[Il 6 novembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sulla famiglia.]

Il Presidente Tupini comunica che gli onorevoli Iotti, Corsanego e Moro hanno presentato alcuni articoli dei quali dà lettura:

Art. 1. — «La famiglia è una società naturale e come tale lo Stato ne riconosce i diritti e la tutela allo scopo di assicurare l'adempimento della sua funzione, la saldezza morale e la prosperità della Nazione».

Art. 2. — «Lo Stato prenderà appropriate misure per facilitare ad ogni cittadino la costituzione di una famiglia e per rendere economicamente meno gravoso l'adempimento degli oneri familiari, soprattutto ai meno abbienti e alle famiglie numerose».

Art. 3. — «Il matrimonio è basato sul principio della eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ai quali spettano il diritto e il dovere di alimentare, istruire ed educare la prole. Lo Stato sorveglia e, occorrendo, integra l'adempimento di tale compito.

«La legge regola la condizione giuridica dei coniugi, allo scopo di garantire l'unità della famiglia».

Art. 4. — «Lo Stato provvederà ad una adeguata protezione morale e materiale della maternità, dell'infanzia e della gioventù, istituendo gli organismi necessari a tale scopo».

Osserva che taluno di questi articoli ha una formulazione troppo ampia e particolareggiata e, quindi, poco adatta allo stile di una Costituzione.

Il secondo articolo, ad esempio, il quale prevede la possibilità e il dovere dello Stato di prendere appropriate misure per facilitare ad ogni cittadino la costituzione di una famiglia e per rendere economicamente meno gravoso l'adempimento degli oneri famigliari, soprattutto ai meno abbienti e alle famiglie numerose, potrebbe essere espresso più concisamente nel modo seguente: «Lo Stato deve provvedere ad assicurare la sicurezza economica della famiglia». Il concetto di sicurezza economica, comprende evidentemente le famiglie meno abbienti e quelle numerose.

Per le stesse ragioni propone una formulazione diversa anche del primo articolo e cioè: «La famiglia è una società di diritto naturale e come tale lo Stato la riconosce e la tutela al fine di assicurarne l'unità, la saldezza morale e la sicurezza economica». Il riferimento alla «prosperità della Nazione» gli sembra superfluo, perché evidentemente, se si assicura l'unità, la sicurezza economica e la saldezza della famiglia, ne consegue la prosperità della Nazione.

Dichiara aperta la discussione generale.

Iotti Leonilde, Relatrice, dichiara di apprezzare la proposta del Presidente, ma fa notare che gli articoli sottoposti alla discussione della Sottocommissione erano stati concordati per arrivare ad un risultato concreto. Se non si discutesse sugli articoli concordati, potrebbe essere ancora più difficile pervenire ad un accordo.

Chiede, pertanto, che la discussione si svolga sugli articoli concordati.

Corsanego, Relatore, dichiara di condividere pienamente il parere espresso dalla onorevole Iotti. Se la Commissione lo riterrà opportuno, si potrà anche giungere ad una formula come quella proposta dal Presidente; ma poiché questa è una formula sintetica, non sarà male che siano esaminati analiticamente i concetti espressi e formulati negli articoli concordati, che sono frutto di una lunga discussione.

Per quello che lo riguarda personalmente, insiste per il mantenimento dell'articolo 2, che illustra le provvidenze che dovrebbero essere stabilite dallo Stato allo scopo di garantire la prosperità e la saldezza economica della famiglia. Con esso i relatori hanno voluto affermare tre concetti che rispondono, a loro avviso, proprio alle aspettative del popolo italiano in questo momento. Una delle difficoltà della vita contemporanea è quella di poter costituire una famiglia. Bisogna affermare che lo Stato dovrà cercare di venire incontro a questa difficoltà con norme opportune, che saranno fissate dalla legge, ma è bene che in sede costituzionale se ne fissi per il legislatore l'obbligo. Un altro motivo di grande preoccupazione è costituito dagli oneri familiari che in questo momento sono eccessivamente gravosi. Si vuole che lo Stato venga incontro a questa preoccupazione in modo positivo ed in modo negativo: in modo positivo, con un sistema di salari e di stipendi adeguati alle necessità familiari; in modo negativo con sgravi economici e fiscali, con la facilitazione all'accesso alle scuole e con altre provvidenze del genere.

Un terzo motivo di notevole preoccupazione è costituito poi dalle famiglie numerose di cui attualmente la legislazione non tiene conto. La ricchezza mobile che deve pagare il capo di famiglia con 12 figli è identica a quella che deve pagare lo scapolo o il capo famiglia con un solo figlio. Occorre invece orientare lo Stato verso una nuova giustizia sociale.

Per i motivi accennati, insiste perché la formula dell'articolo 2 venga conservata così come è stata predisposta concordemente dai due relatori.

Il Presidente Tupini osserva che l'articolo da lui proposto è comprensivo di tutti gli elementi occorrenti per assicurare la sicurezza economica della famiglia e che in tema di Costituzione è sufficiente esprimere questo concetto con una formula sintetica.

Corsanego, Relatore, replica che la differenza tra le vecchie Costituzioni e le nuove consiste proprio nel fatto che nelle vecchie Costituzioni non si parlava affatto della famiglia, mentre nelle moderne — ed egli ne ha citate alcune nella sua relazione — alla famiglia sono dedicati tre, quattro ed anche cinque articoli. Poiché è veramente una novità quella che si vuol portare nella Costituzione dell'Italia democratica, non vede la ragione perché si debba tornare a sistemi vecchi e non dare al popolo italiano una Costituzione più nuova e adeguata.

Il Presidente Tupini chiede alla Commissione di esprimere anzitutto il suo parere sulla questione di metodo, se cioè la discussione debba essere fatta articolo per articolo, secondo le proposte concordate, o se essa debba essere basata sulla formula che egli ha proposta.

(La Commissione esprime il parere che si debba discutere sulla base degli articoli concordati tra gli onorevoli Iotti, Corsanego e Moro).

Pone in discussione il primo articolo concordato:

«La famiglia è una società naturale e come tale lo Stato ne riconosce i diritti e la tutela allo scopo di assicurare l'adempimento della sua funzione, la saldezza morale e la prosperità della Nazione».

Lucifero ricorda di aver proposto nella seduta precedente che la votazione sull'articolo in esame venga fatta per divisione, perché esprime due concezioni antitetiche.

Il Presidente Tupini rinnova la proposta, già fatta ed illustrata nella seduta precedente, che alle parole: «La famiglia è una società naturale», siano sostituite le altre: «La famiglia è una società di diritto naturale».

Cevolotto fa presente che, se si accogliesse l'emendamento proposto dal Presidente, voterebbero contro l'articolo anche coloro che hanno acceduto alla formula di compromesso.

Dichiara per suo conto di non accettare né la formula concordata, né quella proposta dal Presidente, perché in materia di Costituzione dello Stato la famiglia ha importanza solo in quanto lo Stato la regola giuridicamente. Tutto il resto è storia e sociologia, ma non è Costituzione.

Moro esprime la preoccupazione che una formula come quella proposta dal Presidente possa incontrare ostilità preconcette e non superabili, e che d'altra parte il termine «diritto naturale», così controverso, offra una garanzia costituzionale meno salda di quella contenuta nella formula proposta dai relatori.

Lucifero si dichiara d'accordo con l'onorevole Cevolotto sul carattere non costituzionale della formula proposta dai relatori, ma la voterà egualmente nella sua prima parte, perché non può in questa sede rinunciare ad un'affermazione di principio morale, dal momento che nella Costituzione ne sono state accettate altre meno necessarie, meno opportune e meno importanti.

La Pira fa osservare agli onorevoli Cevolotto e Lucifero che le affermazioni proposte non sono di natura soltanto metafisica o morale, ma anche squisitamente giuridica e politica. Sin dall'inizio dei lavori della Sottocommissione, nella stesura della Costituzione, si è detto che la fondamentale preoccupazione è quella di negare la teoria dei «diritti riflessi», che fu il fondamento dello Stato fascista. Lo Stato fascista, infatti, aveva come suo fondamento la teoria giuridica che tutti i diritti sono creati e concessi dallo Stato, che può ritirarli in qualunque momento. Negando questa teoria, si vuole affermare che lo Stato non fa che riconoscere e tutelare dei diritti anteriori alla Costituzione dello Stato, che sono diritti dei singoli, diritti delle società o comunità naturali. Con una dichiarazione come quella proposta, ci si ricollega alla cosiddetta tradizione giuridica occidentale che da Aristotile, attraverso il Cristianesimo, è arrivata fino ad oggi.

Affermando che la famiglia «è una società naturale» — oppure «di diritto naturale», secondo la proposta del Presidente — si afferma che la famiglia è un ordinamento giuridico e che lo Stato non fa che riconoscere e proteggere questo ordinamento giuridico anteriore allo Stato stesso.

Dichiara di preferire la formula proposta dal Presidente; in linea subordinata, però, qualora si dovesse venire alla formula concordata, egli accederebbe anche ad essa.

Mastrojanni dichiara di essere d'accordo con l'onorevole Cevolotto e di rendersi nello stesso tempo conto sia della necessità di affermare un principio etico, sia della preoccupazione dell'onorevole La Pira di controbattere la concezione dello Stato totalitario. Ricorda di aver presentato la seguente formula conciliativa: «La famiglia, quale società naturale riconosciuta negli ordinamenti giuridici dello Stato, assicura alla Nazione e ai singoli il primo fondamento morale e il concreto sviluppo della sua prosperità». Con essa si voleva eliminare il grave inconveniente che, affermando essere la famiglia una società naturale alla quale lo Stato deve il suo riconoscimento non come diritto riflesso, ma come diritto preesistente allo Stato, si venisse a riconoscere la tutela anche per tutte quelle società naturali — famiglie — le quali si creano, vivono e si perpetuano senza bisogno della legalità o del sacramento religioso.

Secondo la concezione comunista la società naturale è quella formata dal connubio tra l'uomo e la donna, i quali, procreando figli, tutelandoli e curando il loro sviluppo, non hanno bisogno di avere né il crisma religioso né quello dell'ufficiale dello stato civile. Quindi si deve ritenere che per l'esistenza della famiglia non è necessario che concorra il crisma della legalità formale o quello sostanziale della santità.

Il comunismo, fenomeno internazionale, esiste anche negli Stati che non professano la religione cattolica. La famiglia, secondo il punto di vista comunista, non è un'entità trascurabile, ma un'entità la quale merita assistenza e tutela anche se questa famiglia sorge e si perpetua senza che vi sia il vincolo della legalità formale o il crisma della santità richiesto dalla concezione Cattolica e giuridica italiana.

Iotti Leonilde, Relatrice, rileva che le osservazioni fatte dall'onorevole Mastrojanni riguardano un argomento che non rientra in alcun modo nel tema in discussione. Si tratta di ideologie, di principî propri di un partito che si possono discutere certamente, ma non in questa sede.

Dichiara di aver acceduto alla formula concordata, soltanto nell'intento di poter trovare una base alla discussione comune.

Il Presidente Tupini fa osservare all'onorevole Mastrojanni che a questo punto della discussione si tratta di fare soltanto una dichiarazione di voto. Se egli insiste nella sua formula, la metterà in votazione.

Mastrojanni dichiara che, se la procedura non gli consente di chiarire un concetto essenziale, si vede costretto a insistere nella formula da lui proposta nella seduta di ieri.

Lucifero dichiara che l'osservazione fatta dall'onorevole Mastrojanni che con l'articolo così formulato si possono riconoscere come famiglie anche quelle non costituite nelle forme legali, è molto grave; egli può essere perciò indotto a mutare le sue decisioni circa il voto dell'articolo.

Il Presidente Tupini fa osservare all'onorevole Mastrojanni che le sue preoccupazioni potranno essere reiterate allorquando verranno esaminati i successivi articoli. Ora si tratta solo di sapere se l'onorevole Mastrojanni insiste nella sua formula sostitutiva.

Mastrojanni dichiara di insistere.

Il Presidente Tupini pone in votazione la prima parte della formula dell'onorevole Mastrojanni che è del seguente tenore:

«La famiglia, quale società naturale riconosciuta negli ordinamenti giuridici dello Stato...».

Moro dichiara di non vedere come la formula concordata possa giustificare le preoccupazioni manifestate dall'onorevole Mastrojanni, tanto più che in un articolo successivo si parla del matrimonio e si stabilisce su quali condizioni questo istituto è basato. Si dice poi nella formula che lo Stato riconosce i diritti della famiglia come tale, cioè in quanto legalmente costituita.

Ritiene che solo un legislatore in malafede potrebbe dare un'interpretazione diversa da quella dei proponenti della formula, la cui intenzione è stata di riconoscere come famiglia ogni ordinamento naturale avente una sua autonomia nei confronti dello Stato. Ritiene che la formula sarebbe completamente travisata, se venisse portata a significare che si vuole riconoscere un vincolo familiare costituito soltanto in base ad uno stato di fatto.

Dichiara che voterà contro la formula proposta dall'onorevole Mastrojanni.

Lucifero dichiara di votare contro la formula proposta dall'onorevole Mastrojanni proprio per le ragioni con cui lo stesso onorevole Mastrojanni l'ha illustrata. Indubbiamente la famiglia, come documento originario di associazione, precede quei crismi almeno formali che oggi la consolidano. Concorda nell'affermare che il diritto della famiglia venga riconosciuto al di fuori di una consacrazione giuridica, non per il fatto in sé che non può certo né desiderare né approvare, ma perché questa formulazione potrà facilitare la sistemazione dei figli naturali e dei figli illegittimi, i quali, altrimenti, dovrebbero sopportare la conseguenza di fatti che non sono dipesi dalla loro volontà e che poi verrebbero a gravare per sempre sulla loro vita.

Cevolotto dichiara di astenersi dalla votazione.

Mastrojanni fa osservare all'onorevole Moro come le dichiarazioni dell'onorevole Lucifero dimostrino che la formula concordata può essere interpretata in un modo diverso da quello che intendono i suoi proponenti. Pertanto la sua preoccupazione non è infondata.

Moro replica che il solo onorevole Lucifero l'ha interpretata in questo modo. Aggiunge che la formula dell'onorevole Mastrojanni, col suo richiamo esplicito al riconoscimento negli ordinamenti giuridici dello Stato, si presta ad intaccare il principio che si è voluto rivendicare dell'autonomia della famiglia.

(La formula proposta dell'onorevole Mastrojanni è respinta con 7 voti contrari, 1 favorevole e 2 astenuti).

Il Presidente Tupini pone in votazione la formula da lui proposta, che è la seguente:

«La famiglia è una società di diritto naturale».

Cevolotto dichiara che egli ammette l'esistenza di diritti fondamentali nell'individuo i quali devono essere riconosciuti nella Costituzione, ma non ritiene che essi debbano essere estesi alla famiglia e ad altre organizzazioni o forme, perché si finirebbe per creare un'eccessiva estensione dei diritti fondamentali che invece vanno limitati ai diritti fondamentali di libertà riconosciuti all'individuo.

All'onorevole Lucifero, il quale ha ricordato che in passato si è proceduto diversamente, risponde di essersi richiamato alla necessità di formulare dichiarazioni sobrie e sintetiche perché dalle Commissioni riunite si è avuto un invito in questo senso.

(La formula proposta dal Presidente è respinta con 8 voti contrari, 2 favorevoli e 1 astenuto).

Il Presidente Tupini pone in votazione la formula concordata dai Relatori:

«La famiglia è una società naturale».

Dichiara di votare a favore della formula concordata, che rappresenta un ripiegamento rispetto alla formula più chiara da lui proposta.

Basso dichiara di votare contro la formula proposta per le ragioni già illustrate in altre occasioni e, cioè, che egli non può accettare d'inserire nella Costituzione delle formulazioni che hanno un evidente carattere ideologico.

Ritiene che non sia questa la sede per fare un'affermazione contro quella dottrina dei diritti riflessi, a cui ha accennato l'onorevole La Pira e che tutti deprecano. Si può fare una Costituzione che praticamente prenda posizione contro la teoria dei diritti riflessi, ma non enunciare degli articoli che hanno soltanto un valore teorico.

Dichiara infine che voterà invece a favore degli altri articoli che contengono una formulazione concreta e giuridica.

De Vita dichiara di votare contro la formula proposta dai relatori, perché ritiene che lo Stato debba astenersi dal disciplinare i rapporti familiari in quanto questi possono avere origine soltanto dalla volontà degli individui e non devono essere sottoposti ad interventi estranei.

Moro dichiara di votare a favore della formula, poiché essa corrisponde ad un'evidente preoccupazione di ordine politico che da parte del suo gruppo è stata fatta valere e che ha trovato accoglimento da parte della onorevole Iotti, preoccupazione che riguarda la lotta contro il totalitarismo di Stato, il quale intacca innanzi tutto la famiglia, per potere, attraverso questa via, più facilmente intaccare la libertà della persona. Dichiarando che la famiglia è una società naturale, si intende stabilire che la famiglia ha una sua sfera di ordinamento autonomo nei confronti dello Stato, il quale, quando interviene, si trova di fronte ad una realtà che non può menomare né mutare; inoltre, quando si parla di società naturale si ammette quasi sempre l'esistenza di un vincolo di carattere religioso e giuridico il quale consacri l'unità organica della famiglia.

La Pira dichiara di votare a favore poiché con l'espressione «società naturale» si intende un ordinamento di diritto naturale che esige una costituzione e una finalità secondo il tipo della organizzazione familiare.

(La formula proposta dai relatori è approvata con 6 voti favorevoli e 4 contrari).

Il Presidente Tupini rileva che la formula proposta dai relatori continua dicendo:

«e come tale lo Stato ne riconosce i diritti e la tutela».

Ricorda di aver proposto un emendamento sostitutivo, ma questo essendo stato respinto nella prima parte, dichiara di accedere alla formula dei relatori. Mette ai voti tale proposizione.

Lucifero dichiara che voterà a favore della seconda parte della formula.

Dovendo assentarsi, prega la Commissione di voler tener conto che voterebbe contro qualunque aggiunta si voglia introdurre dopo la parola «tutela».

(La formula è approvata con 7 voti favorevoli e 3 contrari).

Il Presidente Tupini pone in discussione l'ultima parte dell'articolo proposto dai relatori: «allo scopo di assicurare l'adempimento della sua funzione, la saldezza morale e la prosperità della Nazione». Ricorda che egli ha proposto un emendamento sostitutivo, secondo il quale la finalizzazione contenuta in questa parte dell'articolo sarebbe così espressa: «al fine di assicurarne l'unità, la saldezza morale e la sicurezza economica».

Dichiara di ritenere superfluo l'accenno all'adempimento della funzione della famiglia, perché, quando si è prevista la tutela dei diritti della famiglia al fine di assicurarne l'unità, la saldezza morale e la sicurezza economica, ne deriva che l'adempimento della funzione della famiglia è assicurato; e quando si è garantita l'unità e la saldezza morale della famiglia, si è implicitamente garantita la saldezza morale e la prosperità della Nazione.

Mastrojanni ritiene che l'ultima parte dell'articolo, la quale afferma la finalizzazione dell'istituto familiare, sia completamente inutile, poiché quando lo Stato ha riconosciuto la famiglia, l'ha anche tutelata. D'altra parte non vede in che modo possa lo Stato garantire la sicurezza economica e l'adempimento della funzione della famiglia, che è così complessa da andare dal campo biologico e fisiologico a quello educativo. Ritiene che questo intervento dello Stato attraverso la tutela sia offensivo per la dignità della famiglia, e pertanto la proposizione dovrebbe essere soppressa.

Per quanto riguarda la formula proposta dal Presidente, si domanda in quale modo lo Stato può concretamente assicurare l'unità della famiglia. A suo parere si tratta di affermazioni pleonastiche, platoniche e teoriche che possono anche essere inopportune quando di fatto è impossibile realizzarle anche parzialmente.

Ricorda che già altre volte la Sottocommissione espresse ripetutamente il suo severo giudizio sulla politica del fascismo nei riguardi della famiglia. Ora, sotto la figura della finalizzazione, si ripristina quella politica già condannata. Per queste ragioni, dichiara di votare contro qualsiasi formula complementare che diluisca il concetto affermato sostanzialmente nella prima parte dell'articolo.

Moro fa osservare all'onorevole Mastrojanni che con la proposizione in esame non si accenna a una funzione propria dello Stato nei confronti della famiglia, ma solo si dà ragione della finalità che esso persegue con la sua tutela. Lo Stato tutela la famiglia per permetterle di operare nell'adempimento dei suoi propri fini, richiamandosi a quella società naturale di cui si è parlato e di cui si è precisato il significato; la tutela allo scopo di assicurare, per suo tramite, un apporto di straordinaria importanza alla saldezza morale e alla prosperità della Nazione.

Domanda alla onorevole Iotti se accetta che tra le parole «funzione» e «saldezza» sia aggiunta l'espressione «ed insieme» per far risultare più chiaro il concetto della duplice finalità perseguita dallo Stato, il quale tutela la famiglia allo scopo di assicurare l'adempimento della sua funzione ed insieme la saldezza morale e la prosperità della Nazione.

Iotti Leonilde, Relatrice, dichiara di preferire a quella del Presidente la formula concordata, perché mette in luce due aspetti della famiglia; la famiglia in sé e la famiglia come organismo che dà un apporto alla vita sociale. Si dichiara inoltre favorevole all'emendamento proposto dall'onorevole Moro.

La Pira propone che al posto delle parole: «la sua funzione» si sostituiscano le altre: «la sua missione». Il termine «funzione» ha un carattere strettamente tecnico, mentre con la sua proposta si potrebbero forse eliminare le preoccupazioni espresse dall'onorevole Mastrojanni.

Iotti Leonilde, Relatrice, accetta di sostituire alla formula primitiva l'altra: «allo scopo di assicurare l'adempimento della sua missione e insieme la saldezza e la prosperità della Nazione».

Il Presidente Tupini dichiara di non poter rinunciare a mettere ai voti il proprio emendamento, nonostante che la formula dei relatori sia stata sensibilmente migliorata con le modificazioni ad essa apportate. Nel caso però che il suo emendamento venga respinto, voterà a favore dell'articolo proposto dai relatori.

Moro dichiara di non avere nessuna pregiudiziale nei confronti della formula del Presidente, di cui riconosce la chiarezza. Afferma però di non essere tra coloro i quali ritengono che la Costituzione debba essere molto sintetica, perché vi sono alcuni punti che meritano una più completa regolamentazione, come è il caso di alcune questioni contemplate negli articoli che seguono e che riguardano le famiglie meno abbienti, l'unità familiare, la stabilità della famiglia. La formula proposta dal Presidente, con la sua drastica affermazione, non offre su questi argomenti una seria garanzia costituzionale.

Il Presidente Tupini insiste nella formula proposta:

«al fine di assicurarne l'unità, la saldezza morale e la sicurezza economica».

La mette ai voti.

La Pira dichiara di apprezzare la formula del Presidente, ma di essere costretto a non accettarla per le ragioni esposte dall'onorevole Moro.

(La formula proposta dal Presidente è respinta con 8 voti contrari e 1 favorevole).

Il Presidente Tupini mette ai voti la formula concordata dai relatori:

«allo scopo di assicurare l'adempimento della sua missione ed insieme la saldezza morale e la prosperità della Nazione».

(Dalla votazione risultano 5 voti favorevoli e 5 contrari).

Comunica che la votazione avendo dato un numero pari di voti favorevoli e di voti contrari, computando fra questi ultimi quello risultante dalla dichiarazione fatta dall'onorevole Lucifero prima di allontanarsi, in base alla consuetudine che in caso di parità di voti è prevalente il voto del Presidente (avendo egli votato favorevolmente), la proposta deve intendersi approvata.

Cevolotto fa presente la necessità di risolvere la questione della interpretazione delle votazioni. Sostiene che, a parità di voti, non si può considerare preminente quello del Presidente, perché in una Commissione in cui le decisioni hanno una grande importanza, sarebbe favorita la parte alla quale il Presidente aderisce.

Il Presidente Tupini fa rilevare che, indipendentemente dal valore della consuetudine affermatasi in caso di parità di votazione, fra i voti contrari si è tenuto conto anche di quello dell'onorevole Lucifero, che a stretto rigore non si sarebbe dovuto computare, essendosi egli assentato prima della votazione.

Cevolotto chiede che la sua osservazione sia messa a verbale; ma non insiste sulla questione, in considerazione del fatto che, in sostanza, le deliberazioni della Sottocommissione non hanno un valore assoluto, ma per diventare definitive debbono passare attraverso un duplice vaglio: quello della Commissione plenaria e quello dell'Assemblea Costituente.

Il Presidente Tupini rileva che l'articolo, nel testo approvato, risulta del seguente tenore:

«La famiglia è una società naturale e come tale lo Stato ne riconosce i diritti e la tutela allo scopo di assicurare l'adempimento della sua missione ed insieme la saldezza morale e la prosperità della Nazione».

[La discussione prosegue con l'esame dell'articolo 2 della proposta dei relatori riportato a commento dell'articolo 31.]

Il Presidente Tupini. [...] Apre la discussione generale sul terzo articolo presentato dai relatori:

«Il matrimonio è basato sul principio della uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ai quali spettano il diritto e il dovere di alimentare, istruire ed educare la prole. Lo Stato sorveglia e, occorrendo, integra l'adempimento di tale compito.

«La legge regola la condizione giuridica dei coniugi, allo scopo di garantire l'unità della famiglia».

Cevolotto propone che, data l'ora tarda, il seguito della discussione su questo articolo venga rinviato alla seduta successiva. Osserva che l'articolo presenta una questione molto difficile ad affrontarsi, questione che è costituita dal principio della uguaglianza morale e giuridica dei coniugi. Ritiene che, pur ammettendosi tale uguaglianza, sia necessario stabilire una gerarchia nella famiglia in modo che vi sia un capo, il quale, in determinate circostanze, abbia il diritto di decidere e di far prevalere le sue direttive. Ora si chiede se il primo comma dell'articolo preveda un rinvio al Codice civile per definire tale questione, oppure sia necessario metterlo in relazione con l'ultimo capoverso, il quale afferma che la legge regola la condizione giuridica dei coniugi, allo scopo di garantire l'unità della famiglia.

Si tratta quindi di affrontare una laboriosa discussione, al fine di chiarire tale importante problema.

(La proposta di rinvio della discussione è approvata).

Il Presidente Tupini rinvia la seduta alle 10.30 di giovedì 7.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti