[Il 5 novembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sulla famiglia. — Presidenza del Deputato Corsanego, indi del Presidente Tupini.]

Il Presidente Corsanego comunica che l'onorevole Togliatti, d'accordo con i relatori onorevoli Iotti Leonilde e Corsanego, ha formulato il seguente articolo che sottopone all'esame dei Commissari: «La famiglia è una società naturale e come tale lo Stato la riconosce e ne tutela i diritti, allo scopo di accrescere la solidarietà morale e la prosperità materiale della Nazione».

Moro propone le seguenti modifiche di forma: al posto di «solidarietà», sostituire il termine «saldezza» e in luogo delle parole «della Nazione», sostituire «del popolo italiano».

Iotti Leonilde, Relatrice, propone di sostituire le parole: «la riconosce e ne tutela i diritti», con le seguenti: «ne riconosce i diritti e la tutela».

Cevolotto rileva che in tutti gli articoli approvati si è abusato dell'affermazione dei doveri di garanzia da parte dello Stato, dando così alla Carta costituzionale un carattere di fideiussione che non dovrebbe avere. A suo parere lo Stato riconosce dei diritti, ma non può dare delle garanzie o delle assicurazioni per il raggiungimento di determinati scopi.

Moro propone di sostituire il termine «accrescere» con «assicurare».

Il Presidente Corsanego comunica che, accettando le modifiche proposte, la formula verrebbe ad essere del seguente tenore: «La famiglia è una società naturale e come tale lo Stato ne riconosce i diritti, e la tutela allo scopo di accrescere (o assicurare) la saldezza morale e la prosperità del popolo italiano».

Iotti Leonilde, Relatrice, propone che si dica: «prosperità materiale del popolo italiano».

Moro fa presente che già nel termine «prosperità», è contenuto il concetto di un benessere materiale.

Mastrojanni si sofferma sulla definizione di società naturale che si vuol dare alla famiglia. Riconosce che da un punto di vista etico tale definizione può essere accettata, ma fa presente che, quando si parla di diritti che lo Stato deve riconoscere, tali diritti sono riconosciuti non in quanto la famiglia è una società naturale, ma in quanto è una entità giuridicamente riconosciuta.

Pertanto rileva che tra l'affermazione della famiglia come società naturale e l'affermazione dei diritti che le vengono riconosciuti vi è una stridente contraddizione.

Il Presidente Corsanego fa osservare all'onorevole Mastrojanni che non vi possono essere dubbi sul fatto che la famiglia è una società naturale.

La enunciazione dell'articolo rappresenta il riconoscimento di una verità che si potrebbe definire lapalissiana.

Mastrojanni obietta che allora occorrerebbe ricorrere ad una dizione meno contraddittoria.

Cevolotto dichiara che l'affermazione che la famiglia è una società naturale presuppone una entità che precede l'ordinamento dello Stato e che prescinde da qualsiasi ordinamento religioso.

Fa rilevare che tale affermazione, molto audace da parte dei rappresentanti democristiani, trae come conseguenza il diritto all'intervento da parte dello Stato per regolare la famiglia.

Il Presidente Corsanego fa presente all'onorevole Cevolotto che alla sua osservazione risponde la finalizzazione contenuta nel seguito dell'articolo, dove si dice: «allo scopo di accrescere e assicurare la saldezza morale e la prosperità del popolo italiano».

Moro dichiara che con la formula in esame sostanzialmente si vuol dire che la famiglia ha un suo ordinamento, che deve essere coordinato con quello dello Stato, e la prima forma elementare di questo ordinamento è il riconoscimento costituzionale che lo Stato dà alla famiglia.

Lucifero dichiara di essere d'accordo sulle dichiarazioni di principio contenute nella formula in esame, ma fa presente che, come è stato sempre contrario ad ogni finalizzazione, così è contrario alla seconda parte dell'articolo che ritiene in contraddizione stridente con la prima. Infatti, se si riconosce alla famiglia uno status di preesistenza e di organizzazione propria, con leggi proprie, l'entità familiare non può essere finalizzata. O si ammette un ordinamento interiore della famiglia, e allora questo ordinamento si finalizza in se stesso, o non si ammette e allora la famiglia diventa un organismo di diritto politico.

Quanto poi alla parola «Nazione», insiste, qualora tale finalizzazione dovesse essere affermata nella formula in esame, perché venga mantenuta, respingendo l'emendamento dell'onorevole Moro tendente a sostituirla con le parole «popolo italiano». Ritiene infatti che ci si debba liberare di certi complessi di inferiorità e accettare i termini nel loro significato reale, anche se, in altri tempi, sono stati qualche volta adoperati male. In secondo luogo ritiene necessario che l'affermazione del termine: «Nazione», in un momento in cui la Nazione italiana viene così profondamente mutilata nel suo territorio e nella sua integrità, sia inserita nel testo costituzionale in modo da ricordare che la nazione italiana esiste.

Il Presidente Corsanego fa osservare all'onorevole Lucifero che si sta facendo la Costituzione, cioè si sta dando un fondamento legislativo allo Stato italiano, e l'istituto della famiglia deve essere considerato sotto questo aspetto. Non si tratta quindi di finalizzare la famiglia la quale, come società naturale, ha i suoi fini in se stessa, ma di inquadrare tale entità tra gli istituti della Nazione.

Moro fa osservare all'onorevole Lucifero che nella formula occorre vedere due parti distinte. La prima riguarda l'affermazione generale per cui la famiglia è intesa come un ordinamento originario; e non crede che su tale affermazione possano sorgere contrasti. La seconda parte riguarda più specificatamente il coordinamento dell'ordinamento familiare con quello dello Stato, e riconosce la necessità che individuo e famiglia fluiscano nell'ambito della vita sociale assumendo in essa tutte le loro responsabilità. Per sottolineare poi l'importanza che ha la famiglia nell'ambito della vita sociale e l'opportunità che lo Stato la difenda, si dice che esso la difende anche in quanto vede in essa la cellula di una società ordinata sotto il profilo della saldezza morale e della prosperità, la quale non va intesa solo come prosperità economica, ma messa in relazione con le fondamentali concezioni cristiane.

Per quanto riguarda il termine: «nazione», non ha nessuna difficoltà ad accogliere le ragioni dell'onorevole Lucifero perché questo termine sia mantenuto.

Lucifero dichiara di condividere il pensiero dell'onorevole Moro sulla famiglia intesa come fatto etico e pratico che lo Stato deve riconoscere. A suo parere, però, lo Stato deve dare questo riconoscimento alla famiglia tutelandola e difendendola come tale, e non allo scopo di raggiungere un benessere materiale e morale della Nazione, perché questo significherebbe che lo Stato non tutela la famiglia in quanto è un istituto originario, ma unicamente per determinati fini. Ripete di essere contrario a questa finalizzazione, poiché essa sposta i termini dell'affermazione enunciata nella prima parte dell'articolo, determinando un contrasto che le dichiarazioni dell'onorevole Moro non hanno fatto che sottolineare.

Rileva infine che, se si tratta di una questione puramente grammaticale, si può cercare una soluzione, altrimenti non sarà possibile venire ad un accordo.

Moro propone che si dica «anche allo scopo...».

Lucifero dichiara che tale aggiunta può costituire una esemplificazione.

Il Presidente Corsanego fa rilevare che, pur senza l'aggiunta del termine «anche» le preoccupazioni dell'onorevole Lucifero non hanno ragione di essere, poiché lo Stato protegge la famiglia come società naturale e la tutela allo scopo di accrescerne la prosperità.

Mastrojanni propone la formula seguente, che ritiene conciliativa dei punti di vista esposti dall'onorevole Lucifero e dall'onorevole Moro: «La famiglia, quale società naturale riconosciuta negli ordinamenti giuridici dello Stato, assicura alla Nazione e ai singoli il primo fondamento morale ed il completo sviluppo di ogni prosperità».

Iotti Leonilde, Relatrice, si dichiara contraria alla formula proposta dall'onorevole Mastrojanni, perché le sembra poco chiara e non facilmente comprensibile per tutti i cittadini, trattandosi di un argomento fondamentale quale è quello della famiglia.

Mastrojanni osserva che qualunque possa essere la formula che si voglia escogitare per identificare la natura della famiglia nello Stato italiano, questa non potrà esprimere nulla e non potrà impegnare in nessun modo lo Stato, trattandosi di un riconoscimento di valori essenzialmente etici.

De Vita dichiara di poter essere d'accordo sull'affermazione relativa al riconoscimento dei diritti per la famiglia, qualora ci si limiti soltanto a questa affermazione generale. Ma non accetta che negli articoli successivi sia contenuta una particolare disciplina giuridica riguardante la famiglia, poiché lo Stato non può regolare a mezzo di leggi legami intimamente connessi con l'indole dell'individuo. Ritiene che ciò potrebbe avere effetti funesti e che pertanto lo Stato deve astenersi da qualsiasi intervento in questa materia.

Lucifero rileva nuovamente che la formula proposta dai correlatori è contraddittoria, perché cerca di conciliare due tendenze in contrasto. Perciò, se si dovesse giungere ad una votazione, propone che questa avvenga per divisione.

Cevolotto ritiene che aggiungendo la parola «anche», cioè dicendo: «anche allo scopo, ecc...» potrebbero essere rimosse le preoccupazioni dell'onorevole Lucifero.

Lucifero non crede che questa aggiunta possa venire accolta da quei Commissari che hanno una concezione diversa.

Iotti Leonilde, Relatrice, dichiara di non poter accettare l'emendamento aggiuntivo proposto dall'onorevole Moro.

Il Presidente Corsanego propone che si restringa la formula alla prima parte; cioè si dica soltanto: «La famiglia è una società naturale e come tale lo Stato la riconosce e ne tutela i diritti».

Iotti Leonilde, Relatrice, dichiara di non ritenere sufficiente questa semplice affermazione, poiché considera necessaria l'aggiunta dei concetti contenuti nella seconda parte della formula proposta.

Mastrojanni fa presente che, dicendo che la famiglia è riconosciuta dallo Stato in quanto è una società naturale, si viene ad ammettere la possibilità del riconoscimento anche per quelle famiglie che si costituiscono al di fuori del vincolo coniugale, che sono prive cioè del crisma della legalità e del sacramento religioso; e in questo senso anche il concubinato sarebbe riconosciuto dallo Stato.

Presidenza del Presidente Tupini

Moro precisa che, quando si dice che la famiglia è una società naturale, non ci si deve riferire immediatamente al vincolo sacramentale; si vuole riconoscere che la famiglia nelle sue fasi iniziali è una società naturale. Afferma quindi che, pur essendo molto caro ai democristiani il concetto del vincolo sacramentale nella famiglia, questo non impedisce di raffigurare anche una famiglia, comunque costituita, come una società che, presentando determinati caratteri di stabilità e di funzionalità umana, possa inserirsi nella vita sociale. Mettendo da parte il vincolo sacramentale, si può raffigurare la famiglia nella sua struttura come una società complessa non soltanto di interessi e di affetti, ma soprattutto dotata di una propria consistenza che trascende i vincoli che possono solo temporaneamente tenere unite due persone.

De Vita insiste nel richiamare l'attenzione dei Commissari sul fatto che, mentre l'articolo in esame parla di un riconoscimento della famiglia da parte dello Stato in quanto essa è una società naturale, negli articoli successivi si viene a stabilire una disciplina, una ingerenza dello Stato nell'istituto della famiglia. Domanda perciò se si vuole soltanto riconoscere e tutelare la famiglia in quanto tale, oppure ammettere l'ingerenza dello Stato in questo istituto. Ritiene che per poter discutere il primo articolo, sia necessario prima chiarire questo punto fondamentale.

Dichiara di poter accettare il primo articolo, ma di essere decisamente contrario ai successivi.

Moro afferma che, poiché nel diritto privato italiano vi è tutta una parte che riguarda i diritti della famiglia, non si può prescindere, in sede di Costituzione, da una disciplina dei vincoli familiari. Questa disciplina non deve far pensare ad una ingerenza da parte dello Stato e quindi ad una menomazione dell'istituto familiare, ma piuttosto ad una garanzia maggiore che a questo istituto viene concessa. Con gli articoli proposti si vuole dare un indirizzo al legislatore, affinché, nella disciplina concreta dei rapporti di diritto familiare, si attenga a quei principî che si vogliono affermare nella Costituzione, particolarmente nei riguardi di una effettiva autonomia familiare.

Per quanto riguarda il merito degli articoli che seguono, si potrà discutere in un secondo tempo.

De Vita insiste nel concetto già esposto che ci sono alcuni rapporti che possono e debbono essere disciplinati, ma ve ne sono altri che hanno per fondamento l'inclinazione e la morale dell'individuo e non possono essere disciplinati, perché escono fuori dell'ambito del diritto.

Il Presidente Tupini a proposito dell'espressione: «riconosciuta negli ordinamenti giuridici dello Stato» contenuta nella formula proposta dall'onorevole Mastrojanni, osserva che questi ordinamenti giuridici evidentemente dovranno venire in un secondo tempo, come conseguenza dei principî sanciti nella Costituzione; la formula non è perciò, a suo avviso, molto felice.

Rileva che anche la formula concordata dai relatori non può essere accettata senza modificazioni, perché, ad esempio, dicendo «società naturale» si adopera un termine troppo vago. Si deve invece affermare il diritto dell'individuo e della famiglia di fronte allo Stato; un diritto, cioè, che preesiste a quello dello Stato, un diritto originario. Considerata la questione dal punto di vista storico e prescindendo da ogni preconcetto filosofico o ideologico, non vede per quale ragione si debba dire che la famiglia è una «società naturale» e non piuttosto che la famiglia è «una società di diritto naturale», in quanto si è formata prima dello Stato e come tale lo Stato la riconosce e tutela. Dire che la famiglia è «una società naturale» dà della famiglia umana un concetto meno appropriato.

Per queste ragioni, è del parere che la formula che egli propone: «La famiglia è una società di diritto naturale e come tale lo Stato la riconosce e tutela» renda meglio il pensiero comune e quindi sia da preferire.

Moro fa presente che si è addivenuti ad una formula concordata onde ottenere l'adesione più vasta possibile da parte dei Commissari.

Il Presidente Tupini osserva che è lodevole la ricerca dell'adesione del maggior numero possibile dei Commissari, ma non bisogna, per arrivare a questo risultato, sacrificare l'espressione del pensiero.

Poiché l'onorevole Moro ha obiettato che ad una formula di carattere più elevato non aderirebbero altri Commissari, domanda alla onorevole Iotti se è disposta ad accettare la formula che egli ha proposta.

Iotti Leonilde, Relatrice, riconosce che, nella sostanza, le due formule si equivalgono. Dichiara però di preferire la formula concordata per una ragione di chiarezza. Desidera perciò che la discussione si basi su di essa.

Essendosi ormai precisati i punti di dissenso, ed essendo essi stati illustrati ampiamente dai rappresentanti delle varie correnti, propone che il seguito della discussione sia rinviato alla seduta di domani.

Basso si associa alla proposta della onorevole Iotti.

Il Presidente Tupini è d'avviso che tutta la materia riguardante la famiglia possa essere contenuta in un solo articolo, e mantiene ferma la proposta da lui articolata nel modo seguente:

«La famiglia è una società di diritto naturale e come tale lo Stato la riconosce e tutela». A questa formula si potrebbe far seguire una seconda parte introdotta dalle parole «Al fine di».

A questo riguardo fa presente la sua contrarietà alla espressione: «Allo scopo di assicurare... la prosperità del popolo italiano» la quale riecheggia formule più o meno materialistiche, delle quali si fece abuso in regime fascista.

De Vita propone la chiusura della discussione.

Il Presidente Tupini propone che la riunione venga sospesa e rinviata a domani.

(La Commissione approva).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti