaro, non ha voluto prendere posizione su questo problema. Esso è un problema che tormenta da secoli le menti dei pensatori e dei filosofi e che agita le legislazioni di tutto il mondo; non sarebbe stata quindi questa la sede opportuna per tentare di risolverlo.

La Commissione vuol quindi esprimere qualche cosa di diverso: che cioè, nell'esecuzione della pena, lo Stato si assuma l'impegno di facilitare il processo di rieducazione, di recupero morale del delinquente.

Ora, a me sembra che la formula del terzo comma proposta dalla Commissione possa, sia pure con una interpretazione esagerata, dar luogo all'impressione che la Commissione abbia voluto stabilire che il fine principale della pena sia la rieducazione. A mio avviso, poiché non si deve prender posizione, se non nel senso di individuare un fine collaterale dell'esecuzione della pena, il fine cioè di non ostacolare il processo di rieducazione del reo, la formula da noi proposta è la più idonea a rendere questo concetto, sul quale sono d'accordo i componenti della stessa Commissione.

Presidente Terracini. I seguenti emendamenti sono stati già svolti:

«Al terzo comma, sopprimere le parole: devono tendere alla rieducazione del condannato e

«Crispo».

«Sostituire l'ultimo comma col seguente:

«Non è ammessa la pena di morte se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.

«Veroni».

«Introdurre dopo l'articolo 21 le disposizioni di cui all'articolo 104, con la seguente aggiunta:

«L'azione penale non può essere promossa o proseguita, in alcun caso, quando sia intervenuta una causa estintiva del reato.

«Crispo».

Gli onorevoli Bastianetto, Ferrarese, Cotellessa, Ponti, Franceschini, Lizier, Rumor, Valmarana, Marzarotto e Cappelletti hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«Nella esecuzione delle pene si deve aver riguardo soprattutto al rispetto della persona umana».

L'onorevole Bastianetto ha facoltà di svolgerlo.

Bastianetto. Mi riallaccio a quanto ha detto l'onorevole Leone, che cioè questo gravissimo problema, il problema secolare dell'esecuzione della pena, deve trovare in questa nostra Costituzione una formula che abbia a servire soprattutto a quella che sarà la futura riforma carceraria, dobbiamo cioè impostare il problema dell'esecuzione delle pene.

Secondo me, la formula che hanno adottato gli amici onorevoli Leone e Bettiol viene a restringere questo problema; perché, se noi ci limitiamo già a dire cosa deve essere la pena, a che cosa questa pena vuol tendere, come questa pena deve eseguirsi, noi veniamo già a restringere il problema.

L'esperienza ha già dimostrato cosa significa trattamento in esecuzione di pena. Se noi pensiamo infatti che cos'è il trattamento che si fa all'uomo recluso, al quale, per esempio, si fanno fare calze con una specie di stuzzicadenti di legno anziché coi soliti ferri, — per ovvie ragioni di sicurezza — comprenderemo facilmente come un uomo che fa questo, dopo dieci anni, non sia più uomo.

Ora, in quest'aula ci sono tanti uomini che hanno fatto un'esperienza dolorosissima di carcere; noi sappiamo come il problema penitenziario e, soprattutto, la pratica penitenziaria, abbiano insegnato molto. Ma dove non si è imparato è proprio nel campo teorico, perché, da oltre cinquant'anni, in Italia si fanno voti per questo indirizzo rieducativo, ma sempre sulla carta: tanto che è fatto obbligo all'agente di custodia di essere rieducatore. Ma è anche detto in altra parte del regolamento che l'agente di custodia che si azzardi di parlare al detenuto con confidenza è punito. Di maniera che questa aspirazione della rieducazione esiste; ma in pratica è difficile.

Ora qui si arrischia di votare una formula che non dà l'indirizzo a quelli che dovranno fare la riforma carceraria; e penso, pertanto, che sia molto più opportuno di inserire una formula semplice, generica, che possa offrire domani la base solida per questa riforma. Infatti, se noi leggiamo l'articolo, così come è stato proposto, rileviamo che la pena deve tendere semplicemente alla rieducazione. Invece nella formula che io consiglio si trova affermato il concetto che nella esecuzione della pena si debba aver riguardo soprattutto al concetto della personalità umana. Ora, in questa formula non si considera solo il detenuto, ma anche il custode del detenuto, perché l'esperienza ha insegnato che l'agente di custodia, dopo pochissimo tempo che è agente di custodia, ha già distrutto la sua personalità, è un meccanismo, è diventato parte di una macchina che va dal semplice agente sino al comandante, con un compito repressivo che avvilisce e custode e detenuto.

Fo notare che nei paesi stranieri, in America, in Inghilterra, si è affrontato il problema e recentemente è stato avanzato il suggerimento di mettere dei magistrati alla direzione delle carceri, magistrati che possono offrire questa garanzia giurisdizionale anche nella esecuzione della pena, perché l'uomo in esecuzione di pena è sempre uomo e lo Stato non ha nessun diritto di distruggere l'uomo nell'esecuzione della pena.

Ecco perché, allora, quando noi poniamo come cardine fondamentale questo rispetto non solo dell'uomo, ma anche dell'agente di custodia, noi veniamo a porre la base fondamentale di quello che domani può essere tutto il problema della riforma carceraria, che dovrà pure essere affrontata in Italia.

Una voce a sinistra. Ci vogliono i milioni!

Bastianetto. L'Italia non è stata mai capace di affrontare il problema della esecuzione delle pene, per cui abbiamo una esecuzione di pene che è inferiore a qualsiasi altro Paese.

Ecco perché insisto nell'emendamento.

Presidente Terracini. Chiedo alla Commissione di esprimere il suo parere sugli emendamenti mantenuti dagli onorevoli Leone Giovanni, Crispo, Rescigno, Caroleo, Veroni e Bastianetto.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Agli onorevoli Leone Giovanni e Bettiol rivolgo la preghiera, che conferma l'invito rivolto poc'anzi all'onorevole Leone quando svolgeva il suo emendamento, di ritirare il proprio emendamento, perché le preoccupazioni da loro affacciate, secondo il nostro parere, non sono giustificate data la formulazione dell'articolo proposto dalla Commissione.

All'onorevole Crispo, che ha insistito, riproducendo argomenti e fatti già svolti nella discussione generale a favore del suo emendamento, io faccio osservare che non possiamo aderire alla sua proposta, e teniamo a mantenere il capoverso dell'articolo 21, perché anche i fatti e i casi da lui esposti, a nostro avviso, non sono pregiudicati dal mantenimento della nostra formula, mentre il sopprimerla potrebbe dar luogo a delle conseguenze più gravi di quelle che potrebbero derivarne col mantenerla. Per queste ragioni noi riteniamo di mantenerla e di mantenerla nei termini in cui si esprime, senza peraltro poter aderire alle formule proposte dagli onorevoli Rescigno e Caroleo.

Quella dell'onorevole Rescigno si discosta meno dalla nostra. In fondo egli si riferisce a quello che è stato il modo come fino adesso si è regolata la concezione dell'imputato in ordine alla sua eventuale innocenza, responsabilità o colpevolezza. Noi abbiamo ritenuto, onorevole Rescigno, durante la discussione della prima Sottocommissione (e la formula è stata poi apprezzata e mantenuta dalla Commissione dei 75 ed anche il Comitato di coordinamento in vista di questi emendamenti ha creduto di doverla mantenere), che usare questa formula, di cui rivendico un po' anche la paternità, sia un modo più chiaro per esprimere quel concetto che ha espresso lei e che esprimono tutti coloro che presumono il reo innocente finché non sia stato definitivamente condannato. Poiché il concetto che ella vuole esprimere è questo, noi crediamo che sia meglio espresso dalla nostra formula. Ci consenta quindi di mantenerla e se ella non ci sottoporrà al peso di una votazione gliene saremo grati.

L'onorevole Caroleo prescinde dalla personalità e fa una definizione astratta. Il concetto che l'anima è il medesimo che anima noi, ma per quelle ragioni che io ho esposto in relazione ad un emendamento che è molto vicino alla formula nostra, pregherei l'onorevole Caroleo di non insistere nella sua formula.

All'onorevole Leone Giovanni, col quale mi compiaccio per la fecondità dei suoi emendamenti, che, del resto, sono sempre molto importanti, e ne abbiamo dato prova venendo frequentemente loro incontro, questa volta devo però dire che noi teniamo ferma la nostra formula. Tanto a lei quanto all'onorevole Crispo, il quale domanda la soppressione pura e semplice del secondo comma...

Crispo. Desidero dichiarare che nel caso che fosse approvato l'emendamento Leone, ritirerei il mio.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Vede, onorevole Leone, si sono proiettate in questa discussione le preoccupazioni che hanno riferimento alle scuole filosofiche. C'è la preoccupazione di chi è più ligio alla scuola classica, l'altra di chi è più ligio alla scuola positiva, e il timore che la nostra formula aderisca più all'una che all'altra e viceversa. Fo osservare agli onorevoli proponenti degli emendamenti che, in fondo, se noi siamo convinti, come chi vi parla è convinto, che effettivamente la società non deve rinunciare ad ogni sforzo, ad ogni mezzo affinché colui che è caduto nelle maglie della giustizia, che deve essere giudicato, che deve essere anche condannato, dopo la condanna possa offrire delle possibilità di rieducazione, perché ci dobbiamo rinunciare? Non importa a me che questo possa rispondere ad un postulato scientifico di una determinata scuola.

Sono convinto, per un elementare senso umano, che bisogna fare ogni sforzo perché il reo possa essere rieducato, e credo che non dobbiamo rinunciare in nessun caso a questa possibilità. Giacché questo è anche il sentimento dell'onorevole Leone, dirlo in questa forma mi sembra il modo più chiaro possibile. Per queste ragioni noi teniamo ferma la formulazione della Commissione.

All'onorevole Bastianetto, che all'ultim'ora ha presentato un emendamento anch'esso apprezzabile, io faccio osservare che quel senso di umanità che vena tutte le sue considerazioni e il suo emendamento, è già contenuto ed espresso nella formulazione del nostro articolo e che almeno per questa parte non è contrastato né dall'onorevole Bettiol né dall'onorevole Leone: il trattamento del reo cioè, o di chi, comunque, venga privato della libertà, deve ispirarsi a quelle ragioni di umanità che per il rispetto della persona umana devono essere il viatico per tutti coloro che fanno ed applicano le leggi in un regime di libertà e di democrazia.

Non voglio addentrarmi in quello che ha detto l'onorevole Bastianetto circa il trattamento carcerario. Le condizioni delle carceri sono quelle che sono e lo sono, purtroppo, anche in relazione alla situazione finanziaria generale del Paese, che pesa su tutti gli aspetti della vita nazionale. È chiaro, ad ogni modo, che occorre migliorarne il trattamento. Quando diciamo che il reo deve essere trattato umanamente, noi diamo nella Costituzione una norma alla quale il legislatore di domani dovrà attenersi: è un imperativo che noi segniamo al legislatore perché faccia effettivamente quello che risponde alla nostra precisa e unanime volontà. Chi potrebbe infatti non volere che le carceri italiane fossero meglio attrezzate?

Io ricordo — e scusate il ricordo personale: via via che si va avanti negli anni sembra che i ricordi personali abbiano una loro particolare suggestione — ricordo che una delle prime disposizioni da me impartite nella mia qualità di Ministro della giustizia fu quella che ai carcerati si usasse un trattamento quanto più umano possibile, con particolare riguardo ai detenuti politici. Credo che i miei successori al palazzo di via Arenula abbiano confermato la mia direttiva e che questa sia una esigenza da tutti riconosciuta, apprezzata ed applicata.

La formula del nostro articolo non solo non vi contraddice, ma la convalida, facendone aggetto di specifica norma costituzionale. Penso che ne sia soddisfatto anche l'onorevole Bastianetto, cui, perciò, rivolgo la preghiera di ritirare il suo emendamento.

All'onorevole Veroni dirò di non oppormi al suo emendamento col quale si esprime meglio che con la nostra formula lo stesso concetto. Che si dica «possono fare eccezione soltanto le leggi militari di guerra», oppure «non è ammessa la pena di morte se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra» è sostanzialmente la stessa cosa. Ma se l'onorevole Veroni proprio ci tiene, vada pure per la sua formula.

Riguardo all'ultima proposta dell'onorevole Crispo — introdurre dopo l'articolo 21 le disposizioni di cui all'articolo 104 — ne parleremo in sede di discussione dell'articolo 104.

Bettiol. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Bettiol. Anche a nome del collega Leone Giovanni, affermo che non siamo disposti a ritirare il nostro emendamento, per il semplice fatto che vogliamo proprio evitare di entrare nell'atmosfera d'una determinata scuola, per evitare, cioè, di prendere con una norma costituzionale, posizione rispetto al contenuto dottrinario d'una tendenza penalistica piuttosto che d'un'altra, per esprimere, invece, una esigenza che possa trovare la sua concretizzazione sul piano politico e sul piano giuridico.

In secondo luogo, la nostra formulazione non esclude l'accentuazione delle necessità della rieducazione del condannato.

Ci permettiamo, anzi, di proporre la soppressione nel nostro emendamento della parola «processo» e di dire: «o che ostacolino la rieducazione morale del condannato», per sottolineare la necessità che la pena, nel suo concreto modo di essere, sia tale da giovare direttamente alla rieducazione morale del condannato, senza mettere questo principio in forma dommatica all'inizio dell'articolo.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Il fatto stesso che gli onorevoli Bettiol e Leone Giovanni hanno inteso il bisogno di sopprimere nel loro emendamento la parola «processo», è un argomento a sostegno della nostra formula, sulla quale insistiamo.

Presidente Terracini. Onorevole Leone, ella mantiene il suo emendamento sostitutivo del primo comma?

Leone Giovanni. Lo ritiro.

Presidente Terracini. L'onorevole Rescigno mantiene l'emendamento sostitutivo del secondo comma?

Rescigno. Devo mantenerlo, perché il divario fra la formulazione da me proposta e quella del progetto mi sembra sostanziale, non formale.

Presidente Terracini. L'onorevole Caroleo mantiene l'emendamento sostitutivo del secondo comma?

Caroleo. Dopo i chiarimenti del Presidente della Commissione, lo ritiro. Dichiaro anche di preferire il testo proposto dalla Commissione alla formulazione dell'emendamento Rescigno.

Presidente Terracini. L'onorevole Crispo mantiene il suo emendamento soppressivo del secondo comma?

Crispo. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Mantiene l'altro emendamento al terzo comma?

Crispo. Ho già dichiarato che, se fosse approvato l'emendamento Leone Giovanni-Bettiol, lo ritirerei. In caso contrario, chiederei la votazione sul mio emendamento.

Presidente Terracini. L'altro emendamento dell'onorevole Crispo:

«Introdurre dopo l'articolo 21 le disposizioni di cui all'articolo 104, con la seguente aggiunta:

«L'azione penale non può essere promossa o proseguita, in alcun caso, quando sia intervenuta una causa estintiva del reato»

è rinviato alla discussione dell'articolo 104.

Onorevole Bastianetto, ella mantiene l'emendamento?

Bastianetto. Le parole dell'onorevole Tupini mi hanno confermato nel dovere che ho di insistere sul mio emendamento.

Quando si parla di carcere e di esecuzione di pena, si fa consistere la rieducazione ed il benessere dei detenuti nel dare disposizioni ai direttori carcerari relativamente al trattamento interno.

Ora, non è il problema della detenzione che investe il detenuto, come cittadino che ha perduto la libertà e come cittadino che deve essere restituito, dallo Stato, alla libertà migliorato. Io ho avuto occasione di visitare molte case di pena all'estero ed ho avuto la sfortuna di sperimentare personalmente il carcere.

Cosa succede anche in America? Gli americani in fatto di rieducazione sono stati costretti a introdurre l'afflizione dove c'era soltanto l'educazione. Oggi nei più grandi carceri d'America vi è un carcere nelle carceri. Bisogna evitare di porre i futuri legislatori della riforma carceraria nella penosa situazione di dover discutere che cos'è il trattamento carcerario. E non è neppure questione di milioni, ma di impostazione.

Presidente Terracini. La prego di non svolgere una seconda volta il suo emendamento.

Bastianetto. Concluderò dicendo che i vari Ministri della giustizia che si sono susseguiti in Italia fino ad oggi, questo problema carcerario lo hanno lasciato completamente in mano di un direttore generale, il che significa in mano di gente che, pur avendo altissime doti, non può capire il problema sociale gravissimo della esecuzione della pena. Ecco perché le ragioni che hanno svolte gli onorevoli Bettiol e Leone confermano la mia tesi: noi dobbiamo porre nella Costituzione una norma semplice, generale, che sia direttiva e fondamento della riforma carceraria di domani. (Applausi al centro).

Presidente Terracini. Pongo in votazione il primo comma dell'articolo 21, per il quale non è stato mantenuto alcun emendamento:

«La responsabilità penale è personale».

(È approvato).

Passiamo al secondo comma, così formulato nel testo della Commissione:

«L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva».

Pongo in votazione la proposta di soppressione dell'onorevole Crispo.

(Non è approvata).

L'onorevole Rescigno ha proposto di sostituire il secondo comma col seguente:

«L'imputato si presume innocente sino alla sentenza, anche non definitiva, di condanna».

L'emendamento non è stato accettato dalla Commissione.

Moro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Non comprendo la ragione della parola «anche». Si può dire: o «fino alla condanna definitiva» o «fino alla prima condanna».

Presidente Terracini. Pongo in votazione l'emendamento Rescigno:

«L'imputato si presume innocente fino alla sentenza, anche non definitiva, di condanna».

(Non è approvato).

Maffi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Maffi. Dichiaro di non aver presentato nessun emendamento a questo articolo, perché non sono un giurista; però trovo che la formula adottata al secondo comma non è chiara. Essa, in sostanza, significa che l'imputato è considerato colpevole soltanto per un certo periodo, fino alla condanna definitiva.

Una formula più esplicita potrebbe essere la seguente: «L'imputato non può essere considerato colpevole se non dal momento in cui la condanna sia divenuta definitiva».

Avevo presentato questo emendamento alla Commissione.

Presidente Terracini. Quale è il parere della Commissione?

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Ho trovato una formula senza firma; ecco perché non ho risposto.

Le ragioni che ho addotto per sostenere la nostra formula valgono anche per oppormi a quella dell'onorevole Maffi. La Commissione, quindi, è contraria.

Presidente Terracini. Onorevole Maffi, si tratta, più che altro, di una questione di forma. Ella insiste?.

Maffi. Non insisto.

Presidente Terracini. Pongo in votazione il testo della Commissione:

«L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva».

(È approvato).

Passiamo al terzo comma, così formulato nel testo della Commissione:

«Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato e non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità».

Per questo comma sono stati mantenuti gli emendamenti degli onorevoli Leone Giovanni, Crispo, Veroni e Bastianetto.

Maffi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Maffi. In ordine al terzo comma ritengo che vi sia un errore di impostazione mentale, morale e sociale da considerare, quando si dice che: «Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato». La pena, di per se stessa, non può tendere alla rieducazione, ma è l'ambiente in cui la pena si sconta che può rieducare il condannato. La pena, pertanto, dovrebbe tener conto della condizione disgraziata del condannato e non della colpa a cui deve corrispondere un pagamento a tipo vendicativo di sofferenza.

Bisognerebbe perciò dire: «L'ambiente carcerario deve essere organizzato conformemente al bisogno sociale di rieducazione del condannato». Accanto alla pena deve esistere una organizzazione che miri a questo. Deploro che qui non si sia portato nella discussione un fatto già acquisito, quello della riorganizzazione del carcere nella Russia sovietica, dove è stabilito il principio che la pena non è definitiva per durata, che essa può essere accorciata in base all'esperienza constatata sulla condotta del condannato e che la pena può essere protratta se l'individuo, nell'espiazione del suo periodo carcerario, si è dimostrato un incorreggibile, un antisociale, un uomo pericoloso per la società.

Ho voluto esprimere il mio parere perché mi pare che su questo argomento la Commissione non abbia sufficientemente studiato.

Presidente Terracini. Onorevole Maffi, vuole precisare l'emendamento che propone?

Maffi. Il testo è il seguente:

«L'ambiente carcerario deve essere organizzato conformemente al bisogno sociale di rieducazione del condannato. Nessun trattamento può essere contrario al senso di umanità».

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. La formula Bastianetto, mi sembra meglio articolata.

Comunque, di fronte a questa perplessità anche di formule, da parte di coloro che presentano all'ultima ora degli emendamenti, credo che vi sia una ragione di più per pregare l'Assemblea di apprezzare la nostra formula e di votarla. Quindi non possiamo accettare nessuna formulazione nuova dell'articolo 21 e insistiamo su quella da noi preparata.

Mazza. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Mazza. Credo che la formula dettata dagli onorevoli Leone Giovanni e Bettiol sia la più adatta ad accontentare tutti e per questo motivo voterò l'emendamento Leone-Bettiol.

Pertini. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Pertini. All'emendamento proposto dall'onorevole Maffi sostituirei le parole «ambiente carcerario» con le parole «sistema carcerario».

Maffi. Aderisco a questa modificazione.

Moro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Dichiaro che voterò a favore del secondo emendamento degli onorevoli Leone e Bettiol. Mi rendo conto delle ragioni che sono state esposte dal Presidente della Sottocommissione e sono certo che nelle intenzioni dei proponenti non vi è il desiderio di risolvere con la formulazione presentata l'annoso problema degli orientamenti penalistici della scienza e della legislazione italiana. Sono certo che, in questa sede costituzionale, si vuole anche con la formulazione proposta lasciare libera la strada, perché domani sia il legislatore, sotto la pressione della coscienza sociale, a decidere in merito agli orientamenti in materia di pene. Tuttavia non posso nascondermi il pericolo che deriva dalla formulazione così come è presentata. Il parlare di pene che devono tendere alla rieducazione del condannato, può essere considerato da parte dei futuri legislatori e da parte degli scienziati di un determinato orientamento, come fondamento di una pretesa ad orientare la legislazione penale italiana in modo conforme ai postulati della scuola positiva. Tutti quanti i postulati penalistici sono evidentemente rispettabili, ma il problema che essi involgono è talmente grave e talmente serio che non possiamo pretendere, con una rapida discussione, quale è quella che si è verificata in questa sede, di risolverlo.

D'altra parte dobbiamo preoccuparci che per una leggerezza da parte nostra, per una imprecisione nella formulazione, non si dia l'apparenza di aver risolto quello che in realtà non si voleva e non si poteva risolvere in questa sede. Certamente l'esigenza della rieducazione morale del condannato è presente al nostro spirito. Anche noi, che siamo seguaci di un altro indirizzo in materia penale, riteniamo che la pena persegua tra i suoi fini anche quello fondamentale della rieducazione del condannato, ma mi pare che questa esigenza sia soddisfatta pienamente dall'emendamento Leone-Bettiol al quale aderisco, in quanto vi si dichiara che le pene non possono consistere in trattamenti disumani e debbono essere tali da permettere la rieducazione morale del condannato. Con ciò si dà una precisa disposizione che vale come orientamento per la riorganizzazione del sistema penitenziario, ma senza prendere posizione, neppure in apparenza, in ordine a uno dei problemi più gravi della nostra scienza e della nostra prassi sociale, cosa che mi parrebbe in questa sede estremamente pericolosa.

Gatta. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gatta. Dichiaro di aderire alla proposta degli onorevoli Bettiol e Leone, qualora i proponenti, anziché adottare la formula: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità o che ostacolino, ecc.», dicano: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono agevolare la rieducazione morale del condannato».

Una voce. Questo è il testo della Commissione. (Commenti).

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Quando vi scostate dalla retta via, vedete le confusioni che sorgono. Mantenete la guida del progetto se non volete smarrirvi. (Ilarità).

Presidente Terracini. Passiamo alla votazione degli emendamenti. L'onorevole Bastianetto ha proposto di sostituire il terzo comma col seguente:

«Nella esecuzione delle pene si deve aver riguardo soprattutto al rispetto della persona umana».

Leone Giovanni. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Leone Giovanni. Dichiaro che non voteremo questa formulazione, perché, pur condividendone lo spirito, preferiamo la nostra.

Franceschini. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Franceschini. Dichiaro che voterò a favore dell'emendamento dell'onorevole Bastianetto, perché esso, oltre ad essere sostanzialmente comprensivo di tutte le modificazioni proposte, designa chiaramente un compito positivo che la Repubblica deve proposi nell'amministrazione della giustizia per un principio di umanità.

Presidente Terracini. Pongo in votazione l'emendamento dell'onorevole Bastianetto.

(Non è approvato).

Pongo in votazione l'emendamento Maffi con la modifica proposta dall'onorevole Pertini ed accettata dal presentatore:

«Il sistema carcerario deve essere organizzato conformemente al bisogno sociale di rieducazione del condannato. Nessun trattamento può essere contrario al senso di umanità».

(Non è approvato).

Pongo in votazione la formula proposta dagli onorevoli Leone Giovanni e Bettiol:

«Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità o che ostacolino la rieducazione morale del condannato».

(Segue la votazione per alzata e seduta).

Poiché l'esito della votazione appare incerto, procediamo alla votazione per divisione.

(Segue la votazione per divisione).

Comunico che, secondo il giudizio dell'ufficio di Presidenza, l'emendamento non è approvato. (Commenti Rumori).

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Vorrei fare una preghiera ed è questa: perché vogliamo suscitare qui una questione di scuola scientifica, che è l'unico riflesso che potrebbe rendere l'Assemblea contraria alla proposta della Commissione? Badate che l'esigenza della rieducazione non è soltanto privilegio e monopolio della scuola positiva: è principio del diritto canonico e del cristianesimo. Non vi è qui nessuna questione di ordine politico, ma solo una questione di scuola scientifica. Siamo tutti d'accordo che non si tratta con questo articolo di definire la finalità, più o meno filosofica, della pena, ma di stabilire che occorre sempre anche la rieducazione del condannato. Perché non accettiamo, quindi, il voto che è venuto fuori? (Approvazioni).

Moro. Dato l'esito dubbio della votazione, chiedo l'appello nominale.

Presidente Terracini. Non è possibile accogliere la sua proposta, poiché è stato già proclamato il risultato della votazione.

Leone Giovanni. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Leone Giovanni. Signor Presidente, dopo la votazione per alzata e seduta, la perplessità di alcuni Segretari ha imposto alla sua coscienza di indire una seconda votazione per divisione. A nostro avviso anche questa seconda votazione, così come la prima, deve lasciare perplesso il suo animo.

Presidente Terracini. Mi permetto di osservare che proprio in ciò che lei ha detto è la giustificazione della decisione che ho preso poco fa. Lei ha detto che dopo la votazione iniziale, alcuni Segretari — cioè una parte dell'Ufficio di Presidenza — hanno avuto delle perplessità, mentre in questo momento nessuno dei Segretari è perplesso. Lo sono alcuni membri dell'Assemblea, ma questi nella valutazione dei risultati di una votazione non hanno voce in capitolo. Sono, quindi, due soggetti diversi che hanno avuto le perplessità. Le perplessità del primo, evidentemente, inficiavano la decisione; il dubbio del secondo, rispettabilissimo, non può avere la stessa efficacia. (Applausi).

Leone Giovanni. Se vi è un problema nel quale non occorre essere faziosi è proprio questo. (Commenti).

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Siamo d'accordo! Proprio per questo non bisogna insistere!

Presidente Terracini. Onorevole Leone, il fatto stesso che in questa votazione i gruppi politici si sono suddivisi, mi pare dimostri che non vi fu in essa una posizione di partito.

Leone Giovanni. Accetto l'esito della votazione, ma poiché bisogna mettere in votazione il testo dell'onorevole Crispo, chiedo su di esso la votazione per appello nominale.

Crispo. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Crispo. Ricordo che nel caso di rigetto dell'emendamento Leone-Bettiol, ho dichiarato di mantenere il mio.

Presidente Terracini. Sta bene.

Pongo in votazione la proposta dell'onorevole Crispo, che nel terzo comma siano soppresse le parole «devono tendere alla rieducazione del condannato e», sicché il testo del comma risulterebbe il seguente:

«Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità».

Su questo emendamento è stato chiesto dagli onorevoli Leone Giovanni, Badini Confalonieri e altri la votazione per appello nominale.

Senza contestare agli onorevoli firmatari della richiesta di appello nominale questa facoltà, ripeto quello che ho già detto l'altro giorno a proposito di altra votazione: se dalla votazione risultasse la mancanza del numero legale, dovremmo o rinviare di un'ora la seduta, oppure rinviarla addirittura a domani, a termini del Regolamento.

Badini Confalonieri. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Badini Confalonieri. Quale firmatario della richiesta, anche a nome dei miei colleghi, rinuncio alla richiesta d'appello nominale. Chiederei in cambio che si potesse fare da parte nostra una dichiarazione di voto perché vi è stata già una dichiarazione dell'onorevole Ruini in un senso, ed è giusto che da parte nostra si possa rispondere. L'onorevole Ruini ha dichiarato che non si vuole entrare nel merito della questione; ma vi entra: ed è quanto noi vogliamo evitare. Certo è comunque che la pena non ha esclusivamente uno scopo rieducativo, ma altresì uno scopo afflittivo, uno scopo repressivo, ecc., e noi che consentiamo di tutto cuore nello scopo rieducativo della pena non reputiamo però che questo sia l'unico scopo che la pena si prefigge. Altrimenti, con la formula usata nel progetto, si addiverrebbe all'assurdo che anche la pena di morte — ammessa sia pure in casi eccezionali — avrebbe valore rieducativo. Per queste ragioni noi siamo favorevoli all'emendamento Crispo.

Leone Giovanni. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Leone Giovanni. Dichiaro di votare per l'emendamento Crispo, non perché ritenga che non si debba tener conto di questo fine complementare e nobilissimo della rieducazione del condannato, ma perché penso che la formula della Commissione è una formula equivoca, in quanto non rispecchia il vero pensiero che indubbiamente si voleva esprimere. Noi votiamo l'emendamento Crispo, «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità», perché nella frase «senso di umanità» a noi sembra sia contenuta e compresa l'ansia della rieducazione di cui alla prima parte dell'articolo, di chiunque sia caduto, sicché la seconda parte del nostro emendamento, che era interpretativo e correttivo, visto che non è stato approvato, deve intendersi contenuta nella prima parte. Donde, il nostro orientamento di votare l'emendamento Crispo.

Bettiol. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Bettiol. Mi associo alle dichiarazioni dell'onorevole Leone.

Moro. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Mi associo alle dichiarazioni degli onorevoli Badini Confalonieri, Leone Giovanni e Bettiol.

Presidente Terracini. Pongo in votazione la formula proposta dall'onorevole Crispo:

«Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità».

(Dopo prova e controprova non è approvata).

Pongo in votazione la formula della Commissione:

«Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato e non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità».

(Dopo prova e controprova è approvata).

Passiamo ora all'ultimo comma. La Commissione ha dichiarato di accettare la formulazione dell'onorevole Veroni che pongo in votazione:

«Non è ammessa la pena di morte se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra».

(È approvata).

Dichiaro approvato l'articolo 21, nel seguente testo:

«La responsabilità penale è personale.

«L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

«Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato e non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità.

«Non è ammessa la pena di morte se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti