[Il 24 ottobre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sui principî dei rapporti sociali (culturali). — Presidenza del Deputato Corsanego.]

Il Presidente Corsanego informa che i relatori, riunitisi prima della seduta per redigere una nuova formula, hanno potuto raggiungere l'accordo solo su una parte della formulazione.

Prega l'onorevole Grassi, che è stato presente alla riunione dei relatori, di voler dare lettura della parte concordata.

Grassi dà lettura della seguente formulazione concordata:

«Chiunque, ente o singolo, può aprire scuole ed istituti di educazione.

«La legge, nel disciplinare le modalità di apertura degli istituti di istruzione ed educazione gestiti da enti e nello stabilire i requisiti per la parificazione, deve assicurare condizioni di effettiva libertà».

Rende poi noto che il contrasto tra i due relatori è sorto invece in materia di parità di trattamento tra scuole statali e non statali, volendosi da una parte rinviare la decisione e dall'altra affermare il principio della parità di trattamento.

Cevolotto osserva che con la dizione: «nel disciplinare le modalità di apertura degli istituti di istruzione ed educazione gestiti da enti», vengono escluse le scuole gestite dai singoli. Riterrebbe perciò opportuno specificare il significato della parola: «enti», per evitare dubbi di interpretazione, specialmente nei riguardi di società private che potrebbero essere anche fittizie.

Grassi fa osservare che si è voluto limitare la possibilità della parificazione alle sole scuole gestite da enti, escludendo quelle tenute da singoli.

Moro, Relatore, per quanto riguarda il significato della parola: «enti», fa presente che già nell'attuale legislazione esiste un diverso trattamento giuridico tra le scuole gestite da enti e quelle gestite da singoli. Nella Costituzione si è voluta fissare appunto una garanzia nei confronti delle scuole tenute da enti — intendendo sotto questa denominazione quelli aventi fini non commerciali — e si è invece rinviata alla legge la disciplina delle scuole gestite dai privati.

Cevolotto ritiene che la garanzia di parificazione, che si vorrebbe fissare nella Costituzione per le scuole gestite da enti, dovrebbe esplicarsi invece unicamente a favore di quelle scuole in cui siano raggiunte particolari condizioni di rendimento e di organizzazione.

Il Presidente Corsanego fa presente che, secondo l'onorevole Marchesi, la formulazione completa dovrebbe essere quella di cui ha dato lettura l'onorevole Grassi, mentre l'onorevole Moro proporrebbe di aggiungere un'altra proposizione.

Moro, Relatore, dopo la parola: «libertà» della formula concordata, vorrebbe aggiungere la seguente proposizione: «alle scuole e agli alunni di esse parità di trattamento nei confronti di quelli delle scuole statali».

Lucifero è molto perplesso circa la distinzione che si vorrebbe creare tra la scuola aperta da un singolo e quella aperta da un ente, mettendo la prima in una situazione di privilegio; perché, mentre il singolo può aprire una scuola senza che alcuno possa imporgli una qualsiasi disciplina, invece l'ente deve sottostare ad una disciplina che verrà imposta secondo quelli che saranno, di volta in volta, gli intendimenti, non tanto dello Stato, quanto di quel gruppo che ha in mano il potere legislativo e il potere esecutivo. Si dichiara pertanto contrario alla posizione di privilegio che verrebbe lasciata alla scuola del singolo, non potendo accettare quel concetto di disciplina particolare alla quale dovrebbero essere sottoposti gli enti per aprire una scuola. Essendo fermamente convinto che attraverso tale disciplina la libertà della scuola potrebbe addirittura essere soppressa, riterrebbe necessario trovare una formula diversa, che stabilisse, cioè, la necessità di requisiti particolari e di un conseguente successivo controllo per gli istituti che chiedono la parificazione; fino a quando però la parità non sia richiesta, la libertà di tutte le scuole, da chiunque aperte e gestite, dovrebbe essere assoluta, senza che alcuno potesse intervenire nella loro organizzazione e costituzione.

Esprime, infine, l'avviso che lo Stato, avendo le sue scuole, non sarebbe nemmeno tenuto a dare una garanzia sulla serietà e la capacità delle scuole private, dovendo essere lasciata la responsabilità della scelta ai genitori degli alunni.

Cevolotto osserva che le scuole dei singoli, se da un lato avrebbero il privilegio di non sottostare a particolari controlli, non potrebbero, d'altro lato, se non attraverso notevoli difficoltà, raggiungere la parificazione. Questa è, a suo avviso, una posizione deteriore molto grave che costituisce una larga concessione che è stata fatta ai colleghi demo-cristiani, in quanto gli enti che aprono scuole sono nella grandissima maggioranza religiosi. Si domanda, a tale proposito, se non sarebbe stato, piuttosto, opportuno mettere tutte le scuole private in una stessa posizione.

Circa le scuole aperte dai singoli, non è d'accordo che si debba lasciare ad esse una assoluta libertà, senza un controllo, sia pur minimo, per quanto riguarda la loro organizzazione, l'aderenza ai programmi che lo Stato richiede e la capacità degli insegnanti, nella considerazione che tali scuole possono rilasciare diplomi e certificati che, per quanto non aventi valore legale, pure, privatamente, hanno sempre un certo valore.

Il Presidente Corsanego osserva che in linea di fatto e di diritto, nella parola «enti», oltre quelli religiosi, rientrano anche i comuni, le Province ed il futuro Ente regione, i quali, con l'articolo in discussione, avranno il diritto di aprire scuole non statali, che possono anche essere parificate. Data la necessità di scuole professionali diverse nelle varie regioni, si darebbe modo ai comuni di creare scuole professionali alle quali potrebbero accedere i meno abbienti e coloro che, pur non avendo la capacità per arrivare ad una cultura superiore, hanno invece la necessità di conseguire, per esempio, un diploma di operaio specializzato o di coltivatore scelto.

Grassi spiega che la limitazione delle modalità di apertura e della parificazione alle scuole tenute da enti è venuta in seguito alle osservazioni dell'onorevole Marchesi, al quale sembrava troppo larga la libertà di aprire scuole che potessero essere parificate.

Marchesi, Relatore, risponde che la sua osservazione si riferiva invece all'ultima parte dell'articolo proposto, altrimenti non avrebbe avuto nessuna ragione di domandare la limitazione della libertà soltanto per le scuole gestite da enti.

Moro, Relatore, afferma che se con l'articolo si vuole fissare una disciplina per quanto riguarda l'apertura di scuole e la loro parificazione, si deve però tener presente l'esistenza di un'altra norma (che è stata rinviata, ma si dovrà prima o poi approvare), la quale conferisce allo Stato i poteri normativi generali in materia di istruzione, e quindi anche sulle scuole gestite da singoli, come del resto discende logicamente dalla premessa del secondo comma dell'articolo stesso.

Quindi, anche le scuole tenute dai singoli non sfuggono ad un necessario controllo; ma, pur non negandosi loro la possibilità di ottenere per legge la parificazione, non hanno quella garanzia costituzionale che viene data alle scuole gestite da enti, a cui viene assicurata effettiva libertà e parità di trattamento per gli alunni.

Il Presidente Corsanego ricorda, per precisazione, che nella formulazione dell'articolo secondo, approvato nella precedente seduta, l'inciso: «Lo Stato detta le norme generali in materia di istruzione» era stato rinviato sia per studiare praticamente i modi di attuazione di simili norme, sia in relazione alla effettiva latitudine che avrebbe assunto il principio della libertà dell'insegnamento affermato nel primo articolo. Quindi, salvo modificazioni di forma, rimane sempre ben fermo il principio che lo Stato debba avere la vigilanza su tutte quante le scuole.

Dossetti, senza fare una proposta formale, crede che per mettere in evidenza che anche l'apertura di scuole gestite da singoli è sottoposta a particolari disposizioni, si potrebbe adottare la seguente dizione: «La legge, nel disciplinare le modalità di apertura delle scuole non statali e nello stabilire i requisiti per la parificazione degli istituti gestiti da enti, deve assicurare condizioni di effettiva libertà agli alunni di essi ed uguaglianza di trattamento».

Così si avrebbe da un lato la norma generale, che le modalità dell'apertura sono richieste per tutte le scuole e dall'altro che la dignità maggiore della parificazione è concessa alle scuole gestite da enti, alle quali si vuole fare una condizione di maggior favore.

Lombardi Giovanni osserva che con la formula in discussione si tornerebbe indietro almeno di un secolo, quando cioè era in auge una filosofia e una politica per cui lo Stato era l'unico e solo gestore responsabile dell'istruzione, come della cosa che più interessava per la rinascita e la grandezza di un popolo.

Dichiara, perciò, di non poter accettare un'uguaglianza di diritti tra la scuola privata e quella laica pubblica, perché ciò importerebbe non un progresso ma piuttosto un regresso. Ricorda che la parità di trattamento era propugnata da Vincenzo Gioberti e combattuta da Giuseppe Mazzini, e non crede che si sia proclamata in Italia la Repubblica per ispirarsi ai principî del Gioberti piuttosto che a quelli del Mazzini.

Propone, pertanto, la seguente formulazione: «La organizzazione di istituti privati di insegnamento e di educazione è permessa sotto la vigilanza e il controllo dello Stato».

Mancini, a proposito dell'osservazione del Presidente, relativa alle scuole professionali, osserva che l'affermazione del diritto di ogni cittadino all'educazione ed all'istruzione deve essere interpretata come la fine della scuola professionale, la quale perpetuerebbe nell'ambiente scolastico quella divisione di classe, che è purtroppo nella società attuale, e che invece dovrebbe scomparire, in quanto tutti gli alunni devono avere la possibilità di conseguire gratuitamente una licenza e di completare i loro studi, senza venire assorbiti dai campi e dalle officine per le necessità economiche.

Osserva, poi, che se si pretende la parità di trattamento tra gli alunni delle scuole pubbliche e quelli delle scuole private, a maggior ragione si dovrebbe pretendere un'uguaglianza di trattamento fra le diverse scuole private, sia gestite da enti, che da singoli, le quali, a suo avviso, dovrebbero essere messe sullo stesso piano, senza pretendere per le prime situazioni di privilegio.

Il Presidente Corsanego chiarisce che non intendeva con l'istruzione professionale sostituire quella istruzione che si è affermato debba essere impartita a tutti i ragazzi, qualunque sia la classe sociale a cui appartengono; ma dal momento che in Italia vi è una carenza di operai specializzati, che agisce sfavorevolmente anche nei riguardi della emigrazione, auspicava che si moltiplicassero le scuole professionali necessarie per la loro formazione.

Togliatti ritiene prematura ogni discussione sulla scuola professionale, che deve essere rinviata in sede di esame dell'articolo 4, in cui si riserva di proporre l'obbligo dell'insegnamento fino ai 14 anni. In tal modo la scuola professionale non avrà più un carattere deteriore di succedaneo di una istruzione che viene data a chi è povero.

Moro, Relatore, tiene a dichiarare all'onorevole Mancini che, non avendo alcun interesse a limitare la garanzia costituzionale alle scuole tenute da enti, ha voluto andare incontro alla preoccupazione dell'onorevole Marchesi di non concedere parità di trattamento a scuole ispirate esclusivamente a criteri commerciali, invece che a quell'alto senso di educazione del popolo, che hanno invece le scuole tenute da enti ecclesiastici.

Desidera poi ribadire che se agli istituti tenuti dai singoli non è stata fissata una garanzia costituzionale, non è però fatto divieto al legislatore di garantire ad essi, nelle condizioni che riterrà più opportune, una libertà effettiva e la parità di trattamento con gli istituti gestiti dallo Stato. Nella Costituzione, invece, si vuol garantire la libertà e la parità di trattamento per un tipo di scuola che merita una particolare attenzione, come fa già l'attuale legislazione, che distingue le scuole private tenute dai singoli e quelle gestite da enti.

Lucifero dichiara che, a suo giudizio, tutte le scuole debbono trovarsi di fronte alla legge in uno stato di uguaglianza, senza privilegi, che in un regime democratico devono stabilirsi soltanto in relazione al valore di ciascuno e non per legge.

Circa la questione della parificazione, poiché si entra nel campo delle concessioni governative, riconosce la necessità di determinate garanzie e condizioni per il conferimento, ma insiste che, se non si vuole creare una categoria di privilegiati, sia le scuole aperte da enti, che quelle aperte da singoli, dovrebbero avere gli stessi diritti.

Però, se da un lato ammette che la scuola che chiede la parificazione debba avere particolari requisiti, ripete nuovamente la sua contrarietà circa la fissazione di modalità per l'apertura delle scuole non statali, perché, fino a quando non venga chiesta la parificazione, esse non devono essere soggette a norme vincolatrici da parte dello Stato.

Dossetti osserva che lo Stato dovrà fissare, almeno, per la scuola privata, le norme relative all'igiene dei locali.

Lucifero risponde che le norme igieniche non hanno nulla a che fare con le modalità di apertura che possono significare una indebita ingerenza da parte dello Stato nelle scuole private.

Si riserva di proporre un articolo così formulato: «Le scuole e gli istituti non statali possono essere parificati secondo le modalità stabilite dalla legge, la quale in ogni caso deve assicurare condizioni di effettiva libertà, ecc.».

Grassi, dopo aver riassunto le varie tendenze manifestatesi durante la discussione, dichiara di non vedere difficoltà a che, eventualmente, si fissino nella Costituzione le norme per la concessione della parificazione anche alle scuole aperte da singoli. Come è stato già osservato, comunque, il criterio restrittivo adottato per la concessione della parificazione, non toglie la possibilità che dalla legislazione possa essere concesso lo stesso diritto a scuole aperte da singoli. La garanzia fissata nella Costituzione per le scuole gestite da enti, ha il solo scopo di vietare al legislatore di impedire la parificazione a questo tipo di scuole.

Marchesi, Relatore, fa osservare di avere accettato l'articolo, di cui è stata data lettura, nella speranza, poco fondata, che esso terminasse con le parole «di effettiva libertà». Se l'articolo, invece, dovrà essere completato secondo la proposta fatta dall'onorevole Moro, ritornerà senz'altro alla formulazione del terzo articolo fatta nella sua relazione, nel quale non si fa distinzione tra scuole di enti e scuole di singoli.

Il Presidente Corsanego domanda agli onorevoli Commissari se sarebbero disposti ad approvare la soppressione delle parole «gestiti da enti».

Dossetti propone che si voti in primo luogo la parte finale dall'articolo, per poi passare ad esaminarne il resto.

Merlin Umberto è anche egli favorevole a mettere in votazione la seconda parte su cui non si è raggiunto l'accordo, in modo che il dissenso si manifesti apertamente, non volendo che si ripeta quello che è accaduto per la Costituzione francese che, formulata in accordo dai tre partiti di massa, è stata praticamente bocciata dal popolo francese.

Fa presente poi ai colleghi socialisti di non essere in questo campo d'accordo con Filippo Turati, il quale nel giugno del 1924, per dimostrare le ragioni per le quali i socialisti potevano formare fronte unico con i popolari, diceva: «La prima delle libertà è quella dell'insegnamento, nel quale noi ripudiamo ogni coercizione o privilegio di dottrina statale, e difenderemo sempre, non negando allo Stato quello che è il suo primo dovere di assicurare per suo conto l'istruzione fondamentale a tutti i cittadini, la libera iniziativa e la feconda concorrenza».

Lombardi Giovanni si dichiara disposto a votare, tradotte in un articolo, le parole di Filippo Turati.

Merlin Umberto fa osservare all'onorevole Lombardi, che per avere libera iniziativa e feconda concorrenza, occorre la parità, mentre se si vuole mettere la scuola privata in quelle condizioni di umiliazione e di dipendenza che vorrebbe l'onorevole Lombardi non ci potrà essere più libertà.

Circa il diritto di educare e di istruire, si domanda se, assegnando allo Stato questa funzione, non si sia andati troppo oltre, perché il diritto vero e naturale dell'istruzione e dell'educazione spetta in primo luogo ai genitori.

Marchesi, Relatore, obietta che questa libertà non è menomata, perché un padre può mandare i propri figli alla scuola che ritiene più adatta.

Merlin Umberto osserva che l'onorevole Marchesi, nel corso della sua relazione, in opposizione all'affermazione dell'onorevole Tupini che lo Stato può essere il più prepotente violatore delle coscienze, ha risposto che la famiglia può esserlo di più. Crede ad ogni modo che la famiglia abbia sempre in questo campo maggiori diritti dello Stato; il quale, in definitiva, finirebbe per esercitare una pressione sulla coscienza dei ragazzi attraverso persone a loro completamente estranee.

Marchesi, Relatore, risponde che le sue parole erano destinate a ribattere un'affermazione dell'onorevole Tupini, nel senso che se lo Stato può esercitare una violenza sulla coscienza dei fanciulli, anche la famiglia può, e in grado superiore, fare altrettanto.

Merlin Umberto prende atto delle chiarificazioni dell'onorevole Marchesi.

Premesso che vi sono in Italia scuole private che reggono la concorrenza con quelle pubbliche, dichiara che voterà qualunque articolo che assicuri piena libertà e parità di trattamento per le scuole private, che non devono essere umiliate, ma incoraggiate per il bene stesso dello Stato.

De Vita si dichiara contrario sia alle scuole dello Stato, sia anche a quelle della Chiesa, perché in entrambe la libertà dell'insegnamento non può avere il necessario respiro. Condivide, d'altra parte, le preoccupazioni di coloro che nella formulazione dell'articolo dell'onorevole Moro vedono il pericolo che, al posto dello Stato, altri enti — ad esempio quelli religiosi — agiscano sui costumi e sull'educazione del cittadino. Per questi motivi è contrario sia alla tesi dell'onorevole Marchesi che a quella dell'onorevole Moro.

Il Presidente Corsanego, circa l'ordine della discussione, osserva che le due proposte degli onorevoli Lucifero e Lombardi, poiché si allontanano dalla formulazione dei relatori, dovrebbero essere votate per prime; dopo si dovrebbe discutere sull'aggiunta dell'onorevole Moro e passare quindi alla discussione e alla votazione della parte restante dell'articolo.

Dossetti dichiara di essere d'accordo circa la priorità da dare alla discussione e alla votazione dell'emendamento dell'onorevole Lombardi; ritiene, però, che l'onorevole Lucifero sia disposto ad accettare che si voti subito dopo sull'ultima parte della proposta Moro, perché questa non infirma la sostanza dell'emendamento da lui proposto.

Lucifero è d'accordo, dato che all'emendamento da lui proposto dovrebbe seguire la aggiunta dell'onorevole Moro, alla quale si dichiara favorevole.

Il Presidente Corsanego pone in votazione l'articolo proposto dall'onorevole Lombardi così formulato:

«La organizzazione di istituti privati di insegnamento e di educazione è permessa sotto la vigilanza e il controllo dello Stato».

Marchesi, Relatore, dichiara che voterà a favore della proposta Lombardi, senza però rinunziare al suo articolo terzo, che garantisce la completa libertà alle scuole private.

Moro, Relatore, si dichiara contrario, per lo spirito che anima l'articolo che, a suo parere, non garantisce quella parità di trattamento che ritiene essenziale per la garanzia della scuola non statale.

Lucifero dichiara di votare contro la proposta dell'onorevole Lombardi, in quanto presuppone la soppressione della libertà della scuola.

Il Presidente Corsanego comunica che l'onorevole Mancini si è associato alla proposta dell'onorevole Lombardi.

Cevolotto dichiara che voterà a favore dell'articolo proposto dall'onorevole Lombardi che preferisce perché più semplice.

Togliatti propone che nella formula Mancini-Lombardi, al termine «permessa» si sostituisca «libera».

Lombardi Giovanni e Mancini dichiarano di accettare l'emendamento.

(La proposta Lombardi-Mancini, con l'emendamento Togliatti, messa ai voti, è respinta con 9 voti contrari, 7 favorevoli e 1 astenuto).

Il Presidente Corsanego pone in discussione l'aggiunta alla formula concordata, proposta dall'onorevole Moro e così concepita: «alle scuole e agli alunni di esse parità di trattamento nei confronti di quelle delle scuole statali».

Marchesi, Relatore, richiama l'attenzione dei colleghi sul fatto che, votando l'aggiunta dell'onorevole Moro, si verrebbe a creare un'enorme e ingiustificata disparità tra scuola privata e scuola pubblica, a tutto vantaggio della prima.

Prendendo lo spunto dalle borse di studio che dovrebbero essere conferite agli alunni più capaci e meritevoli, pone in evidenza che mentre nelle scuole pubbliche si ha la massima garanzia nelle assegnazioni in quanto avvengono attraverso un corpo giudicante che, mediante i concorsi, è già stato a sua volta giudicato, invece negli istituti privati, in cui il direttore non è nominato a norma di legge e il personale è reclutato attraverso elenchi di abilitati all'insegnamento che non hanno superato concorsi, si è ben lungi dall'avere le medesime garanzie.

Alla eventuale obiezione che nella scuola parificata lo Stato si può garantire attraverso la persona di un suo commissario, si potrebbe rispondere che, secondo quanto gli risulta da personale esperienza, il commissario, per quanta severità e probità possa mettere nell'esercizio del suo incarico, svolge sempre un compito da fantoccio, sia perché non può avere la necessaria competenza in tutte le materie, sia perché non può contemporaneamente assistere agli esami delle varie commissioni. Naturalmente gli alunni tendono ad affluire verso la scuola privata che possono presumere assai meno severa e che permette loro di fruire nello stesso tempo del pubblico denaro.

Dichiara che se l'onorevole Moro è disposto ad eliminare questa sua preoccupazione, consentendo che in un articolo si possa dire che la scuola privata non debba essere di onere alle finanze pubbliche, non avrebbe alcuna difficoltà ad accogliere anche l'invocata parità di trattamento. Diversamente ritiene che l'aggiunta si debba respingere nell'interesse del pubblico erario oltre che della istruzione nazionale.

Lucifero riterrebbe opportune le argomentazioni dell'onorevole Marchesi se si discutesse la possibilità di ammettere o meno la parificazione delle scuole private. Invece questo problema non è posto, ma si sta discutendo per sapere quale deve essere il trattamento degli allievi delle scuole private di fronte a certi casi particolari, come, per esempio, il conferimento di borse di studio. A tale proposito gli sembra evidente che l'assegnazione di borse di studio dovrebbe essere fatta mediante concorsi, a cui dovrebbero poter partecipare anche gli allievi delle scuole private. Ora, a suo avviso, questa facoltà degli alunni di scuole private non contraddice con le affermazioni dell'onorevole Marchesi, in quanto il corpo giudicante per l'assegnazione di borse di studio e di sussidi non sarà costituito dai professori di scuole private ma da quelli delle scuole pubbliche.

Desidera poi far rilevare che se l'articolo venisse approvato nella prima parte, come proposto nella formula concordata, si potrebbe pensare che le condizioni di effettiva libertà e di parità si riferiscano soltanto alla scuola gestita da enti e non a quelle gestite da singoli.

A suo giudizio, invece, l'effettiva libertà e la parità di trattamento dovrebbe essere concessa a tutti gli studenti, sia che frequentino scuole gestite da enti, sia che frequentino scuole gestite da singoli.

Marchesi, Relatore, domanda all'onorevole Lucifero se avrebbe difficoltà ad accettare la seguente formula: «Le previdenze statali in favore dei meritevoli e dei capaci sono conferite mediante annuali concorsi».

Lucifero è favorevole alla formula proposta dall'onorevole Marchesi.

Cevolotto dichiara di votare contro la proposta dell'onorevole Moro, non perché intende respingere il principio della parità di trattamento, ma perché la questione dovrà essere studiata e risolta in sede di legislazione.

Mastrojanni ritiene che, una volta ammessa la possibilità della parificazione, che comporta necessariamente un trattamento del tutto identico a quello delle scuole statali, sia inutile l'aggiunta dell'onorevole Moro.

Crede inoltre che non abbiano ragione di essere i timori dell'onorevole Marchesi circa gli istituti parificati, in quanto che lo Stato, tra i requisiti per la parificazione, comprenderà l'obbligo di scegliere gli insegnanti non nell'ambito degli abilitati, ma tra i vincitori di concorsi che non abbiano potuto essere assorbiti negli istituti d'istruzione pubblica. Voterà ad ogni modo a favore della aggiunta proposta dall'onorevole Moro, pur sembrandogli pleonastica.

Grassi dichiara di votare a favore della proposta dell'onorevole Moro, nel senso che fare un trattamento diverso agli alunni delle scuole private parificate nei confronti di quelli delle scuole statali, sarebbe in contrasto con le condizioni di libertà e di parità che si vogliono dare alla scuola privata, in quanto parificata.

Lucifero pregherebbe l'onorevole Moro di chiarire in sede di relazione che la parità di trattamento e la effettiva libertà non si riferiscono soltanto alla scuola parificata, ma a tutte le scuole non statali, siano esse gestite da enti o da singoli, perché solo se fosse ben chiarito questo concetto potrebbe votare la formula proposta.

Moro, Relatore, dichiara che, se l'onorevole Marchesi non insiste nel criterio restrittivo, non avrebbe alcuna difficoltà che alla scuola tenuta da singoli fosse esteso il beneficio della parificazione.

Cevolotto fa presente che con la proposta del Presidente di sopprimere le parole: «gestite da enti», già sarebbe raggiunto l'intendimento dell'onorevole Lucifero.

Dossetti manifesta l'impressione che l'onorevole Lucifero abbia perduto di vista il complesso significato dell'affermazione che è in discussione, la quale va molto al di là della parità di trattamento nei concorsi per premi o borse di studio, costituendo, secondo il concetto della democrazia cristiana, la vera garanzia della libertà della scuola.

Rileva che la Sottocommissione si trova di fronte a due concezioni contrastanti; da una parte quella dell'onorevole Marchesi, il quale intende la libertà della scuola essenzialmente e esclusivamente come libertà dell'insegnamento; dall'altra parte la concezione demo-cristiana, secondo la quale la libertà della scuola vuol dire libertà di insegnamento, libertà di organizzazione e libertà di espansione e di sviluppo effettivo della scuola non statale.

Questa visione integrale della libertà della scuola deve implicare necessariamente una effettiva parità di trattamento per gli alunni delle scuole non statali, altrimenti la libertà loro assicurata sarebbe illusoria e apparente, perché si avrebbe una forma di costrizione morale che spingerebbe gli alunni ad andare alle scuole statali, che garantiscono una posizione di privilegio. D'altra parte, una effettiva parità di trattamento non può naturalmente essere fatta indiscriminatamente a tutte le scuole non statali, ma solo a quelle che raggiungano quel tale gradino superiore che è la parificazione.

Prega perciò l'onorevole Lucifero di voler considerare che, votando a favore della formula proposta, non pregiudica per nulla la tesi che egli sostiene, perché gli sarà sempre possibile di avanzare una proposta in ordine alla prima parte dell'articolo, mentre votando contro si potrebbe pervenire alla negazione di quel principio di libertà capace di assicurare una parità di trattamento, tale da escludere ogni costrizione morale e materiale.

Lucifero, dopo le dichiarazioni dell'onorevole Dossetti, voterà a favore dell'aggiunta proposta dall'onorevole Moro, dichiarando però che non intende si stabiliscano privilegi a favore di alcuna categoria di scuole, sia statale che non statale, per non creare una graduatoria di libertà che sarebbe la negazione della libertà stessa.

Dossetti, come dichiarazione di voto, aggiunge che approvando questa parte di articolo, egli ed i suoi colleghi demo-cristiani intendono affermare il principio della libertà della scuola nel suo aspetto concreto, nel senso cioè di consentire ai singoli studenti una effettiva parità di trattamento che escluda ogni possibilità di pressione e quindi di precostituzione di situazioni privilegiate a favore della scuola statale.

Mastrojanni ritiene che riunendo le proposte dell'onorevole Marchesi e dell'onorevole Lucifero si potrebbe, con un successivo articolo, stabilire che i benefici che lo Stato concede agli studenti bisognosi e più meritevoli devono essere attribuiti sempre attraverso pubblici concorsi. Verrebbe così a cadere qualsiasi residuo di preoccupazione per l'aggiunta proposta dall'onorevole Moro, che potrebbe essere votata senza alcuna riserva.

Se la sua proposta sarà accettata, voterà a favore dell'aggiunta proposta dall'onorevole Moro.

Marchesi, Relatore, dichiara che, per evitare il pericolo che nella Sottocommissione si incominci l'opera di smobilitazione della scuola statale, proporrebbe un articolo aggiuntivo del seguente tenore: «Le provvidenze statali in favore dei meritevoli e dei capaci sono conferite mediante pubblici concorsi».

Togliatti domanda all'onorevole Marchesi se, in caso di approvazione di questo articolo aggiuntivo, è disposto ad approvare anche l'aggiunta dell'onorevole Moro.

Marchesi, Relatore, precisa che voterà contro la proposta dell'onorevole Moro e, soltanto in caso di approvazione, come correttivo, proporrebbe l'articolo di cui ha dato lettura.

Lombardi Giovanni dichiara di votare contro la formula aggiuntiva dell'onorevole Moro per le ragioni di principio che ha precedentemente esposte.

Mancini dichiara che voterà contro per le stesse ragioni di principio cui ha accennato l'onorevole Lombardi.

Il Presidente Corsanego, interpretando il pensiero dei colleghi di parte democristiana, dichiara che con questa aggiunta non si vuole in alcuna maniera portare offesa alla scuola di Stato, di cui si è accettata anzi la supremazia che si esplica attraverso i poteri di vigilanza, la parificazione e gli esami di Stato.

Mette ai voti l'aggiunta proposta dall'onorevole Moro, che cioè dopo la parola «libertà» siano aggiunte le seguenti:

«alle scuole e agli alunni di esse parità di trattamento nei confronti di quelli delle scuole statali».

(La proposta aggiuntiva è approvata con 9 voti favorevoli e 8 contrari).

Pone in votazione quindi il primo comma della proposta che era stato precedentemente concordato:

«Chiunque, ente o singolo, può aprire scuole ed istituti di educazione».

Cevolotto dichiara di astenersi dalla votazione, essendo stata approvata l'ultima parte proposta dall'onorevole Moro.

(Il primo comma è approvato all'unanimità, tranne 1 astenuto).

Lucifero domanda che sia posta in votazione la sua proposta la quale, discostandosi sostanzialmente dal testo, dovrebbe avere la precedenza.

Il Presidente Corsanego pone in discussione la proposta sostitutiva dell'onorevole Lucifero così formulata:

«Le scuole e gli istituti non statali, possono essere parificati secondo le modalità stabilite dalla legge, la quale in ogni caso deve assicurare condizioni di effettiva libertà».

Lucifero ripete che la differenza tra la sua formula e quella dei relatori consiste in una questione fondamentale, cioè che la disciplina delle modalità di funzionamento delle scuole private deve intervenire da parte dello Stato solo quando venga chiesta la parificazione.

Cevolotto preferisce la formula dei relatori, perché mentre da un lato ritiene che non sia possibile consentire l'apertura di scuole private senza una certa vigilanza e un certo controllo da parte dello Stato, d'altra parte crede che non si possa consentire una parità di trattamento agli alunni delle scuole private che non hanno ottenuto la parificazione.

Mastrojanni, premesso che l'insegnamento viene impartito ai giovani, i quali ancora non hanno esauriente potestà di discernimento e non sempre hanno genitori che siano capaci di indirizzarli senza soggiacere, a loro volta, a consigli spesso ispirati da malintese finalità politiche o commerciali, crede che l'intervento preventivo dello Stato costituisca non una limitazione della libertà, ma una garanzia delle libertà individuali e collettive, perché assicura ai cittadini la possibilità di ottenere una istruzione che sia conforme alle necessità sociali ed ai più sani orientamenti della vita.

Dichiara perciò di preferire la formula dei relatori.

Moro, Relatore, allo scopo di ottenere una maggiore chiarezza di dizione e anche per venire incontro agli onorevoli Lucifero e Marchesi, modificherebbe così la primitiva formulazione: «La legge, nel disciplinare le modalità di apertura delle scuole non statali e nello stabilire i requisiti per la parificazione, deve garantire a tali scuole condizioni di effettiva libertà e agli alunni degli istituti parificati parità di trattamento».

Con questa formula si precisa che tutte le scuole non statali sono soggette a modalità di apertura, da cui non crede si possa prescindere, e che a tutte le suddette scuole sono assicurate condizioni di effettiva libertà, riservando la parità di trattamento — intesa come equipollenza di titolo di studio — ai soli alunni degli istituti parificati. Resta, ad ogni modo, impregiudicata la questione del conferimento di borse di studio, intorno alla quale si potrà successivamente discutere.

Lucifero osserva che nell'ultima parte della nuova formula vi è una variazione sostanziale, nel senso che la parità di trattamento che si voleva garantire agli alunni di tutte le scuole è riservata solo a quelli delle scuole parificate.

Dossetti sostiene che le variazioni sono soltanto di forma, ma l'osservazione dell'onorevole Lucifero dimostra che la precedente dizione era equivoca, perché poteva consentire un'interpretazione che sarebbe arrivata al paradosso di ammettere la parità di trattamento e quindi di equivalenza di titoli di studio per tutti gli alunni anche delle scuole non parificate.

Secondo la concezione dell'onorevole Lucifero, non esisterebbero scuole parificate e non parificate, ma soltanto scuole statali e non statali i cui alunni, per il solo fatto della esistenza di queste, avrebbero tutti i medesimi diritti. Questa concezione non è, a suo avviso, ammissibile, perché, se si afferma il principio della libertà della scuola privata indiscriminatamente, tanto da giungere fino all'equivalenza dei titoli, bisogna anche circoscriverla alle sole scuole che presentino i necessari requisiti di idoneità.

Il Presidente Corsanego non ritiene di poter porre in votazione la seconda dizione dell'onorevole Moro, in quanto si verrebbe di nuovo a mettere in discussione l'ultima parte che è stata già votata.

Pensa che per prima debba ora essere messa ai voti la proposta dell'onorevole Lucifero, essendo quella che più si distacca dalla formulazione dei relatori.

Togliatti dichiara che, dato il modo molto confuso in cui si è svolta la discussione, voterà contro, dando al suo voto il significato di risollevare la questione in sede di Commissione plenaria.

Marchesi, Relatore, Lombardi Giovanni, De Vita, Mancini e Basso si associano all'onorevole Togliatti.

Il Presidente Corsanego, premesso che è anche disposto a far riprendere nuovamente tutta la discussione, mette in votazione la formula proposta dall'onorevole Lucifero.

(È respinta con 1 voto favorevole, 11 contrari e 5 astenuti).

Prima di mettere ai voti la restante parte, crede che dovrebbe essere prima discusso il suo emendamento tendente a sopprimere le parole: «gestiti da enti».

Moro, Relatore, dichiara di accettare l'emendamento proposto.

Il Presidente Corsanego mette ai voti l'emendamento soppressivo delle parole: «gestiti da enti».

(È approvato con 10 voti favorevoli e 7 astenuti).

Lucifero, in relazione alle sue precedenti osservazioni, propone che siano soppresse le parole: «nel disciplinare le modalità di apertura».

Il Presidente Corsanego mette ai voti la proposta soppressiva dell'onorevole Lucifero.

(È respinta con 16 voti contrari e 1 favorevole).

Mette allora ai voti la prima parte del comma dell'articolo, così formulata:

«La legge, nel disciplinare le modalità di apertura degli istituti di istruzione e di educazione e nello stabilire i requisiti per la parificazione deve assicurare condizioni di effettiva libertà...».

Fa presente che tale formula deve ritenersi come proposta dal solo onorevole Moro, avendo l'onorevole Marchesi dichiarato di non poterla più accettare, in seguito alla aggiunta che è stata approvata dalla Sottocommissione.

Togliatti dichiara che voterà contro, per le stesse ragioni specificate nella precedente dichiarazione.

Lucifero propone che l'articolo venga messo ai voti per divisione. In questo caso voterà contro le parole: «nel disciplinare le modalità di apertura» e a favore delle parole: «nello stabilire i requisiti per la parificazione». Qualora si respingesse la sua proposta, dichiara che voterà contro.

Dossetti dichiara di votare a favore della formula proposta anche se, per le ragioni già enunciate, riproporrà la opportunità di coordinare le due parti dell'articolo.

Comprende che l'onorevole Togliatti veda nell'articolo, così come viene a risultare nel suo complesso, un concetto non corrispondente alla tesi della sua parte e prende atto della possibilità di riproporre la questione in sede di Commissione plenaria, ma deve protestare contro la motivazione addotta, perché non rispondente alla verità oggettiva dei fatti.

De Vita, essendosi fatta la discussione e la votazione dell'articolo in modo non unitario, concorda con quanto ha dichiarato l'onorevole Togliatti e si asterrà dalla successiva discussione.

Il Presidente Corsanego ritiene, invece, che le posizioni sia da una parte che dall'altra siano assai limpide. Vi sono infatti due tesi nettamente opposte e le rispettive parti in contrasto hanno avuto ampia libertà di illustrarle.

Lucifero dichiara che voterà contro l'articolo proposto, perché mantenendo la disciplina delle modalità di apertura delle scuole private, si potrebbe, in ultima analisi, sopprimere la libertà della scuola.

Cevolotto dichiara di votare contro essendo stata approvata l'ultima parte dell'articolo.

Grassi fa presente che, votando contro, si verrebbe a respingere la sostanza stessa dell'articolo.

(L'articolo dell'onorevole Moro è respinto con 9 voti contrari ed 8 favorevoli).

Dossetti rileva che, ad ogni modo, due principî devono ritenersi già approvati: quello della libertà di organizzazione scolastica e quello che riconosce che agli alunni delle scuole non statali deve essere data parità di trattamento giuridico con quelli delle scuole statali.

Quanto alla formula di congiunzione tra i due principî, l'accordo potrà essere raggiunto in una prossima riunione.

Cevolotto osserva che la prima parte della formulazione era in relazione con una continuazione che, non essendo stata approvata, dovrà essere sostituita con un'altra che i relatori proporranno. Invece la parte finale dovrebbe cadere, in quanto completava il primo capoverso dell'articolo che non è stato approvato.

Togliatti conferma l'opinione dell'onorevole Cevolotto, in quanto anche grammaticalmente l'ultima parte approvata non può rimanere senza la precedente, mancando il verbo che dovrebbe reggere il dativo: «alle scuole».

Dossetti ricorda che poco prima è stata respinta, senza nemmeno metterla in discussione, una sua proposta di semplice coordinamento formale, in base all'argomento che l'ultima parte dell'articolo era già stata approvata, e non poteva essere toccata. I Commissari sono padroni di fare cavilli grammaticali, ma non possono negare che la discussione sull'ultima parte è stata di principio, e perciò la votazione ha avuto il significato ben chiaro di decisione sopra il principio stesso.

Per questo motivo, fermo restando il principio approvato, allo scopo di non rendere vana la riunione odierna, prega il Presidente di trovare una formula che soddisfi le esigenze grammaticali espresse dall'onorevole Togliatti.

Grassi fa presente che si è messo in votazione un articolo composto di due commi. Nessun dubbio sull'approvazione del primo comma, ma per il secondo, seguendo la tradizione e la prassi parlamentare, gli emendamenti e le aggiunte vengono a cadere, quando non sia approvata la parte a cui si riferiscono. Perciò, fermo il principio che la Sottocommissione ha approvato, l'articolo non potrà essere accolto se non sostituendo alla dizione attuale un'altra formula che incontri il favore della maggioranza.

Lucifero osserva che vi è un equivoco da chiarire. Ritiene infatti che la Sottocommissione, approvando la parte finale, intendeva riferirsi al soggetto e al verbo precedenti. L'articolo, quindi, rimarrebbe formulato nel modo seguente: «Chiunque, ente o singolo, può aprire scuole ed istituti di educazione.

«La legge deve assicurare a tali scuole condizioni di effettiva libertà e agli alunni di esse parità di trattamento con quelli delle scuole statali».

Cevolotto osserva che la Sottocommissione non ha certamente inteso di approvare un simile articolo, al cui concetto la maggioranza è contraria.

Aggiunge inoltre che nella votazione sull'ultima parte, l'onorevole Lucifero aveva condizionato il suo voto favorevole al fatto che il trattamento di parità fosse esteso anche agli alunni delle scuole non parificate. Non si trattava quindi dell'approvazione di un principio assoluto, dato che il semplice voto dell'onorevole Lucifero basterebbe a spostare la maggioranza.

Togliatti ripete che la seconda parte del secondo comma era subordinata alla prima parte e quando si vota un inciso, prima del testo, lo si vota per orientare la discussione, ma è la votazione sul testo stesso che ha valore e non quella sull'inciso.

Moro, Relatore, osserva che, secondo la interpretazione dell'onorevole Togliatti, non dovrebbe reggersi nemmeno il primo comma dell'articolo, perché, non potendosi ammettere una dichiarazione equivoca di libertà della scuola, la prima dichiarazione era condizionata alle successive precisazioni.

Togliatti dichiara di concordare. Sarebbe perciò dell'avviso di rifare tutto l'articolo, considerando anche non approvato il primo comma.

Grassi crederebbe utile che prima si incontrassero i relatori allo scopo di concordare un nuovo articolo.

Lucifero è favorevole alla proposta che i relatori s'incontrino per coordinare le parti approvate e per suggerire qualche nuova formula che possa integrarle, ma tiene a dichiarare di non potere in nessun modo consentire che concetti oramai approvati possano essere rimessi in discussione.

Moro, Relatore, insiste sul suo punto di vista.

Il Presidente Corsanego dichiara di far sua la proposta dell'onorevole Togliatti ed invita i relatori a rifondere completamente l'articolo, sia pure tenendo conto degli orientamenti manifestatisi nel corso della discussione.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti