[Il 16 gennaio 1947 la Commissione per la Costituzione in seduta plenaria discute sulla condizione dei figli nati fuori del matrimonio.]

Il Presidente Ruini sottopone all'esame della Commissione l'articolo 17 predisposto dal Comitato di redazione, per la parte riguardante la condizione dei figli nati fuori del matrimonio. Ricorda che il testo della prima Sottocommissione era stato così formulato:

«La legge detta le norme per l'efficace protezione dei figli nati fuori del matrimonio».

In seno alla stessa Sottocommissione e, poi, al Comitato di redazione, fu proposto di sostituire il comma con il seguente:

«Nessuna norma di legge può far ricadere sui figli le conseguenze di uno stato familiare che non sia conforme alla legge».

L'onorevole Nobile, infine, ha ora presentato il seguente altro emendamento:

«La legge prevederà la ricerca della paternità fissandone le norme. I genitori sono tenuti al riconoscimento dei figli nati fuori del matrimonio con le limitazioni e le norme che la legge prevederà».

Apre la discussione sul comma dell'articolo 17 e sugli emendamenti proposti:

Lucifero osserva che l'emendamento proposto in seno al Comitato di redazione è uguale ad altro emendamento che fu presentato a suo tempo davanti alla prima Sottocommissione dall'onorevole Togliatti e da lui.

I presentatori dell'emendamento partirono dal concetto che i figli i quali sono stati messi al mondo illegittimamente, non debbono portare le conseguenze degli errori della generazione che li ha preceduti e che la legge deve tutelare questo loro diritto alla uguaglianza. Se si vuole fare uno Stato democratico, occorre stabilire una uguaglianza fin dalla nascita nei diritti come nei doveri futuri dei cittadini.

Si dichiara profondamente convinto della bontà del principio contenuto nell'emendamento, non solo da un punto di vista morale e pratico ma anche da un punto di vista altamente sociale.

Non è favorevole invece alla inserzione nella Costituzione del principio della ricerca della paternità; si tratta di un problema molto complesso e l'esperimento, tentato in alcuni paesi europei, fra cui l'Austria, ha avuto risultati molto dubbi. Crede che esso possa costituire materia di discussione in sede di elaborazione legislativa, ma non essere adottato come un principio costituzionale.

Togliatti si associa alle dichiarazioni dell'onorevole Lucifero.

Merlin Umberto richiamandosi a quanto ebbe già a far presente nel corso della discussione sull'emendamento Togliatti, in seno alla prima Sottocommissione, ritiene sia impossibile inserire l'emendamento stesso nella Costituzione, perché inattuabile sia dal punto di vista giuridico che da quello morale.

Trascurando la questione patrimoniale, si occupa di quella morale, facendo presente che il patrimonio maggiore che un padre tramanda ai figli è indubbiamente il cognome. Ora del cognome hanno diritto di disporre, oltre il marito, la moglie ed i figli legittimi ed essi hanno il sacrosanto diritto di difenderlo. Si immagini quindi quale turbamento verrebbe nella famiglia legittima ove il figlio adulterino avesse il diritto di portare il cognome del genitore. Quanto ai figli incestuosi, essi sono i primi a non desiderare di conoscere la loro origine.

Dire che non è logico far ricadere sui figli innocenti la colpa dei padri, è tesi bellissima, da romanzo, ma non è argomento persuasivo per il legislatore e soprattutto per il legislatore costituente, il quale deve formulare gli articoli con il cuore, sì, ma soprattutto con la ragione.

Invoca dalla Commissione una meditazione adeguata alla gravità della questione, ma soprattutto all'impossibilità di attuazione pratica e giuridica del principio contenuto nell'emendamento, la cui formula non difende la famiglia monogamica, la quale non ammette e non può ammettere alcuna deviazione.

Osserva che con la formula proposta si arriverebbe ad una parificazione della famiglia illegittima con quella legittima perché si permetterebbe, soprattutto agli uomini, di generare figli con numerose donne certi poi di poter dare anche ai figli della colpa uno stato giuridico di parità.

Crede che la formula proposta dalla prima Sottocommissione e dal Comitato di redazione: «La legge detta le norme per l'efficace protezione dei figli nati fuori del matrimonio», dica tutto quanto possa esser detto, lasciando al legislatore il compito di applicarlo. In questa formula vi è tutto il sentimento di amore e di generosità che si può avere per gli infelici figli della colpa, senza arrivare al turbamento della famiglia, che si deve invece rafforzare e rendere sicura.

Mastrojanni si associa alle considerazioni svolte dall'onorevole Merlin, sottolineando anch'egli che se si ha intenzione di rafforzare l'istituto della famiglia e se si deve provvedere a tutelare la sorte dei figli nati fuori dal matrimonio, non conviene però inserire nella composizione familiare elementi di turbamento, scardinandone la consistenza.

Colitto concorda con l'onorevole Merlin, osservando che la formulazione, piuttosto poetica, dell'emendamento, non deve, facendo leva sul sentimento, vietare un ragionamento rigidamente sereno.

La vigente legislazione fa alla prole nata in costanza di matrimonio, un trattamento diverso che ai figli naturali, ed egli crede che questa disparità di trattamento non possa essere eliminata, se si vuole, come in altra parte della Costituzione è detto, tutelare l'unità e rafforzare la saldezza dell'istituto familiare, come è nel pensiero di tutti. Ed allora non può essere approvato l'emendamento proposto perché, sotto una vernice sentimentale, esso finisce, in sostanza, con l'imporre quella parità di trattamento che è invece da evitare.

Ritiene pertanto che l'emendamento debba essere respinto e che sia da approvarsi il testo proposto alla Commissione, che rimanda alla legge la disciplina della materia.

La legge saprà ben contemperare con cautela le esigenze della mente con quelle del cuore.

Non crede, infine, che si possa approvare l'emendamento dell'onorevole Nobile, perché tutti i Codici civili vigenti disciplinano sia la ricerca della paternità sia il riconoscimento dei figli nati fuori del matrimonio, per il solo fatto che si occupano della famiglia, donde la inutilità di parlarne nella Costituzione, dato che appunto in essa è parola della famiglia.

Nobile rileva di essere stato spinto a proporre il suo emendamento, perché, esaminate attentamente le proposte della Sottocommissione e del Comitato di redazione, ha trovato che nessuna delle due soddisfaceva alle esigenze del problema.

Osserva che la formula predisposta dal Comitato di redazione, è troppo vaga e generica, in quanto nulla dice, ad esempio, sull'obbligo dei genitori di alimentare, educare ed istruire i loro figliuoli, in qualsiasi condizione questi siano nati.

D'altra parte la legge attuale è insufficiente in quanto l'articolo 250 del Codice civile dice che i genitori possono riconoscere i figli naturali (ed in questo riconoscimento è implicito il dovere del mantenimento e dell'educazione) mentre bisognerebbe sostituire alla parola «possono» la parola «devono». Quando si pensa che ogni anno nascono in Italia 40 mila bambini fuori del matrimonio, si vede che il problema è veramente grave.

Quanto all'altra formula proposta: «Nessuna norma di legge può far ricadere sui figli le conseguenze di uno stato familiare che non sia conforme alla legge» osserva trattarsi di un principio che, dal punto di vista etico, non può far nascere dubbi. Ritiene però che tale formula sia troppo rigida. Se approvata e introdotta nella Costituzione, la legge non potrebbe fare alcuna discriminazione, né considerare alcun caso speciale, ciò che porterebbe a conseguenze assurde.

L'onorevole Merlin si è fermato sulla questione del cognome. Questo però — a suo avviso — non è l'argomento più importante. L'argomento serio è un altro: evitare di creare situazioni familiari impossibili quale quella che deriverebbe, ad esempio, dall'introdurre nella famiglia i figli incestuosi che, una volta riconosciuti, ne avrebbero il diritto in base all'articolo 259 del Codice attuale.

È chiaro perciò che la legge deve poter prevedere alcune eccezioni, pur ammettendo, in linea di massima, il diritto dei figli nati fuori dal matrimonio di essere riconosciuti e quindi di avere gli alimenti, l'istruzione, l'educazione ed eventualmente anche l'eredità.

Quanto alla ricerca della paternità, che pure è oggetto del suo emendamento, fa presente che la sua proposta non deve recare meraviglia: essa gli sembra una logica conseguenza delle premesse contenute nella Costituzione. A tale proposito osserva che non è vero, come è stato asserito, che pochi sono i paesi che ammettono la ricerca della paternità. Essa infatti è ammessa dalla legislazione dei seguenti Stati: Inghilterra, Scozia, Finlandia, Svezia, Norvegia, Danimarca, Germania, Austria, Ungheria, Cantoni svizzeri tedeschi, Stati Uniti, Perù, Argentina e Grecia.

Terracini ritiene che al problema sia stata data una errata impostazione, quella cioè della pietà, della misericordia e dell'amore. Non è il sentimento della commiserazione per queste, che sono certamente delle infelicissime creature, che deve imporre l'adozione di idonee misure.

Il problema va posto diversamente: bisogna difendere la famiglia. Si domanda se gli istituti debbano salvarsi a prezzo della rovina di certi uomini, e — nel caso particolare — se l'integrità della famiglia esiga che certe creature che tuttavia nascono debbano essere moralmente e civilmente uccise. È d'avviso che quanti hanno tanto avversato la concezione che poneva lo Stato al disopra degli individui non possano desiderare che anche la famiglia debba esser posta al di sopra degli individui. Ove si debba scegliere fra la salvezza dell'istituto familiare e la salvezza morale e civile degli individui viventi, crede sia necessario decidere per questi ultimi.

Ai colleghi democristiani fa presente che è inutile parlare tanto del rispetto della dignità umana quando poi, di fronte ad un problema concreto di salvare questa dignità umana, ci si dimentica di questa.

Il problema è questo: si scardina la famiglia riconoscendo i figli illegittimi? Ritiene che la famiglia, nel suo complesso, non possa essere insidiata da una disposizione del genere.

Anche la questione dei figli incestuosi, dolorosa piaga fortunatamente limitatissima nella nostra società, non deve preoccupare. Pensa che una equiparazione per legge dei figli legittimi agli illegittimi, rappresenterà un freno alla figliolanza illegittima, tanto più tenendo presente che, in generale, gli illegittimi sono figli non dell'amore, ma del vizio e dell'inconsapevolezza.

Per queste ragioni, è d'avviso che il problema debba essere impostato diversamente. In realtà, negando l'equiparazione dei figli illegittimi si mantiene ancora una barriera in difesa soltanto del patrimonio familiare; e se fosse possibile concepire una equiparazione dei figli legittimi a quelli illegittimi che lasciasse salvo il patrimonio familiare, vi sarebbe forse l'unanimità per questa soluzione. (Commenti). Può anche inchinarsi a questa preoccupazione quando essa significhi tutela della posizione sociale dei figli legittimi: pensa tuttavia che bisogna anche preoccuparsi della posizione sociale degli illegittimi, dando la consapevolezza, a chi è nato da uno stesso sangue, di avere, nei confronti del patrimonio familiare, uguaglianza di diritti. Ora che si sta incidendo, per quanto cautamente, l'istituto della proprietà e quindi anche quello della proprietà familiare. Questa piccola incisione aggiuntiva è indispensabile.

Per queste ragioni, si dichiara favorevole alla proposta di modifica presentata dai deputati Laconi, Bozzi e Lami Starnuti.

Mastrojanni ricorda che in seno alla prima Sottocommissione propose una formula per stabilire che ai figli naturali venisse riconosciuto eguale trattamento economico rispetto ai figli legittimi: ciò per dimostrare che non era il fatto patrimoniale che doveva preoccupare nell'adottare una norma di equiparazione, ma unicamente l'esigenza di non turbare la compagine familiare.

Dossetti domanda una breve sospensione della seduta per permettere ai componenti la Commissione di concertarsi.

(La seduta è sospesa per alcuni minuti).

Il Presidente Ruini comunica che gli onorevoli Grassi, Marinaro, Colitto, Mastrojanni e Bozzi hanno presentato il seguente emendamento:

«La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio un trattamento ispirato a criteri di eguaglianza economica e civile con i figli legittimi».

Togliatti potrebbe accettare l'emendamento ove si sopprimessero le parole «ispirato a criteri».

Mastrojanni osserva che, in tal modo, si vincolerebbe troppo il legislatore, al quale invece deve essere lasciato un certo potere discrezionale.

Grassi illustra le ragioni dell'emendamento presentato. Osserva che il testo approvato dal Comitato di redazione parla di una efficace protezione dei figli nati fuori del matrimonio; nel corso della discussione però è stato rilevato che la parola «protezione» non è sufficiente, mentre d'altra parte nella Costituzione non si deve riformare tutto l'istituto, ma dare soltanto al legislatore i criteri ai quali possa informarsi per eventuali modifiche.

Fa presente la necessità di esortare il legislatore perché cerchi una soluzione equa, ispirata per quanto possibile a criteri di uguaglianza, senza peraltro legarlo con una formula troppo rigida.

Nobile chiede ai proponenti dell'emendamento se sarebbero disposti a mutare l'espressione «figli legittimi» con l'altra «figli nati nel matrimonio».

Grassi fa presente che la modifica è superflua in quanto nell'articolo 232 del Codice civile si specifica che è figlio legittimo il nato nel matrimonio.

Il Presidente Ruini informa la Commissione che l'onorevole Togliatti ha proposto la seguente formula:

«I genitori hanno verso i figli nati fuori del matrimonio gli stessi doveri che verso i figli nati nel matrimonio. La legge garantirà ad essi uno stato giuridico che escluda inferiorità civili e sociali».

Mastrojanni osserva essere assurdo ed inattuabile che entrambi i genitori concorrano alla educazione dei figli, mentre, d'altra parte, anche per il diritto romano, la paternità è tale perché le nozze l'hanno riconosciuta. Non si può quindi parlare di un genitore se questi non assume tale figura giuridica attraverso il matrimonio.

Fabbri è d'avviso che non si debba partire dai genitori, ma dai figli naturali riconosciuti, stabilendo un'accentuazione del trattamento di favore nei confronti del genitore che li ha riconosciuti. Per investire di un diritto i figli naturali, bisogna che essi abbiano avuto preventivamente un riconoscimento.

Grassi rileva che la prima parte dell'emendamento Togliatti è compresa nei doveri generali che i genitori hanno verso i figli. Quanto alla seconda parte, essa si avvicina molto ai concetti espressi nella formula presentata da lui e da altri commissari.

Il Presidente Ruini osserva che la votazione sulla proposta dell'onorevole Togliatti potrebbe aver luogo per divisione, onde permettere a coloro che hanno dubbi sulla prima parte di votare contro; mentre per la seconda parte si potrebbe anche avere l'unanimità dei consensi.

Lucifero dichiara di non poter accettare nessuna delle formulazioni presentate, perché nessuna di esse risponde a quelle esigenze che avevano condotto l'onorevole Togliatti e lui a proporre l'emendamento in seno alla prima Sottocommissione, esigenze così felicemente espresse dall'onorevole Terracini. Osserva che nel presentare la sua formulazione, egli si è preoccupato non già dello stato familiare del cittadino, ma del suo stato soggettivo, giuridico e sociale, cercando di risolvere un problema nuovo, che significava effettivamente una rivoluzione nella prassi giuridica da molti anni seguita. Intendeva cioè far sì che scomparisse nello stato soggettivo dell'individuo una condizione di inferiorità di fronte agli altri cittadini; che scomparisse, in ogni sua forma, la traccia di una nascita triste e dolorosa, e che questa traccia non accompagnasse l'individuo per tutta la vita. Questa, del resto, non è una preoccupazione nuova: essa si trova già in un vecchio progetto Gianturco, presentato alla Camera nel 1911.

Ricorda che, araldicamente, i bastardi — anche se venivano nobilitati — conservavano nel loro stemma una sbarra: questa sbarra egli vuol togliere dalla vita di ogni cittadino italiano.

Il Presidente Ruini avverte che la formula Togliatti sarà posta in votazione per divisione.

Mastrojanni chiede sia messa in votazione la formula proposta da lui e da altri commissari, e presentata prima di quella dell'onorevole Togliatti.

Il Presidente Ruini fa presente che se quest'ultima sarà respinta, verrà posta in votazione l'altra formula presentata.

Pone ai voti la prima parte della formula proposta dall'onorevole Togliatti:

«I genitori hanno verso i figli nati fuori del matrimonio gli stessi doveri che verso i figli nati nel matrimonio».

Merlin Umberto dichiara che voterà a favore, perché con la formula proposta non si ferisce il rispetto dei diritti della famiglia legittima.

(La prima parte della formula dell'onorevole Togliatti è approvata).

Il Presidente Ruini avverte che porrà ora in votazione la seconda parte della formula:

«La legge garantirà ai figli nati fuori del matrimonio uno stato giuridico che escluda inferiorità civili e sociali».

Grassi aderisce alla formula dell'onorevole Togliatti.

Merlin Umberto vorrebbe che dopo la parola «escluda» fosse inserito il seguente inciso: «col rispetto della famiglia legittima».

Togliatti dichiara che nessuno può dubitare che egli voglia ledere la solidità e la stabilità dell'istituto familiare. Non può accettare l'emendamento Merlin perché, dopo la distinzione fatta nel comma precedente, sembrerebbe quasi che, con l'emendamento, si volesse distruggere quanto è stato detto in precedenza, compiendo perfino un passo indietro rispetto al Codice civile attuale.

Fabbri domanda se l'onorevole Togliatti vorrebbe stabilire il diritto per un figlio naturale di essere introdotto nella famiglia legittima.

Togliatti risponde che l'obbligo imposto riguarderà unicamente gli alimenti, l'istruzione e l'educazione.

Lussu propone la soppressione nella formula Togliatti delle parole «civili e sociali» ed insiste perché tale sua proposta sia messa ai voti.

Il Presidente Ruini pone ai voti l'emendamento Lussu.

(Non è approvato).

Pone ai voti la seconda parte della formula Togliatti nel testo da questi proposto:

«La legge garantirà ai figli nati fuori del matrimonio uno stato giuridico che escluda inferiorità civili o sociali».

Colitto dichiara di votare contro poiché preferisce la formula presentata da lui e da altri Commissari.

Mastrojanni si associa alla dichiarazione dell'onorevole Colitto.

Merlin Umberto dichiara che voterà contro perché in coerenza con quanto ha dichiarato in precedenza ritiene inapplicabile la disposizione.

(La seconda parte della formula Togliatti è approvata).

Nobile domanda che sia posta in votazione la prima parte della sua formula:

«La legge prevederà la ricerca della paternità fissandone le norme».

Il Presidente Ruini osserva che il concetto è già compreso nell'altro emendamento.

Nobile rinuncia alla sua richiesta e presenta il seguente nuovo emendamento:

«Nella denuncia allo stato civile dei nati fuori del matrimonio, è obbligatoria la dichiarazione dei genitori».

Il Presidente Ruini apre la discussione sulla nuova proposta dell'onorevole Nobile.

Molè osserva che è norma giuridica che chi ha commesso un reato non sia costretto a confessarlo; e l'adulterio è un reato.

Il Presidente Ruini mette ai voti l'emendamento dell'onorevole Nobile.

(Non è approvato).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti