[Il 23 aprile 1947 l'Assemblea Costituente inizia l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo secondo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti etico-sociali».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Orlando Vittorio Emanuele. [...] Ma a che cosa serve, quale fine speciale ed essenziale può avere questo titolo secondo, che abbonda di definizioni? E qui mi si consenta un piccolo fatto personale. Perché in quel mio discorso dissi che non comprendevo perché la famiglia si chiamasse una società naturale, dal momento che tutto è naturale a questo mondo, mi risposero ben tre oratori. Non so se ce ne sarà un quarto, giacché vedo un emendamento dell'onorevole Bosco, e non so se anch'egli allora abbia parlato. Ma, ad ogni modo, vi furono tre oratori valorosi: l'onorevole La Pira, l'onorevole Dossetti e l'onorevole Benvenuti, i quali tutti e tre corsero alla difesa di quella definizione. Non mi pare, però, che appartenessero a settori diversi: appartenevano tutti allo stesso settore, il che potrebbe avere un suo significato. E mi dissero: «Adagio, prima di «naturale» dev'essere sottinteso «di diritto»; la famiglia, dunque, è una società di diritto naturale. Ma siccome questa parola non c'era scritta, vuol dire che avevo ragione io, e che quella espressione era, per lo meno, incompleta. L'aggiunta, dunque, che così vi si apporta, giustifica il rilievo da me fatto, proponendosi di specificare la portata della definizione. Sennonché (è il caso di richiamar qui un motto veneziano, che io non so ripetere — non ho la dolce loquela di quella nostra Venezia triplicemente cara, cioè: «pezo el tacon del buso»), anche a farvi entrare il diritto naturale, dubito forte che la definizione ne esca in qualche modo migliorata. Finora ho saputo — se non sbaglio, ma può darsi che sbagli — che quella del diritto naturale è una scuola filosofica, è una teoria filosofica; è stata illustre e non si può dire tramontata, sebbene presenti delle varianti notevoli, perché c'è un «ius naturale» di San Tommaso, ma ce n'è pure uno di Gian Giacomo Rousseau.

Domando, ad ogni modo, qualunque ne sia il significato: dobbiamo in una Costituzione fare una professione di fede filosofica? Non è possibile che qui non ci siano dei positivisti, degli hegeliani, dei kantiani, dei marxisti, ed essi mostrerebbero davvero una grande longanimità, dato che i filosofi tra loro molto non si amino, a lasciare che la Costituzione in Italia adotti una determinata scuola filosofica.

Se l'acutissimo e solertissimo onorevole Togliatti (dato che sia vero — io non lo so — che molte di queste disposizioni siano state concretate in forma di reciproco scambio) se l'onorevole Togliatti ha consentito che si adotti un principio della scuola filosofica di diritto naturale in un testo costituzionale, in cambio di una qualche altra cosa, credo che egli abbia inteso concedere il fumo e riservarsi l'arrosto. Pur tuttavia, resta sempre inspiegabile come mai una Costituzione faccia professione di una fede filosofica.

Altri dicono — c'è, infatti, un altro emendamento —: noi intendiamo affermare che «la famiglia è una società o un istituto originario». Ebbene, a questa definizione, sì, aderisco; ma dico: a che giova?

D'altra parte, perché l'«originarietà» volete limitarla alla famiglia? La famiglia, indubbiamente, è un istituto originario, ossia che precede lo Stato; ma ci sono anche altri istituti che lo precedono; per esempio, il comune, la città. Nessuno penserà che Roma esiste, perché la Costituzione italiana la riconosce, e quello che si dice di Roma si può dire di qualunque comune: forme di vita collettiva, che sorgono naturalmente, originariamente. Lo Stato le disciplina, ma non le crea; esse dunque sono originarie.

Di queste stesse «regioni», che creiamo, talune — non tutte, forse — hanno una radice, indubbiamente, originaria; ossia, nel tempo precedono lo Stato.

Ci sono poi istituzioni originarie dentro lo Stato, e ce ne sono di quelle al di fuori, al di là dello Stato: così, la religione eccede lo Stato, territorialmente; così la razza (e di una politica che la concerne, abbiamo ben sentito i dolori!).

A che serve, dunque, il dire che la famiglia è originaria? Lo volete dire? ditelo; ma è inutile.

[...]

Articolo 24: «Il matrimonio è basato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi». Ma avete pensato che c'è l'articolo 144 del Codice che dice il contrario? Un tempo, quando si aveva la tranquillità per tal genere di discussioni, si avevano le rivendicazioni femministe, nelle quali, quando si voleva affermare che l'uomo era un tiranno, si diceva che egli è il capo della famiglia. Io rispondevo allora: Volete esser voi, donne, a capo della famiglia? Io non vi avrei alcuna difficoltà; ciò risponde già, del resto, il più delle volte, alla realtà.

Se, dunque, nell'articolo 24 del nostro progetto ci fosse una proposta, per cui capo della famiglia fosse dichiarata la moglie, io non avrei difficoltà ad accoglierla, perché la moglie è la madre, e la madre è superiore per sua natura. Ma da quando in qua c'è un gruppo sociale che non abbia un capo?

Io ho udito degli interventi, delle discussioni, come quelle degli onorevoli La Pira e Dossetti, che sono dei valorosi colleghi e che, com'è naturale, sono aggiornati su queste ricerche scientifiche; ma chi dice gruppo sociale, dice ordinamento; e chi dice ordinamento, dice capo.

È vero, bene si potrà modificare l'articolo 144 del Codice: ma vi siete resi scientemente conto dell'incidenza? Ci sono, infatti, anche altre questioni: così, per dirne una, quella dell'assunzione del cognome. Si potrà rispondere che la moglie porterà il suo ed il marito farà altrettanto; ed io ho visto, del resto, che, in generale, le mogli, così come i mariti preferiscono mantenere il proprio, ma pur sempre aggiungendo a quello del marito. In ciò si riafferma quell'unità che è la prima, la più essenziale condizione della vita coniugale.

E la residenza? Anche questa è un'altra questione: finora è il marito che sceglie la residenza; ma, se ora non c'è più un capo, in quale residenza dovrà stare la famiglia? Vedete, dunque, come con ragione io avverta le difficoltà delle incidenze, perché — nelle condizioni attuali — l'abbandono del domicilio è un motivo di separazione. Ebbene, si potranno anche lasciare andare per il loro verso tutte queste conseguenze; ma le avete voi previste? Ve ne siete voi resi conto? Che cosa avverrà del nostro diritto della persona e della famiglia, il giorno in cui il testo sarà approvato? Vi sarà una tale anarchia da fare spavento.

La legge — è detto nell'articolo 24 — «regola la condizione dei coniugi a fine di garantire l'indissolubilità del matrimonio e l'unità della famiglia». Che vuol dire «l'unità» quell'unità, che avete tolto da una parte e che dall'altra volete mantenere? Può sorgere il dubbio, come di fatto si è affacciato, che si voglia abrogare l'istituto della separazione. Stando alla Costituzione, dovrebbe dirsi che l'unità della famiglia non può scindersi; e la separazione la scinde. E passiamo avanti.

[...]

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. [...] L'onorevole Ruggiero ha già svolto il suo emendamento. Egli afferma soprattutto nel suo emendamento che «l'Assemblea, convinta che i principî dell'indissolubilità del matrimonio e della unità della famiglia, contenuti nell'articolo 24 del progetto di Costituzione, sono incompatibili con la natura della Costituzione inquantochè, considerati ecc. ecc.». In fondo, l'onorevole Ruggiero fa perno del suo emendamento unicamente l'articolo che riguarda l'inserzione del matrimonio indissolubile nella nuova Costituzione. L'onorevole Ruggiero conosce perfettamente quale è il pensiero, almeno fino a questo momento, della maggioranza della Commissione in ordine all'opportunità che questo articolo sia inserito nella Costituzione. La discussione generale alla quale hanno partecipato numerosi nostri colleghi, e durante la quale si sono svolti hic et inde i vari argomenti non solo a favore del merito della questione, ma anche a favore del criterio di opportunità di sua particolare inserzione nella Costituzione, mi dispensa dal ripetere le ragioni che militano a favore di questa tesi e che ebbero modo di spiegarsi ampiamente sia in sede di Sottocommissione che di Commissione plenaria. Io mi riferisco completamente alle precedenti conclusioni che faccio mie in questa sede e in forza delle quali mi permetto di pregare l'Assemblea di respingere, dopo quello dell'onorevole Orlando, anche quello dell'onorevole Ruggiero.

[...]

Presidente Terracini. [...] Ricordo che l'ordine del giorno dell'onorevole Ruggiero è così formulato:

«L'Assemblea,

convinta che la Carta costituzionale è un atto legislativo che, per la sua natura, deve accogliere solo quei principî fondamentali e quei sovrani comandamenti che rispondono alle esigenze di una coscienza etica collettiva;

convinta che i principî della indissolubilità del matrimonio e della unità della famiglia, contenuti nell'articolo 24 del progetto di Costituzione, sono incompatibili con la natura della Costituzione inquantoché, considerati attraverso una valutazione di carattere universale, rappresentano la manifestazione di un'ideologia e di un'etica particolari;

convinta che i principî della indissolubilità del matrimonio e della unità della famiglia già sono consacrati nella realtà giuridica ed etica, il primo come una norma obbiettiva della nostra legislazione e il secondo come inconcusso precetto morale, e che non abbisognano quindi della garanzia di una specifica tutela costituzionale;

passa all'ordine del giorno».

[...]

Presidente Terracini. [...] Avverto che il Comitato di redazione ha redatto un nuovo testo degli articoli 23, 24 e 25 del Titolo 2°, tenuto conto dei vari emendamenti presentati nel corso della discussione generale.

Il nuovo testo è il seguente:

Art. 23.

La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio indissolubile.

Il matrimonio è ordinato in base all'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi nei limiti richiesti dall'unità della famiglia.

[...]

Ho fatto distribuire, nei limiti del possibile, nella prima parte di questa seduta il testo di questi nuovi articoli e penso che in generale essi siano conosciuti.

Prego quindi gli onorevoli colleghi che avevano presentato emendamenti agli articoli di voler dichiarare se intendono conservare o meno i loro emendamenti.

[...]

Ghidini. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ghidini. Ho chiesto la parola per dichiarare che in sede di Comitato non ho approvato l'articolo 23 che è stato proposto dalla Commissione.

[...]

Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, vorrei chiarire che il testo del Comitato di redazione non significa la soppressione degli emendamenti, i quali saranno svolti dai presentatori e posti in votazione.

Il testo del Comitato significa semplicemente che abbiamo un nuovo termine di riferimento per gli emendamenti.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Confermo pienamente quello che ha detto l'onorevole Presidente. Noi del Comitato siamo colpevoli di aver fatto, per troppa diligenza, una cosa che potevamo fare dopo lo svolgimento degli emendamenti. Non c'è bisogno di dire che ogni presentatore d'emendamenti ha il diritto di svolgere il suo.

Quando saranno finiti gli svolgimenti — si è fatto sempre così — il nostro relatore onorevole Tupini risponderà. Abbiamo creduto opportuno di dare un pezzo di carta dal quale si possa già comprendere quale sarà la nostra risposta. Fate conto, se volete, di non averlo ricevuto questo foglietto che non è se non una precisazione ed una anticipazione.

Grilli. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Grilli. Io avevo proposto un emendamento all'articolo 24, inteso a togliere le parole «indissolubilità del matrimonio». Adesso, nel nuovo articolo 24, non c'è più nulla.

Presidente Terracini. Ma c'è nell'articolo 23, onorevole Grilli.

Grilli. Lo so; è stato trasportato all'articolo 23. Ma ivi l'espressione «indissolubilità del matrimonio» è stata sostituita da una sola parola: «indissolubile». Allora il mio emendamento passa all'articolo 23 e consiste nella proposta di soppressione della parola «indissolubile».

Presidente Terracini. Io confermo che tutti gli emendamenti conservano la loro validità; anche quelli che sono stati accettati dalla Commissione.

Labriola. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Labriola. Voteremo sui singoli emendamenti, e sta bene; ma poi si dovrà giungere al testo; e il testo qual è: il vecchio o il nuovo?

Presidente Terracini. È il nuovo; ma l'onorevole Ruini ha già fatto presente che, se c'è qualcuno che fa proprio il precedente testo, questo sarà posto in votazione.

[...]

Presidente Terracini. Passiamo allo svolgimento degli emendamenti all'articolo 23.

Il primo emendamento, già svolto, è stato presentato dall'onorevole Badini Confalonieri, il quale ha proposto di sostituire l'articolo 23 col seguente:

«Lo Stato riconosce la famiglia, costituita dal matrimonio indissolubile, come nucleo naturale, originario e fondamentale della società, e tutela l'adempimento della sua funzione».

Il secondo emendamento, anch'esso svolto, è stato presentato dagli onorevoli Sardiello e De Mercurio, i quali hanno proposto di sostituire l'articolo 23 col seguente:

«La Repubblica riconosce i diritti della famiglia nell'adempimento della missione ad essa spettante e ne assume la tutela per la saldezza morale e la prosperità della Nazione.

«La Repubblica, tra gli altri suoi compiti, deve proporsi quello di assicurare le condizioni economiche necessarie alla formazione, alla difesa ed allo sviluppo della famiglia, con speciale riguardo alle famiglie bisognose».

Gli onorevoli Nobili Tito Oro, Vernocchi, Tega, Merighi, De Michelis e Barbareschi, hanno proposto di sostituire il secondo comma dell'articolo 23 col seguente:

«La Repubblica assiste la famiglia per il raggiungimento dei suoi fini etici e sociali; e le assicura le condizioni indispensabili alla sua formazione, alla sua difesa e al suo sviluppo, promuovendo, oltre ad ogni altra idonea iniziativa, l'organizzazione di appositi enti per l'industria casalinga mediante l'assegnazione di macchine artigiane e l'istituzione di centri di addestramento, distribuzione e raccolta del lavoro».

L'onorevole Nobili Tito Oro ha facoltà di svolgere l'emendamento.

Nobili Tito Oro. Onorevoli colleghi. Io ero presentatore di un emendamento all'articolo 23, di un emendamento sostitutivo all'articolo 24 e di emendamenti all'articolo 25.

Dichiaro fin d'ora che ritiro gli emendamenti all'articolo 25, ritiro l'emendamento all'articolo 24, al quale viene sostituito l'emendamento del collega Targetti.

[...]

Presidente Terracini. I seguenti emendamenti sono stati già svolti:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«La Repubblica tutela la famiglia per la saldezza morale e la prosperità della Nazione.

«Preti, Carboni, Binni, Ruggiero Carlo».

«Sostituire il primo comma col seguente:

«La famiglia è un'istituzione morale: la Repubblica ne riconosce i diritti e garantisce le condizioni necessarie al suo libero sviluppo.

«Rodi».

«Al primo comma, sostituire la parola: naturale, con la parola: originaria.

«Bosco Lucarelli».

«Al primo comma, alle parole: La famiglia è una società naturale, sostituire: La famiglia è una società di diritto naturale.

«Bosco Lucarelli».

Segue ora l'emendamento dell'onorevole Veroni.

«Al primo comma, sopprimere le parole: La famiglia è una società naturale, e sostituire le parole: la Repubblica ne riconosce i diritti..., con le parole: La Repubblica riconosce i diritti della famiglia».

L'onorevole Veroni ha facoltà di svolgerlo.

Veroni. Sarò assai breve nell'illustrare il mio emendamento, anche perché la sostanza di esso si identifica con quella dell'emendamento presentato dagli onorevoli Preti, Carboni ed altri.

Il mio emendamento era inteso ad eliminare nella Costituzione la definizione pericolosa della famiglia come società naturale o, come altri hanno sostenuto, originaria, di diritto naturale, primaria. Ma poiché lo stesso fine si sono proposti i colleghi, io ritiro il mio emendamento e mi associo a quello degli onorevoli Preti, Carboni ed altri.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Medi:

«Al primo comma, sostituire la seconda parte con la seguente:

«La Repubblica ne riconosce i diritti. Essa protegge l'istituto familiare affinché liberamente possa adempiere la sua missione, fondamento della saldezza morale e della prosperità della nazione».

Poiché l'onorevole Medi non è presente, l'emendamento si intende decaduto.

Segue l'emendamento dell'onorevole Riccio Stefano:

«Al primo comma, dopo la parola: diritti, aggiungere: originari».

L'onorevole Riccio Stefano ha facoltà di svolgerlo.

Riccio Stefano. Rinunzio all'emendamento.

Presidente Terracini. Sta bene. Segue l'emendamento, già svolto degli onorevoli Zotta, Gabrieli, Di Fausto, Orlando Camillo, Montini, Dominedò:

«Al primo comma, dopo le parole: e la prosperità della Nazione, aggiungere: in armonia con la tradizione religiosa, sociale e giuridica del popolo italiano».

[...]

Mazzei. [...] Ai tre nuovi articoli 23, 24 e 25 proposti dalla Commissione noi proponiamo di sostituire un unico articolo, che suona così:

«La legge assicura l'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi nell'unità della famiglia.

È dovere e diritto dei genitori mantenere, educare ed istruire i figli anche nati fuori del matrimonio.

La legge garantisce ai figli nati fuori del matrimonio una condizione giuridica che escluda inferiorità morali e sociali.

La Repubblica provvede alla protezione della maternità, dell'infanzia e della gioventù».

[...]

Quanto al resto dell'emendamento, faccio osservare che il punto delicato è indubbiamente quello della indissolubilità del matrimonio. Noi abbiamo discusso a lungo di ciò ed io non penso di infliggervi un'altra lunga discussione.

Aggiungo semplicemente questo, sopra tutto per i colleghi democristiani. Io domando: se questo articolo incide semplicemente su quel famoso uno per cento cui accennava l'onorevole Calamandrei, se incide semplicemente su quella parte marginale, limitatissima di matrimoni celebrati col solo rito civile, non vedo perché tante preoccupazioni, perché si voglia sbarrare assolutamente questa piccola valvola di sicurezza, perché mai — in altri termini — si voglia imporre anche alla coscienza degli acattolici o degli anticattolici di accettare un principio, che, per loro, non è necessario e non è coerente con la loro concezione della vita familiare.

Io capisco, posso capire anche — per quanto non veda contraddizione necessaria fra l'eventuale scioglimento del matrimonio e la nostra concezione cristiana (nel senso più ampio della parola) — che voi vi preoccupiate di dare un regolamento giuridico confacente alla vostra concezione ai rapporti matrimoniali dei cittadini cattolici. Ma non posso ammettere che si voglia imporre un regolamento dei rapporti matrimoniali ispirato ai principî della Chiesa cattolica a coloro che cattolici non sono.

Questa è, a mio vedere, una vera e propria prepotenza maggioritaria della Democrazia cristiana (Rumori Commenti al centro).

È una prepotenza maggioritaria, perché diversamente non si spiega. Se domani venisse nella legislazione civile — e probabilmente non verrà — un criterio meno restrittivo in fatto di annullamenti di matrimonio; se domani venisse, per maturazione della coscienza in quelle correnti che possono non essere cattoliche, la determinazione di concepire il matrimonio come dissolubile, se questo avvenisse non vedrei alcun pericolo per voi. Può darsi che, col tempo, si istituisca la possibilità del divorzio per quanto riguarda quel piccolo numero di acattolici o di anticattolici che oggi sposa con rito civile. Temete voi che, per la possibilità del divorzio, quel piccolo numero diventi un grande numero? Se è così, io vi dico che avete troppo scarsa fiducia nella potenza del sentimento cattolico degli italiani.

Io sono cattolico e al vostro posto non avrei questa preoccupazione. (Commenti).

Vi prego di ascoltarmi con calma. Io trovo antidemocratico voler imporre un regolamento dei rapporti matrimoniali che si conviene ai cittadini cattolici, anche a coloro che sono acattolici o addirittura anticattolici. Questo per me è l'argomento politico fondamentale contro la vostra tesi. Perché volete coartare la coscienza di quelli che non sono cattolici? Noi vediamo in questo un tentativo di chiudere la via ad ogni possibilità avvenire, e vorremmo trovare tutti coloro che ragionano serenamente concordi con noi.

[...]

Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Guerrieri Filippo:

«Al secondo comma, dopo la parola: economiche, aggiungere: e di libertà».

L'onorevole Guerrieri Filippo ha facoltà di svolgerlo.

Guerrieri Filippo. Io ho proposto questo emendamento all'articolo 23, ma ho fatto anche una proposta aggiuntiva all'articolo 24, la quale assorbirebbe completamente l'emendamento dell'articolo 23. Ritiene l'onorevole Presidente che io possa svolgere ora tale emendamento aggiuntivo, tanto più che nel nuovo testo proposto dalla Commissione, ciò che riguarda il matrimonio è stato trasferito all'articolo 23 stesso?

Presidente Terracini. Svolga pure quell'emendamento, onorevole Guerrieri.

Guerrieri Filippo. Onorevoli colleghi, una volta tanto non si tratta di discutere se il matrimonio sia un contratto o se il matrimonio sia un sacramento. Si tratta soltanto di questo: di stabilire che il cittadino italiano avendo diritto al matrimonio, conseguentemente deve avere piena libertà di sposare quando vuole e chi vuole. (Commenti). Il principio è così chiaro, così lapalissiano che è veramente strano ed incredibile che vi siano invece in Italia delle tassative disposizioni di legge che lo infirmano in contrasto coi termini stabiliti dal Codice civile. La cosa non solo apparirà strana agli onorevoli colleghi, ma anche dolorosa, quando mi permetterò di ricordare l'anormale situazione di carattere matrimoniale che da noi vige attualmente in rapporto ai dipendenti di alcune amministrazioni dello Stato. Le citazioni che farò dimostreranno che non è vero che in Italia si possa sempre sposar quando si vuole e la persona che si desidera. Tutt'altro. Esiste ad esempio una disposizione, onorevoli colleghi, riflettente i carabinieri, in base alla quale il limite di età, stabilito dal codice civile in sedici anni, per contrarre matrimonio, è portato a 28 anni (12 anni di differenza!) ed un'altra, nei confronti degli agenti di custodia, che eleva in taluni casi il limite stesso a 30 anni! Vi è poi una seconda restrizione ancora più grave, determinata dal numero degli anni di servizio, per la quale non è consentito contrarre matrimonio se non dopo aver superato un determinato numero di anni di anzianità che va dai 5 anni per gli agenti di custodia, ai 9 anni per il maresciallo dei carabinieri e niente meno che a 12 anni per gli appuntati dei carabinieri. È una enormità, onorevoli colleghi. Ma questa enormità è ancora superata da un'altra che appare incredibile. Invero quando uno di questi poveri dipendenti avrà raggiunto gli anni di età e servizio prescritto potrà essergli osservato che tutto ciò non basta se non rientra nella percentuale annualmente stabilita di coloro che potranno contrarre matrimonio, che è per i vicebrigadieri dei carabinieri di un decimo dell'organico e per gli appuntati di tre quinti. Onorevoli colleghi, non mi pare che sia più il caso a questo punto di sorridere quando io propongo l'emendamento in oggetto e vi chiedo di dispensarmi da altre citazioni. In un regime di libertà, nel 1947, in un momento in cui si tratta, e proprio qui, di tutte le libertà e sopratutto della formazione e della tutela della famiglia, è triste che esistano ancora simili disposizioni restrittive tanto più che tutto quanto ho ricordato va inquadrato in una cornice, va posto in uno sfondo ancora più penoso: nell'obbligo cioè di sottostare in ogni caso alla domanda di autorizzazione, la quale si risolve in una indagine così minuziosa ed irriverente su tutti i segreti famigliari di quella povera figliuola che eventualmente sia stata chiesta in matrimonio da offendere e chi la conduce e chi la subisce. Ma è mai possibile, onorevoli colleghi, tutto questo? Mi sembra che sia giusto e perentorio stabilire il principio da me proposto: che le limitazioni a contrarre matrimonio siano soltanto quelle previste dal codice civile per tutti indistintamente.

Ho voluto domandare il perché delle predette disposizioni e mi si è risposto che esse si fondano su necessità di servizio e sulla opportunità di agevolare ai dipendenti il compimento del loro dovere. Ciò non soddisfa. Le esigenze di servizio sono compatibili con quelle familiari e per quanto ha riferimento al dovere è da ritenersi proprio il contrario, giacché la famiglia è sempre stata la scuola del dovere spinto sino al sacrificio in ogni tempo ed in ogni luogo, sia in pace che in guerra, e quando si è nella trincea a difendere la Patria, pronti a morire per essa, due volte la si difende e due volte si è pronti a morire, quando la si identifica nella propria casa e nei propri figli. La resistenza e la vittoria del Piave furono la resistenza e la vittoria dei focolari domestici. Né maggiormente soddisfa, sebbene apprezzabilissimo, l'intendimento di evitare, coll'obbligo di richiedere l'autorizzazione specie agli ufficiali, la possibilità di matrimoni non desiderabili sotto il profilo dell'onore e che potrebbero essere causa di gravi perturbamenti morali. Ma, onorevoli colleghi, ma, onorevole generale Chatrian, è pacifico per tutti che gli ufficiali sono dei gentiluomini perfetti, tessuti e nutriti di alta dignità, e potete voi pensare che essi, così onesti e valorosi, vadano proprio a cercare le compagne della loro vita tra persone non altrettanto degne e meritevoli? Ma pensate proprio a questa possibilità? Se mai il fatto accadesse, non potrebbe trattarsi altro che di un'eccezione; che non infirmerebbe la regola e che comunque la negata autorizzazione non risolverebbe in quanto il matrimonio mancato, assai probabilmente, si trasformerebbe in un concubinato ugualmente offensivo e deleterio.

Presidente Terracini. Onorevole Guerrieri, tenga presente che sono ormai trascorsi i dieci minuti.

Guerrieri Filippo. Due minuti ancora, onorevole Presidente.

Quanto ho detto, onorevoli colleghi, dimostra la gravità della situazione in questa materia e la necessità impellente di porvi rimedio.

Questi poveri dipendenti, e magari proprio questi poveri appuntati, in definitiva vengono a trovarsi in questo dilemma: o abbandonare il servizio o rinunciare a sposarsi.

Abbandonano il servizio e allora viene menomato il loro diritto fondamentale al lavoro, che è diritto alla vita; abbandonano la donna con la quale dovrebbero sposarsi, e viene menomato il loro diritto fondamentale al matrimonio, diritti ambedue essenziali della personalità umana.

Ogni altra soluzione conduce per di più a quei disordini morali sociali e familiari che noi tutti vogliamo combattere ed eliminare.

Onorevoli colleghi, per tutte queste constatazioni e considerazioni ho proposto, insieme con i colleghi Zotta, Carignani, Bovetti, Cremaschi Carlo, di aggiungere all'articolo 24 il seguente comma:

«La legge non può stabilire limiti, oltre quelli del Codice civile, alla libertà di contrarre matrimonio».

Credo che possa essere accolto nella Costituzione. Mi pare che sia strettamente e logicamente collegato a quanto contemplato negli articoli precedenti. Se la Costituzione stabilisce che le famiglie devono essere assistite, nella loro formazione e nel loro sviluppo economicamente e spiritualmente, è evidente il contrasto con le vigenti, lamentate restrizioni al matrimonio, che sta alla base delle famiglie stesse, restrizioni appunto che il mio emendamento mira a sopprimere.

Cesserà così quello stato di disagio che oggi immeritatamente turba una classe di benemeriti cittadini cui deve andare la nostra riconoscenza per la loro opera faticosa e fedele.

Credo pertanto che il mio emendamento possa essere accolto. (Applausi).

Presidente Terracini. Seguono gli emendamenti degli onorevoli Avanzini ed Ermini già svolti:

«Fondere in un unico articolo la prima parte dell'articolo 23 e l'articolo 24».

«Sostituire il secondo comma dell'articolo 23 col seguente:

«La Repubblica, con appropriate misure economiche, facilita ad ogni modo ad ogni cittadino bisognoso la costituzione di una famiglia e l'adempimento degli oneri familiari, soprattutto se si tratti di famiglie numerose.

e farlo seguire dal secondo comma dell'articolo 25:

«La Repubblica provvede alla protezione della maternità, dell'infanzia e della gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.

«Farne un articolo a parte».

[...]

Presidente Terracini. [...] Passiamo all'esame degli emendamenti all'articolo 24.

I primi due emendamenti sono stati già svolti:

«Sopprimerlo.

«Calamandrei, Codignola, Foa, Valiani».

«Sostituirlo col seguente:

«Il matrimonio è basato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi nei limiti stabiliti dal bene comune della famiglia, dalla mutua assistenza, dagli interessi della prole.

«Badini Confalonieri».

L'onorevole Persico ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«Il matrimonio è basato sull'eguaglianza morale e sociale dei coniugi per il raggiungimento dei fini etici, ai quali è diretto l'istituto familiare».

Ha facoltà di svolgerlo.

Persico. Onorevoli colleghi, Signor Presidente, avrei rinunziato volentieri alla parola, se non sentissi un dovere: a me sembra che in una questione di questa importanza, tutti i deputati alla Costituente avrebbero l'obbligo di esprimere la loro opinione ed assumere le relative responsabilità.

Io avrei preferito parlare sulla discussione generale, ma ragioni dipendenti dal mio ufficio pubblico me lo hanno impedito. Certo, non tedierò l'Assemblea con un lungo discorso, ma alcune poche cose ritengo utile e necessario doverle dire.

Innanzi tutto a me sembra che la lunga discussione che si è fatta sull'articolo 24, oggi in parte sostituito nel testo della Commissione con l'articolo 23, abbia avuto un duplice errore di impostazione: un errore di metodo ed un errore di tempo.

Primo errore: di metodo. Si è trasferito sul terreno politico una questione eminentemente tecnica. Si trattava di stabilire se la indissolubilità del matrimonio dovesse restare nel Codice civile o se invece dovesse diventare parte integrante della Costituzione, e quindi soggetta alle speciali norme attraverso le quali la Costituzione può essere modificata.

Un problema tecnico si è trasformato in una questione politica, ed in una questione politica al più alto grado, perché si è finito col fare una specie di battaglia tra divorzisti ed antidivorzisti, mentre il divorzio non era in discussione, non solo, ma avendo gli amici della Democrazia cristiana assunto una posizione rigida in favore dell'indissolubilità del matrimonio secondo i precetti della Chiesa cattolica, è parso quasi che coloro che sostenevano la tesi contraria volessero urtare contro i dogmi della Chiesa e fare una contesa a sapore e sfondo anticlericale. Io ho voluto vedere come è sorta la questione dell'articolo 24 ed ho trovato che nella seduta della prima Sottocommissione del 7 novembre 1946, la Commissione che doveva redigere l'articolo, composta dai professori colleghi ed amici Corsanego e Moro e dalla gentile collega signorina Iotti, aveva formulato così l'articolo: «La legge regola la condizione giuridica dei coniugi allo scopo di garantire l'unità della famiglia», formulazione chiara, precisa, lucida che avrebbe potuto essere approvata da tutta la Costituente e che non avrebbe forse dato luogo ad una così lunga discussione.

Si alzò allora l'onorevole La Pira, il quale propose una nuova formula: «La legge regola la condizione giuridica dei coniugi allo scopo di garantire l'indissolubilità del matrimonio e l'unità della famiglia». Parve un po' improvvisa questa formula, ed in seno alla Commissione sorse un piccolo alterco cortese. Si cercò allora di formulare l'articolo in un altro modo, in modo cioè che potesse essere approvato all'unanimità. Se ne riparlò il 12 novembre, ma il 13 novembre l'onorevole La Pira insistette nella sua proposta. Ecco le precise parole del resoconto sommario:

«Per i democristiani è assolutamente necessaria l'affermazione del principio dell'indissolubilità del matrimonio enunciato nella formula da lui proposta: esso rappresenta un principio fondamentale ed è la ragione stessa per cui i deputati democristiani sono stati eletti alla Costituente».

A me pare invece che gli elettori abbiano mandato alla Costituente i loro rappresentanti e che questi poi siano liberi di interpretarne la volontà ed il pensiero nel modo che ritengono migliore, mentre qui l'onorevole La Pira ha parlato di un mandato esplicito che i deputati della Democrazia cristiana avrebbero avuto.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Lo avevano liberamente accettato.

Persico. Siamo perfettamente d'accordo, ma qui si è di fronte all'affermazione di un vero e proprio mandato imperativo.

Ed allora dall'onorevole Togliatti è stato proposto di approvare un ordine del giorno così formulato: «La prima Sottocommissione, constatato che da nessuna parte è stata avanzata la proposta di modificare la vigente legislazione per quanto concerne la indissolubilità del matrimonio, non ritiene opportuno di parlare di questa questione nel testo costituzionale».

Era questa la soluzione più elegante e più corretta. Si mise ai voti l'ordine del giorno Togliatti: sette contrari, sei favorevoli, due astenuti, tredici assenti, e, neanche a farlo apposta, tutti dei partiti di sinistra.

Questa votazione lascia molto perplessi: in queste condizioni è sorto l'articolo 23.

Secondo errore: di tempo. Quando l'onorevole La Pira propose il suo emendamento al testo preparato dalla speciale Commissione e quando con una lieve maggioranza riuscì a farlo passare, non era stato ancora approvato dall'Assemblea Costituente l'articolo 7. Era comprensibile allora lo scrupolo dell'onorevole La Pira che nella Costituzione entrasse l'indissolubilità del matrimonio, secondo il patto convenuto fra elettori ed eletti della Democrazia cristiana. Ma tutto questo ha perso oggi ogni importanza.

Approvato l'articolo 7 che stabilisce i rapporti fra Chiesa e Stato secondo i Patti Lateranensi, il matrimonio religioso ha quasi completamente sostituito il matrimonio civile e quindi non c'è più bisogno di introdurre il principio della indissolubilità nella Costituzione. Si noti che l'articolo 34 del Concordato, entrato a far parte della nostra Costituzione, ha un ultimo capoverso che dimostra quanto si sia voluto stravincere da parte democristiana. Esso dice infatti che: «quanto alle cause di separazione personale la Santa Sede consente che siano giudicate dall'autorità giudiziaria civile», mentre tutte le cause concernenti la nullità del matrimonio e la dispensa dal matrimonio sono riservate alla competenza dei Tribunali ecclesiastici.

Ecco perché mi sono permesso di presentare un emendamento, il quale suona così:

«Il matrimonio è basato sull'eguaglianza morale e sociale dei coniugi per il raggiungimento dei fini etici, ai quali è diretto l'istituto familiare».

L'indissolubilità c'è già nel Codice civile, perché il matrimonio non può essere sciolto che con la morte. Ora, in questo momento storico, nessuno pensa a modificare il Codice civile. Resta soltanto l'uno per cento dei matrimoni contratti con rito civile. Per gli altri ci sono i Patti lateranensi. Quindi la questione è perfettamente esaurita.

Ma evidentemente gli amici e i colleghi democristiani pensano che possano in avvenire sorgere delle agitazioni per il divorzio e vogliono perciò ipotecare il futuro.

Che possano sorgere è possibile: tutte le volte che del divorzio si è parlato...

Presidente Terracini. Permetta, onorevole Persico, siamo in sede di emendamenti è vero, ma ella sta svolgendone uno nel quale non si accenna affatto all'indissolubilità del matrimonio. Oltre a ciò, ella parla da quindici minuti.

Persico. Ma io parlo su tre articoli e seguo il testo della Commissione.

Presidente Terracini. Onorevole Persico, vedo che lei persiste nello strano errore di prima. Non siamo in sede di discussione degli articoli, ma di svolgimento degli emendamenti.

Lei ha presentato un emendamento, nel quale non si parla di indissolubilità del matrimonio.

Persico. Il mio emendamento si riferisce tanto all'articolo 23 quanto all'articolo 24.

Dato che la Commissione ha fatto conoscere il suo pensiero sui due articoli, possiamo tenerne conto.

Presidente Terracini. Lei parli sul suo emendamento.

Persico. Devo dire le ragioni per le quali propongo che si modifichi il testo della Commissione.

Prima di tutto, non «uguaglianza morale e giuridica» ma «uguaglianza morale e sociale».

In questo modo si supera la questione dell'articolo 144 del Codice civile e si supera anche la formulazione dell'articolo 23 (nuovo testo della Commissione), in cui si parla dei limiti richiesti dall'unità della famiglia.

In secondo luogo, l'articolo 24 vecchio testo vuole garantire soltanto l'unità familiare; invece noi vogliamo garantire il raggiungimento di quei fini etici, ai quali è diretto l'istituto familiare; il che è assai diverso; perché mantiene l'unità familiare, il consortium omnis vitae di Modestino, nel senso della preminenza del marito, non intesa come soggezione della donna (la donna, per noi, è la regina della famiglia, è la dolce compagna dell'uomo, che l'assiste in tutte le sue lotte). Ma, evidentemente, ci deve essere un'unità familiare, ci deve essere qualcuno che rappresenti la famiglia.

Ecco perché riteniamo che l'eguaglianza debba essere soltanto morale e sociale.

Poi aggiungiamo: «per il raggiungimento dei fini etici» perché vogliamo affermare la costituzione morale, la spiritualità, la sacramentalità veramente religiosa del matrimonio; la famiglia è la nuova entità sociale che si costituisce col matrimonio, e noi vogliamo difenderla, perché è la base della nuova società democratica italiana per la quale dobbiamo fare il nuovo statuto.

Ecco perché intendiamo che, senza parlare di indissolubilità del matrimonio, si debba creare una famiglia sana, veramente e profondamente etica, che abbia lo scopo di raggiungere le finalità più elevate di questo primo nucleo veramente originario, su cui è basata la società umana.

Confido perciò che il mio emendamento possa essere approvato.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento presentato dall'onorevole Targetti, al quale dichiara di aderire l'onorevole Giua:

«Sostituirlo col seguente:

«Il matrimonio è basato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi e la legge ne regola la condizione in modo da garantire l'unità della famiglia».

L'onorevole Giua ha facoltà di svolgerlo.

Giua. Questo emendamento è stato già svolto in sede di discussione generale.

Presidente Terracini. L'onorevole Nobili Tito Oro ha dichiarato prima di ritirare il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«Il matrimonio è fondato sul mutuo affetto dei coniugi e sulla loro illimitata cooperazione al bene della famiglia; esso vincola i coniugi per tutta la vita: la legge tassativamente determina i casi in cui, mancate le sue finalità, può esserne dichiarato lo scioglimento».

L'onorevole Rodi ha già svolto il suo emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«Il matrimonio è basato sull'eguaglianza dei coniugi e la legge garantisce la sua indissolubilità. La Repubblica garentisce altresì l'unità della famiglia e assicura alla donna l'esercizio delle sue funzioni di cittadina in armonia con l'ufficio di madre e con la sua particolare missione sociale».

Segue l'emendamento dell'onorevole Grilli.

«Dopo le parole: a fine di garantire, sopprimere: l'indissolubilità del matrimonio e».

Ha facoltà di svolgerlo.

Grilli. Rinunzio a svolgerlo perché sull'argomento hanno ormai parlato altri oratori.

Presidente Terracini. I seguenti emendamenti sono stati già svolti:

«Alle parole: a fine di garantire l'indissolubilità del matrimonio e l'unità della famiglia, sostituire le altre: a fine di limitare l'adulterio, la prostituzione e il matrimonio d'interesse.

«Calosso».

«Al secondo periodo, sopprimere le parole: l'indissolubilità del matrimonio e».

«Sardiello, De Mercurio».

«Aggiungere il seguente comma:

«Il marito è il capo della famiglia

«Zotta, Gabrieli, Di Fausto, Orlando Camillo, Montini, Dominedò».

«Aggiungere il seguente comma:

«La legge non può stabilire limiti — oltre quelli del Codice civile — alla libertà di contrarre matrimonio.

«Guerrieri Filippo, Zotta, Carignani, Bovetti, Cremaschi Carlo».

«Sostituire gli articoli 24 e 25 con un solo articolo del seguente tenore:

«La legge assicura l'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi nell'unità della famiglia.

«È dovere e diritto dei genitori mantenere, educare ed istruire i figli, anche nati fuori del matrimonio.

«La legge garantisce ai figli nati fuori del matrimonio uno stato giuridico che escluda inferiorità morali e sociali.

«La Repubblica provvede alla protezione della maternità, dell'infanzia e della gioventù.

«Mazzei».

Vi sono ora altri emendamenti presentati dopo che è stato reso noto il nuovo testo che la Commissione propone per i tre articoli.

L'onorevole Condorelli ha proposto di sostituire il primo comma dell'articolo 23 col seguente:

«Lo Stato riconosce e tutela la famiglia come comunità originaria fondata sul matrimonio indissolubile».

L'onorevole Condorelli ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

Condorelli. Il mio emendamento, comincia col sostituire all'espressione «società naturale» l'altra «comunità originaria», che mi sembra più esatta, perché, in verità, la famiglia non è una società ma è una comunità, in quanto la società ha una base volontaria o contrattuale; la comunità, invece, ha proprio una base naturale. E se veramente a base del matrimonio sta la volontà, a base della famiglia non sta la volontà: basti pensare ai rapporti tra genitori e figli.

In realtà, la famiglia intesa nel suo complesso, è una comunità ed è una comunità originaria.

Poi, il mio emendamento ha lo scopo di eliminare una imprecisione: si dice nel progetto che lo Stato riconosce i diritti della famiglia. È una espressione tecnicamente inesatta: i diritti appartengono ai soggetti di diritto, la famiglia nel suo ordinamento giuridico non è soggetto di diritto. Qui si usa la parola «diritti» come spesso, per traslato, la usiamo dicendo i diritti della verità, i diritti della storia, i diritti della logica o della grammatica; ma è un modo di dire traslato.

Oggi, mentre si fa un testo legislativo, si ha il dovere di usare le espressioni nel loro significato tecnico. Perciò ho pensato di presentate questo emendamento, al primo comma che propone di dire: «Lo Stato riconosce e tutela la famiglia come comunità originaria, fondata sul matrimonio indissolubile». Ciò perché credo che l'espressione «comunità originaria» sia più appropriata. E dico «riconosce e tutela» per dire che lo Stato adempie proprio a questa funzione di riconoscere e tutelare la famiglia, ma non di riconoscere e tutelare i suoi diritti, perché la famiglia, come ente, è un ente sociale, ma non un ente giuridico, e, pertanto, non può essere titolare di diritti. Il mio emendamento, ripeto, non si scosta affatto dal pensiero della Commissione ma vuole essere soltanto una precisazione tecnica.

Presidente Terracini. L'onorevole Cappi ha proposto di sostituire al secondo comma dell'articolo 23, nuovo testo, alle parole: «dall'unità della famiglia» le parole: «dalla posizione particolare del marito nella direzione e nella rappresentanza della famiglia».

Pertanto, il secondo comma dell'articolo 23 risulterebbe il seguente: «Il matrimonio è ordinato in base all'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi nei limiti richiesti dalla posizione particolare del marito nella direzione e nella rappresentanza della famiglia».

L'onorevole Cappi ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

Cappi. Onorevoli colleghi, dirò brevissime parole. Se non avessi ritenuto di fare cosa vana, avrei proposto la soppressione del secondo comma, perché pare a me che il concetto dell'eguaglianza dei coniugi sia ormai acquisito nella coscienza giuridica e morale italiana; quindi, superfluo metterlo nella Costituzione. Ma, se questo comma deve restare, mi sembra che debba rispondere almeno a quella esigenza di chiarezza, sulla quale tutti siamo d'accordo; cioè, che la Costituzione deve essere per lo meno chiara. Ora, pare a me che la dizione del secondo comma sia tutt'altro che chiara. Si afferma l'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, e si aggiunge «nei limiti richiesti dall'unità della famiglia». Questo concetto dell'unità della famiglia non implica, o, per lo meno, non esprime chiaramente il concetto dell'unicità di direzione, perché la famiglia può essere unita anche nell'eguaglianza assoluta e illimitata dei due coniugi. Negli istituti politici, negli istituti sociali vi possono essere delle diarchie, ma la famiglia — credo che siamo tutti d'accordo — deve costituire una monarchia. (Commenti). Mi si è risposto, in conversazioni amichevoli, che ciò si capisce e si presuppone. Allora ho domandato: se si presuppone nel concetto di unità e si ritiene implicito il concetto di unicità di direzione, chi dirige? Il marito o la moglie? Si dice che è pacifico che dirige il marito. Osservo che, stando al tenore letterario del comma, una legge potrebbe dare la direzione della famiglia e la posizione di preminenza alla moglie senza urtare contro la parola della Costituzione. Insomma, per qual senso di timorosità vogliamo non affermare il concetto che una certa posizione di preminenza nella famiglia l'abbia il marito? Di qui il mio emendamento, secondo il quale la parità giuridica e morale dei coniugi è contenuta nei limiti richiesti dalla posizione particolare del marito. Ed ho voluto essere relativamente generico per lasciare largo ambito al futuro legislatore, nell'emanazione di norme concrete, di specificare quale debba essere la posizione particolare del marito nella direzione e nella rappresentanza — s'intende, la rappresentanza legale — della famiglia. Queste le ragioni del mio emendamento. (Applausi).

Presidente Terracini. L'onorevole Grassi ha presentato, unitamente all'onorevole Bozzi, il seguente emendamento:

«Nel secondo comma dell'articolo 23 del nuovo testo sostituire le parole: nei limiti richiesti dall'unità della famiglia, con le altre: nei limiti stabiliti dalla legge per l'unità della famiglia».

L'onorevole Grassi ha facoltà di svolgerlo.

Grassi. È una semplice modificazione tecnica, perché sul testo sono d'accordo con l'onorevole Condorelli che mi ha preceduto, il quale ha detto una cosa molto giusta, che cioè la famiglia non è una persona giuridica; quindi essa non ha suoi diritti. Vi sono coloro che la compongono che hanno delle posizioni giuridiche per le quali c'è uno status familiae: ma non di più.

Alla fine del secondo comma dell'articolo 23 si dice: «nei limiti richiesti dall'unità della famiglia». Ora, un'uguaglianza fra i coniugi potrà essere un'esigenza morale e giuridica, ma tutti noi sappiamo — perché in ogni occasione di matrimonio vengono letti degli articoli specifici da colui che lo celebra — quali sono i doveri e i diritti dei coniugi.

Ebbene, essi non sono uguali: è inutile che io ve li legga. Basterebbe pensare alla patria potestà. Ora, ciò non si può annullare, perché allora si distruggerebbe l'unità familiare, non solo per quelli che sono i rapporti affettivi e di sangue, ma anche per i rapporti finanziari.

È necessario quindi stabilire uno status di questa unità familiare, ed allora ho proposto che si dica: «nei limiti stabiliti dalla legge per l'unità familiare».

[...]

Presidente Terracini. È stato così esaurito l'esame di tutti gli emendamenti, presentati sia al testo primitivo, sia al nuovo testo della Commissione.

Chiedo all'onorevole Tupini, di esprimere l'avviso della Commissione.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Onorevoli colleghi, mi consentirete questa sera una particolare benevolenza, perché dovrò rispondere ad una serie di emendamenti che sono pervenuti sul mio tavolo soltanto all'ultim'ora, e solo il senso dell'orientamento è per me, come lo sarebbe per ognuno di voi, abbastanza arduo. È per questo che vi domando di scusarmi se, per caso, non sarò altrettanto preciso e ordinato.

Comincio dagli emendamenti che sono stati presentati in ordine all'articolo 23. Premetto che, via via che saranno da me esaminati, sarò costretto a respingerli e a pregare i colleghi, che li hanno presentati, di ritirarli. La formulazione infatti dei tre articoli presentati ora dalla Commissione, ed ai quali si riferiscono gli stessi emendamenti, risponde, a mio avviso, in modo adeguato alle esigenze affiorate durante la discussione e meglio definisce la materia di quanto non vi provvedesse la primitiva formulazione del progetto. Al nuovo testo abbiamo contribuito un po' tutti i rappresentanti dei vari gruppi col nobile intento di accordarci su un punto di vista possibilmente accettabile e non già col deteriore proposito di trovare comunque un compromesso. Domando perciò all'Assemblea di mettersi sullo stesso piano di possibile intesa che ci consenta di mandare avanti con maggiore speditezza il nostro lavoro.

Poniamo, dunque, subito la nostra attenzione sull'articolo 23, nuova edizione.

Esso è il risultato di una felice commistione degli articoli 23 e 24 del progetto. A tal riguardo sono stati presentati degli emendamenti sostitutivi e tra questi quello dell'onorevole Mazzei, la cui formulazione si discosta di poco dalla nostra. Un solo elemento sostanziale vi noto e cioè la soppressione dell'inciso «particolare riguardo alle famiglie numerose». Analogo emendamento è stato presentato all'ultim'ora dall'onorevole Corbino. La Commissione ha esaminato stamani l'opportunità o meno che venisse tolto questo inciso sul quale era stata già richiamata ad aures la nostra attenzione da vari onorevoli colleghi in senso diverso ed opposto, chi in favore della soppressione, chi della conservazione dell'inciso. La Commissione, considerati i pro ed i contra, si è trovata all'unanimità concorde nell'opportunità di mantenere quell'inciso, ragion per cui, onorevole Corbino e onorevole Mazzei, la Commissione insiste nel pregare l'Assemblea di voler votare anche per questa parte l'articolo in questione.

L'onorevole Badini Confalonieri ha svolto il suo emendamento. Non lo leggo per non far perdere tempo all'Assemblea ed anche perché immagino che i colleghi l'abbiano sotto gli occhi e lo possano seguire. Faccio notare all'onorevole Badini Confalonieri che per quanto attiene alla sua formula, di cui pure si apprezza l'importanza, crediamo che quanto in essa è contenuto sia egualmente contenuto nella nostra formulazione. Per cui, se nella sostanza non c'è un divario apprezzabile, è evidente ed opportuno che per l'economia della votazione io debba pregare l'onorevole Badini Confalonieri di non insistere nella votazione del suo emendamento.

Vi è poi l'emendamento degli onorevoli Sardiello e De Mercurio. In fondo, essi chiedono delle cose, che mi pare siano soddisfatte dalla formulazione della Commissione. Infatti l'emendamento parla di tutela per la saldezza morale e la prosperità della Nazione, accenna alle famiglie bisognose, ora il primo concetto è compreso nella formulazione del nostro articolo, mentre nella seconda parte, allorquando la nostra formulazione investe l'opportunità dell'aiuto, delle agevolazioni, degli sviluppi si intende che in questo sviluppo della famiglia naturalmente sia compreso, come sottinteso, come evidente, il fatto che l'aiuto va prima di tutto alle famiglie bisognose. Per questa ragione, io prego gli onorevoli Sardiello e De Mercurio di non voler insistere nel loro emendamento e di votare la nostra formula.

L'onorevole Nobili Tito Oro ha sollevato nel suo emendamento delle questioni che mi paiono troppo particolareggiate. Mi pare, cioè, che l'onorevole Nobili indulga ad una suggestione di esemplificazione che non è appropriata alla linea più sobria possibile alla quale si deve uniformare una Costituzione. C'è stato già rimproverato da molti che abbiamo abbondato in certe formulazioni e abbondare ancora di più sarebbe un fuor d'opera. Voglia perciò l'onorevole Nobili rinunziare al suo emendamento, tanto più che non potrà escludersi che la legge, sulle direttive che segna la Costituzione, possa provvedere anche a quei casi che tanto lo preoccupano.

L'onorevole Preti e l'onorevole Veroni — poiché mi pare di ricordare che l'onorevole Veroni abbia dichiarato di rinunziare al suo emendamento e di far proprio e associarsi a quello dell'onorevole Preti — domandano che il primo comma del vecchio articolo, che adesso è un altro comma del nuovo articolo, dichiari di tutelare la famiglia per la saldezza morale e la prosperità della nazione. Ripeto all'onorevole Preti, all'onorevole Carboni, all'onorevole Binni e all'onorevole Ruggiero che hanno firmato questo emendamento, nonché all'onorevole Veroni che vi si è associato, le stesse ragioni che ho già dette nei riguardi dell'emendamento Sardiello. Crediamo che quelle loro esigenze, tanto calorosamente sostenute, possano ritenersi soddisfatte dall'articolo del nostro progetto.

L'onorevole Rodi ci domanda di sostituire la nostra formula con quest'altra: «La famiglia è una istituzione morale: la Repubblica ne riconosce i diritti e garantisce le condizioni necessarie al suo libero sviluppo».

Evidentemente la seconda parte, onorevole Rodi, è compresa anche formalmente, anche letterariamente in una delle formulazioni dei nostri tre articoli. Rimane soltanto la definizione «La famiglia è una istituzione morale». Onorevole Rodi, ella sa quanto si è faticato e quanto si è discusso intorno a questa definizione della famiglia. La famiglia, si è detto, è una società naturale, una società di diritto naturale, un'istituzione morale, una comunità originaria, come propone l'onorevole Condorelli. Noi riteniamo che queste preoccupazioni che hanno dato luogo alle proposte di emendamento siano sufficientemente comprese e soddisfatte nella nostra formula. E poiché ho accennato all'onorevole Condorelli, rispondo fin da questo momento alla sua proposta per dirgli che siamo dolenti di non poterla accettare. Evidentemente la «comunità originaria» dice qualche cosa. Noi sentiamo che sarebbe anche una formula accettabile, ma non in quanto possa sostituire, nel senso che trasformi il significato della formula nostra nella quale vediamo anche compreso il senso che l'onorevole Condorelli vuol dare alla formula da lui proposta.

Analoga risposta debbo dare all'onorevole Bosco Lucarelli. Anch'egli parlava non di «comunità originaria», ma di «società originaria». Penso che l'istanza dell'onorevole Bosco Lucarelli sia la stessa di quella espressa dall'emendamento Condorelli; ma debbo dire ad entrambi che l'accoglimento del loro emendamento non è possibile, non solo perché noi siamo tutti d'accordo nel sostenere la nostra formula, ma anche perché crediamo che questo concetto della comunità e della originarietà, sia il primo contenuto nella definizione con la parola «società» e il secondo nella parola «naturale» o nelle parole «di diritto naturale» che dir si voglia. E questo dico anche per la proposta di sostituire «società naturale» con «società di diritto naturale». Se gli onorevoli colleghi hanno letto i verbali, anche io, in sede di Sottocommissione, facevo la stessa proposta. Vi ho rinunciato perché mi sono persuaso che il dire «società naturale» con l'obbligo dello Stato di riconoscerla, possa egualmente soddisfare quella che era l'esigenza mia e di coloro che preferiscono «società di diritto naturale» a «società naturale».

L'onorevole Medi ha rinunziato al suo emendamento. L'onorevole Riccio ha rinunziato, mi pare, anche al suo. L'onorevole Zotta, rinunzia al primo, è vero? Poi parlerò, onorevole Zotta, dell'altro emendamento, che or ora ha svolto. Agli onorevoli Mazzei e Veroni ho risposto.

All'onorevole Rodi, che chiede la soppressione del secondo comma, devo rispondere che non è possibile per le ragioni che ho avuto occasione di illustrare a proposito dell'emendamento dell'onorevole Vittorio Emanuele Orlando. Non possiamo, cioè, sopprimere nessuna di queste disposizioni; né per intero, per rimandarle al prologo; né per intero per essere sostituite da altre formulazioni, né nessuno dei commi che non siano contenuti invece negli articoli da noi proposti.

L'onorevole Marconi ha rinunziato al suo emendamento.

L'onorevole Guerrieri ha proposto due emendamenti: uno all'articolo 2 che riguarda i diritti di libertà e l'altro aggiuntivo laddove si dice «misure economiche di libertà»; poi ha completato il suo emendamento con l'altro, dove si dice che «la legge non può stabilire limiti oltre quelli del Codice civile alla libertà di contrarre matrimonio». Onorevole Guerrieri, — non c'è? Onorevole Carignani, lo sostiene lei, vero? — io apprezzo e comprendo il contenuto del suo emendamento, però faccio notare che mi sembra superfluo e mi sembra sotto certi aspetti anche intempestivo.

Superfluo, perché la nostra Costituzione garantisce tutti i diritti di libertà; intempestivo, perché vi si accenna ai Codici, di cui noi in questo momento non possiamo tener conto, inquantochè noi facciamo la Costituzione: saranno i Codici che dovranno uniformarsi alla Costituzione e a loro volta le leggi che dovranno uniformarsi ai Codici e alla Costituzione.

Per queste ragioni, pur apprezzando e condividendo il punto di vista dell'emendamento Guerrieri, prego gli onorevoli presentatori di non insistervi e di far proprio il nostro punto di vista.

L'onorevole Avanzini ha comunicato che rinunzia al suo emendamento. Gli onorevoli Avanzini ed Ermini, che hanno presentato un altro emendamento, credo di ricordare che abbiano rinunziato anche a questo.

E vengo agli emendamenti presentati all'articolo 23, all'ultima ora.

Ce n'è uno dell'onorevole Grassi, il quale riguarda la formulazione da noi proposta nella parte in cui si dice che il matrimonio è ordinato in base all'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi nei limiti richiesti dall'unità della famiglia L'onorevole Grassi, d'accordo con l'onorevole Bozzi, propone che quest'ultima parte sia meglio chiarita; essi fanno del loro emendamento, più che una questione di sostanza, una questione di forma ed è per questo che, ritenendo che la forma proposta dall'onorevole Grassi sia migliore di quella indicata dall'ultimo capoverso del nostro articolo, anche a nome della Commissione dichiaro di accettare la proposta di emendamento presentata dall'onorevole Grassi per cui, al secondo comma dell'articolo 23, nel punto ove è detto: «Il matrimonio è ordinato in base all'eguaglianza giuridica dei coniugi nei limiti richiesti dall'unità della famiglia», dovrebbe invece usarsi la seguente espressione: «...nei limiti stabiliti dalla legge per l'unità della famiglia».

Questa precisazione formale che la Commissione ha accettato, credo debba avere un suo significato anche per coloro che giustamente si sono preoccupati che la Costituzione non abbia in questa formula sufficientemente garantito, nel concetto dell'unità della famiglia, anche quello della garanzia della famiglia.

Evidentemente, onorevoli colleghi — e qui rispondo a coloro che hanno presentato un emendamento in questo senso — evidentemente, quando si dice che la legge deve stabilire le norme per garantire l'unità della famiglia, tra i requisiti necessari al raggiungimento di questa unità, c'è anche quello di carattere gerarchico, cioè che la famiglia abbia un capo.

Penserà poi la legge a dire chi sarà questo capo e in quali modi e forme questa primazia debba essere esercitata al fine di garantire a sua volta l'unità della famiglia.

L'onorevole Condorelli ha presentato un emendamento al quale ho già implicitamente risposto con le considerazioni dedicate all'onorevole Bosco Lucarelli.

Condorelli. Ma ne ho presentato anche un altro.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Io già le ho detto che noi invece insistiamo sulla nostra formula, in quanto il riconoscimento della famiglia come società naturale risponde alle stesse esigenze che hanno indotto lei a proporre la sua formula.

Lei dice anche: «Lo Stato riconosce e tutela la famiglia.», mentre noi diciamo invece: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia». Riteniamo che la nostra formula sia più precisa dal punto di vista tecnico-giuridico.

Lo Stato, infatti, quando riconosce i diritti della famiglia riconosce in pari tempo la famiglia stessa ed è, quindi, in tale riconoscimento implicito già il concetto della tutela.

Condorelli. Ma la famiglia non è un soggetto di diritto.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Come, non è un soggetto di diritto!

Presidente Terracini. Si tratta di opinioni diverse.

Condorelli. Ma non si può avere un'opinione diversa su questo: è assurdo.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Sono opinioni, onorevole Condorelli: io ho la mia, lei ha la sua; io rispetto la sua, lei rispetterà la mia.

C'è poi l'emendamento dell'onorevole Cappi. Onorevole Cappi, quando io ho dato la risposta all'onorevole Grassi dichiarando di accettare la sua formula, ho rilevato che, con l'accettazione di quella formula, si poteva anche venire incontro a preoccupazioni come quelle giustamente da lei espresse nell'emendamento che ci ha sottoposto e che ci ha illustrato.

Spero che ella sia convinto di queste mie spiegazioni. Comunque, per le ragioni che ho detto, mi duole dover pregare l'onorevole Cappi di non insistere nel suo emendamento e di indursi a votare la formula da noi proposta.

[...]

Presidente Terracini. Dopo aver udito le considerazioni svolte a nome della Commissione dall'onorevole Tupini, chiedo ai presentatori degli emendamenti se li mantengono.

Onorevole Badini Confalonieri, mantiene l'emendamento all'articolo 23?

Badini Confalonieri. Sarei disposto a rinunziare al mio emendamento. Gradirei, però, che la Commissione rivedesse quella dizione «società naturale». Rilevo che l'onorevole Corsanego, autorevole portavoce del gruppo democristiano, ieri stesso ha fatto presente che la dizione è infelicissima.

Non rivendico la paternità dell'una o dell'altra espressione: si dica «nucleo» o «istituto» o «comunità»; ma l'attuale definizione, specie nell'attuale redazione mutilata non risponde al concetto; questa espressione senz'altra aggiunta può anche definire una qualsiasi società animale, una conigliera. Faccio, quindi, preghiera alla Commissione, di rivedere una siffatta dizione.

Presidente Terracini. Onorevole Sardiello, mantiene l'emendamento all'articolo 23?

Sardiello. Chiedo se questo articolo, nella prima formulazione, sarà votato per divisione, perché in questo caso non insisterei sul mio emendamento, in quanto esso si riferisce sostanzialmente alla definizione «famiglia naturale».

Se l'articolo 23 venisse votato per divisione, non avrei bisogno di insistere; altrimenti insisto.

Presidente Terracini. Onorevole Sardiello, mi sembra che il suo emendamento, se riguarda essenzialmente l'espressione «società naturale», che è contenuta anche nel nuovo testo, potrebbe essere ritirato.

Sardiello. Si voterà, dunque, per divisione?

Presidente Terracini. È evidente.

Sardiello. Allora ritiro l'emendamento.

Presidente Terracini. All'articolo 23 c'è ancora l'emendamento proposto dall'onorevole Nobili Tito Oro. Questo emendamento è sottoscritto da numerosi altri colleghi. Desidero far presente ai firmatari che l'onorevole Nobili Tito Oro, svolgendo l'emendamento si è soffermato soltanto sull'ultima parte relativa all'organizzazione di appositi enti per l'industria casalinga.

Prego i firmatari di dichiarare se insistono su questo emendamento.

Merighi. Lo ritiriamo.

Presidente Terracini. Onorevole Preti, mantiene il suo emendamento?

Preti. Il mio emendamento ha inteso sopprimere la formula «società naturale». Lo ritiro, associandomi a quanto ha detto l'onorevole Sardiello.

Presidente Terracini. Onorevole Rodi, mantiene il suo emendamento?

Rodi. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Bosco Lucarelli, mantiene i suoi emendamenti?

Bosco Lucarelli. Li ritiro, dato il nuovo testo dell'articolo 23. Ritiro anche l'emendamento all'articolo 25.

Presidente Terracini. Onorevole Zotta, mantiene il suo emendamento?

Zotta. Vi rinuncio.

[...]

Presidente Terracini. [...] Onorevole Guerrieri Filippo, mi pare che ella abbia rinunciato al suo primo emendamento.

Guerrieri Filippo. Vorrei fare una dichiarazione. Io rendo omaggio alle dichiarazioni dell'onorevole Tupini. Vorrei spiegare il perché del ritiro del mio emendamento. (Commenti).

Presidente Terracini. Spieghi brevissimamente perché lo ritira.

Guerrieri Filippo. Avevo visto tante libertà stabilite negli articoli: libertà di circolare, libertà di soggiornare, libertà di spostarsi da Piazza Barberini a Piazza Navona, e pensavo, fra me e me, che vi poteva essere anche la libertà di matrimonio. Ma poiché l'onorevole Tupini mi dà atto ufficiale che questo mio principio, che volevo affermare nel mio emendamento, si deve ritenere già acquisito nelle libertà sancite dalla Costituzione, ne prendo volentieri atto e non insisto nell'emendamento, dichiarandomi soddisfatto di aver potuto provocare una tale dichiarazione dal Relatore.

Presidente Terracini. Onorevole Avanzini mantiene i suoi emendamenti?

Avanzini. Rinuncio, perché assorbiti.

Presidente Terracini. Passiamo agli emendamenti proposti all'articolo 24. Vi è una proposta degli onorevoli Calamandrei, Codignola, Foa e Valiani che si riferisce alla soppressione della prima formulazione dell'articolo che riguardava l'indissolubilità del matrimonio, oltre, secondo l'esposizione dell'onorevole Calamandrei, l'affermazione della eguaglianza morale e giuridica dei coniugi. Questi due concetti sono ripresi ambedue nella nuova formulazione dell'articolo 23.

Prego, pertanto, l'onorevole Calamandrei di dire se mantiene la soppressione di entrambi i commi del nuovo articolo 23. Faccio presente all'onorevole Calamandrei, che dobbiamo ancora pronunciarci sull'ordine del giorno dell'onorevole Ruggiero, il quale, se accettato, verrebbe a realizzare la richiesta di soppressione dell'articolo 24.

Calamandrei. Noi manteniamo la richiesta di soppressione del primo comma del nuovo articolo 23.

Presidente Terracini. Onorevole Badini Confalonieri, mantiene l'emendamento?

Badini Confalonieri. Rinunzio.

Presidente Terracini. Onorevole Persico, mantiene l'emendamento?

Persico. Lo mantengo perché il Presidente della prima Sottocommissione non mi ha risposto.

Presidente Terracini. Onorevole Targetti, mantiene l'emendamento?

Targetti. Lo ritiro.

Presidente Terracini. Onorevole Rodi, mantiene l'emendamento.?

Rodi. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Grilli, mantiene l'emendamento?

Grilli. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Non essendo presente l'onorevole Calosso, il suo emendamento si intende decaduto.

Onorevole Sardiello mantiene il suo emendamento?

Sardiello. Sì, trasferendolo all'articolo 23.

Presidente Terracini. Onorevole Zotta, mantiene l'emendamento?

Zotta. Rinuncio, ritenendolo già incluso nella nuova formulazione.

Presidente Terracini. Onorevole Guerrieri, mantiene l'emendamento?

Guerrieri Filippo. Lo ritiro.

Presidente Terracini. Onorevole Mazzei, mantiene l'emendamento?

Mazzei. Lo mantengo.

[...]

Presidente Terracini. [...] Devo, ora, rivolgermi ai presentatori degli emendamenti al nuovo testo.

L'emendamento degli onorevoli Grassi e Bozzi al secondo comma dell'articolo 23, nuovo testo, è stato accettato dalla Commissione.

Onorevole Cappi, mantiene l'emendamento allo stesso secondo comma dell'articolo 23?

Cappi. Farei un complimento se dicessi che l'onorevole Tupini, pur con la sua impareggiabile arte, mi abbia completamente convinto; tuttavia, dopo l'accettazione dell'emendamento degli onorevoli Grassi e Bozzi ritiro il mio.

Presidente Terracini. Onorevole Condorelli, mantiene l'emendamento al primo comma del nuovo testo dell'articolo 23?

Condorelli. Per rispetto alla famiglia, che non può essere chiamata una società naturale, e per rispetto alla scienza del diritto, per la quale la famiglia non è un soggetto di diritto, debbo insistere.

[...]

Presidente Terracini. Prima di passare alla votazione degli emendamenti, avverto che bisogna votare l'ordine del giorno dell'onorevole Ruggiero Carlo, già svolto, e che non è stato assorbito dalla votazione eseguita sull'ordine del giorno dell'onorevole Orlando Vittorio Emanuele.

Onorevole Ruggiero, mantiene il suo ordine del giorno?

Ruggiero Carlo. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Pongo ai voti l'ordine del giorno così formulato:

«L'Assemblea,

convinta che la Carta costituzionale è un atto legislativo che, per la sua natura, deve accogliere solo quei principî fondamentali e quei sovrani comandamenti che rispondono alle esigenze di una coscienza etica collettiva;

convinta che i principî della indissolubilità del matrimonio e della unità della famiglia, contenuti nell'articolo 24 del progetto di Costituzione, sono incompatibili con la natura della Costituzione, inquantoché, considerati attraverso una valutazione di carattere universale, rappresentano la manifestazione di un'ideologia e di un'etica particolari;

convinta che i principî della indissolubilità del matrimonio e della unità della famiglia già sono consacrati nella realtà giuridica ed etica, il primo come una norma obiettiva della nostra legislazione e il secondo come inconcusso precetto morale, e che non abbisognano quindi della garanzia di una specifica tutela costituzionale;

passa all'ordine del giorno».

(Non è approvato).

Passiamo alla votazione degli emendamenti mantenuti.

L'onorevole Rodi ha proposto di sostituire il primo comma dell'articolo 23, vecchio testo, col seguente:

«La famiglia è un'istituzione morale; la Repubblica ne riconosce i diritti e garentisce le condizioni necessarie al suo libero sviluppo».

Questo emendamento può valere anche per il nuovo testo dell'articolo 23.

Si tratta, infatti, della definizione della famiglia e del riconoscimento dei suoi diritti.

Il primo comma del nuovo testo della Commissione è del seguente tenore: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio indissolubile».

Circa la definizione della famiglia sono stati presentati vari emendamenti; come pure circa l'affermazione dei diritti della famiglia. Vi è poi l'affermazione della indissolubilità del matrimonio. Si potrebbero, pertanto, porre in votazione le due prime parti, per le quali vi sono proposte di emendamenti, salvo poi a votare la questione della indissolubilità del matrimonio.

Mazzei. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Mazzei. Non si può, a mio parere, votare in precedenza l'emendamento relativo a un solo articolo, se esiste la mia proposta di sostituire i tre articoli della Commissione con un solo articolo.

Presidente Terracini. Onorevole Mazzei, ella aveva proposto di sostituire gli articoli 24 e 25, vecchio testo, con un articolo, che, in sede di svolgimento dell'emendamento, ha in parte modificato, dichiarando di presentarlo come sostitutivo dei tre articoli del nuovo testo.

L'articolo da lei proposto è così formulato:

«La legge assicura la eguaglianza morale e giuridica dei coniugi nell'unità della famiglia. È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli anche nati fuori del matrimonio.

«La legge garantisce ai figli nati fuori del matrimonio una condizione giuridica che escluda inferiorità morali e sociali.

«La Repubblica provvede alla protezione della maternità, dell'infanzia e della gioventù».

Non si definisce dunque in questo articolo la famiglia, né si parla dei diritti della famiglia e della indissolubilità del matrimonio, materie disciplinate dal primo comma dell'articolo 23, che l'Assemblea deve votare in questo momento.

Noi stiamo votando l'articolo 23. La sua richiesta evidentemente non ha fondamento.

Mazzei. È evidente che tutti quei principî che io ho omesso, li volevo omettere e, quindi, negarli. Col che ho emendato in modo radicale tutti e tre gli articoli proposti dalla Commissione, mutandone completamente il contenuto.

Presidente Terracini. La sua richiesta si traduce praticamente nel voto contrario alla formulazione dell'articolo 23.

Mazzei. Ma se viene votato l'articolo 23, sarebbe poi contraddittorio mettere in votazione il mio emendamento che sostituisce agli articoli 23, 24 e 25 un solo articolo.

Presidente Terracini. Se l'Assemblea approva l'articolo 23, significa che vuole conservarlo.

Mazzei. Onorevole Presidente, a me pare che, secondo la prassi, si pongono in votazione prima gli emendamenti che più si discostano dal testo proposto dalla Commissione. Ora, è chiaro che quello che più si discosta è il mio emendamento.

Presidente Terracini. La misura della lontananza è data dal contenuto. Comunque pongo in votazione la proposta dell'onorevole Mazzei, che il suo emendamento abbia la precedenza.

(Non è approvata).

Passiamo alla votazione della prima parte della formulazione dell'onorevole Rodi, che è la seguente:

«La famiglia è una istituzione morale».

La pongo in votazione.

(Non è approvata).

Sono state proposte altre definizioni della famiglia.

Vi è la formulazione proposta dall'onorevole Condorelli:

«La famiglia è una comunità originaria».

La metto in votazione.

(Non è approvata).

Metto ora in votazione la proposta dell'onorevole Badini Confalonieri:

«La famiglia è un nucleo naturale, originario e fondamentale della società».

(Non è approvata).

Dobbiamo ora porre in votazione la prima parte del primo comma dell'articolo 23 nel nuovo testo proposto dalla Commissione:

«La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale».

Penso che si debba votare l'inciso: «come società naturale» per cominciare a districarci dalla complessità delle proposte.

Badini Confalonieri. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Badini Confalonieri. Mi pare che la votazione, se procedesse in tal modo, porterebbe ad una incongruenza. Votare ora il concetto «la famiglia è una società naturale» è votare una definizione monca. La definizione completa dice che la famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio indissolubile. La precedenza della votazione dovrebbe essere pertanto data alla frase «fondata sul matrimonio indissolubile» nel qual caso soltanto la votazione ha un significato e ad ogni deputato è concessa facoltà vera di scelta della formula che maggiormente gradisce.

In un secondo tempo, ammesso o no il concetto della indissolubilità del matrimonio, possiamo giungere alla votazione dell'espressione «famiglia come società naturale». Ma votare prima questa espressione, senza sapere se ci sarà o no l'appendice, provoca equivoci.

«Società naturale» è il canile col cane, la cagnetta e i cuccioli; è la società animale; e molti di noi non intendono votarla, se non sarà approvata la seconda espressione, che la prima completa.

Presidente Terracini. Il primo testo dell'articolo 23 cominciava con l'espressione: «La famiglia è una società naturale».

Erano stati presentati molti emendamenti specifici su questa definizione; il che significa che la si può accettare o meno, indipendentemente dal problema della indissolubilità del matrimonio.

Badini Confalonieri. Mi pare che il significato, dato dallo stesso Relatore della Commissione, sia quello di una espressione in sé indissolubile; invece, la definizione così scissa in due parti acquista tutt'altro valore.

Presidente Terracini. È opinione anche di altri onorevoli colleghi — e vi è al riguardo una proposta dell'onorevole Grilli — che il primo comma dell'articolo possa essere così formulato: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» senza parlare di indissolubilità.

Ritengo, pertanto, che l'obiezione dell'onorevole Badini Confalonieri non abbia fondamento.

Badini Confalonieri. Desidero esporre il caso mio personale.

Io desidero votare l'intero comma, come è proposto; però, se non passa la seconda parte, preferisco che sia abolita la definizione della famiglia.

Come mi dovrei comportare di fronte alla votazione che ella propone?

Presidente Terracini. Vi sono tanti casi personali!

Badini Confalonieri. La votazione, a mio parere, dovrebbe esser fatta in modo che ognuno di noi abbia la possibilità di manifestare il proprio concetto.

Calamandrei. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Calamandrei. Ricordo all'onorevole Presidente che avevamo presentato la proposta di soppressione di tutto il primo comma dell'articolo 24, vecchio testo, e che l'abbiamo mantenuta come soppressione del primo comma del nuovo articolo 23.

Ora non vi insistiamo; ma riterremmo opportuno che si votasse prima la formula: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale» e poi, per appello nominale, la seconda parte: «fondata sul matrimonio indissolubile».

Presidente Terracini. Onorevole Calamandrei, se ella chiede la soppressione del primo comma, sta bene; ma non credo che il comma si possa votare in due tempi, perché vi sono diversi emendamenti, che si riferiscono alle singole parti di questa proposizione ed i presentatori hanno anch'essi diritto di chiederne la votazione.

Togliatti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Togliatti. La questione è abbastanza complicata, perché bisognerebbe che il voto venisse richiesto in modo tale che ciascuno potesse votare rispecchiando esattamente la propria posizione. Ora il nostro gruppo, per esempio, voterà per sopprimere l'ultima parola, «indissolubile», in quanto ritiene che questo non sia un problema costituzionale, ma è contrario a tutto ciò che precede.

Se, pertanto, ci si propone un voto che riguardi la soppressione dell'intero comma, noi ci troviamo nell'imbarazzo.

Occorre, quindi, votare per divisione; ma dove bisogna dividere? Questo è un secondo problema su cui richiamo particolarmente l'attenzione del gruppo autonomista. Se dividiamo dopo il termine «naturale», cadiamo in un equivoco, perché suscitiamo l'impressione che coloro che voteranno in questo modo, cioè per sopprimere le parole «fondata sul matrimonio indissolubile» siano contro il matrimonio, cioè che vogliano una famiglia che non sia regolata dal matrimonio.

Mi pare che questo sia un errore; noi non vogliamo questo. Riteniamo unicamente che la indissolubilità non debba essere inserita nella Costituzione e non facciamo questione di divorzio. Questo è il nostro punto di vista.

A questo punto di vista — che mi pare che sia quello che può raccogliere la maggioranza dei suffragi di questa parte dell'Assemblea — corrisponde un voto per divisione, il quale però separi i due termini da votare dopo la parola «matrimonio»; cioè votare il primo comma fino al termine «matrimonio» incluso, e poi votare sulla parola: «indissolubile».

Presidente Terracini. Questo è stato già proposto dall'onorevole Grilli.

Prego l'onorevole Calamandrei di dire se insiste nella sua proposta di votazione per divisione.

Calamandrei. Per semplicità, non insisto sulla proposta che avevo fatto di una votazione per separazione, in cui la separazione fosse fatta dopo la parola «naturale». Dal punto di vista logico ritengo che sia un gravissimo errore, che rimarrà nel testo della nostra Costituzione come una ingenuità, quello di congiungere l'idea di società naturale — che richiama al diritto naturale — colla frase successiva «fondata sul matrimonio», che è un istituto di diritto positivo. Parlare di una società naturale che sorge dal matrimonio, cioè, in sostanza, da un negozio giuridico è, per me una contraddizione in termini. Ma tuttavia, siccome di queste ingenuità nella nostra Costituzione ce ne sono tante, ce ne potrà essere una di più; per questo non insistiamo nella nostra richiesta ed aderiamo alla proposta di votazione per separazione nel senso che la prima frase da votare finisca alla parola «matrimonio» e prima della parola «indissolubile» come ha proposto l'onorevole Togliatti. Insistiamo nella richiesta di appello nominale.

Presidente Terracini. Onorevole Rodi, lei è divenuto un po' l'arbitro del proseguimento dei nostri lavori, perché tutti i colleghi hanno ritirato i loro primitivi emendamenti comprendendo che il fuoco della questione si è ora concentrato nei nuovi emendamenti. Il mantenimento del suo emendamento obbliga necessariamente a proseguire nella votazione nel modo col quale abbiamo incominciato. Io la prego di esprimere il suo parere.

Rodi. La prima parte del mio emendamento è stata respinta. Non insisto nella seconda parte.

Presidente Terracini. Allora si può procedere alla votazione, per divisione, del primo comma dell'articolo 23, nuovo testo. L'onorevole Grilli ha proposto che alla fine del comma sia soppressa la parola: «indissolubile». In proposito avverto che vi sono due richieste di votazione: una per appello nominale e l'altra a scrutinio segreto. (Commenti). La richiesta di votazione a scrutinio segreto è stata presentata, col numero richiesto di firme, dagli onorevoli Grilli, De Mercurio, Paolucci, Bianchi Bianca, Lami Starnuti, Labriola, Costantini, Candela, Azzi, Della Seta, Bellusci, Gullo Rocco, Carboni, Bocconi, Cevolotto, Martino Gaetano, Veroni, Cairo, Sardiello, Spallicci.

Desidero far presente che il Regolamento prevede l'uso della votazione segreta in alcuni casi specifici: sulla richiesta di urgenza di proposte o disegni di legge, quando vi sia opposizione alla richiesta di urgenza; sulla proposta di discutere o deliberare su materie che non siano all'ordine del giorno; quale voto finale di disegni o proposte di legge, e, infine, su altre materie quando sia richiesto da venti deputati. Nel concorso di diverse domande di votazione ha la prevalenza su tutte le altre.

Ora, onorevoli colleghi, i venti deputati hanno diritto di chiedere lo scrutinio segreto. Tuttavia, ci dice la storia parlamentare italiana che una votazione segreta su una parte di un disegno di legge, dal 1881 non è mai stata effettuata. Ciò, non vuol dire che non si possa modificare questa antica tradizione. Penso, peraltro, che sia da tener presente che si tratta di una votazione alla quale si ricorre veramente soltanto in casi di straordinarissima importanza, e ciò dico senza voler contestare l'importanza del voto che stiamo per dare.

Vi sono, poi, richieste di votazione per appello nominale da parte degli onorevoli Andreotti, Fuschini, Baracco, Bertone, Fanfani, Bertola, Tosato, Codacci Pisanelli, Montini, Caiati e altri; degli onorevoli Merlin Umberto, Giacchero, Baracco, Notarianni, Scoca, Colombo Emilio, Tambroni, De Maria, Motolese, Di Fausto, Taviani, Pallastrelli, Siles, Arata, Zerbi, Tozzi Condivi, Germano; degli onorevoli Calamandrei, Codignola, Cianca, Schiavetti, Magrini, Lussu, Mastino Pietro, Bernini, Gullo Rocco, Paolucci, Bellusci, Foa e altri. Ora, si tratta di decidere a quale di queste due forme di votazioni noi vogliamo procedere.

Spano. Non c'è che da applicare il regolamento.

Presidente Terracini. Vorrei dire all'onorevole Spano che nel passato, nei casi di richiesta di diversi modi di votazione è sempre avvenuto — anche nel caso citato del 1881 — che la Camera ha discusso e deciso il sistema da adottare.

Spano. Allora non si trattava di fare la Costituzione.

Presidente Terracini. Esisteva il regolamento della Camera che noi abbiamo adottato.

Chiedo ai firmatari della richiesta se la mantengono.

De Mercurio. Abbiamo proposto la votazione a scrutinio segreto data l'importanza della materia. Manteniamo la richiesta.

Gronchi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gronchi. Noi veramente ci troviamo estremamente perplessi nel giudicare le ragioni per cui su di una questione di questo genere si chieda la votazione a scrutinio segreto. Non a torto il regolamento della Camera, che abbiamo adottato come regolamento dell'Assemblea Costituente, indica tassativamente taluni dei casi per i quali questa votazione è resa possibile, aggiungendo poi, ad abundantiam, la generica dizione di altri casi nei quali essa può esser chiesta da un determinato numero di deputati. Ma quando si discusse il regolamento della Consulta, che rappresenta, in un certo senso un adeguamento più vicino alla sensibilità moderna di un'assemblea democratica, si invertì il grado procedurale dei due sistemi di votazione.

Malagugini. E voi avete votato contro. (Commenti — Applausi a sinistra — Interruzioni).

Gronchi. In questo regolamento si diceva che nel concorso di diverse domande, quella dell'appello nominale prevale su tutte le altre, e quella dello scrutinio segreto prevale soltanto sulla domanda di votazione per divisione nell'aula.

Una richiesta come questa di cui ora si parla non può avere che due moventi: o lo sperare di guadagnare pavidi proseliti alla propria causa... (Vivi commenti).

Malagugini. E se anche fosse?

Gronchi. ...il che mi pare scopo difficile a raggiungere (Interruzioni Commenti) data l'estrema nettezza delle opinioni su questo punto; o il calcolo di convenienza (e ciò mi sembra più ragionevole supporre) che equivale al non avere il coraggio politico di assumere una posizione. (Applausi al centro e a destra Commenti).

Onorevoli colleghi, noi che non pretendiamo di monopolizzare la rappresentanza di quella larghissima parte dell'opinione pubblica che ha una coscienza religiosa o, meglio, una coscienza cattolica; troviamo spesso che sono molti coloro i quali desiderano di non apparire contro questa coscienza religiosa o cattolica per motivi, direi...

Una voce a sinistra. Politici

Una voce al centro. Elettorali! (Commenti).

Gronchi. Comunque poiché la questione ha un'importanza che valica anche quella già altissima che ha assunto durante una così ampia discussione parlamentare, varrebbe la pena che ciascuno dei colleghi costituenti a viso aperto assumesse la propria responsabilità. (Applausi al centro e a destra Commenti).

Gullo Rocco. Chiedo di parlare a favore della proposta di votazione a scrutinio segreto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gullo Rocco. Devo dichiarare che a proposito del coraggio civile...

Gronchi. Politico, ho detto.

Gullo Rocco. ...io e tutti quelli che abbiamo chiesto lo scrutinio segreto votiamo e avremmo sempre votato nello stesso modo: quindi abbiamo già assunta la nostra responsabilità. (Commenti Interruzioni al centro).

In quanto sempre al coraggio civile, debbo dire che lo stesso articolo 97 del Regolamento della Camera prevede lo scrutinio segreto; e ciò significa che si può, e in certe occasioni, si deve, votare a scrutinio segreto, senza che questo comporti una taccia di mancanza di coraggio civile. (Commenti al centro Interruzioni).

Presidente Terracini. Poiché la questione del coraggio politico è stata posta proprio dai loro banchi (Accenna al centro) permettano che gli altri rispondano.

Una voce al centro. A viso aperto, in questi casi.

Gullo Rocco. Il nostro coraggio politico è fuor di discussione; tutt'al più noi possiamo sperare che vi sia della gente la quale voti secondo un giusto concetto, e che non voterebbe secondo questo giusto concetto appunto per mancanza di coraggio politico. (Commenti).

Debbo anche dire che noi possiamo avere una preoccupazione; ma la preoccupazione non è quella che più tardi ci si possa rimproverare ciò che abbiamo votato. La nostra preoccupazione — o la preoccupazione di qualcuno di noi — può essere quella di impedire una speculazione, perché più tardi non si dirà che noi abbiamo voluto semplicemente rimandare alla legislazione ordinaria questo problema; si dirà che noi abbiamo votato per il divorzio. (Commenti al centro).

Merlin Umberto. È chiaro!

Una voce al centro. Interpretazione autentica!

Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, non interrompano!

Gullo Rocco. Comunque l'articolo 97 del Regolamento della Camera prevede la votazione a scrutinio segreto e non dice per nulla che la domanda debba essere motivata, o giustificata, o discussa. Io non ho mai fatto parte di altre Camere e neppure della Consulta; ma ho davanti a me il Regolamento della Camera il quale, all'articolo 97, parla del voto finale sulle proposte, per le quali prescrive che sia lasciato campo libero alla votazione segreta. Parla poi delle altre votazioni che debbono avvenire per alzata e seduta, eccetto che non si debba procedere alla votazione per appello nominale quando almeno 15 deputati l'abbiano chiesta, o a quella per scrutinio segreto, quando almeno 20 deputati l'abbiano chiesta.

Il Regolamento della Camera non dice dunque neppure che debba trattarsi di casi che rivestano carattere di particolare gravità; il caso attuale del resto mi pare che tale carattere rivesta. (Rumori).

In quanto poi alla motivazione o giustificazione, non mi pare che occorra darla, perché l'ultimo comma dello stesso articolo 97 dice che, nel concorso di diverse domande, quella intesa ad ottenere lo scrutinio segreto prevale su tutte le altre, mentre quella di richiesta dell'appello nominale prevale soltanto sulla domanda della votazione per divisione.

Siccome quindi il numero prescritto di deputati ha chiesto la votazione a scrutinio segreto, ogni discussione è superflua e l'Assemblea non può nemmeno esser chiamata a decidere, in quanto la volontà eventuale della maggioranza non può mai soffocare il diritto dei venti deputati — anche se restino soltanto venti — che hanno chiesto lo scrutinio segreto.

Lussu. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lussu. Io credo che non tocchi la dignità del collega onorevole Gronchi, né quella dei suoi colleghi — sono anzi convinto di rendere in tal modo omaggio alla sua dignità e a quella dei suoi colleghi — il fatto che io affermi che in questo settore ci sono certamente molti che il coraggio, ivi compreso il coraggio politico, e ivi compreso il coraggio elettoralistico, lo sentono allo stesso modo dell'onorevole Gronchi e dei sui colleghi.

Noi, peraltro — e parlo del mio gruppo — abbiamo questo vantaggio sul collega onorevole Gronchi: che avevamo chiesto inizialmente su questo articolo l'appello nominale, prima che si parlasse di scrutinio segreto. Se quindi noi siamo obbligati a prendere in considerazione la richiesta per lo scrutinio segreto, è per un rispetto, è per un attaccamento che sentiamo al Regolamento della Camera. (Commenti).

Al Regolamento possono non essere molto sensibili i gruppi della maggioranza, ma quelli della minoranza — e il nostro è un gruppo della minoranza — vedono solo nel Regolamento la protezione dei diritti parlamentari.

Siccome pertanto un gruppo di venti deputati, secondo il Regolamento, ha chiesto che l'appello si faccia per scrutinio segreto, nessuno ha facoltà di discutere ciò; neppure il Presidente, me lo consenta, può mettere ai voti, se si debba votare con l'uno o l'altro sistema. Il diritto di votare per scrutinio segreto è sancito nel regolamento, e va senz'altro applicato.

Togliatti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Togliatti. Noi non abbiamo chiesto il voto segreto e non ce ne importa nulla, perché il nostro voto è pubblico; l'abbiamo dichiarato. (Commenti).

Noi non vogliamo il divorzio, ma non vogliamo nemmeno che si includa la dichiarazione dell'indissolubilità del matrimonio in questo articolo della Costituzione. Ma la questione è che il Regolamento dice che, una volta chiesto il voto segreto, questa richiesta deve avere la precedenza.

Noi siamo 104 comunisti. Siamo una minoranza. Guai se ammettessimo che si violi il Regolamento della Camera. Il Regolamento della Camera è il presidio della nostra libertà. Per questo, se è stata chiesta la votazione segreta, la votazione segreta si deve fare.

Presidente Terracini. Egregi colleghi, mi permettano di esprimere una piccola meraviglia. Ogni volta che, nel corso delle nostre discussioni, è stata presentata una domanda di appello nominale, nessuno ha usato frasi drammatiche, se da altri banchi dell'Assemblea si è cercato di rendere convinti coloro che chiedevano l'appello nominale della inopportunità di quella forma di votazione. Non so perché, muovendosi stasera analoghe obiezioni, che trattano semplicemente il tema dell'opportunità, che è sempre in relazione — noi lo sappiamo — al tempo, non so perché si sia voluto trasferire la questione sul piano drammatico della tutela dei diritti delle minoranze.

Io spero che d'ora innanzi, ogni qualvolta da questo seggio annunzierò una richiesta di appello nominale, nessun collega, non soltanto non si opponga, ma non sollevi obiezioni o si diffonda in mormorii. È evidente che come ogni volta che è stata fatta la domanda di appello nominale e questa è stata discussa in maniera molto amichevole e non drammatica, ed in definitiva se i richiedenti hanno insistito, noi abbiamo proceduto all'appello nominale, così faremo nell'avvenire.

Anche in questo momento, dopo aver fatto presenti le difficoltà sollevate dalla richiesta formale dei richiedenti, noi procederemo alla votazione segreta, come è nel loro diritto che nessuno ha contestato.

Spano. Ed allora si applichi il Regolamento e basta!

Presidente Terracini. Non sta a lei dire «basta» quando parla il Presidente. (Vivissimi applausi).

Procediamo, dunque, alla votazione a scrutinio segreto sull'emendamento dell'onorevole Grilli tendente a sopprimere alla fine del primo comma dell'articolo 23, nuovo testo, la parola: «indissolubile».

Si faccia la chiama.

Molinelli, Segretario, fa la chiama.

(Segue la votazione).

Presidente Terracini. Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari procedono alla numerazione dei voti).

Comunico il risultato della votazione:

Presenti e votanti............ 385
Maggioranza.............. 193
Voti favorevoli........... 194
Voti contrari.............. 191

(L'Assemblea approva la soppressione della parola: indissolubileApplausi a sinistra — Commenti).

[Segue, nel resoconto stenografico, l'elenco dei deputati che hanno preso parte alla votazione.]

Presidente Terracini. Passiamo ora alla votazione del primo comma dell'articolo 23, così formulato:

«La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale, fondata sul matrimonio».

Badini Confalonieri. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Badini Confalonieri. Chiederei che la votazione avvenisse per divisione, che si votasse cioè prima la formula: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia». Poi voteremo: «come società naturale fondata sul matrimonio».

Costantini. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Costantini. Credo che non abbia senso votare soltanto la formula: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia», perché è implicito in tutta la nostra legislazione il riconoscimento generico di tutti i diritti.

Mi sembra che sia logico votare il testo completo.

Cevolotto. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Cevolotto. Dichiaro che votando contro la formula anche completa — e pregherei chi ha chiesto la votazione per divisione di ritirare questa domanda — io intendo votare la soppressione di tutto il primo comma, che era stata proposta dall'onorevole Calamandrei.

Presidente Terracini. L'onorevole Badini Confalonieri mantiene la sua richiesta?

Badini Confalonieri. La mantengo.

Presidente Terracini. Pongo in votazione la prima parte del primo comma dell'articolo 23:

«La Repubblica riconosce i diritti della famiglia».

(È approvata).

Pongo in votazione la seconda parte:

«come società naturale fondata sul matrimonio».

(È approvata).

Passiamo ora al secondo comma dell'articolo 23, con l'emendamento proposto dagli onorevoli Grassi e Bozzi e accettato dalla Commissione:

«Il matrimonio è ordinato in base alla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, nei limiti stabiliti dalla legge per l'unità della famiglia».

In proposito, vi è l'emendamento sostitutivo presentato dall'onorevole Persico:

«Il matrimonio è basato sull'eguaglianza morale e sociale dei coniugi per il raggiungimento dei fini etici, ai quali è diretto l'istituto familiare».

Lo pongo in votazione.

(Non è approvato).

Vi è poi la formula proposta dall'onorevole Mazzei:

«La legge assicura l'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi nell'unità della famiglia».

La pongo in votazione.

(Non è approvata).

Resta ancora l'emendamento sostitutivo dell'onorevole Rodi:

«Il matrimonio è basato sull'eguaglianza dei coniugi e la legge garentisce la sua indissolubilità. La Repubblica garentisce altresì l'unità della famiglia e assicura alla donna l'esercizio delle sue funzioni di cittadina in armonia con l'ufficio di madre e con la sua particolare missione sociale».

Lo pongo in votazione.

(Non è approvato).

Pongo pertanto in votazione il testo proposto dalla Commissione:

«Il matrimonio è ordinato in base all'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi nei limiti stabiliti dalla legge per l'unità della famiglia».

(È approvato).

Il testo dell'articolo 23 risulta così approvato nel suo complesso:

«La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

«Il matrimonio è ordinato in base all'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi nei limiti stabiliti dalla legge per l'unità della famiglia».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti