[Il 24 aprile 1947 l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo secondo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti etico-sociali».]

Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Si passa all'esame dell'articolo 26, il quale è del seguente tenore:

«La Repubblica tutela la salute, promuove l'igiene e garantisce cure gratuite agli indigenti.

«Nessun trattamento sanitario può essere reso obbligatorio se non per legge. Sono vietate le pratiche sanitarie lesive della dignità umana».

Il primo emendamento è quello a firma degli onorevoli Sullo, Valenti, Mastino Gesumino, Castelli Avolio, Reale Vito, Geuna, Caccuri, inteso alla soppressione dell'intero articolo.

L'onorevole Sullo ha facoltà di svolgerlo.

Sullo. La ragione per cui è stata presentata da noi questa proposta di soppressione, è costituita dal desiderio di venire in concreto incontro a quelle critiche che sono state fatte più volte in quest'Aula da molti oratori circa la superfluità di taluni articoli o di talune affermazioni che non debbono trovar posto in una Carta costituzionale.

In linea specifica, si può affermare che, in questa prima parte del progetto di Costituzione, vi siano due categorie di diritti: i diritti di libertà e i diritti sociali.

I diritti di libertà sono riaffermati più per un valore polemico nei riguardi delle violazioni che si sono avute da parte del fascismo dei diritti stessi che per altre ragioni che sono ormai nella coscienza del mondo moderno.

I diritti sociali, invece, costituiscono delle innovazioni e dei germi che potranno avere uno sviluppo nella legislazione ordinaria.

Ma questo articolo 26 non afferma in realtà né diritti di libertà, né diritti sociali. Non afferma diritti di libertà, perché quello che potrebbe essere un diritto di libertà, nel secondo comma che dice testualmente: «Nessun trattamento sanitario può essere reso obbligatorio se non per legge; sono vietate le pratiche sanitarie lesive della dignità umana», non ha invece quel valore polemico che presentano altri articoli della nostra Costituzione, in quanto non v'è stata alcuna violazione in Italia che possa essere contemplata da questo secondo comma ed è, pertanto, inutile che si parli di ciò, perché anche la sola menzione può essere un'offesa alla tradizione nostra in questo campo.

Per quanto riguarda poi i diritti sociali, non si parla, nell'articolo 26, di diritti sociali nuovi. In realtà, in Italia, nei limiti dei bilanci e degli accorgimenti della tecnica amministrativa, è stata sempre tutelata la salute ed è stata sempre promossa l'igiene.

Si vedrà in concreto se questi mezzi ci saranno; ma non mi pare si possa far luogo ad alcuna affermazione di principio sotto questo riguardo. Se, pertanto, questo articolo non deve contemplare che interessi di qualche classe, io ed i miei colleghi pensiamo che sia bene sopprimerlo, anche per ragioni di euritmia.

Insieme con altri colleghi, ci siamo anche resi promotori di un'altra proposta di soppressione: quella dell'articolo 29.

Anche le affermazioni contenute in questo articolo sarà bene che siano tolte. Noi abbiamo interesse che la Carta costituzionale sia formata di articoli che veramente dicano qualche cosa, e non che rappresentino dei riempitivi.

Ho visto, per esempio, emendamenti che modificano e forse in parte possono avere qualche ragione di essere, ma ho visto emendamenti che adombrano la necessità della costituzione di un Ministero della sanità. Non credo, per esempio, che in questa sede occorra che noi stabiliamo se debba essere un centro unitario o non unitario quello che riguarda la sanità e l'igiene.

Per questo ritengo, a nome dei colleghi che hanno presentato l'emendamento, che occorra insistervi per dimostrare che non siamo tra coloro che in astratto affermano la superfluità e in concreto non sanno trovare il punto superfluo. Noi riteniamo che questo sia un punto superfluo; richiamo perciò l'attenzione dei nostri colleghi, perché approvino questa soppressione.

Presidente Terracini. L'onorevole Caronia ha presentato all'articolo 29 il seguente emendamento firmato anche dagli onorevoli Maffi, Lettieri, Cotellessa, Spallicci, Fornara, Merighi, Borsellino, Coppa Ezio, Capua, Del Curto, Marconi, De Maria, Martino Gaetano.

«Sostituirlo col seguente:

«La Repubblica si propone la tutela della salute come un fondamentale diritto dell'individuo e come un generale interesse della collettività.

«Lo Stato assolve tale compito attraverso istituzioni coordinate intorno ad un unico organo centrale ed autonomo.

«Nessun cittadino può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, la quale, però, mai potrà superare i limiti imposti dal rispetto della personalità umana».

Poiché egli successivamente ha apportato delle modifiche a questo emendamento, lo invito a svolgerlo dandone lettura nel suo testo definitivo.

Caronia. Proprio in questo momento ho presentato qualche modifica all'emendamento, concordata con tutti i firmatari dell'emendamento stesso: Do lettura del nuovo testo:

«La Repubblica tutela la salute come un fondamentale diritto dell'individuo e come un generale interesse della collettività.

Lo Stato assolve tale compito attraverso istituzioni coordinate intorno ad un unico organo centrale ed autonomo.

Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, la quale inoltre garentisce il rapporto di fiducia fra medico ed ammalato».

Lo illustrerò brevemente, dopo aver dato meritata lode alla Commissione dei settantacinque che non ha dimenticato di consacrare nella Costituzione i principî fondamentali riguardanti la tutela della salute, dando così una preventiva risposta all'onorevole Sullo, che vorrebbe escludere dalla Costituzione ogni cenno ad una delle più alte funzioni dello Stato e ad uno dei diritti più sacrosanti del cittadino.

Il nostro emendamento, sostanzialmente, non importa modifiche notevoli all'articolo 26 proposto dalla Commissione, apporta qualche modifica di forma e vuol colmare qualche lacuna.

Noi proponiamo che il primo comma, cioè «La Repubblica tutela la salate, promuove l'igiene e garantisce cure gratuite agli indigenti», sia sostituito dalla formula: «La Repubblica tutela la salute come un fondamentale diritto dell'individuo e come un generale interesse della collettività».

La «tutela della salute», implica anche la prevenzione delle malattie. Quindi ci pare superfluo aggiungere: «promuove l'igiene». Un articolo di Costituzione deve essere sintetico. Mirabile esempio di sintesi, che in quattro parole tutto esprime, è la norma di diritto sancita da Roma antica: salus publica suprema lex.

Crediamo opportuno eliminare anche la dizione «e garantisce cure gratuite agli indigenti», perché ci sembra limitativa della prima affermazione. Lo Stato, secondo noi, a tutti deve assicurare i mezzi di prevenire e curare le malattie. Certi mezzi di prevenzione e di cura sono così complessi e costosi da poter riuscire difficile procurarseli anche al cittadino più facoltoso con le sue sole disponibilità. L'organizzazione sanitaria deve essere tale, che a tutti deve essere data la possibilità di usufruirne. Stabilirà poi la legge le norme che assicurino ai non abbienti la gratuità.

Quella frase «garantisce cure gratuite agli indigenti» sa troppo di congregazione di carità, senza dire che, se teniamo presenti tutte le provvidenze di uno Stato moderno, quali del resto sono tracciate nei vari articoli della Costituzione, dovrebbe scomparire la figura dell'indigente, cioè del miserabile, se non quella del povero.

Il secondo comma da noi proposto, non è compreso nell'articolo proposto dalla Commissione. Esso però scaturisce quale conseguenza del primo. Se viene affermato il principio che la Repubblica tutela la salute di tutti i cittadini, è bene che sia stabilita la modalità per l'applicazione di tale compito.

Ci si potrebbe opporre che l'argomento non è materia di Costituzione. L'obiezione ce la siamo posta anche noi, ma ce l'ha fatta sorpassare la considerazione che, nel momento in cui la Nazione si appresta a darsi una più razionale ed efficace organizzazione sanitaria, non è male affermare nella Costituzione il principio di creazione di un organo centrale ed autonomo che coordini e disciplini la complessa e delicata materia.

L'assistenza sanitaria più di ogni altra richiede unità di direttive e coordinamento di mezzi. Nell'ambito della sanità oggi si tende addirittura all'organizzazione unitaria internazionale. In Italia la unificazione parzialmente riconosciuta dalla legislazione non ha avuto applicazione. Ne è derivata una grande confusione nel campo sanitario per dispersione di mezzi, costose interferenze ed inevitabili deficienze. Per brevità non mi dilungo in esemplificazioni. Dirò soltanto che mentre l'Alto Commissariato per la Sanità ha alle sue dipendenze soltanto 14 o 15 istituti sanitari, circa un numero doppio di istituti sanitari è alle dipendenze di altri enti pubblici o privati, con direttive diverse, se non in contrasto.

L'organo unico centrale, che noi auspichiamo, è definito anche autonomo. Qualcuno ci ha chiesto cosa intendiamo esprimere con la qualifica autonomo. Noi intendiamo dire con questo che l'organo sanitario sia ben distinto dalle altre amministrazioni dello Stato. Sino ad oggi l'amministrazione sanitaria in Italia è stata ed è alle dipendenze del Ministero dell'interno o di altri Ministeri. Ne deriva, per esempio, che un provvedimento sanitario in una provincia non viene emanato dal medico provinciale, capo della sanità, ma dal Prefetto, cioè da un'autorità incompetente. Non è chi non veda gli inconvenienti di simili interferenze.

Noi, sull'esempio di altri Paesi tra i più progrediti, desideriamo affermare che anche l'amministrazione sanitaria sia autonoma, ed abbia carattere tecnico, così come quella militare, quella delle comunicazioni, ecc.

Altro motivo ci induce a chiedere che sia consacrato nella Costituzione il principio della creazione dell'organo coordinatore centrale ed autonomo.

Come si rileva da varie applicazioni già in atto e dallo stesso progetto di Costituzione, lo Stato italiano si avvia verso una struttura decentrata regionalistica. Per la sanità ciò potrebbe costituire un danno, se dal solo decentramento amministrativo si dovesse arrivare a quello normativo, donde l'opportunità di affermare in sede costituzionale il principio unitario dell'indirizzo sanitario, principio che è la base essenziale per un'efficace tutela della salute pubblica.

Sul comma terzo non spenderemo molte parole. È ovvia la sua opportunità e crediamo che da tutti esso venga accettato, perché rispondente al sacrosanto principio della libertà e del rispetto della personalità umana.

In una prima dizione noi avevamo espresso un principio limitativo dei poteri della legge, principio anche contenuto nell'articolo proposto dalla Commissione, dove alla parola «dignità», che riguarda la figura morale dell'individuo, avevamo sostituito la parola «personalità». Ma abbiamo, dopo più ponderato esame, rinunciato alla enunciazione, perché non vogliamo pensare che possano mai affermarsi nel nostro Paese pratiche che comunque possano ledere la personalità umana, quali la sterilizzazione obbligatoria, l'obbligo della visita prematrimoniale e simili aberrazioni.

Abbiamo piuttosto, in connessione al terzo comma, voluto affermare il principio che la legge garentisca i rapporti di fiducia tra medico e ammalato, perché ci sembra ciò opportuno per il rispetto alla libertà dell'esercizio professionale ed alla volontà di scelta da parte dell'ammalato. Il principio riguarda anche la delicata questione del segreto professionale che è bene sia garentito.

Pongo fine al mio dire chiedendo alla Commissione di voler far proprio l'emendamento, che tutti i sanitari d'Italia, attraverso la voce del Gruppo medico parlamentare, propongono, e pregando l'Assemblea di volerlo approvare. (Applausi a destra).

Presidente Terracini. L'onorevole Maffi, che figura firmatario dell'emendamento Caronia, ha presentato un emendamento all'emendamento Caronia, nel senso di sopprimere la frase che si riferisce al rapporto di fiducia tra assistito e medico e di ridurre l'articolo 26 esclusivamente al primo comma.

L'onorevole Maffi ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

Maffi. L'ampiezza della discussione svoltasi su questo argomento, la molteplicità degli elementi apportati da tutti i rappresentanti del campo medico, e non soltanto medico, perché ciò che non è campo medico è virtualmente campo dell'assistito, hanno messo in vista due elementi.

Il vecchio testo Caronia conteneva la frase «limiti imposti dal rispetto della personalità umana», frase che, per accordo unanime, abbiamo creduto di sopprimere, perché sappiamo a quante sfumature di interpretazione, fra cui molte pericolosissime, potrebbe prestarsi una simile dizione. Potrebbero entrare in giuoco elementi razzisti ed elementi chiesastici, in un senso o nell'altro, il pietismo ed una specie di persecuzione razziale, con atteggiamenti diversi, ma altrettanto dannosi.

La questione è puramente umana e medica e non può essere oggetto di questa nostra trattazione; è materia troppo ampia e pericolosa.

Vi è un'altra questione. Si dice nell'emendamento Caronia: «Lo Stato assolve tale compito attraverso istituzioni coordinate intorno ad un unico organo centrale ed autonomo».

Gli argomenti portati dall'onorevole Caronia mi hanno convinto che è utile considerarla come questione, non di Costituzione, ma di legiferazione dello Stato italiano.

L'argomento riferentesi alle autonomie regionali mi ha confortato in questo mio concetto della utilità della soppressione, e di rinvio ai compiti legislativi del nuovo Stato.

La stessa cosa devo dire per ciò che riguarda la fiducia tra medici ed ammalati.

Questa fiducia o sfiducia è connessa con una quantità di questioni, che hanno per fondamento una imperfetta organizzazione assistenziale.

Guai, se dovessimo ammettere un criterio di questo genere, il quale turberebbe tutti i servizi sanitari, che sono ora intaccati dalla esperienza triste, fatta da una legislazione imperfetta nelle sue origini, qual è il complesso delle istituzioni, cosiddette assistenziali, fasciste; le cosiddette «mutue», le quali funzionano in un modo non corretto, insufficiente, immorale; perché la retribuzione dei medici è tale, che viene artificiosamente creato un metodo di funzionamento che compensa la indecorosa retribuzione fatta ai medici.

Se noi abbiamo delle condotte veramente buone e bene organizzate, dei buoni ospedali, dei buoni ambulatori e sanatori, bene organizzati e bene sostenuti, questo problema diventa un problema incidentale e che deve essere oggetto di una grande vigilanza.

Nessuno, naturalmente, escluderà il concetto del consulto, ma sostenere ora qui, in sede costituzionale, la soluzione di un problema che è così intimamente tecnico, per conto mio, è un errore, è un azzardo. Ed io credo che il carattere di una Costituzione deve essere questo: impegnare a ciò che è sostanziale, evitare le ipoteche di dettaglio sulla nuova legislazione.

Perciò io ho presentato il mio emendamento che riduce l'articolo 26 a questa formulazione:

«La Repubblica si propone la tutela della salute, come fondamentale diritto dell'individuo e come generale interesse della collettività».

Ritengo tutto il resto non sufficientemente fondato, non sufficientemente studiato, troppo tecnico, materia di legiferazione, e affermazione pericolosa.

Presidente Terracini. Gli onorevoli Capua e De Maria hanno presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere al secondo comma dell'emendamento Caronia il seguente comma:

«La legge garantisce la libertà di scelta nei rapporti tra medico ed assistito.

«In caso di reiezione dell'emendamento Caronia, aggiungere il comma al testo dell'articolo».

Dopo le modificazioni apportate all'emendamento Caronia, l'emendamento Capua si intende assorbito.

L'onorevole Camangi ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire l'articolo col seguente:

«La difesa e la cura della salute fisica dei cittadini è compito della Repubblica.

«Lo Stato assolve tale compito direttamente e attraverso gli Enti locali in modo da assicurare in materia a tutti i cittadini la maggiore parità di condizioni.

«Nessun cittadino può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge, la quale, però, mai potrà superare i limiti imposti dal rispetto della personalità umana».

Ha facoltà di svolgerlo.

Camangi. Ero e sono tuttora dell'opinione che molti argomenti che stiamo infilando nella Costituzione non dovrebbero esservi infilati. È per questo che ieri ho votato l'ordine del giorno Orlando.

Tuttavia, se questa opportunità di affrontare certi problemi nella Costituzione viene riconosciuta dalla maggioranza dell'Assemblea, ritengo che questi problemi debbano essere affrontati con una visione più ampia di quello che si è fatto, per esempio, nell'articolo 26, per quanto riguarda la pubblica salute.

Se si deve trattare di questo argomento, a me pare che l'articolo 26 sia molto poco. Non è per una ostinata smania del nuovo, ma io credo che si abbia diritto di pretendere che, se si affronta questo problema, non si possa minimizzarlo e ridurlo a qualche cosa di così poco e, sopratutto, di così vecchio come si fa all'articolo 26; ma bisogna vederlo nella sua grandiosità, nella grandiosità per la quale la pubblica salute deve essere veramente — come ho sentito dire — la suprema legge della Repubblica; suprema legge per la tutela di quel patrimonio fondamentale della Repubblica che è la salute fisica dei cittadini. E allora, se così è, affrontiamo il problema con il coraggio consapevole, meditato, necessario e sufficiente per dire anche su questo problema una parola nuova e per mirare, per lo meno, ad un ordinamento nuovo.

Il concetto informatore del mio emendamento — e in questo credo che si distacchi da quello dei colleghi che mi hanno preceduto, che a me pare, in certo senso, troppo generico — è questo: stabilire il principio che l'assistenza sanitaria, intesa nel senso più completo, quindi medici, medicine, analisi ospedali ecc. deve essere una funzione dello Stato, dei suoi organi centrali e periferici, e deve essere una prestazione alla quale devono aver diritto tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro condizioni economiche; stabilire, naturalmente, il principio per fare qualcosa di nuovo e per eliminare — soprattutto in applicazione immediata e pratica di quello che abbiamo già precedentemente stabilito — una delle più dolorose disparità, una delle più dolorose ineguaglianze che attualmente vi sono tra i cittadini italiani.

Noi abbiamo stabilito, al secondo comma dell'articolo 3, che: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il completo sviluppo della persona umana...». È questa, io credo, una delle più importanti applicazioni di questo principio che noi abbiamo già sancito. Stabilire un principio, dicevo, non per amore di affermazioni utopistiche o peggio, per fare della retorica, o, peggio ancora, per fare della demagogia, ma per tradurlo in atto. Se io pensassi soltanto lontanamente ad una impossibilità di questa traduzione in atto, mi vergognerei di parlare di questo argomento e in questo senso. Io invece ho la convinzione, direi matematica, della possibilità di una traduzione in atto; la convinzione che la cosa non soltanto non sia impossibile, ma non sia nemmeno troppo difficile.

Naturalmente non penso di entrare troppo nel dettaglio, anche perché non sarebbe questa la sede per una analisi di dettaglio. Io credo che basti accennare a voi, onorevoli colleghi, il problema per darvi un'idea di massima di questa possibilità ed esporvi alcune considerazioni. Pensate, per esempio, alla enorme molteplicità di istituti, enti, associazioni di ogni genere che si riferiscono a questa materia; pensate a quella che è l'attività dei Comuni in questo campo: condotte mediche, enti comunali di assistenza ecc.; pensate all'attività delle province: ospizi, manicomi, istituti antimalarici ecc.; pensate, per esempio, alla Croce Rossa; pensate alla parte che riguarda questo argomento nell'attività dell'Istituto della previdenza sociale; pensate soprattutto a quell'Istituto assistenza malattie ai lavoratori, ex mutue, del quale i lavoratori sanno il funzionamento, e sanno di che lacrime grondi questo funzionamento, a questo istituto che si vanta di assistere ben 16 milioni di unità in Italia; pensate a tutto questo complesso — non mi dilungo in questa elencazione — pensate a tutto questo complesso e voi arriverete per lo meno a questa constatazione: che tutto questo complesso di attività si risolve in un altissimo costo specifico delle prestazioni.

Se si potesse fare una somma esatta delle spese che si fanno da tutto questo complesso di attività per quei fini, noi arriveremmo probabilmente ad una cifra che ci sorprenderebbe, perché credo che nessuno di noi abbia la possibilità di avere un'idea, sia pure di massima, dell'ordine di grandezza di queste spese. Allora, io dico: se noi pensiamo soltanto alla opportunità di spendere una cifra, che certamente è enorme, in maniera un po' più razionale, un po' più organica, un po' più metodica, noi dovremo certamente concludere nel senso della possibilità e della convenienza di metterci sulla via che io ritengo sia quella giusta. Vi saranno certamente mille difficoltà da superare, molti problemi particolari da risolvere, molti aspetti di dettaglio, anche importantissimi, da esaminare e da tener presenti, primo fra tutti il problema della posizione del medico in questo nuovo ordinamento. Io penso, fra parentesi, che il medico dovrebbe diventare qualcosa di simile al magistrato. Ma tutto questo non è e non può essere materia di questa discussione. Noi dobbiamo per ora soltanto affermare una norma generale, un fine da raggiungere, un progresso da realizzare sulla via della civiltà.

Io non penso che quanto auspicato possa realizzarsi rapidamente. Molti altri postulati della nostra Costituzione richiederanno del tempo per attuarsi completamente. Quello che importa è affermare il principio e iniziarne volonterosamente l'attuazione.

D'altra parte è certo che, se è vero, come io penso, che l'attuazione sia possibile, per le considerazioni di carattere statistico ed economico alle quali ho accennato, è anche vero, onorevoli colleghi, che tutte le realizzazioni, specie quelle di carattere sociale, presuppongono due cose: una possibilità materiale in potenza e la volontà da parte di chi deve attuarle di volerle attuare. È a questo secondo presupposto che noi dobbiamo riferirci oggi: la volontà di andare avanti, di vincere tutte le difficoltà, soprattutto la volontà di dimostrare al mondo e anche a noi stessi, che, pure nelle angustie del nostro tempo, noi guardiamo avanti e guardiamo lontano e che non facciamo una Costituzione soltanto perché abbiamo perduto una guerra — come con dolore ho sentito affermare — ma perché vogliamo, con essa non soltanto rifarci una vita, ma creare al di sopra delle contingenze, anche le più dure e le più gravi, un mondo migliore. E la Repubblica è, io credo, e deve essere sopratutto, un mondo migliore e più giusto. (Applausi).

Presidente Terracini. L'onorevole Merighi ha apposto la sua firma all'emendamento dell'onorevole Caronia, e ritengo, quindi, che sia decaduto l'emendamento che egli ha presentato in nome proprio.

Merighi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. A che proposito desidera parlare?

Merighi. Ho anch'io proposto un articolo sostitutivo dell'articolo 26.

Presidente Terracini. Lei ha presentato, è vero, il suo emendamento sostitutivo, ma stamane, quando ho ricevuto il testo del nuovo emendamento sostitutivo firmato dall'onorevole Caronia, ho visto che vi figura anche la sua firma. Ora, io non giungo a poter pensare che un collega presenti contemporaneamente due articoli sostitutivi sullo stesso articolo. Lei quindi può rinunciare o alla firma che ha apposto all'emendamento Caronia, o al suo emendamento.

Merighi. C'è un piccolo equivoco, signor Presidente. In effetti io ho firmato l'articolo sostitutivo che porta, per prima, la firma del professor Caronia e avevo per questo rinunciato a parlare in sede di discussione generale, anche per aderire al di lei desidero di abbreviare la discussione. Però, rileggendo l'articolo, ho compreso che, soprattutto da un punto di vista particolare del mio Partito, sarebbe stato conveniente dare qualche delucidazione, aggiungere qualche specificazione: così avevo desiderato di presentare due piccoli emendamenti all'articolo sostitutivo del professor Caronia che portava anche la mia firma, e che portava anche quella del collega Maffi. Ma mi è stato detto che presentare un emendamento all'emendamento non era perfettamente corretto, e allora ho pensato di proporre l'articolo sostitutivo, al quale però manca l'aggiunta contenuta nell'emendamento Caronia, in cui si parla di garanzia del rapporto di fiducia tra medico ed ammalato. Questa aggiunta era stata in realtà discussa in sede di gruppo medico parlamentare, ma ritenevo fino a questo momento, che fosse stata presentata da altri colleghi e non fosse stata accettata dal professor Caronia. Sono, quindi, a questo punto ed è per questo che — se lei me lo consente, signor Presidente — ho il dovere di parlare per specificare il mio atteggiamento che risponde anche al pensiero del gruppo parlamentare socialista.

Presidente Terracini. Onorevole Merighi, io le do facoltà di parlare, ma la prego di precisare se lei conserva la sua adesione all'emendamento Caronia.

Merighi. No, bisogna che ritiri tale adesione.

Presidente Terracini. Allora s'intende senz'altro che ella conserva il suo emendamento, che è del seguente tenore:

«Sostituire l'articolo col seguente:

«La Repubblica si propone la tutela della salute come un fondamentale diritto dell'individuo e come un generale interesse della collettività. A tale diritto corrisponde, nell'individuo stesso, il dovere di tutelare la propria sanità fisica, anche pel rispetto della stessa collettività.

«Lo Stato assolve tale compito (compito che è di cura e di assistenza dell'uomo infermo, di difesa preventiva della sua salute e di miglioramento della stirpe umana) a traverso istituzioni coordinate intorno ad un unico organo centrale ed autonomo.

«Nessun cittadino può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, la quale, però, mai potrà superare i limiti imposti dal rispetto della personalità umana».

Ha facoltà di svolgerlo.

Merighi. Sarò ad ogni modo breve. Come ho rinunciato a parlare in sede di discussione generale, così sento il dovere di essere breve e conciso anche in questa sede.

Intendo anzitutto fare una precisazione; debbo respingere un sospetto dell'oratore che ha parlato a favore della soppressione dell'articolo 26, il quale ha accennato ad una ipotesi che non corrisponde a realtà; cioè che questo articolo 26 nasconda un particolarismo di determinate classi. Ciò non è vero: Noi medici socialisti — e l'onorevole Maffi è un collega anziano e sa quali sono le tradizioni dei medici socialisti in campo sanitario — abbiamo sì combattuto in origini molto lontane, per delle rivendicazioni di dignità e di interesse di classe; ma abbiamo sempre contemperato questo pensiero di dignità e di interesse della nostra classe con altri interessi: soprattutto con gli interessi delle classi lavoratrici, perché noi medici — e specialmente noi medici socialisti — che esaminiamo i problemi della sanità attraverso le condizioni miserande di una grande quantità di cittadini italiani, abbiamo sempre considerato questi problemi come insiti nelle stesse nostre rivendicazioni.

Quindi, non è un particolarismo di classe che noi oggi affermiamo con questo articolo 26; vogliamo semplicemente che il problema sanitario sia considerato come facente parte del complesso dello Stato italiano, sotto il punto di vista della sua importanza fondamentale per la nostra costituzione sociale.

Inoltre vi è un'altra affermazione che ho sentito fare: cioè che in questo articolo non possono essere considerati né diritti di libertà né diritti sociali. A me pare invece che sia intuitivo che le condizioni sanitarie della popolazione devono essere considerate come realmente dei diritti sociali. Ma c'è anche un'altra cosa che bisogna considerare a proposito della libertà: cioè che per me — e forse per molti di noi — la salute è il primo requisito essenziale per la libertà dell'individuo. Un individuo malato o minorato nelle sue capacità fisiche e intellettuali, indubbiamente non è più un uomo libero.

Ecco perché noi, volendo che il problema sanitario entri nella Costituzione italiana, intendiamo anche attenerci ad un principio di libertà fondamentale dell'individuo.

Non mi soffermo, perché ne ha già parlato il collega Caronia, sulla questione degli indigenti. Noi respingiamo il concetto di indigenza consacrato nella Costituzione italiana. Oggi che tutti tendono alla solidarietà sociale, non possiamo pensare ad una categoria di cittadini che siano considerati indigenti e che, quindi, continuino ad avere bisogno della carità: non c'è più carità; c'è la solidarietà sociale.

Ma per venire alle mie aggiunte, ho creduto opportuno — e in seno al mio Gruppo non mi è stata negata la facoltà di sostenere questo principio — che insieme al diritto del cittadino di essere tutelato nella sua salute dalla Repubblica italiana o, per meglio dire, dallo Stato italiano, si potesse anche per contrapposto — o anzi, ad integrazione di questo principio — stabilire che vi è anche un dovere da parte del cittadino di collaborare con la collettività, nel senso di promuovere per se stesso tutti quei mezzi, tutte quelle iniziative che tendono a tutelare la sua stessa salute. E questo per un principio, diremo così, anche di socialità che noi dobbiamo inserire nella futura etica del cittadino italiano. Questo principio, in fondo, è già un pochino sancito dall'articolo 10, il quale, a proposito della facoltà di circolare, di dimorare in qualsiasi parte della Repubblica italiana, stabilisce che il cittadino ha il dovere però di rispettare le leggi sanitarie: e quindi vincola la sua libertà. Mi si dice che questo principio di tutela della propria salute non è perfettamente giuridico, in quanto che ad un dovere deve essere sempre fatta corrispondere una sanzione quando a questo dovere si sia venuti meno. Ma qui siamo in un campo morale.

Può essere anche d'altra parte sancito negli ordinamenti scolastici un principio sull'insegnamento dell'igiene ed io me lo auguro. Si dovrebbe anzi incominciare fin dalle scuole primarie. Perciò, illustrando qualche concetto della nuova Costituzione si potrebbe illustrare anche il dovere di difendere la propria salute per il bene della collettività.

Noi sappiamo inoltre quanto incidano sulle condizioni della nostra umanità le malattie sessuali. Anche, quindi, dal punto di vista educativo si potrebbe trovare l'appiglio per insegnare alla gioventù a difendersi da queste malattie sempre molto gravi per la nostra stirpe.

Passo poi al secondo comma che è molto discusso — e mi dispiace che anche il collega Maffi lo combatta —; vi si vorrebbe stabilire, da parte nostra, che tutti gli organismi sanitari facciano capo ad un unico organo coordinatore ed autonomo.

Maffi. Tengo a dichiarare che non lo combatto; solo non credo che sia materia da trattarsi in questa sede.

Merighi. E io invece credo, collega Maffi, che sia bene stabilirlo qui. Noi ci troviamo infatti di fronte a tante istituzioni sanitarie — lo ha spiegato efficacemente anche il collega onorevole Caronia — ognuna delle quali marcia per proprio conto, così da rendere i risultati che si conseguono ben più miseri di quelli che dovrebbero essere, specialmente nell'interesse delle classi lavoratrici.

Noi vorremmo, quindi, pur fondandoci su quello che in atto esiste nel mondo sanitario, puntare anche verso l'avvenire, perseguendo la mira di un coordinamento di queste istituzioni.

Auspichiamo non un centro soffocatore di tutte le energie, ma soltanto un centro coordinatore, un centro tecnico che sappia dare soprattutto un unico indirizzo in cui sia armonicamente fusa l'assistenza e la previdenza.

Istituto per la previdenza sociale, Mutua malattie dei lavoratori, Istituto nazionale per gli infortuni sul lavoro: sono tre organismi diversi e distinti. E sapete voi come uno scrittore che si occupa di questi argomenti li ha qualificati? Le tre lupe che, dopo il pasto, hanno «più fame che pria».

Noi sappiamo infatti che questi istituti spendono il 75 per cento delle loro rendite per le sole funzioni amministrative.

Ecco quindi, la necessità di coordinare, mediante un organo tecnico che sopprima quella infinità di bardature che vanno a tutto danno dell'assistenza. Il mio inciso vuole precisamente questo ed è inteso a semplificare ed a spiegare questo concetto, perché i problemi sanitari anche dentro questa Assemblea, che è composta di cittadini che sanno molte cose, i problemi dell'assistenza sanitaria non sono completamente e perfettamente conosciuti. Ed è per questo che cerco di esemplificare il concetto con questo inciso: Lo Stato assolve tale compito, che è di assistenza dell'uomo infermo (l'assistenza comprende anche il danno economico prodotto dalla malattia); di difesa preventiva della sua salute (e siamo in un campo igienico vastissimo) e di miglioramento della specie umana (avevo scritto «stirpe», ma mi si dice che è una brutta parola e la sostituisco con «specie»).

Mi si è detto anche che questo inciso ricorda un po' troppo quanto fu fatto dal fascismo; faccio osservare che il fascismo tendeva sì al miglioramento della specie umana, ma aveva esasperato questo concetto riferendosi alla pura materialità, cioè, esclusivamente al miglioramento della natura fisica dell'uomo, senza pensare al miglioramento della natura psichica, mentre il miglioramento della specie umana che noi auspichiamo è un miglioramento completo: il miglioramento della salute fisica e morale dei cittadini.

D'altra parte, noi sappiamo, per esempio, che un quinto dei bambini nati hanno bisogno di interventi per correggere i difetti del loro organismo: vista, udito, deambulazione, favella e tante altre cose. Non vogliamo arrivare alla eugenetica pura, all'esame chimico dei cromosomi, ma in tutti i modi vogliamo coordinare questo concetto a tutto quello che è contenuto nella difesa della salute è della integrità e perfettibilità dell'uomo. Ricordo a questo proposito l'assistenza prenatale e post-natale già in atto.

Né va trascurato il concetto, che è stato sostenuto principalmente dal collega Pajetta, riguardante il dovere della Repubblica di promuovere e perfezionare tutti quegli organismi che possono tendere al miglioramento della gioventù. E per questo io insisterei nel mantenere questo mio emendamento.

Sono contrario poi all'ultima parte dell'emendamento relativa alla reciproca fiducia fra medico e malato. La reciproca fiducia è una cosa molto importante; ma noi in primo luogo riteniamo che la fiducia, il medico se la deve conquistare per le sue virtù personali: virtù di sapere e virtù di carattere. In secondo luogo la reciproca fiducia vorrebbe significare il segreto professionale da un lato ed il rapporto diretto fra medico e ammalato. Sul segreto professionale non mi soffermo: ma se vogliamo codificare il rapporto diretto fra medico e malato, noi andiamo ad infirmare una quantità di cose già esistenti. Si potrebbe arrivare persino ad infirmare la stessa condotta medica, in quanto il medico condotto è scelto dall'amministrazione, non per la fiducia che è stata data a questo medico dalla popolazione, ma perché egli ha raggiunto la possibilità di conquistarsi la condotta attraverso i suoi meriti professionali.

Quindi non dobbiamo entrare in questo argomento, come diceva il collega Maffi. Noi vogliamo essenzialmente modificare, migliorare quelli che sono gli istituti attuali, senza la menomazione della dignità professionale. E saremo perciò perfettamente d'accordo nel difendere i diritti dei medici di fronte agli istituti attualmente esistenti.

Ma questo non significa che noi possiamo sopprimere la facoltà delle amministrazioni o di altri organismi di potersi scegliere con concorsi e con tutte le garanzie necessarie i relativi sanitari. Qui sì che possono entrare gli affari particolaristici di una classe, ma in tutti i modi noi non possiamo, dal punto di vista delle organizzazioni che si stanno creando, accettare il principio così nettamente sancito. (Applausi).

Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Martino Gaetano così formulato:

«Nel secondo comma sopprimere le parole: Sono vietate le pratiche sanitarie lesive della dignità umana».

L'onorevole Martino Gaetano ha facoltà di svolgerlo.

Martino Gaetano. Per giustificare la mia richiesta di soppressione della norma con la quale vengono vietate le pratiche sanitarie lesive della dignità umana, basterà dire che questa manca di quel requisito di cristallina chiarezza che da tutti i giuristi è stato in questa Assemblea affermato come una esigenza assoluta delle norme costituzionali. Infatti che cosa vuol dire «pratiche sanitarie lesive della dignità umana»? Si potrebbero fare parecchie ipotesi; ma è meglio per brevità riferirsi senz'altro a quanto ha affermato l'onorevole Moro nella seduta della Commissione del 28 gennaio. Si tratterebbe della «sterilizzazione e di altri problemi accessori». Ma quale sterilizzazione? Sterilizzazione terapeutica, sterilizzazione profilattica sterilizzazione eugenica? Questo non si è detto da nessuno finora. Ora, chi domani volesse interpretare questa legge e tenesse presente che col suo brillante discorso introduttivo l'onorevole Tupini ebbe ad elencare tale norma fra quelle che rappresentano conquiste della democrazia cristiana in sede costituzionale, potrebbe pensare che qui si tratti della sterilizzazione profilattica ed altri problemi accessori, ai quali non può restare indifferente un partito cattolico.

Infatti la sterilizzazione profilattica, l'aborto terapeutico, le operazioni embriotomiche che, in casi per fortuna rarissimi, ammettono la nostra deontologia clinica e la nostra morale corrente, non sono ammessi in nessun modo dalla Chiesa. A questo proposito è molto esplicita la medicina pastorale. Si tratta, per esemplificare, di questo: in casi particolari una donna gravida non può essere salvata altrimenti che, per esempio, mediante l'aborto e, qualora non venisse questa operazione praticata, morrebbe la donna e morrebbe per conseguenza anche l'embrione o il feto. L'ostetrico si sente autorizzato dalla sua coscienza a praticare l'aborto, ma la Chiesa lo proibisce. Non sunt facienda mala ut veniant bona: si legge nella medicina pastorale. Altrettanto esplicita è pure l'Enciclica sul matrimonio cristiano di Pio XI «Casti connubi». Il contrasto è davvero insanabile; ed anche l'allocuzione recente di Pio XII (del 12 dicembre 1946) ai membri dell'Unione medico-biologica San Luca ribadisce ancora il punto di vista della Chiesa.

Io non intendo discutere qui la questione né dal punto di vista della Chiesa né dal punto di vista della deontologia clinica perché, a parer mio, si tratta di uno di quei problemi che ognuno deve risolvere secondo la propria coscienza. Non avrò nemmeno il cattivo gusto di propormi il quesito: quanti di noi sarebbero capaci di trovare in sé la forza eroica per assistere inerti alla morte inevitabile della propria moglie o della propria figlia o della propria sorella, sapendo che uno di questi interventi proibiti dalla Chiesa basterebbe a salvare con sicurezza la vita della persona amata. Non avrò questo cattivo gusto. Però un quesito mi propongo e vi sottopongo: questa Costituzione ha da servire soltanto ai credenti, anzi agli eroi della religione, o anche ai credenti tiepidi, ai non credenti, ai miscredenti, ai non cattolici? Ecco il problema.

Mi direte: ma i proponenti di questa norma non intendevano di considerare tutti questi casi; essi intendevano piuttosto riferirsi alla sterilizzazione eugenica. Ma allora bisogna dirlo chiaramente. Bisogna dire: «È vietata la sterilizzazione eugenica». Altrimenti domani chi dovrà interpretare il nostro pensiero quando noi non saremo più qui, quando non sarà più qui la Commissione e dei membri di essa non resterà che quel ricordo marmoreo che i posteri certamente vorranno loro dedicare (Si ride), si potrà pensare che noi ci si volesse riferire alla sterilizzazione profilattica e problemi accessori. Badate, onorevoli colleghi, che una norma simile non esiste in nessuna Costituzione del mondo, nemmeno in quella più permeata di spirito cattolico, cioè nella Costituzione irlandese, la quale comincia con l'invocazione alla SS. Trinità, «da cui discende ogni potere ed a cui sono da ricondurre, come al fine supremo, tutte le azioni degli uomini e degli Stati».

E se pure voi voleste, modificando il testo proposto dalla Commissione, vietare esplicitamente la sterilizzazione eugenica, ugualmente vi pregherei di sopprimere questa norma. La sterilizzazione eugenica è infatti contraria alla nostra morale, non è ammessa dalla nostra coscienza. È vero che essa è stata praticata in altri paesi in determinate condizioni. Ma allora, se noi dovessimo proibire quello che Hitler fece in Germania, perché non inserire pure nella Costituzione la proibizione dei campi di concentramento, delle camere a gas, dei plotoni di esecuzione per gli avversari del regime?

Credetemi, questa norma non ha senso. Se pure si voglia prevedere il caso di un dittatore che si impadronisca del potere e pensi di ricorrere, per un sogno razziale, alla sterilizzazione o ad altri crimini riprovati dalla nostra coscienza, questa norma non ha senso. Perché allora è il caso di ricordarsi delle parole di Benedetto Croce e del biglietto di Ninon de Lenclos. Niente di quello che noi ora facciamo, nessuna nostra norma costituzionale avrebbe valore qualora un pazzo criminale diventasse il dittatore della Repubblica italiana. (Applausi).

Presidente Terracini. Gli onorevoli Codacci Pisanelli, De Maria, Capua, Caso, Del Curto, Cotellessa hanno presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere il seguente comma:

«Nessuno può disporre del proprio corpo in maniera incompatibile con la dignità umana».

De Maria. Quale firmatario chiedo di svolgere l'emendamento.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

De Maria. Invero io non sono né un medio né un piccolo calibro dell'Assemblea, quindi non posso sperare che mi sia concesso di parlare a lungo. Cercherò di esser breve, nei limiti del possibile, in relazione all'importanza degli argomenti cui voglio accennare.

Fra i giornali di questa mattina ve n'era uno che annunziando l'esito della votazione di ieri sera metteva a caratteri di scatola questo titolo: «No ai clericali». Ebbene è ancora un clericale che propone alla vostra attenzione uno di quei problemi che dal lato morale e sociale hanno tanta importanza, che non dovrebbero sfuggire agli anticlericali, né trovare la loro opposizione.

E diciamo subito che tutta la nostra Costituzione, che tende tanto a valorizzare la dignità della persona umana, rimarrebbe inefficace, quasi lettera morta, se sancisse ancora, o comunque non provvedesse ad eliminare un fenomeno sociale che costituisce la più grave menomazione della persona umana e della sua dignità.

Intendo parlare alla prostituzione ufficialmente riconosciuta dallo Stato e me ne occupo come medico dal lato sanitario, accennando alle sue terribili conseguenze sociali.

Dal lato biologico la prostituzione è l'abuso dell'istinto sessuale, è il distogliere l'uso degli organi sessuali dal loro fine, anzi è il potenziare degli elementi secondari, che accompagnano quell'uso stesso, facendoli fine a se stessi.

Mentre il matrimonio risponde ai postulati biologici della riproduzione della specie, la prostituzione tradisce e rinnega questi postulati stessi. Ed a proposito di quel che si è detto del matrimonio in questi giorni, aggiungerò che dal lato biologico, le cause di infelicità e disarmonie dipendono in genere da ragioni individuali, spesso perché si giunge al matrimonio, non come a naturale meta della maturità sessuale, ma dopo una viziata e disordinata esperienza sessuale, che non trova più sufficiente soddisfazione nel matrimonio. Dal lato del problema sessuale, contro la prostituzione si pronunziano moltissimi clinici; e, per citarne qualcuno, lo Schittenhelm, professore di clinica medica all'Università di Monaco, l'Elliot, professore di clinica medica all'Università di Londra, l'Hurst, anche dell'Università di Londra, il Pilcy, professore di psichiatria all'Università di Vienna, l'Holmes, lo Walche dell'University College di Londra; per gli italiani citerò il professore Tommasi, Direttore della Clinica dermosifilopatica dell'Università di Roma, uno dei più illustri maestri in materia, ed il Flarer, Direttore della Clinica dermosifilopatica di Padova, che in questi giorni ha scritto in riviste mediche diversi articoli sull'argomento.

Dal lato sociale, la prostituzione porta alla creazione di esseri inferiori socialmente, se non fisicamente, e costituisce uno dei più tragici e desolanti aspetti della vita sessuale collettiva, dando luogo ad un vasto e stermi- [nel resoconto mancano una o più righe] campo d'infinite miserie. Per mille motivi non è né sarà possibile mai sopprimerla completamente; dovremmo però almeno attenuare ed eliminare alcune forme particolarmente obbrobriose e infami, vietando che essa sia quasi una professione legale. L'inganno sessuale costituisce la base biologica della prostituzione, si associa poi alle finalità venali e lucrative dell'inganno stesso. Ed è nella istituzione inammissibile delle case di tolleranza che l'uomo trova con scarso sacrificio finanziario dei surrogati amorosi (come si esprime il Flarer): sono questi i veri fattori e non ipocrite preoccupazioni sanitarie, che consentono la florida esistenza di questi istituti. Viene sancita così in forma legale una vita coatta, da cui l'essere umano non potrà più sottrarsi, vita che qualora rientri nella figura di una prestazione di lavoro, è inammissibile e indescrivibile, vita che è una forma di schiavitù.

Nel primo articolo della nostra Costituzione abbiamo sancito che la Repubblica è fondata sul lavoro e non si può ammettere che vi sia gente che, sotto forma di preteso lavoro, rinnega e vende se stessa. Viene così coperta una attività lucrativa abietta, legata a tutte le forme di delinquenza.

Sarebbe troppo lungo passare in rassegna i delitti che sono connessi a questa triste attività, da quando nel 1886 si scoprì una società segreta che compiva la tratta delle bianche in Europa, per inviarle nell'America del Sud. Da allora è stata tutta una triste serie di episodi, poco narrabili, tutta una triste serie di delitti connessi a questo fenomeno.

E questa infame tratta delle bianche si verifica ancora ai giorni nostri, praticamente con il tacito consenso dello Stato, che interviene in maniera assolutamente insufficiente.

Presidente Terracini. Onorevole De Maria, tenga presente che sono trascorsi 10 minuti.

De Maria. Cercherò di essere breve.

Presidente Terracini. Non è un tentativo, direi che è un dovere morale, in questo momento.

De Maria. Qual è l'atteggiamento sociale delle varie civiltà? A seconda delle razze e dell'educazione, si assumono atteggiamenti diversi di fronte a questo fenomeno ritenuto erroneamente inevitabile. Attualmente la prostituzione è quasi ovunque abolita.

In Inghilterra ed in Svezia non è mai esistita; la Svizzera ha abolito la prostituzione con il secondo articolo della legge federale il 30 maggio 1925; la Norvegia l'ha soppressa nel 1888; la Danimarca nel 1901; la Finlandia nel 1907; l'Olanda nel 1911; l'Estonia nel 1916; l'U.R.S.S., la Cecoslovacchia e la Polonia nel 1922; la Lettonia nel 1926; l'Ungheria nel 1928; la Spagna (paese mediterraneo, e faccio notare ciò in rapporto a delle particolari obbiezioni che vengon fatte) ed il Belgio nel 1932; la Francia nel dicembre del 1945.

Fuori d'Europa la prostituzione è stata abolita nel Sud Africa, in Australia, nel Canada, nel Cile, negli Stati Uniti ecc.

E gli inconvenienti che si temevano, come un aumento della percentuale di malattie veneree, o un aumento di pericoli per le persone oneste, non si sono verificati (rapporto della «Commissione della Società delle Nazioni contro la tratta delle bianche» che riporta statistiche riguardanti i maggiori centri d'Europa, come Amsterdam, Anversa, Berlino ecc.). Inoltre, abolendo la prostituzione ufficiale, intendiamo contemporaneamente intensificare la profilassi contro le malattie veneree.

L'Unione internazionale contro il pericolo venereo, nell'Assemblea generale di Parigi, nel 1926, cui intervennero 21 Nazioni, contro tali malattie adottò come primo rimedio «la soppressione della regolamentazione della prostituzione» e come secondo «l'applicazione di misure dirette alla totalità della popolazione, ispirate in larghissima misura al principio della libertà individuale».

Il controllo attuale è irrisorio e purtroppo questa regolamentazione oggi più che impedire il diffondersi delle malattie veneree serve solo ad autorizzare un commercio infame.

L'unica statistica riguardo alla diffusione delle malattie veneree che abbiamo in Italia, è del 1936, pubblicata dal professore Tommasi negli Annali della Società italiana di dermatologia e sifilografia. Essa dà il numero di 800 mila luetici presenti nel Regno, con un totale di perdite umane, in rapporto alla mortalità ed alle natalità mancate per queste malattie, di 120 mila unità annue. Se poi ci riferiamo alle perdite economiche per diminuita capacità lavorativa dei malati, e per le spese che gli enti ospedalieri devono sostenere, abbiamo una cifra di 500 milioni all'anno. Questo nel 1936. Volendo fare un rapporto attuale arriviamo ad un complesso di circa 15 miliardi. Statistiche per il periodo post-bellico non ne abbiamo. Lo Stuart, capo dei servizi sanitari dell'UNRRA, ne ha pubblicate alcune, ma sono incomplete: secondo queste la percentuale di tali ammalati è aumentata da tre a quattro volte da quella che era nell'anteguerra.

Dicevo che il controllo attuale contro tali malattie è irrisorio. Noi vogliamo porre la lotta contro le malattie veneree sullo stesso piano con cui facciamo la lotta contro le altre malattie sociali.

Presidente Terracini. Onorevole De Maria, mi pare che lei esuli non solo dalla materia dell'articolo, ma anche dal testo del suo emendamento. Io la prego vivamente di volersi attenere all'articolo ed alla sua proposta e di voler concludere.

De Maria. Concludo. Non credo però di essere andato fuori argomento.

Presidente Terracini. Lei ha presentato un emendamento e deve attenersi a questo.

De Maria. Desideriamo perciò che sia praticata la reazione sierologica (Wassermann) su larga scala, particolarmente in rapporto a particolari periodi od occasioni della vita individuale e collettiva (frequenza scolastica, vita militare, matrimonio, ecc.). Inoltre desideriamo che siano aumentati i dispensari ed estese ed intensificate le cure da praticare per conto dello Stato, togliendo loro qualsiasi carattere coattivo o poliziesco e dando loro invece una vera fisionomia igienica e sanitaria.

Concludendo: in quasi tutte le nazioni di Europa, dall'estrema destra all'estrema sinistra, non esiste più la prostituzione ufficiale. In Italia essa costituisce ancora una piaga sociale e soprattutto un marchio per cui la nostra civiltà si può dire ancora arretrata di fronte ad altre nazioni.

Voglio augurarmi che la nuova Costituzione, segnando un inizio di vera vita nuova per il popolo italiano, voglia contemplare anche questo lato così grave della sua vita sociale e voglia provvedere in modo che l'Italia torni ad essere maestra di quella vita morale, che costituisce la base insurrogabile di ogni vera civiltà. (Applausi al centro).

Presidente Terracini. Prego la Commissione di esprimere il suo avviso sugli emendamenti svolti.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Onorevoli colleghi, la Commissione non ha avuto tempo né modo di consultarsi e, quindi, non sono in grado di esprimere un pensiero comune in ordine ai vari emendamenti presentati all'articolo 26.

Conseguentemente la Commissione mantiene la formula del progetto.

Farò comunque alcune osservazioni di carattere personale ai vari emendamenti. A proposito di quello dell'onorevole Caronia, io ho l'impressione che la prima parte di esso, siccome si esprime in termini alquanto più generali e quindi anche più propri per una Costituzione, possa avere la mia preferenza personale. Ma è l'Assemblea che deve votare. Per la Commissione si tiene fermo naturalmente l'articolo così come lo abbiamo presentato. Un'osservazione però devo fare, e in questo interpreto anche il pensiero dei miei colleghi: che il secondo comma dell'emendamento dell'onorevole Caronia sembra un po' troppo grave per la questione che involge, al fine di potere senz'altro addivenire ad una votazione a conclusione della discussione. In fondo qui si tratta di un problema che è di natura amministrativa; sarà da vedere domani in qual modo questo principio e queste iniziative di carattere sanitario debbano essere coordinate e come debbano essere coordinate. Anticipare fin da ora una soluzione di questo genere sembra, per lo meno, abbastanza azzardato, per cui la Commissione — e in questo siamo tutti d'accordo — sottopone all'Assemblea questo suo apprezzamento perché ne tenga il conto che meglio crederà. Del resto mi pare di aver capito, attraverso l'illustrazione che ne ha fatta l'onorevole Caronia, che egli insiste nel suo emendamento fino ad un certo punto per cui, in sede di votazione, dirà se le riserve che egli stesso ha fatto, siano tali da fargli abbandonare senz'altro questo primo comma del suo emendamento.

L'onorevole Martino Gaetano ha domandato la soppressione del comma in cui si dice che sono vietate le pratiche sanitarie lesive della dignità umana ed ha illustrato con opportune ragioni quello che è in sostanza il suo pensiero. Io mi debbo riferire a quel che ho detto da principio, cioè che noi manteniamo la nostra formula. Veda l'Assemblea quello che crederà più opportuno di fare, anche in ordine a questa proposta di soppressione dell'onorevole Martino Gaetano.

Per gli onorevoli Merighi e Camangi valgono in modo specifico le considerazioni di insieme che ho fatto a proposito delle formule che, a mio avviso, almeno in linea generale non hanno che questo valore: cioè di sostituire con una migliore espressione, con una maggiore perfezione, secondo il loro punto di vista, quella che è la formula presentata dalla Commissione.

Gli onorevoli Codacci Pisanelli e De Maria, il quale ultimo ha illustrato il comune emendamento, mi consentano di dire che il problema sollevato è un problema troppo grave perché possa essere in questo momento deciso e risoluto da un'Assemblea la quale si trova di fronte a problemi costituzionali molto più qualificati è molto più delineati. Comprendo le loro preoccupazioni; dal mio punto di vista personale le posso anche condividere; ma il fatto stesso delle ragioni da essi portate a sostegno dell'emendamento in merito anche a quello che è avvenuto in altre nazioni circa la risoluzione o meno di questo problema pone, accentua e sottolinea la gravità delle riserve che io, almeno a titolo personale, debbo fare perché un emendamento così grave possa essere risoluto dall'Assemblea in queste condizioni, e soprattutto sul terreno costituzionale.

Gli onorevoli Codacci Pisanelli e De Maria mi possono dare atto che in campo legislativo di questa materia potrà agevolmente parlarsi se e quando il problema sarà divenuto maturo e tale da imporsi alla pubblica attenzione e soprattutto all'attenzione dei legislatori. Per cui mi permetterei di dire, sempre a titolo personale, che il problema in questo momento è prematuro, e prego pertanto gli onorevoli proponenti di voler ritirare il loro emendamento.

Mi pare di avere risposto ai presentatori di tutti gli emendamenti. Se taluno fosse stato dimenticato, lo prego di segnalarmelo, affinché possa rispondere anche a lui.

Presidente Terracini. Prego gli onorevoli presentatori di emendamenti di dichiarare se li conservano. Onorevole Sullo, conserva il suo emendamento?

Sullo. Poiché la mia proposta soppressiva è stata male interpretata, pur ritenendo l'articolo inutile e superfluo, ritiro l'emendamento. Mi asterrò dalla votazione.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Malgrado avessi pregato gli onorevoli colleghi dimenticati di richiamarmi a dire la mia parola in ordine a qualche emendamento da essi presentato, trovo ora che c'è quello dell'onorevole Capua, che in parte è stato inserito, nell'ultima modifica del suo emendamento, in quello dell'onorevole Caronia.

Io personalmente sono d'accordo. Non tutta la Commissione si è pronunciata a questo riguardo. Ho interpellato qualcuno dei membri della Commissione, il quale si è mostrato favorevole a questo emendamento. Io devo porre la questione in termini obiettivi; se l'onorevole Capua vi insiste, penserà l'Assemblea a dare all'emendamento quel risultato che essa riterrà più opportuno.

Presidente Terracini. Lei, onorevole Caronia, conserva il suo emendamento?

Caronia. Lo conservo e propongo che sia votato per divisione.

Presidente Terracini. Sta bene.

Onorevole Camangi, mantiene il suo emendamento?

Camangi. Lo mantengo con una modifica. Sono d'accordo circa la soppressione dell'ultima parte dell'ultimo comma: «la quale, però, mai potrà superare i limiti imposti dal rispetto della personalità umana».

Presidente Terracini. Onorevole Merighi, mantiene il suo emendamento?

Merighi. Sono disposto a rinunziarvi, associandomi all'emendamento dell'onorevole Caronia, con la riserva però che sia esclusa la parte che riguarda la reciproca fiducia fra medico ed ammalato.

Presidente Terracini. Onorevole Martino Gaetano, mantiene il suo emendamento?

Martino Gaetano. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Codacci Pisanelli, lei e gli altri firmatari mantengono il loro emendamento?

Codacci Pisanelli. Pur non condividendo perfettamente l'opinione dell'onorevole Tupini, giacché mi pare che in questa forma l'emendamento potesse essere introdotto nella Carta costituzionale, tanto più che in esso ci si riferisce a diversi problemi, rinunzio comunque al mio emendamento.

Presidente Terracini. Passiamo allora alla votazione dell'articolo 26. A questo articolo sono stati presentati degli emendamenti sostitutivi di tutti i commi e che, nel loro allineamento, corrispondono approssimativamente ai commi del testo proposto. Fanno eccezione gli emendamenti sostitutivi che hanno tutti un terzo comma aggiuntivo.

Prendiamo pertanto in esame il primo comma dell'articolo 26 nel testo della Commissione: «La Repubblica tutela la salute, promuove l'igiene e garantisce cure gratuite agli indigenti».

A questo testo si contrappongono quelli dell'onorevole Camangi e dell'onorevole Caronia.

Il testo dell'onorevole Camangi ha la precedenza nella votazione, come quello che più si allontana dal testo della Commissione. Ne do lettura.

«La difesa e la cura della salute fisica dei cittadini è compito della Repubblica».

Andreotti. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Andreotti. Dichiaro che il gruppo democristiano voterà, per questo primo comma, l'emendamento proposto dall'onorevole Caronia.

Presidente Terracini. Sta bene. Metto in votazione l'emendamento proposto dall'onorevole Camangi.

(Non è approvato).

Passiamo alla votazione del testo proposto dall'onorevole Caronia.

«La Repubblica tutela la salute come un fondamentale diritto dell'individuo e come un generale interesse della collettività».

Sottolineo, perché i colleghi lo abbiano presente, che in questo testo viene soppressa l'espressione del testo della Commissione: «promuove l'igiene e garantisce cure gratuite agli indigenti».

Arata. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Arata. Noi dichiariamo di votare contro l'emendamento Caronia e per il comma proposto dalla Commissione, per due ragioni: in primo luogo perché il dovere dello Stato verso la salute dei cittadini è espresso nel testo della Commissione in termini sobri, senza riferimenti particolaristici, che per se stessi diventano automaticamente limitativi, o letterari e talvolta precostituenti; in secondo luogo perché questo primo comma dell'articolo 26 sancisce appunto il dovere dello Stato di garantire le cure gratuite agli indigenti. Mi duole di non essere d'accordo con il collega Merighi su questo punto. Noi accettiamo la sua opposizione a questa frase come un augurio che nella Repubblica italiana non vi saranno prossimamente più indigenti, ma siccome per il momento vi sono degli indigenti, noi riteniamo di votare il testo della Commissione per questo dovere dello Stato di dare loro cure gratuite.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Io credo che possa trovarsi un terreno d'intesa fra la formula della Commissione e la prima parte del comma proposto dall'onorevole Caronia, nel senso che potremo votare, se l'Assemblea crede, tutta la prima parte dell'emendamento Caronia, dove è detto: «La Repubblica tutela la salute come un fondamentale diritto dell'individuo e come un generale interesse della collettività», ed aggiungere quello che sta a cuore della Commissione, e credo stia a cuore dell'Assemblea, e precisamente quest'ultimo inciso dell'articolo 26: «garantisce cure gratuite agli indigenti».

In questo modo potrebbe raggiungersi l'unanimità dell'Assemblea nell'approvazione di questa prima parte dell'articolo. (Approvazioni).

Gronchi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gronchi. Noi siamo favorevoli al testo proposto dall'onorevole Caronia perché riteniamo che anche il concetto di garantire cure gratuite agli indigenti sia chiaramente incluso, quando si dice che la Repubblica tutela la salute come un fondamentale diritto dell'individuo. È evidente che ove all'individuo manchino i mezzi perché questo diritto sia riconosciuto, il concetto della cura gratuita è sufficientemente indicato e mantiene nello stesso tempo nell'articolo quel carattere normativo che è il più adatto in un articolo di Costituzione.

Caronia. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Caronia. Mantengo il comma nella sua dizione uniformandomi a quanto ha dichiarato in questo momento l'onorevole Gronchi, perché nel testo così come è formulato è implicita anche la cura gratuita per gli indigenti.

Presidente Terracini. Porrò in votazione la formulazione dell'onorevole Caronia accettata dalla Commissione e successivamente la seconda parte del primo comma dell'articolo 26, così come proposto ora dalla Commissione. È evidente che se non passerà la formulazione dell'onorevole Caronia, si voterà anche nella sua prima parte il primo comma dell'articolo 26.

Pongo dunque in votazione il testo formulato dall'onorevole Caronia:

«La Repubblica tutela la salute come un fondamentale diritto dell'individuo e come un generale interesse della collettività».

(È approvato).

Pongo in votazione le seguenti parole aggiuntive, che erano già contenute nel testo della Commissione e che la Commissione mantiene:

«e garantisce cure gratuite agli indigenti».

(Sono approvate).

Vi è ora la proposta di un comma aggiuntivo contenuto sia nell'emendamento dell'onorevole Caronia che nell'emendamento dell'onorevole Camangi.

L'onorevole Caronia ha proposto questa formulazione: «Lo Stato assolve tale compito attraverso istituzioni coordinate intorno ad un unico organo centrale e autonomo».

L'emendamento Camangi invece dice: «Lo Stato assolve tale compito direttamente ed attraverso gli enti locali in modo da assicurare in materia a tutti i cittadini la maggiore parità di condizioni»

Corbino. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Corbino. Sono dolente di non condividere il punto di vista dell'amico Caronia. Credo che noi non possiamo vincolare l'ordinamento sanitario del Paese per tutta la durata della Costituzione alla determinazione di un organo centrale e alla determinazione della competenza degli organi locali. In qualsiasi compito dello Stato sorge un problema di coordinamento al centro e di distribuzione capillare alla periferia. Quindi sono costretto, per la concezione che ho dell'attività dello Stato, a votare contro l'emendamento.

Gronchi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gronchi. L'onorevole Corbino mi ha preceduto e non ripeterò quanto egli ha detto.

Di conseguenza preghiamo l'onorevole Caronia di voler cortesemente rinunziare a questo secondo comma; e se l'onorevole Camangi insistesse nella sua proposta, noi voteremmo contro.

Caronia. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Caronia. A seguito delle dichiarazioni degli onorevoli Corbino e Gronchi ritiro il mio emendamento.

Presidente Terracini. E lei, onorevole Camangi?

Camangi. Lo ritiro anch'io.

Presidente Terracini. Passiamo al secondo comma del testo della Commissione:

«Nessun trattamento sanitario può essere reso obbligatorio se non per legge. Sono vietate le pratiche sanitarie lesive della dignità umana».

L'onorevole Maffi ha proposto la soppressione di questo secondo comma. Onorevole Maffi, ella mantiene il suo emendamento?

Maffi. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Passiamo allora alla votazione della proposta dell'onorevole Maffi di sopprimere il secondo comma dell'articolo 26. Se fosse accettata questa proposta, gli emendamenti al secondo comma decadrebbero tutti.

Arata. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Arata. Noi voteremo a favore dell'emendamento Maffi per la soppressione della seconda parte dell'articolo 26. Nella frase: «Nessun trattamento sanitario può essere reso obbligatorio se non per legge», noi vediamo, oltre una superfluità, una contraddizione in termini, perché non vi può essere un trattamento sanitario che sia obbligatorio senza una legge. Se così fosse diventerebbe un reato. Quindi la dizione è superflua e contraddittoria in se stessa.

Noi votiamo l'emendamento Maffi anche per quel che riguarda la seconda parte del comma, per le ragioni illustrate dall'onorevole Martino.

Avanzini. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Avanzini. Accettiamo il terzo comma dell'emendamento Caronia e voteremo contro l'emendamento Maffi.

Maffi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Maffi. Stimerei opportuno, per maggiore chiarezza, ed anche perché ognuno sia più tranquillo nella sua coscienza — pur riconoscendo che in fondo è vero che il dire «nessun trattamento può essere reso obbligatorio se non per legge» è superfluo e contraddittorio — precisare che siccome in fondo bisogna riferirsi alla realtà delle cose, e qui troppe volte ci siamo persi in parole dimenticando la realtà della vita quotidiana, non si possono dimenticare provvedimenti sanitari come la vaccinazione. L'individuo può essere sottoposto ad una vaccinazione che, per quanto egli possa esser contrario a subirla, gli viene imposta per legge. In tal caso la frase in discussione non è più impropria, e allora se vogliamo essere aderenti al concetto della vita sanitaria, bisogna che sia votata.

Si entra poi nel campo delle possibilità di abuso là dove si fa cenno alla dignità della persona umana! Date le molteplici interpretazioni, di cui ormai ognuno ha potuto farsi un'idea precisa, secondo la sua mentalità morale, religiosa e politica, io propongo che si metta prima in votazione la prima parte: «Nessun trattamento sanitario può esser reso obbligatorio se non per legge» e si metta in votazione, in un secondo tempo, il divieto delle pratiche sanitarie lesive della dignità umana.

Presidente Terracini. Onorevole Maffi, ella non mantiene, dunque, la proposta di soppressione dell'intero secondo comma?

Maffi. Riconosco che, presentando affrettatamente la mia proposta, ho commesso un errore.

La mia proposta è di votare per divisione il secondo comma.

Caronia. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà

Caronia. Per quanto riguarda questo secondo comma, sono d'accordo con l'onorevole Maffi, di votare prima la prima parte, però nella formulazione da noi proposta, che ritengo più precisa di quella della Commissione:

«Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge».

Presidente Terracini. Non c'è dubbio che il suo emendamento, onorevole Caronia, abbia la precedenza rispetto al testo della Commissione.

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. La Commissione accetta l'emendamento proposto dall'onorevole Caronia perché lo ritiene migliore nella forma.

Presidente Terracini. Siccome la Commissione ha fatto proprio il testo proposto dall'onorevole Caronia, invito l'onorevole Camangi a dichiarare se insiste nella sua formulazione.

Camangi. Non insisto.

Presidente Terracini. Pongo in votazione la prima parte dell'emendamento Caronia, accettata dalla Commissione:

«Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge».

(È approvata).

Vi è ora la seconda parte dell'emendamento Caronia: «la quale inoltre garentisce il rapporto di fiducia tra medico ed ammalato».

Cavallotti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Cavallotti. Nel mio intervento di ieri l'altro, ho sostenuto la tesi della tutela del rapporto di fiducia fra medico e assistito, però ho abbinato a questa tesi una seconda, che non può andare disgiunta dalla prima, secondo me; e cioè l'estensione della assistenza assicurativa alle più larghe masse di lavoratori, ai lavoratori dipendenti, indipendenti e alle loro famiglie, cioè ad una percentuale della popolazione che si aggira intorno al 90 per cento.

Io intendo la tutela del rapporto di fiducia soltanto in questo senso: che, per garantire l'assistenza ad una così grande maggioranza della popolazione, occorre evidentemente anche un gran numero di medici e che fra questi medici e questi assistiti sia tutelato il rapporto di fiducia.

I due concetti non possono andare, per me, disgiunti, ma la questione dell'estensione dell'assistenza assicurativa — come ho già detto nel mio intervento — riguarda il Titolo terzo e precisamente l'articolo 34. Quindi, il gruppo comunista entrerà in discussione, a proposito della tutela del rapporto di fiducia, quando si discuterà l'articolo 34; voterà ora contro questo inciso, perché non lo trova nella sede adatta.

Leone Giovanni. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Leone Giovanni. Onorevole Presidente, poiché a me sembra che dalla lettura del testo definitivo dell'emendamento Caronia sia caduto un concetto che era nell'articolo 26 della formulazione iniziale ed era nel terzo comma della prima formulazione dell'emendamento Caronia pubblicato nel fascicolo a stampa, fo mio, anche a nome dei miei amici di gruppo, l'inciso finale così modificato: «la quale, però, non può violare i limiti imposti dal rispetto della personalità umana».

Presidente Terracini. Onorevole Leone, di questo emendamento ci occuperemo quando sarà messa in votazione l'ultima parte del secondo comma della Commissione, che contiene lo stesso concetto.

Caronia. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Caronia. Tenendo conto delle dichiarazioni dell'onorevole Cavallotti, rinuncio all'inciso del mio emendamento concernente il rapporto di fiducia tra medico e ammalato, rimandandone la discussione all'articolo 34, che anche a me pare la sede più adatta.

Presidente Terracini. L'ultima parte dell'articolo 26 proposto dalla Commissione è del seguente tenore:

«Sono vietate le pratiche sanitarie lesive della dignità umana».

L'onorevole Martino Gaetano ha proposto di sopprimere quest'ultima parte. Pongo ai voti tale proposta.

(L'emendamento soppressivo, votato per divisione, non è approvato).

Vi è ora la formula, che era contenuta nel primo testo dell'emendamento dell'onorevole Caronia e che l'onorevole Leone Giovanni ha fatta propria con lievi modifiche:

«la quale, però, non può violare i limiti imposti dal rispetto della personalità umana».

Qual è il pensiero della Commissione?

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. La Commissione è favorevole alla proposta dell'onorevole Leone Giovanni.

Presidente Terracini. Pongo allora in votazione tale formula.

(È approvata).

L'articolo 26 risulta nel suo complesso così formulato:

«La Repubblica tutela la salute come un fondamentale diritto dell'individuo e come un generale interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

«Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, la quale però non può violare i limiti imposti dal rispetto della personalità umana».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti