[Il 15 aprile 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti civili».]

Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Pongo in discussione l'articolo 22:

«I dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono personalmente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. Lo Stato e gli enti pubblici garantiscono il risarcimento dei danni arrecati dai loro dipendenti.

«La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari».

Sono stati presentati a questo articolo parecchi emendamenti. Il primo è quello dell'onorevole Codacci Pisanelli — già svolto nel corso della discussione generale — del seguente tenore:

«Sostituirlo col seguente:

«I dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono personalmente responsabili verso i cittadini e verso la pubblica Amministrazione, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti dolosamente o colposamente compiuti in violazione di diritti o interessi giuridicamente protetti. Lo Stato e gli enti pubblici sono solidalmente responsabili con i loro dipendenti per ogni danno dolosamente o colposamente arrecato nell'esercizio delle pubbliche funzioni a questi attribuite e, negli altri casi, sono direttamente responsabili per i danni derivati da atti governativi che ledano o anche legittimamente sacrifichino diritti o interessi giuridicamente protetti. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari».

Gli onorevoli Cappi, Castelli Edgardo, Schiratti, Tosato, Recca, De Palma, Bastianetto, Tozzi Condivi, Bulloni, Lettieri, Chieffi, hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituire l'articolo 22 col seguente:

«Lo Stato e gli Enti pubblici sono responsabili — salvo rivalsa — degli atti illegali compiuti dai loro dipendenti.

«Le vittime di errori giudiziari hanno diritto di essere indennizzate dallo Stato».

L'onorevole Cappi ha facoltà di svolgerlo.

Cappi. Rinunzio all'emendamento.

Presidente Terracini. L'onorevole Corsanego ha presentato i seguenti emendamenti:

«Al primo comma, dopo la parola: atti, aggiungere: o omissioni».

«Fare del secondo comma un articolo a sé».

Ha facoltà di svolgerli.

Corsanego. Propongo in primo luogo che alla parola «atti», scritta nel testo preparato dalla Commissione, siano aggiunte le parole «o omissioni»; per due motivi: i giuristi sanno che nella parola «atti» sono comprese anche le omissioni; però, poiché la Costituzione non è scritta soltanto per i giuristi, ma è scritta per il popolo, forse è opportuno aggiungere la parola «omissioni». Il secondo motivo è il seguente: di regola il cittadino si lamenta che i pubblici uffici omettano di compiere qualche cosa che a lui sta a cuore. Si presenta ad un ufficio per chiedere un documento, e questo non gli viene consegnato, o gli viene consegnato con molto ritardo. Quindi la negligenza degli uffici statali nei riguardi del cittadino è di solito una negligenza omissiva. Per questi motivi ho proposto di aggiungere la parola «omissioni».

Contemporaneamente ho proposto che il secondo comma dell'articolo 22 diventasse un articolo a sé; e questo non l'ho suggerito solo per ragioni di euritmia legislativa, ma per un motivo di tecnica giuridica. Se noi leggiamo infatti attentamente il secondo comma, immediatamente dopo aver letto il primo, ci sembra a prima lettura che il comma primo si riferisca agli errori giudiziari nei giudizi sulla responsabilità dei pubblici funzionari, mentre il secondo comma ha una portata molto più ampia, molto più generale.

Per questo motivo propongo che, pur restando immutato il testo del secondo comma, questo faccia parte a sé, come articolo.

Presidente Terracini. L'onorevole Nobili Tito Oro ha presentato il seguente emendamento:

«Al primo comma sopprimere le parole: Lo Stato e gli enti pubblici garantiscono il risarcimento dei danni arrecati dai loro dipendenti».

Ha presentato inoltre, unitamente agli onorevoli Tonello, Fogagnolo, Merighi, Faccio, Fornara, Giua, Tega, Barbareschi, Vernocchi e Costantini, il seguente emendamento:

«Subordinatamente all'emendamento soppressivo della fine del primo comma, sostituire alla parola: garantiscono, l'altra: assicurano».

L'onorevole Nobili Tito Oro ha facoltà di svolgerli.

Nobili Tito Oro. I miei due emendamenti, onorevoli colleghi, prospettano una questione giuridica e ne propongono due soluzioni subordinate. Il primo comma dell'articolo 22 contempla i danni cagionati da dipendenti dello Stato o degli enti pubblici per violazione di diritti; si intende di tutti i diritti, illimitatamente; ne dichiara responsabile, in via penale, civile ed amministrativa, i dipendenti medesimi e dichiara che lo Stato e gli enti pubblici garantiscono il risarcimento dei danni prodotti da costoro: si intende, non v'ha dubbio e tuttavia sarebbe stato necessario dirlo, prodotti dai dipendenti nell'esercizio delle loro attribuzioni.

Si prospetta quindi la questione vessata, la questione storica, direi quasi, dei limiti di responsabilità dello Stato e delle pubbliche amministrazioni per il fatto dei dipendenti. E pertanto non si può prescindere dal tener conto dello stato della dottrina e della giurisprudenza che si sono affermate in proposito sia nel campo giuspubblicistico sia in quello del diritto privato, in base alla legge positiva.

Ora, io non riesco a comprendere — e la relazione del Presidente della Commissione non ce lo spiega — perché si sia usata nel testo, là ove si parla dell'obbligo dello Stato di risarcire i danni, l'espressione «garantiscono». Giuridicamente non si tratta di una garanzia; si tratta bensì di una responsabilità diretta; e di questa responsabilità si è in passato molto discusso e molto dubitato.

Agli albori del nostro Codice si è addirittura osato negarla in pieno, in base alla teoria che lo Stato, come ente etico destinato ad organizzare il bene e, secondo alcuni filosofi, perfino la felicità dei cittadini, non possa essere chiamato responsabile dell'insuccesso dei suoi sforzi nel campo di questa organizzazione. Si è detto anche che lo Stato non può rispondere della cattiva scelta dei suoi dipendenti in quanto questa scelta sia avvenuta, come per legge, a mezzo di pubblico concorso. Si è fatta altresì distinzione fra atti patrimoniali e atti di imperio, per riconoscere la responsabilità nei primi e negarla per i secondi; in relazione agli atti dell'amministrazione militare, c'è stato un periodo in cui si è totalmente negata, sotto questo riflesso, la responsabilità dello Stato; ma siamo arrivati poi — e ci siamo arrivati da qualche tempo — al riconoscimento completo, sia da parte della dottrina in generale e di quella dello Stato in particolare, sia da parte della giurisprudenza regolatrice, non solo della giuridica sussistenza della responsabilità dello Stato, ma del suo carattere diretto, e cioè per fatto proprio (a rigore dell'art. 1151 del Codice civile abrogato e 2043 del Codice civile vigente) e non di carattere indiretto; e cioè per colpa del commesso, ai sensi degli articoli 1153 e — rispettivamente — 2049.

Beninteso deve farsi distinzione fra il fatto illecito, «colposo o doloso» (art. 2043 del Codice civile vigente), del dipendente e l'atto amministrativo, che è e resta insindacabile nel campo giudiziario e che può essere impugnato per illegittimità soltanto in sede amministrativa, sia in via gerarchica sia in via giurisdizionale. Questa distinzione va tenuta ben presente nella terminologia che dovrà essere usata nel testo definitivo dell'articolo.

Con questa precisazione, che pure era necessaria, insisto nella affermazione, evidentemente non valutata nella formulazione, che ormai da tempo la giurisprudenza della Corte Suprema, anche a Sezioni Unite, ha riconosciuto in pieno che lo Stato deve rispondere del fatto del proprio dipendente; e che ne risponde, come poc'anzi ho accennato, non per colpa indiretta del committente, e cioè per colpa institoria, ma per fatto proprio; in quanto lo Stato, non essendo persona fisica, ma ente morale, non può agire ed essere impegnato se non a mezzo e per fatto dei propri organi, e cioè dei suoi dipendenti. Onde, quando questi mancano e danneggiano i terzi per errore o per dolo, è lo Stato stesso che ha mancato e danneggiato e che deve riparare.

E così stando le cose, mi domando: perché usare il termine «garantire»? Non so se, dato l'uso inesplicabile di questo termine inusitato, vi si annidi qualche riserva mentale di carattere giuridico, o politico, qualche cautela nell'interesse dello Stato per eventuali rivalse, in quanto concretamente possibili, verso i dipendenti personalmente responsabili, ma effettivamente la formula dovrebbe essere la seguente: «Lo Stato risponde in proprio».

Se a una affermazione così rigorosa non si voglia arrivare, e se ne potrebbe fare a meno, perché essa è conseguenza diretta e automatica della responsabilità del dipendente (primo emendamento), si presenta un'altra soluzione: adoperiamo una formula che non abbia carattere giuridico, come quella usata, che non è assolutamente la più indicata, in quanto si garantisce l'obbligazione altrui, non quella propria; ricorriamo ad altra locuzione, non giuridica, generica e quindi anodina, ma tale da far sicuri ugualmente coloro che possono essere danneggiati del diritto al risarcimento da parte dello Stato. Lasciamo impregiudicata la natura giuridica del diritto a questo risarcimento, ed adoperiamo la formula che: «lo Stato assicura il risarcimento dei danni» (emendamento subordinato). Diciamo quindi che: «lo Stato e gli enti pubblici assicurano il risarcimento dei danni prodotti dai loro dipendenti», e, vorrei aggiungere, «nell'esercizio delle loro funzioni».

Presidente Terracini. Segue l'emendamento, già svolto, dell'onorevole Veroni:

«Al primo comma, sostituire le parole: Lo Stato e gli enti pubblici garantiscono il risarcimento dei danni arrecati dai loro dipendenti, con le seguenti: È solidale la responsabilità dello Stato e degli enti pubblici per il risarcimento dei danni arrecati dai loro dipendenti».

L'onorevole Dominedò ha presentato tre emendamenti:

«Al primo comma, alle parole: garantiscono il risarcimento, sostituire le altre: rispondono direttamente, oppure: sono tenuti al risarcimento».

«Al primo comma, secondo periodo, dopo la parola: dipendenti; aggiungere: nell'esercizio delle loro funzioni».

«Trasferire il secondo comma all'articolo 19, quale terzo comma».

Ha facoltà di svolgerli

Dominedò. Ho proposto due emendamenti al secondo periodo del primo comma all'articolo 22.

Il primo, e qui mi avvicino a quanto accennava l'onorevole Nobili Oro, ha lo scopo di sostituire l'espressione «garantiscono il risarcimento», la quale non sembra la più indovinata, se è vero che si garantisce un adempimento in senso positivo, mentre qui sorge il problema di una responsabilità per l'illecito già maturato. Quindi escluderei la terminologia «garantiscono» preferendo quella «rispondono», dato che tecnicamente qui siamo di fronte ad una vera e propria responsabilità per fatto altrui. Una terminologia così lata offre il vantaggio di lasciare aperta, in sede legislativa, ogni ulteriore specificazione; onde la responsabilità, qui genericamente affermata, potrà essere successivamente definita come sussidiaria o, in determinate ipotesi, eventualmente solidale, sarà obbiettiva o nascente da colpa, a seconda dei casi. Quindi, emendando il mio originario emendamento e togliendo l'avverbio «direttamente», mi limiterei a dire: «Lo Stato e gli enti pubblici rispondono».

Il secondo rilievo è questo: che lo Stato e gli Enti pubblici rispondono dei danni arrecati dai loro dipendenti, ma in quanto rientranti «nell'esercizio delle loro funzioni». Io vorrei aggiungere questa specificazione, che è una delimitazione essenzialmente inerente al concetto della responsabilità per fatto altrui, ed appare qui tanto più necessaria, in quanto serve da temperamento alla lata formula di «dipendenti», adottata dal progetto, in luogo di quella di funzionari o esercenti pubbliche funzioni. Anche la Costituzione spagnola del 1931, la quale, salvo errore, è la sola che tratta di professo questo problema, esprime il concetto della delimitazione della responsabilità nell'ambito delle funzioni spettanti al dipendente. Ed analogamente, in materia civilistica, vige un tale principio per quanto concerne la responsabilità del preponente per il preposto o del committente per il commesso.

V'è infine un terzo emendamento, di mera forma, riguardante il secondo comma dell'articolo, che io propongo di unire all'articolo 19, laddove sono sanzionati i principî generali in tema di esercizio di azioni a tutela dei propri diritti e interessi. Quindi penso che la norma sugli errori giudiziari vada più opportunamente inserita in sede di articolo 19, ovvero, in subordine, mi assocerei alla proposta Corsanego di fare un articolo a sé.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Bellavista, già svolto:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«La legge riconosce il diritto di riparazione alle vittime degli errori giudiziari, e ne determina le condizioni ed i modi per l'esercizio».

Gli onorevoli Costantini, Morini, Arata, Binni, Veroni, Badini Confalonieri, Cifaldi, Treves, Bassano, Crispo, hanno proposto di sostituire l'articolo con il seguente:

«I dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono responsabili degli atti compiuti nell'esercizio delle funzioni loro attribuite, in violazione di diritti o di interessi legittimi.

«Le norme relative alla responsabilità civile sono estese allo Stato e agli enti pubblici per fatti dei loro dipenditi.

«La legge determina le condizioni ed i modi per la riparazione degli errori giudiziari».

L'onorevole Costantini ha facoltà di svolgerlo.

Costantini. Ho ritenuto di presentare un emendamento sostitutivo di tutto l'articolo 22, in unione ad altri colleghi, perché mi sembrava che il testo dell'articolo formulato dalla Commissione dei Settantacinque non rispondesse a quella che è la situazione e, sotto determinati aspetti, attribuisse allo Stato responsabilità che vanno molto al di là di quelle che sono, in genere, le responsabilità per fatti altrui, cioè l'onere di risarcire i danni creati dal fatto dei propri dipendenti, secondo quanto è stabilito nella legge civile.

Ed allora, senza ripetere quello che su questa materia ci è stato detto da altri colleghi che mi hanno preceduto, mi sembra che l'espressione «i dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici sono personalmente responsabili secondo le leggi penali, civili ed amministrative degli atti compiuti in violazione di diritti», possa essere vantaggiosamente sostituita, fermo il concetto basilare della responsabilità, con quella da me usata: «I dipendenti dello Stato ed Enti pubblici sono responsabili degli atti compiuti, nell'esercizio delle funzioni loro attribuite, in violazione di diritti o di interessi legittimi». Con ciò, sostanzialmente, non si tratta di stabilire una responsabilità diretta dei dipendenti dello Stato, originata da fatti colposi o da violazioni di diritti; responsabilità già affermata dalla legge per tutti i cittadini, ma invece di stabilire, come conseguenza di un illecito o di un atto colposo del dipendente, quello che si afferma col secondo comma, cioè la responsabilità del committente per il fatto del commesso. Ecco perché ritengo che la specificazione di essere il fatto posto in relazione alle funzioni attribuite al dipendente sia indispensabile nella fattispecie, perché altrimenti noi giungeremmo ad affermare una forma di responsabilità diretta dello Stato, anche per quanto un pubblico funzionario od un dipendente dello Stato in genere faccia al di fuori delle funzioni che ad esso sono state delegate od assegnate.

Nel secondo punto, infatti, il testo del progetto dice: «Lo Stato e gli Enti pubblici garantiscono il risarcimento dei danni arrecati dai loro dipendenti», e questo senza specificare se si tratti d'una garanzia per violazioni di norme o di interessi; se nell'esercizio delle funzioni attribuite o all'infuori di esse. Ho ritenuto più utile, ripeto, chiarire il concetto, che, in fondo, dovrebbe essere quello determinante la norma, cioè: lo Stato risponde per responsabilità indiretta ai termini delle leggi vigenti.

In ultima analisi, la legislazione italiana, mi riferisco al diritto privato, sovrattutto, determina la responsabilità del committente per il fatto del commesso, dell'appaltatore per il fatto del proprio dipendente, ecc., quando il fatto lesivo sia compiuto nell'esecuzione dell'incombenza o in relazione ad essa.

È la forma di responsabilità indiretta, che viene chiaramente richiamata con riferimento alle norme fondamentali vigenti nel nostro diritto privato sulla materia.

Mi è sembrato utile dire che:

«le norme relative alla responsabilità civile sono estese allo Stato ed agli Enti pubblici per i fatti (si intende, quelli di cui al comma precedente) dei loro dipendenti».

La terza parte potrà restar tale quale, in quanto che sostanzialmente si stabilisce una responsabilità che è utile sia determinata, e si rimanda alla legge comune la specificazione delle forme, attraverso cui giungere al risarcimento dei danni recati dagli errori giudiziari.

In sostanza, io ho creduto utile portare la posizione dei dipendenti statali a quella di tutti i dipendenti privati in generale, cioè dei lavoratori per conto e nell'interesse di terzi.

La responsabilità civile per fatto altrui, la quale finora era attribuita esclusivamente ai privati, deve gravare anche sullo Stato e sugli Enti pubblici, per rispetto di un principio di eguaglianza e di giustizia, che è indispensabile stabilire, specialmente dopo le recenti se pur passate aberrazioni della giurisprudenza, che ha per tanto tempo stabilito l'assoluta irresponsabilità dello Stato per il fatto del proprio dipendente.

Presidente Terracini. L'onorevole Carignani, unitamente ad altri, ha proposto i seguenti emendamenti:

Sostituire il primo comma con il seguente:

«I dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici sono responsabili per i loro atti, secondo le leggi penali e amministrative. Lo Stato e gli enti pubblici sono tenuti al risarcimento dei danni derivati ai cittadini a causa dei loro dipendenti».

Ha poi proposto di trasferire il secondo comma all'articolo 19 del progetto.

L'onorevole Carignani ha facoltà di svolgere l'emendamento.

Carignani. Mi valgo dell'esperienza di vita amministrativa.

La mia intenzione veramente era di proporre addirittura la soppressione dell'articolo, perché trovavo superfluo che della legge costituzionale fondamentale facesse parte un provvedimento di carattere, direi, occasionale, e che si riferisce e si deve riferire, evidentemente, al tempo ed ai luoghi, dove le responsabilità devono essere delimitate.

Quindi, l'articolo in sé, secondo il mio modo di vedere, è già in una posizione difficile, quando si trova soltanto al termine del capitolo sui rapporti civili; mentre, allorché si dovrebbe parlare di responsabilità dell'impiegato, dovrebbe essere compreso ed esteso a tutta quella che è l'attività funzionale dello Stato nei suoi vari rami.

Comunque, nell'intendimento di ridurre al minimo e di affermare il concetto della responsabilità, da parte dei funzionari, nell'esercizio delle loro mansioni, io ho pensato che convenisse, soprattutto, variare la prima parte dell'articolo, sopprimendo quella che poteva apparire una cosa troppo pesante per la grande massa dei dipendenti dello Stato, che leggeranno la Carta costituzionale; ed intanto direi di abolire quell'avverbio «personalmente» che mi dà l'impressione di un pugno nel petto per quei disgraziati di impiegati che debbono attendere a questi servizi. E direi: «I dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici sono responsabili (anziché sono personalmente responsabili) dei loro atti secondo la legge penale ed amministrativa».

Qualche collega mi ha fatto osservare che parlare di responsabilità secondo la legge penale è una cosa pleonastica, perché evidentemente qualunque cittadino che compia in qualsiasi grado e stadio della sua vita un atto che offenda la legge penale cade sotto la legge penale stessa, e questo non c'è bisogno di dirlo qui.

Si dice nel testo che, oltre che ai sensi della legge penale, l'impiegato risponde anche civilmente. Anche su questo io richiamo la vostra attenzione; specialmente gli avvocati sanno che cosa vuol dire quell'avverbio «civilmente»: questa responsabilità caricata sulle spalle di un povero burocrate, non è il caso di affermarla qui, anche perché non dobbiamo vedere sempre nei burocrati solo dei nemici degli amministrati, perché ci sono, ci sarà, un'aliquota di persone che dovrebbero andare a fare un altro mestiere, ma nella grande massa i burocrati, da decenni e decenni, danno un esempio di molta serietà ed hanno un senso di responsabilità veramente rispettabile. È una cosa questa che in fondo finisce per creare un'atmosfera di antipatia fra la nuova Repubblica e la massa degli impiegati.

Tornando alla questione della «responsabilità civile», io desidero ricordare che, quando si richiama questo concetto, si dice cosa che supera ogni sanzione inerente ai doveri dell'ufficio e pone l'impiegato alla mercé dello spirito litigioso dei cittadini. E le conseguenze saranno sempre gravi per il povero impiegato, perché — anche se avrà ragione — dovrà pur sempre difendersi. Quindi eviterei di adoperare quel termine «civile» nell'articolo, perché dà la sensazione di essere un qualche cosa di molto pesante sulle spalle degli impiegati, mentre che, per la natura del diritto privatistico, si ha sempre l'affermazione di eventuali responsabilità civili senza bisogno di dirlo. La responsabilità amministrativa, inoltre, è in re ipsa, per il fatto stesso che un impiegato il quale esercita una mansione amministrativa cade sotto la sanzione di quella legge che — per così dire — è lo strumento del suo lavoro.

Per indulgere in qualche maniera al testo della Commissione, io avrei limitato la motivazione soltanto in riferimento alle sanzioni delle leggi penali ed amministrative, omettendo «con intenzione» quelle civili, perché rappresentano evidentemente un pericolo anche più grave per i dipendenti che oltre le responsabilità derivanti dalle norme amministrative — già di per sé onerose — si troverebbero a sopportare il carico di un risarcimento danni che finirebbe per rovinarli del tutto, nel caso deprecato di qualche infortunio professionale. Una considerazione di ordine generale mi pare che si imponga: se noi tendiamo a stringere questa grande massa impiegatizia nelle morse di gravi responsabilità, bisogna stare attenti, perché potremmo paralizzare la vita del Paese; questo è il più grande pericolo. (Commenti).

Voci. No, no!

Carignani. Può dire di no chi non vive molto in questo ambiente; io ho dovuto viverci, e quando cominciate a pensare che l'impiegato possa domani giustificare se stesso con queste responsabilità che gli derivano dallo Statuto del nostro Paese, evidentemente noi non possiamo neanche fare delle pressioni maggiori, perché quell'impiegato giustifica bene la sua inerzia. E questo rappresenterebbe un grande detrimento per tutta la vita burocratica dello Stato.

Per ciò che riguarda il secondo periodo, le considerazioni sono ovvie ed ognuno le ha fatte prima di me. Anche qui ho cercato di attutire il colpo per ciò che riguarda sempre la funzione dell'impiegato.

Mentre il testo dice: «Lo Stato e gli Enti pubblici garantiscono il risarcimento dei danni arrecati dai loro dipendenti», io ridurrei la formula in questi termini: «Lo Stato e gli Enti pubblici sono tenuti al risarcimento dei danni derivati ai cittadini a causa dei loro dipendenti».

La dizione da me proposta tende ad attenuare la sostanza e la forma. Il concetto che lo Stato debba risarcire i danni arrecati dalla cattiva amministrazione è un concetto giuridicamente fondato; ma il dire, come si dice qui, che i danni dovevano essere arrecati dai dipendenti, viene a creare quasi una rivalsa dello Stato verso i dipendenti, per il danno che essi avessero potuto arrecare nei confronti di qualche cittadino in conseguenza della loro attività professionale di impiegati. Ed allora mi è sembrato che fosse più opportuno ridurre al minimo questa espressione, dandosi ad essa il modo per una interpretazione più favorevole verso i dipendenti.

Un'ultima osservazione, che mi pare di ordine logico e credo sia stata già fatta dall'onorevole Dominedò, a proposito del secondo comma dell'articolo 22, il quale dice:

«La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari».

Mi pare che sia ovvio come questo comma non abbia proprio nulla a che fare con l'articolo 22. Cosa c'entrano gli errori giudiziari con l'affermazione di un principio di responsabilità?

Giustamente l'onorevole Dominedò ha già osservato che questo capoverso poteva andare benissimo a fine dell'articolo 19; ed io mi associo volentieri a questo suo modo di vedere, perché la lettura dell'articolo 19 convince facilmente che esso è il punto più adatto in cui si può inserire questo capoverso.

Infatti, dice l'articolo 19:

«Tutti possono adire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi».

E con questo si afferma il diritto attivo del cittadino all'azione, quindi si entra nel cuore dei rapporti giudiziari che consacrano il diritto del cittadino a chieder giustizia allo Stato.

E si aggiunge: «La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento». E allora ne può discendere, anzi ne deve discendere, che gli errori giudiziari devono essere riparati in quel determinato modo che fisserà la legge; di modo che mi pare che, per logica conseguenza di un criterio strutturale dell'articolo 19, potrebbe andare in calce questo ultimo capoverso, piuttosto che lasciarlo in fondo all'articolo 22, dove è assolutamente fuor di posto.

Presidente Terracini. L'onorevole Patricolo ha presentato i seguenti emendamenti:

«Raggruppare gli articoli 8, 17, 18, 21, 20, 19, 22 nell'ordine».

«Raggruppare gli articoli 10, 12, 13, 14, 15 nell'ordine».

«Raggruppare gli articoli 16, 9 nell'ordine».

«Porre in ultimo l'articolo 11».

«La disposizione degli articoli sarebbe, pertanto, la seguente: 8 (8), 9 (17), 10 (18), 11 (21), 12 (20), 13 (19), 14 (22), 15 (10), 16 (12), 17 (13), 18 (14), 19 (15), 20 (16), 21 (9), 22 (11)».

«Trasferire l'ultimo comma all'articolo 22, quale ultimo comma».

Non essendo l'onorevole Patricolo presente, gli emendamenti si intendono decaduti.

Chiedo il parere della Commissione sugli emendamenti.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Mi permetto anche io fare una raccomandazione agli onorevoli colleghi: quella di non presentare gli emendamenti all'ultima ora.

Carignani. L'ha già fatta il Presidente.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. A maggior ragione devo farla io, perché sono io che devo rispondere. E non la faccio all'onorevole Carignani, ma a tutti. Noi dobbiamo anche prepararci per rispondere e, quindi, una raccomandazione di questo genere non mi pare che sia superflua, e non ha alcun riferimento personale. La raccomandazione è generale, vale per tutti e, se accolta, avrà una particolare importanza per noi che pur dobbiamo rispondere a tutti. In questa raccomandazione non c'è niente di men che deferente verso i colleghi.

Ma per tornare al merito, prendo senz'altro in esame gli emendamenti presentati all'articolo 22 del progetto.

Questo articolo rappresenta una notevole conquista nel piano costituzionale. Afferma un principio ormai maturo nella coscienza nazionale e un progresso importante nel campo del diritto pubblico. L'articolo consta di due elementi fondamentali: 1°) la responsabilità personale del funzionario; 2°) la garanzia, che vorrei dire sussidiaria, dello Stato, in ordine alle omissioni o agli atti dei funzionari in dispregio delle leggi penali, civili e amministrative.

La prima parte dell'articolo, infatti, stabilisce che «I dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici sono personalmente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti». Esaminerò pertanto gli emendamenti relativi a questo comma a cominciare da quello dell'onorevole Corsanego, il quale propone che alla parola «atti» si aggiungano le altre «o omissioni». Lo stesso onorevole Corsanego ha detto, nell'illustrazione del suo emendamento, che anche l'omissione esaurisce per se stessa la figura di un atto. Tuttavia egli giustifica la proposta con la necessità di rendere più chiaro ed esplicito il concetto relativo, affermando che la Costituzione è fatta per il popolo e non per i giuristi. Osservo subito all'onorevole Corsanego che per sua stessa ammissione la parola «atto» è comprensiva di atto omesso e però il meno che si possa dire è che l'emendamento è pleonastico. In ogni caso se è vero che la Costituzione è fatta per il popolo è altrettanto vero che ad applicarla saranno chiamati i giuristi, i quali non potranno non tener conto dello spirito che ci anima. La Commissione quindi è contraria all'emendamento e prego l'onorevole Corsanego di ritirarlo.

L'onorevole Nobili Tito Oro propone in via principale la soppressione pura e semplice della seconda proposizione del primo comma: Lo Stato e gli Enti pubblici garantiscono, ecc., e in via subordinata la sostituzione del termine garantiscono con quello: «assicurano».

Nobili Tito Oro. È un altro emendamento.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Comunque, l'emendamento dice: «assicurano il risarcimento dei danni arrecati dai loro dipendenti». Anche questo emendamento subordinato non può essere accettato dalla Commissione, perché altera il significato di tutto il primo comma in cui — secondo l'illustrazione da me fattane — la responsabilità prevista è graduata, cioè investe prima il funzionano e in via sussidiaria l'Amministrazione dello Stato. Se questo è il nostro pensiero, l'espressione più adeguata è data dalla parola «garantiscono» e non da quella «assicurano» proposta dall'onorevole Nobili Tito Oro; il quale vorrà accogliere la mia preghiera di non insistervi. A mia volta, assicuro lo stesso onorevole Nobili Tito Oro che l'emendamento aggiuntivo da lui proposto con la seguente formula: «nell'esercizio delle loro funzioni» è accettato dalla Commissione, e poiché eguale emendamento è stato proposto dall'onorevole Dominedò, valga per lui la stessa assicurazione.

L'onorevole Dominedò propone anche un altro emendamento, quello, cioè, di sostituire l'avverbio «direttamente» all'altro: «personalmente» usato nella nostra formula.

Accettiamo l'emendamento, perché il termine proposto dall'onorevole Dominedò sottolinea ancora di più la gradualità di responsabilità del funzionario e la garanzia sussidiaria dello Stato, che è nel nostro pensiero.

Però non potremo accedere all'altra proposta di emendamento: «sono tenuti al risarcimento», perché, mentre l'onorevole Dominedò, nel darne ragione e atto, crede che questo sia un termine meno accentuato di quello che non sia l'altro «garantiscono», l'impressione mia e nostra è che dire «sono tenuti al risarcimento lo Stato e gli Enti pubblici» sia ancora più forte che dire «garantiscono», quando a questo termine «garantiscono» si dà quel valore sussidiario, graduale, vorrei dire, subordinato, alla responsabilità diretta del funzionario di cui ho dato ragione nel sostenere il nostro articolo.

Accediamo inoltre alla proposta degli onorevoli Dominedò e Carignani di collocare il secondo comma dell'articolo 22 in fine all'articolo 19.

E ora passiamo agli ultimi due emendamenti, dell'onorevole Costantini l'uno e ancora dell'onorevole Carignani l'altro. All'onorevole Costantini ricordo le ragioni da me addotte a sostegno del primo comma dell'articolo e l'accettazione da noi data agli emendamenti degli onorevoli Dominedò e Nobili Tito Oro, circa la sostituzione della parola «personalmente» con l'altra «direttamente», e l'aggiunta «nell'esercizio delle loro funzioni» al primo comma dell'articolo stesso. Penso che, così modificato, il comma possa anche soddisfare l'esigenza di cui si è reso interprete l'onorevole Costantini, al quale, pertanto, rivolgo l'invito a non insistere nel suo emendamento, e a ritenersi altresì soddisfatto di quanto ho detto a proposito dell'ultima parte dell'articolo e del suo collocamento alla fine dell'articolo 19. L'onorevole Carignani inoltre propone con un suo emendamento di sopprimere dal testo della formula del primo comma «le leggi civili», modificandola così: «I dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici sono responsabili per i loro atti, secondo le leggi penali ed amministrative». Non sono d'accordo con l'onorevole Carignani, circa l'opportunità della soppressione di questo inciso che restringerebbe di troppo la portata di applicazione dell'articolo, sottraendogli un vasto campo di tutela a favore dei cittadini nei riguardi dei funzionari civili, il cui vigile senso di responsabilità non deve venir mai meno.

La seconda parte dell'emendamento dell'onorevole Carignani, consistente nelle parole «Lo Stato e gli Enti pubblici sono tenuti al risarcimento dei danni derivati ai cittadini a causa dei loro dipendenti», mi pare sia un po' troppo sfumata e sia molto meno energica e precisa della nostra formula, che raccomando all'approvazione dell'Assemblea.

Presidente Terracini. I presentatori degli emendamenti hanno udito le considerazioni della Commissione.

Onorevole Corsanego, mantiene i due emendamenti?

Corsanego. Dopo aver sentito le spiegazioni dell'onorevole Tupini, devo insistere. Io direi: «I dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono personalmente responsabili secondo le leggi penali, civili e amministrative degli atti compiuti od omessi in violazione di diritti».

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Onorevole Corsanego, le faccio notare che la formula «atti omessi» non è eccessivamente propria.

Presidente Terracini. Onorevole Nobili Tito Oro, insiste nei suoi emendamenti?

Nobili Tito Oro. Desidero spiegare le ragioni per le quali ritiro uno dei miei due emendamenti. Come avevo previsto, era interessante conoscere le ragioni per le quali, contrariamente alla terminologia giuridica, la Commissione aveva ritenuto di adoperare il termine «garantiscono» (ossia assumono l'obbligazione sussidiaria di garantire di pagare). In effetti è qui l'errore che si annida nella terminologia usata dalla Commissione. L'obbligo dello Stato e degli enti pubblici non è un obbligo sussidiario. Mi rincresce che l'onorevole Tupini non mi abbia ascoltato. La dottrina moderna e anche l'attuale giurisprudenza hanno riconosciuto che lo Stato e gli enti pubblici, non essendo persone fisiche, non possono assumere obbligazioni se non attraverso i propri organi, e i dipendenti sono appunto gli organi dello Stato e dei enti pubblici.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Il concetto della Commissione rimane quello che ho esposto.

Nobili Tito Oro. Ora, la responsabilità per gli atti di un dipendente è per lo Stato e per gli enti pubblici sempre una responsabilità diretta; quindi per essi non va offerta una garanzia per il fatto altrui, ma va riconosciuta una responsabilità per il fatto proprio. Ecco perché, proponendo la formula «assicurano» invece di quella «garantiscono» rispondevo a una sola preoccupazione: quella di non deformare la natura giuridica dell'obbligo e, insieme, di non pregiudicare la ulteriore elaborazione della dottrina e della giurisprudenza: e a entrambe le necessità risponde a pieno la locuzione proposta «assicurano».

Tale locuzione infatti consente al legislatore di domani di adottare la risoluzione dottrinaria più rispondente alla evoluzione dello Stato e degli enti pubblici, pur senza disubbidire al precetto della Costituzione. Approvando invece il testo del progetto, il legislatore si troverebbe domani nella condizione di dover considerare come forma di garanzia il risarcimento da parte dello Stato delle indennità dovute per lesioni di diritti.

E pertanto, io rinuncio all'emendamento soppressivo e insisto nell'emendamento subordinato che sostituisce la locuzione «assicurano» all'altra «garantiscono».

Presidente Terracini. Onorevole Veroni, insiste nel suo emendamento?

Veroni. Insisto.

Presidente Terracini. Onorevole Dominedò, insiste nei suoi emendamenti?

Dominedò. Ringrazio la Commissione per avere accettato i miei due emendamenti relativi alla delimitazione all'«esercizio delle funzioni» del dipendente dello Stato, nonché alla collocazione del secondo comma. Quanto all'emendamento relativo al termine «garantiscono», rispondo che dovrei insistere per motivi evidenti di tecnica giuridica. Domanderei comunque alla Commissione se, volendo insistere nel concetto della responsabilità, che a mio avviso resta impregiudicato anche con la formula generica, non pensi di dire: «rispondono in via sussidiaria» anziché «garantiscono».

Presidente Terracini. Onorevole Tupini, vuole rispondere a quest'ultima proposta dell'onorevole Dominedò?

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. L'onorevole Dominedò propone di usare la formulazione «rispondono in via sussidiaria». Mi pare che il termine sia poco costituzionale. Quando ho detto che al termine «garantiscono» deve essere dato un valore di garanzia sussidiaria, mi pare che l'esigenza dell'onorevole Dominedò debba essere soddisfatta. È questo il valore del termine «garantire».

Anche nei confronti dell'onorevole Nobili osservo che, ove noi accettassimo il suo emendamento, consentiremmo alla soppressione automatica della responsabilità personale e diretta del funzionario, la quale è primaria e come tale deve essere perseguita per prima. Lo Stato viene dopo e la sua responsabilità è sussidiaria. Sancirla in via diretta sarebbe troppo grave e noi non vi potremmo consentire.

Nobili Tito Oro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nobili Tito Oro. Io attribuisco troppo valore al pensiero giuridico dell'onorevole Tupini per non sentire il dovere di una ulteriore risposta e la risposta conferma quello che dicevo prima; la responsabilità sussidiaria non sorge in colui che ha una responsabilità propria, diretta, iniziale. È lo Stato, sono gli enti pubblici che sono direttamente responsabili; ciò non toglie che verso lo Stato e verso gli enti pubblici possano essere a loro volta responsabili, per il fatto proprio materiale o per la loro omissione, i dipendenti. Ma responsabili nei confronti dei terzi saranno lo Stato e gli enti pubblici. E la preoccupazione dell'onorevole Tupini, di fare rispondere in via principale il dipendente e in via sussidiaria lo Stato e gli altri enti, nasconde anche una possibilità di danno per lo Stato: perché il giorno in cui fosse investito di responsabilità il dipendente, il primo interessato a difenderlo sarebbe l'ente. E questo lo dovrebbe difendere per cercare di difendere con lui se stesso nei confronti di chi richiede il risarcimento del danno.

Per conseguenza morale, quando sarà avvenuta la condanna nei confronti del terzo, lo Stato pagherà, ma non potrà ripetere dal dipendente che egli ha difeso e ha dichiarato innocente.

Presidente Terracini. Onorevole Carignani, mantiene il suo emendamento?

Carignani. Devo insistere. Giustamente ha detto l'onorevole Tupini che in fondo il mio emendamento tende a svuotare di contenuto quello che è stato il pensiero della Commissione, ed è proprio quello che mi proponevo di fare. Sono d'accordo anche con me, molti altri colleghi che hanno ascoltato le mie modeste considerazioni e mi dolgo soltanto di non averle esposte più ampiamente in fase preliminare allorché si è discusso dei rapporti civili in genere.

Per queste ragioni, serie, obiettive e degne di considerazione, devo insistere nelle formule così come sono state da me dettate, rilevando ancora una volta che anche là dove si parla di leggi penali ed amministrative si tratta semplicemente di una concessione che io ho fatto alla formula della Commissione nell'intendimento di trovare un mezzo termine che potesse consentire un'intesa; ma per la mia coscienza e per le nozioni di diritto che ho, mi sembra che in un atto importante come la Costituzione basterebbe soltanto l'affermazione del principio di responsabilità per dire quello che si è inteso dire con questa formula, riservando alle leggi future di determinare i limiti e i termini della responsabilità dei dipendenti in relazione all'importanza della materia regolata.

Presidente Terracini. Onorevole Costantini, mantiene il suo emendamento?

Costantini. Devo mantenerlo, perché non sono affatto dell'opinione di Nobili che cioè lo Stato risponde di responsabilità diretta per l'azione dei propri dipendenti. Devo mantenere l'emendamento da me proposto in quanto che credo che nella formulazione da me data si rispecchi una maggiore rispondenza al principio stesso. Le norme relative alla responsabilità civile sono estese allo Stato e agli enti pubblici per il fatto dei loro dipendenti: questa formulazione credo che sia la più idonea ed ecco perché mantengo il mio emendamento.

Presidente Terracini. Passiamo ora alla votazione. Per il primo comma occorre votare innanzitutto sull'emendamento sostitutivo della prima parte proposto dall'onorevole Costantini:

«I dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono responsabili degli atti compiuti nell'esercizio delle funzioni loro attribuite in violazione di diritti o d'interessi legittimi».

Tosato. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Tosato. A me sembra che debbano esser messi prima in votazione gli emendamenti proposti dagli onorevoli Nobili Tito Oro e Carignani, perché più si allontanano dal testo della Commissione. Noi dobbiamo pronunciarci per la responsabilità diretta o per la responsabilità indiretta dello Stato. La tesi seguita dalla Commissione è per la responsabilità indiretta dello Stato e per la responsabilità diretta del funzionario; la tesi propugnata sia dall'onorevole Nobili Tito Oro che dall'onorevole Carignani è per la responsabilità diretta dello Stato e soltanto indiretta del funzionario.

Presidente Terracini. L'emendamento dell'onorevole Nobili Tito Oro si riferisce alla seconda parte del primo comma dell'articolo, poiché egli chiede che alla parola «garantiscono» si sostituisca la parola «assicurano».

Il primo comma dell'emendamento dell'onorevole Costantini, si riferisce, invece, alla prima parte.

Pongo dunque in votazione l'emendamento Costantini, non accettato dalla Commissione.

(Dopo prova e controprova, non è approvato).

Pongo ora in votazione l'emendamento dell'onorevole Carignani, inteso a sostituire la prima parte del primo comma dell'articolo:

«I dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono responsabili per i loro atti secondo le leggi penali ed amministrative.».

(Non è approvato).

Pongo in votazione la prima parte del primo comma del testo della Commissione, con la modificazione accettata che sostituisce alla parola: «personalmente» l'altra: «direttamente»:

«I dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti».

(È approvata).

Pongo in votazione la proposta dell'onorevole Corsanego di aggiungere, alla prima parte del primo comma, dopo la parola: «atti» le parole: «o omissioni».

Leone Giovanni. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà:

Leone Giovanni. Voterò a favore della proposta Corsanego, perché a me sembra che l'espressione «atti» non abbia accezione concorde; da taluni è interpretata come azione positiva, come qualcosa che si fa.

Ora, la Commissione vuole colpire anche le omissioni.

D'altra parte lo stesso Codice penale parla di omissioni e di atti. Omissione è il mancato adempimento dei doveri.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Questa proposta, se accettata, potrebbe avere gravi conseguenze.

Presidente Terracini. La Commissione non accetta la proposta Corsanego; anzi ne sottolinea la particolare gravità.

La pongo ai voti.

(Non è approvata).

Passiamo alla votazione sulla seconda parte del primo comma. L'onorevole Costantini ha proposto di farne un comma a sé, con questa formulazione: «Le norme relative alla responsabilità civile sono estese allo Stato e agli enti pubblici per i fatti dei loro dipendenti».

Veroni. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Veroni. Mi associo all'emendamento dell'onorevole Costantini e ritiro il mio emendamento.

Caroleo. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Caroleo. Voto a favore dell'emendamento dell'onorevole Costantini, perché è già notevole la responsabilità che si è addossata allo Stato con l'articolo che abbiamo già in parte votato. È vero quanto diceva l'onorevole Nobili Oro, e cioè che dal punto di vista tecnico-giuridico si tratterebbe di una vera e propria responsabilità diretta; ma anche nei rapporti fra privati la responsabilità per colpa grave può essere limitata, e quindi nei rapporti tra enti pubblici e privati può anche essere modificata la forma della responsabilità, per attenuarne le conseguenze. Pertanto io aderisco senz'altro alla formulazione dell'onorevole Costantini.

Nobili Tito Oro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nobili Tito Oro. Dato che la formulazione attuale dell'emendamento Costantini è assorbente anche dell'emendamento mio, in quanto le norme della responsabilità civile sono ormai interpretate nel senso da me esposto, dichiaro che accetto tale formulazione, in quanto generica ma più precisa del testo del progetto; voto per essa e ritiro il mio emendamento.

Presidente Terracini. Pongo in votazione la formula proposta dall'onorevole Costantini:

«Le norme relative alla responsabilità civile sono estese allo Stato ed agli enti pubblici per i fatti dei loro dipendenti».

(È approvata).

Con l'approvazione di questa formula resta assorbita la seconda parte dell'emendamento Carignani.

Resta anche assorbito l'emendamento dell'onorevole Dominedò, il quale proponeva — e la Commissione aveva accettato — di aggiungere alla fine del primo comma del testo della Commissione le parole: «nell'esercizio delle loro funzioni». Pongo in votazione la proposta degli onorevoli Dominedò e Carignani, accettata dalla Commissione, di trasferire in fine all'articolo 19 l'ultimo comma dell'articolo 22:

«La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari».

(È approvata).

Con l'approvazione di questa proposta l'emendamento dell'onorevole Corsanego, tendente a fare del secondo comma un articolo a sé, rimane assorbito.

Il testo dell'articolo 22 resta pertanto il seguente:

«I dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili secondo le leggi penali, civili ed amministrative degli atti compiuti in violazione di diritti.

«Le norme relative alla responsabilità civile sono estese allo Stato ed agli enti pubblici per i fatti dei loro dipendenti».

L'ultimo comma che abbiamo votato: «La legge determina le condizioni, ecc.» sarà trasferito alla fine dell'articolo 19.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti