[Il 29 aprile 1947 l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo secondo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti etico-sociali».]

Presidente Terracini. Passiamo all'articolo 28:

«La scuola è aperta al popolo.

«L'insegnamento inferiore, impartito per almeno otto anni, è obbligatorio e gratuito.

«I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti dell'istruzione.

«La Repubblica assicura l'esercizio di questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie, ed altre provvidenze, da conferirsi per concorso agli alunni di scuole statali e parificate».

A questo articolo sono stati presentati alcuni emendamenti. Il primo è dell'onorevole Mazzei, e dice:

«Sostituirlo col seguente:

«L'insegnamento inferiore, impartito per almeno otto anni, è obbligatorio e gratuito.

«La Repubblica assicura agli allievi meritevoli, privi di mezzi, la possibilità di raggiungere i più alti gradi dell'istruzione mediante borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze da conferirsi per concorso».

L'onorevole Mazzei ha facoltà di svolgerlo.

Mazzei. L'emendamento sostitutivo da me presentato riorganizza tecnicamente tutta la materia dell'articolo 28 del progetto.

Innanzitutto sopprime il primo comma dell'articolo 28, che suona così: «La scuola è aperta al popolo».

È stato osservato che questo primo comma è del tutto pleonastico. Io trovo che esso può essere al più un mediocre slogan propagandistico, non certo un comma di Costituzione, Comunque l'espressione è tecnicamente errata e politicamente inaccettabile.

La Scuola è stata sempre aperta al popolo. Quindi non si instaurerebbe, con quell'enunciazione, un principio nuovo né si fisserebbe una linea d'azione diversa da quella seguita finora. Questo almeno se alla parola «popolo» dell'articolo 28 si dovesse dare il significato che ha nel primo articolo della Costituzione.

È un'esigenza tecnica indiscutibile che in un testo costituzionale i termini — specie certi termini di importanza fondamentale, come la parola «popolo» — vengano usati sempre nel medesimo senso. Ora è chiaro che la parola «popolo», come è usata nell'articolo 28 del progetto, ha un significato profondamente differente da quello che ha nell'articolo 1. Quivi, infatti, il termine «popolo» equivale a «universalità dei cittadini», mentre nel caso attuale sta ad indicare il complesso dei ceti meno abbienti, dei ceti «popolari», come suol dirsi con una espressione che non si può accettare perché è o classista, o significativa di una inferiorità sociale che siamo ben lungi dall'ammettere. Per noi mazziniani il popolo è tutta la società nazionale.

Questo per quanto riguarda l'esigenza di sopprimere il primo comma.

C'è poi nei commi successivi l'affermazione di un «diritto» che avrebbero i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, «di raggiungere i gradi più alti dell'istruzione».

Ma non si può configurare un diritto di questo genere. Si potrebbe configurare un diritto di accesso a tutte le scuole di tutti gli ordini e gradi: ma questo è un diritto non contestato e non contestabile, di cui è superfluo fare menzione.

E allora di che si tratta? Evidentemente la Commissione, nel formulare il terzo ed il quarto comma, aveva l'intenzione di esprimere l'esigenza di assicurare a tutti la possibilità di percorrere tutti i gradi dell'istruzione più precisamente, di assicurare a tutti, anche ai non abbienti, attraverso opportune provvidenze economiche, la possibilità, di frequentare le scuole medie e superiori di ogni ordine.

Proprio ad esprimere in modo tecnicamente corretto e preciso è inteso il secondo comma del mio emendamento, nel quale si dichiara che «la Repubblica assicura a tutti la possibilità di raggiungere i più alti gradi dell'istruzione mediante borse di studio, ecc.». Quindi non si configura un «diritto di raggiungere i più alti gradi dell'istruzione» — che giuridicamente non ha senso — ma si garantiscono agli allievi meritevoli, privi di mezzi, aiuti economici e provvidenze adeguate da parte dello Stato.

Io, poi, mentre ripeto testualmente l'espressione adottata dal progetto a proposito delle borse di studio e delle provvidenze da conferirsi per concorso agli alunni, ometto la specificazione «delle scuole statali e parificate».

Lo Stato potrà avere interesse, per esempio, ad incrementare e potenziare con borse di studio ed assegni alle famiglie le scuole professionali, anche se si tratti di scuole private. E lo farà. Ma non si può stabilire un diritto per gli alunni delle scuole non statali a fruire delle borse di studio istituite dallo Stato. In fondo, la scuola non statale è un'impresa economica privata che ha lo scopo di gestire un istituto di istruzione. Ora, l'istruzione dei cittadini è un precipuo interesse pubblico e in considerazione di ciò lo Stato può trovare utile ed opportuno di accordare dei benefici anche a scuole private o agli allievi di scuole private. Ma una cosa è che possa farlo e lo faccia quando lo ritiene utile ed opportuno, altro è che sia tenuto, giuridicamente e costituzionalmente, a farlo, cosa questa evidentemente inammissibile.

Infine, desidero richiamare l'attenzione dei colleghi sul fatto che tutta la formulazione dell'articolo 28 risulta decisamente migliorata nel mio emendamento.

Presidente Terracini. I seguenti emendamenti sono stati già svolti:

«Sostituirlo col seguente:

«L'insegnamento, impartito fino al 13° anno di età, è obbligatorio e gratuito.

«I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti dell'istruzione.

«Lo Stato assicura l'esercizio di questo diritto con mezzi idonei allo scopo.

«Lo Stato riconosce a Enti privati la facoltà di formare scuole e istituti di educazione.

«La legge determina i diritti e gli obblighi delle scuole che chiedono la parificazione e prescrive le norme per la loro vigilanza.

«È prescritto l'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio professionale e per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole indicati dalla legge.

«Tumminelli».

«Sostituirlo col seguente:

«La scuola, in ogni ordine e grado, è aperta a tutti, indipendentemente dalle possibilità economiche di ciascuno, e la Repubblica assicura ai non abbienti l'esercizio di questo diritto.

«Bruni».

«Sostituire il primo comma col seguente:

«La scuola è aperta a tutti.

«Bosco Lucarelli».

«Sostituire il primo comma col seguente:

«La scuola è aperta a tutti.

«Rodi».

L'onorevole Marconi ha presentato il seguente emendamento:

«Al primo comma, sostituire alle parole: al popolo, le parole: a tutti».

Ha facoltà di svolgerlo.

Marconi. Rinunzio all'emendamento.

Presidente Terracini. Il seguente emendamento è stato già svolto:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«L'insegnamento, nei limiti dell'obbligo di frequenza scolastica, è gratuito.

«Bianchini Laura, Titomanlio Vittoria, Gortani».

Gli onorevoli Federici Maria, Fabriani, Ermini hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«L'insegnamento inferiore, obbligatorio e gratuito, deve essere preceduto dalla scuola materna e deve avere la durata di almeno otto anni».

L'onorevole Federici Maria ha facoltà di svolgerlo.

Federici Maria. Rinunzio all'emendamento.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento presentato dagli onorevoli Preti, Binni, Silipo, Lozza, Bernamonti, Tega, Tonello, Badini Confalonieri:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«L'insegnamento elementare e postelementare, impartito per almeno otto anni, è obbligatorio e gratuito».

L'onorevole Preti ha facoltà di svolgerlo.

Preti. Si tratta semplicemente di questione di carattere tecnico.

Sembra a noi che sia più esatto dire: «insegnamento elementare e postelementare» anziché «insegnamento inferiore».

Presidente Terracini. Segue l'emendamento degli onorevoli Pistoia, Vischioni, Tonello, Giua, Merlin Angelina:

«Dopo il secondo comma aggiungere il seguente:

«Lo Stato provvede all'alunno tutta l'assistenza di cui ha bisogno per la frequenza della scuola».

L'onorevole Pistoia ha facoltà di svolgerlo.

Pistoia. Onorevoli colleghi, mi limiterò a brevissime considerazioni per giustificare la presentazione del mio emendamento aggiuntivo. L'articolo 28 dice che: «La scuola è aperta al popolo».

È un principio altamente nobile, che noi socialisti approviamo in pieno.

Sennonché, questo principio è consacrato nella legislazione da circa cento anni, risale cioè al 1859 con la legge Casati. Ma poiché, per quanto la scuola fosse aperta al popolo, non era sempre frequentata, il legislatore pensò di renderla obbligatoria ed il 15 luglio 1877 sanciva questa norma. Noi siamo, onorevoli colleghi, a cento anni quasi dalla consacrazione del principio secondo cui la scuola è aperta al popolo, ed a 60 anni dal giorno in cui è stata resa obbligatoria l'istruzione pubblica. Tuttavia fa brutta mostra di sé l'analfabetismo in determinate regioni e in certi strati sociali d'Italia. Perché? Perché lo Stato non ha creato le condizioni atte a far sì che il popolo possa frequentare questa scuola. Si dice che l'insegnamento deve avere almeno otto anni di durata; ma qui vi sono dei padri di famiglia, e pensino un po' quanto occorre per mantenere, per vestire, per provvedere a tutto il materiale scolastico a dei ragazzi dai sei fino ai quattordici anni. Lasciamo stare certe eccezioni, certi ragazzi che per il loro sviluppo fisico precoce sono addirittura degli uomini; ma tutti sanno quanto occorre per mantenere questi ragazzi a scuola per otto anni.

Se lo Stato non provvede a tutta l'assistenza necessaria per il mantenimento di questi ragazzi noi, votando l'articolo 28, non potremo assolutamente mettere in pratica il nobile principio che la scuola è aperta al popolo: questo principio rimarrà un pleonasmo, e di qui la ragione del mio emendamento.

Io non mi nascondo a quali compiti va incontro lo Stato; penso che lo Stato avrà un compito gravissimo, specialmente dal lato finanziario, ma, onorevoli colleghi, io penso pure, e voi lo sapete più di me, che ove si spende molto per la pubblica istruzione, meno si spende per reprimere i delitti che trovano la loro sorgente nell'analfabetismo.

Presidente Terracini. I seguenti emendamenti sono stati già svolti:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«Solo i meritevoli hanno diritto di raggiungere i più alti gradi dell'istruzione.

«Colonnetti».

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«Solo i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti dell'istruzione.

«Malagugini, Bernini, Basso, Binni, Di Gloria, Preti, Cevolotto, Codignola, Lozza, Silipo, Bernamonti, Giua, Longhena, Tonello, Tega, Foa, Badini Confalonieri».

Segue l'emendamento degli onorevoli Franceschini, Gortani, Bosco Lucarelli, Bianchini Laura:

«Al terzo comma, aggiungere le seguenti parole:

«L'istruzione professionale è sviluppata e diffusa secondo le esigenze del lavoro».

L'onorevole Franceschini ha facoltà di svolgerlo.

Franceschini. Onorevoli colleghi, il pregio intrinseco maggiore della nascente Costituzione italiana sta senza dubbio nello sforzo generoso di trasferirsi dal piano tradizionale giuridico-tecnico a quello eminentemente pratico e sociale. Lungi dall'essere un difetto, come può sembrare a taluno, è questa invece una conquista, è un superamento, che il primo articolo dello Statuto solennemente consacra: «L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Su questo terreno sociale e pratico del lavoro si pone, e deve porsi, la scuola: non più per vana a gesticolante demagogia, di cui è stato fatto il recente tristo esperimento, ma proprio per conseguenza naturale e logica, e direi per stretta coerenza.

Ora, se diamo uno sguardo anche sommario alle attuali condizioni della scuola italiana, in ordine alle esigenze che scaturiscono da queste premesse, noi rileviamo da un lato il prevalente, eccessivo carattere umanistico, intellettualistico, culturalistico che domina il nostro indirizzo pedagogico; dall'altro lato, la necessità urgente di un rapido sviluppo intensivo ed estensivo dell'istruzione tecnico-professionale che sentono masse numerosissime di nostri giovani, i quali, dopo le scuole elementari, si avviano oggi, nella loro maggior parte, ad una vita operaia di eterni apprendisti, senza appropriate qualifiche, senza quasi la possibilità di razionale perfezionamento e, quindi, di miglioramento sociale.

Dico quasi senza, e non esagero; basteranno alcune cifre, onorevoli colleghi; alcune cifre che io desumo dagli studi di Costantino Pecorelli, l'autore forse più informato ed uno dei più appassionati e valenti in materia. Sopra otto milioni e mezzo di coltivatori e di salariati agricoli, si trovano oggi meno di 50.000 alunni in tutte le scuole agrarie; di fronte ad oltre 5 milioni di addetti all'industria si contano a mala pena 150.000 alunni in tutte le scuole industriali. Quasi altrettanto dicasi per i lavoratori del commercio, mentre su 75.000 addetti ai trasporti marittimi vi sono, sì e no, 5.000 alunni di scuole marittime. E ciò senza contare l'artigianato, questa branca di lavoro così antica ed illustre in Italia, vanto ed orgoglio di tutta la nostra tradizione comunale, titolo di sommo prestigio per l'estero; l'artigianato italiano che è il padre dell'industria contemporanea; che ha così profonde e fresche radici in quasi tutte le nostre regioni storiche e che, purtroppo, nonostante i bisogni, nonostante gli sforzi compiuti, non ha ancora nella scuola quel valido aiuto e quella particolare preparazione, onde solo può incrementarsi uno dei nostri cespiti di esportazione, una delle nostre risorse maggiori di vita economica.

E non parlo neppure del problema di istruire professionalmente le nostre masse di emigrazione, destinate ancor oggi — purtroppo — per la quasi totale mancanza di qualifiche tecniche, ad essere sfruttate fuori d'Italia in una manovalanza generica estremamente faticosa e mal retribuita.

Ora, onorevoli colleghi, questo stato di cose, che appena ho accennato e che meriterebbe ben altro approfondimento, deve cessare, deve dare lungo ad una salutare mutazione.

Ma noi riteniamo che per un compito così vasto e così profondo, che non è tanto di riformare, ma proprio di creare un ordine tutto nuovo, didattico e tecnico, noi crediamo che non basti per nulla il fidarsi di ipotetiche future provvidenze legislative; noi riteniamo necessario che lo Stato assuma, nella stessa sua Costituzione, l'impegno preciso di curare in ogni modo la Scuola del lavoro.

Per questo, onorevoli colleghi, insieme agli amici Gortani, Bosco Lucarelli e Bianchini Laura, io propongo che sia approvato il nostro emendamento aggiuntivo, il cui spirito è già del resto nella primitiva redazione del nuovo testo statutario.

Si potrà obiettare ciò che disse l'altro ieri l'onorevole Orlando, a proposito delle molte, delle troppe promesse che si vogliono fatte dallo Stato. Come — si dirà — può la Repubblica far fronte ad un impegno qual è questo, che, oltre alle spese edilizie e organizzative, implica miliardi di spesa per adatti macchinari? L'obiezione sembra grave; ma la mia risposta è tranquillante. Onorevoli colleghi, l'industria italiana non solo può, ma oggi desidera concorrere a questo scopo e sostenerne quindi in gran parte gli oneri. L'industria sente profondamente la mancanza di mano d'opera qualificata e specializzata; la sente a tal punto, che già da anni sono sorti in più luoghi, presso vari grandi stabilimenti, delle vere e proprie scuole di addestramento, dei corsi per meccanici di precisione. Cito, fra molte, le Officine «Galilei» di Firenze, dove capotecnici e ingegneri specializzati si alternano nell'impartire lezioni tecniche e pratiche a diecine e diecine di giovani operai. Lo Stato non avrà che a dichiarare le sue intenzioni perché i mezzi e i contributi affluiscano a facilitarne l'opera di organizzazione e di coordinamento. La formula che io ancora desumo dal già citato Pecorelli «la scuola serve l'industria, l'industria serve la scuola» è così chiara, così pratica, così intuitiva che non fa bisogno di molte parole per dimostrarla. C'è solo da desiderare che l'unione del capitale e del lavoro, questa unione che tutti auspichiamo, protesi verso la rinascita della nostra Patria, debba incominciare proprio qui, proprio nella scuola professionale, come in un'alba di promesse. Libera iniziativa, controllo di Stato, non potranno non avere quel felice esito che, nell'interesse del miglioramento effettivo delle categorie operaie, noi ci ripromettiamo dalla favorevole votazione dell'emendamento proposto. (Applausi).

Presidente Terracini. Segue l'emendamento degli onorevoli Nobili Tito Oro, Vernocchi, Tega, Merighi, De Michelis, Barbareschi:

«Aggiungere al terzo comma il seguente:

«Gli alunni che dimostrino attitudini speciali congiunte a meriti di profitto costante, saranno segnalati dagli insegnanti all'ente che la legge indicherà per la più estesa valorizzazione».

L'onorevole Nobili Tito Oro ha facoltà di svolgerlo.

Nobili Tito Oro. Lo manteniamo, ma rinunciamo a svolgerlo.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento degli onorevoli Mattarella, Bosco Lucarelli, Colombo e Camposarcuno:

«Sostituire gli ultimi due commi con il seguente:

«La Repubblica assicura ai meritevoli privi di mezzi, con borse di studio, assegni alle famiglie, ed altre provvidenze, da conferire per concorso agli alunni di scuole statali e parificate, la possibilità di frequentare le scuole di ogni ordine e di raggiungere i gradi più alti dell'istruzione».

L'onorevole Mattarella ha facoltà di svolgerlo.

Mattarella. Abbiamo presentato alla Commissione un altro emendamento, che sostituisce quello testé letto e che è firmato anche dagli onorevoli Zerbi, Lazzati, Bertola, Colombo, Galati, Cremaschi Carlo, Benvenuti, Monticelli, Medi. Abbiamo proposto, cioè, di sostituire gli ultimi due commi dell'articolo 28 col seguente:

«La Repubblica assicura ai meritevoli privi di mezzi, mediante adeguate provvidenze da conferirsi per pubblico concorso agli alunni appartenenti a qualsiasi scuola statale e non statale, la possibilità di frequentare le scuole di ogni ordine e di raggiungere i gradi più alti dell'istruzione».

Nel formulare il primo emendamento siamo stati spinti sopratutto dalla considerazione, già svolta anche dal collega Mazzei, che il terzo comma dell'articolo 28 sostanzialmente non aveva un contenuto giuridico concreto. Il contenuto era dato dall'ultimo comma, e la fusione del terzo e del quarto comma rende più adeguata all'esigenza tecnica la dizione dell'articolo. Nella nuova formulazione abbiamo rinunciato alla elencazione delle provvidenze, citandole genericamente, proprio per non creare una limitazione a quello che il legislatore in futuro potrà stabilire.

E abbiamo insistito anche nella formulazione nuova nel ritenere che il concorso per queste provvidenze debba essere esteso, oltre che agli alunni delle scuole statali, anche agli alunni delle scuole non statali, per un evidente dovere di rispetto della libertà di scelta, da parte dell'alunno, della scuola che vuol frequentare e anche per un doveroso riconoscimento verso quelle scuole non statali che tanto contributo hanno portato e porteranno certamente alla serietà della scuola e alla educazione e formazione intellettuale della gioventù. Se è vero che anche in questo campo — come è stato rilevato pure in quest'Aula — vi sono delle iniziative di carattere mercantile, è anche vero che vi sono dei luminosi esempi di spirito di sacrificio e di alta dedizione alla attività educativa, che meritano di essere altamente riconosciuti ed additati alla riconoscenza e alla gratitudine del Paese. Noi pensiamo che queste provvidenze che la Repubblica doverosamente deve disporre per rendere possibile l'accesso ai più alti gradi dell'istruzione di tutti gli alunni capaci e meritevoli che non dispongono dei mezzi, attraverso le varie iniziative che potranno essere escogitate e sancite dal legislatore, non possono riguardare soltanto gli alunni delle scuole statati, ma anche gli alunni delle scuole non statali. Ed è perciò che abbiamo sostituito nella nuova dizione all'espressione «parificate», l'espressione «scuole non statali», per non sanzionare nella Costituzione un'espressione mutevole e una definizione che rientra nella competenza del legislatore ordinario. Abbiamo voluto usare una dizione molto più lata che renda possibile l'accesso a queste provvidenze agli alunni che frequentano qualsiasi scuola, perché qualunque alunno che meriti per la sua capacità e per la sua attitudine allo studio di essere incoraggiato, deve trovare aiuto ed incoraggiamento, anche se frequenta una scuola non riconosciuta.

Presidente Terracini. Gli onorevoli Nobili Tito Oro, Vernocchi, Tega, Merighi, De Michelis, Barbareschi hanno proposto di sostituire il quarto comma col seguente:

«La Repubblica, ponendo a profitto anche la mutualità scolastica, assicura l'esercizio di tale diritto mediante borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, da conferirsi per concorso agli alunni che gli organi segnaletici dimostrino meritevoli di parteciparvi».

L'onorevole Nobili Tito Oro ha facoltà di svolgerlo.

Nobili Tito Oro. Lo manteniamo senza svolgerlo.

Presidente Terracini. Il seguente emendamento è stato già svolto:

«Sostituire il quarto comma col seguente:

«La legge rende effettivo questo diritto mediante speciali provvidenze.

«Bernini, Binni, Di Gloria, Malagugini, Basso, Preti, Codignola».

Segue l'emendamento dell'onorevole Ermini:

«Al quarto comma, alle parole: agli alunni di scuole statali e parificate, sostituire: agli alunni che intendono compiere gli studi nelle scuole statali o parificate».

Ha facoltà di svolgerlo.

Ermini. Il tenue emendamento che propongo ha una finalità di natura eminentemente pratica. Nell'articolo 28 si dice: borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze da conferirsi per concorso agli alunni di scuole statali e non statali.

Ora lo scopo principale del conferimento di queste borse di studio mi pare sia senza dubbio quello di consentire ai giovani privi di mezzi di iscriversi nelle scuole e di iniziare la frequenza ai corsi. Parlandosi però nella formulazione di alunni, si intende alludere evidentemente a coloro soltanto che sono già iscritti nelle scuole. Con l'emendamento che propongo intendo invece che sia consentito, a chi non ha i mezzi, di iniziare gli studi in una scuola come di continuarli; e per questo chiedo di sostituire le parole «agli alunni di scuole statali e parificate» con l'espressione più comprensiva «agli alunni che intendono compiere gli studi nelle scuole statali o parificate», con allusione in tal modo tanto agli alunni che già frequentano le scuole, quanto a quelli che intendono frequentarle, come per esempio a coloro che, provenendo da scuola paterna, abbisognano per iscriversi nella scuola di Stato di ottenere una borsa, che consenta di frequentare la scuola stessa.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento degli onorevoli Lozza, Bernamonti, Silipo, Maltagliati, Farina, Lombardi Carlo, Musolino, Saccenti, Bardini, Platone:

«Al quarto comma, alle parole: agli alunni di scuole statali e parificate, sostituire le seguenti: agli alunni provenienti da qualsiasi scuola».

L'onorevole Lozza ha facoltà di svolgerlo.

Lozza. Il nostro emendamento è dettato dalle preoccupazioni, che noi abbiamo ascoltato, di due onorevoli colleghi che mi hanno preceduto, e particolarmente del collega Ermini; ma in qualche cosa noi differiamo.

Il terzo comma dell'articolo 28 dice:

«I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti dell'istruzione».

E il quarto comma dice:

«La Repubblica assicura l'esercizio di questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie, ed altre provvidenze, da conferirsi per concorso agli alunni di scuole statali e parificate».

Il nostro emendamento intende estendere il diritto di partecipazione ai concorsi a borse di studio a tutti i cittadini di buona volontà e intelligenti, cioè a tutti i giovani capaci e meritevoli, privi di mezzi. Se vogliamo che la scuola sia davvero aperta al popolo e se pensiamo che tutti i meritevoli abbiano diritto di raggiungere i più alti gradi dell'istruzione, non possiamo limitare le provvidenze solo a quei giovani che sono già alunni di scuole di Stato o parificate: dobbiamo estenderle a tutti i giovani capaci e meritevoli, siano di scuole pubbliche o private, siano autodidatti. La legge, se mai, dirà — la legge che considera tutti eguali gli alunni davanti ai concorsi di studio — se debba poi andare a studiare nelle scuole di Stato, nelle scuole parificate o in un istituto apposito, anche in un istituto privato, l'alunno cui è stata concessa la borsa.

E siamo d'accordo con l'onorevole Mazzei che il sussidio non debba essere dato alla scuola, ma all'alunno, al giovane. Il giovane vedrà dove dovrà andare a studiare e questo, se mai, sarà indicato dalla legge.

Abbiamo questa preoccupazione: la guerra ha tenuto lontani dalle scuole per molti anni i giovani. Oggi, e ancora per qualche anno futuro, i giovani tornati dalla prigionia, i partigiani, i combattenti cercano di ricuperare il tempo perduto, cercano di raggiungere al più presto una sistemazione. Mi pare che la Repubblica abbia tutto l'interesse che i giovani si sistemino seriamente il più presto possibile, ma senza quella precipitazione che andrebbe a scapito dei giovani, della cultura professionale e della stessa società.

In verità il comma quarto dell'articolo 28 forse scende in specificazioni che potrebbero essere lasciate al legislatore. Il nostro emendamento ha la preoccupazione di chiarire le specificazioni che a noi sono sembrate limitative nel testo sottopostoci dalla Commissione. E poiché vi è un emendamento Bernini che dice: «La legge rende effettivo questo diritto mediante speciali provvidenze», noi potremmo accettarlo solo se fossero aggiunte le parole: «da conferirsi per concorso agli alunni provenienti da qualsiasi scuola». In caso contrario, manterremmo il nostro emendamento.

Presidente Terracini. L'onorevole Colitto ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere i seguenti due commi:

«La Repubblica, inoltre, assume gratuitamente l'educazione e l'avviamento al lavoro e professionale dei cittadini inabili, con speciale riferimento ai minorati della vista, per un dovere di solidarietà umana e sociale e col proposito di recuperarne alla collettività nazionale le residue capacità di lavoro.

«La Repubblica assicura l'esercizio di questo diritto con la creazione di appositi istituti e di corsi specializzati, con borse di studio ed assegni familiari, e sopratutto con la emanazione di norme per il collocamento obbligatorio e la previdenza per la vecchiaia degli inabili, servendosi degli enti, istituti ed organizzazioni esistenti o da costituire».

Ha facoltà di svolgerlo.

Colitto. L'emendamento da me proposto è stato suggerito dalla Unione italiana dei ciechi, di cui è presidente nazionale l'illustre professore Paolo Bentivoglio. Ritengo di non ingannarmi, se affermo che sia dovere e insieme interesse dello Stato, di rivolgere il proprio sguardo ai cittadini spesso giovanissimi, che la guerra o altre cause hanno dolorosamente posto in condizioni di minorità di fronte ai propri simili.

Si tratta di una massa davvero cospicua di persone, che non può da noi essere obliata. E per ragioni di carattere etico-sociale, che sono evidentissime, e per ragioni di carattere economico, perché, sotto tale aspetto, non v'è chi non veda quanta importanza, proprio economicamente valutabile, abbia il recupero alla società, per mezzo di cure sanitarie, di apparecchi di protesi, rieducazione fisica e professionale, delle tante energie, di cui ho parlato.

E, poiché l'Italia si trova all'avanguardia in questo campo, possedendo scuole, istituti, corsi specializzati e leggi (quali quelle del 1917 e del 1921) per l'avviamento al lavoro e per il collocamento obbligatorio, per cui centinaia di migliaia di invalidi sono rientrati nel circolo produttivo del Paese, non si tratta ora, a mio sommesso avviso, che di consacrare nella Carta costituzionale una norma che tenga conto di questa realtà, di questa situazione di fatto, e, meglio definendola, affermi l'obbligo dello Stato di provvedere gratuitamente alla rieducazione ed all'avviamento al lavoro degli invalidi e di estendere gradualmente a tutte le categorie degli invalidi qualsiasi legge disciplini il collocamento obbligatorio.

Io ritengo, perciò, che l'emendamento da me proposto possa trovare il consenso dell'Assemblea, anche perché esso è perfettamente aderente alle altre norme consacrate, in materia di lavoro, nella nostra Costituzione. L'emendamento è affidato molto al senno, ma anche moltissimo al cuore dell'Assemblea.

Presidente Terracini. L'onorevole Bruni ha già svolto il seguente emendamento:

«Aggiungere il seguente comma:

«La Repubblica prenderà tutte le misure necessarie perché l'eguaglianza dei diritti, di fronte all'istruzione e all'educazione, sia di fatto rispettata anche nelle scuole non statali, col provvedere ad un congruo finanziamento di esse e con l'istituire scuole statali — nel quadro della libertà d'insegnamento — del tipo richiesto dalle famiglie».

L'onorevole Valenti ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere il seguente comma:

«La Repubblica, inoltre, assume gratuitamente l'educazione e la rieducazione professionale dei cittadini inabili».

Ha facoltà di svolgerlo.

Valenti. Devo essere necessariamente breve, perché l'emendamento aggiuntivo proposto coincide esattamente, anzi completamente, con la sostanza dell'emendamento presentato e svolto in questo momento dal collega onorevole Colitto. È la stessa istanza dell'Unione Ciechi che ha trovato una formulazione diversa, in un oggetto identico.

Mantengo però l'emendamento; pur concordando e potendo aderire anche alla formulazione presentata dall'onorevole Colitto. È una ragione di sistematica, è un fare coincidere il pensiero laddove il progetto costituzionale parla in un punto di un particolare oggetto ed in altro di altro oggetto. All'articolo 28 ho presentato l'emendamento unicamente nel senso di richiedere che la Repubblica assuma gratuitamente la educazione e la rieducazione professionale dei cittadini inabili, perché la parte successiva, cioè quella che riguarda il collocamento, pare a me che più facilmente, anzi più ragionevolmente trovi la sua collocazione all'articolo 34, laddove precisamente si parla di inabili al lavoro, sprovvisti dei mezzi necessari alla vita, e del diritto al mantenimento ed alla assistenza sociale. Per similarità e consequenzialità di pensiero, io credo che qui troverebbe invece la sua collocazione l'emendamento aggiuntivo da me presentato. È questa la ragione per la quale insisto nel raccomandare l'emendamento così come è formulato, perché mi pare che aderisca ad un criterio di precisa sistematica giuridica costituzionale.

Le ragioni di merito mi pare che siano di una precisione che aderisce alla coscienza ed alla intelligenza di questa veramente sensibile Assemblea. È nel quadro dell'articolo primo che apre le affermazioni che costituiscono il nostro progetto di Costituzione, laddove si dice che «l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro»; è in questo quadro che noi troviamo giusto che all'articolo 28, come proponiamo, si veda di fare l'aggiunta proposta.

È un'affermazione solenne quella che facciamo, «Repubblica fondata sul lavoro»: e un'affermazione grandemente impegnativa. Essa proietta su tutto quanto il progetto di Costituzione una luce di inconfondibile chiarezza ed un indirizzo: tutela della dignità del lavoro che è tutta la ricchezza, specie per un Paese come il nostro, che di altre ricchezze è veramente in difetto. Valutare il lavoro, porlo su un piano morale, giuridico, economico di grande dignità, perché lavoro è attività dell'uomo ed in esso l'uomo dà alle cose il suo volto, la bellezza e la luce del suo pensiero che qualche volta si esprime nell'opera d'arte: onde il lavoro è diritto, diritto dell'uomo ad esprimere se stesso. Ma il lavoro è soprattutto un mezzo per procurarsi il pane, onde giova al singolo; ed è un contributo alla formazione del bene comune, cui ciascuno ha diritto di attingere e dovere di contribuire. Così è che il lavoro diventa problema morale, politico, economico e sociale insieme. Alla luce di questo pensiero noi diciamo: guardiamo a quella che è la verità sugli inabili al lavoro. Vediamo, allora, che il testo costituzionale, a proposito del lavoro in relazione alla scuola, pone e considera due soli soggetti aventi diritto alla educazione ed alla assistenza: ossia l'uomo pienamente capace e l'uomo assolutamente incapace (articolo 28 e articolo 34); l'uomo, cioè, che ha una piena capacità di lavorare e quello che non ne ha nessuna. Ma in mezzo a queste due categorie ve ne è una terza, cioè quella degli inabili, inabili dalla nascita, inabili per causa o di lavoro o di guerra, la categoria di coloro che non posseggono intere ed intatte le proprie capacità lavorative. Sono centinaia di migliaia di unità lavorative minorate, rese parzialmente inabili ad un proficuo lavoro. Basti pensare ai 500.000 mutilati della guerra 1915-18, basti pensare agli inabili dalla nascita, come i ciechi civili, basti pensare al numero enorme dei minorati dalla guerra e particolarmente ai moltissimi della guerra mondiale, per intendere l'imponenza del problema.

Per costoro non ha nulla da fare la scuola? Io ricordo a titolo veramente di onore quello che ho potuto vedere nella mia città di Parma, dove per iniziativa della post-bellica, laddove vi era un centro ospitaliero militare, è sorto oggi un centro di rieducazione dei minorati di guerra. È una iniziativa mirabile, che commuove ed allieta: è ragione di conforto e di speranza, per coloro che sono posti nella condizione di potere riacquistare una capacità lavorativa, e per quanti sanno che, per queste scuole, tanta somma di lavoro rientra nel circolo della produzione e della vita anche a profitto della collettività. La scuola, con i sistemi pedagogico-scientifici più aggiornati, può fare miracoli e può recuperare al lavoro, qualche volta in toto, comunque e sempre in larghissima misura, gli inabili. E se è possibile, si deve fare in maniera che lo Stato assuma la educazione e la rieducazione professionale di questi cittadini inabili. Il che non significa che lo Stato debba dimenticare o negare le iniziative caritatevoli e benefiche già in atto o che potrebbero venire a soccorrere alla bisogna. Significa solo che lo Stato deve sentire il suo impegno di dare agli inabili la gratuita possibilità di una rieducazione professionale. Vedrà il legislatore in qual modo ciò potrà attuarsi. Esigenza inderogabile, però, è quella di aiutare le iniziative esistenti da chiunque prese e di coordinarle ed integrarle in un quadro organico al fine che il diritto affermato all'educazione e alla rieducazione professionale degli inabili abbia la possibilità pratica di effettuarsi. Perché: 1°) lo Stato non può caricarsi il mantenimento al cento per cento di questi bisognosi; 2°) ai minorati della guerra noi paghiamo, in base alla legge del 1917, soltanto il 14 per cento di quello che paga la Francia ai propri minorati. Paghiamo ad ogni modo assolutamente quanto è insufficiente per garantire loro la vita; e ciò perché il nostro sistema di assistenza a differenza di quello che avviene negli altri paesi, Francia compresa, si basa sul presupposto che il minorato, con la residua capacità lavorativa, integri quel poco che lo Stato gli fornisce.

Estendendo il trattamento dei mutilati di guerra a tutti gli inabili noi non avremmo ancora risolto il problema di consentire loro la possibilità di guadagnarsi un pane. Occorre che il minorato possa recuperare ed utilizzare le proprie capacità lavorative e, recuperate che le abbia, occorre garantirgli, attraverso una legge speciale — ed è ciò che proponiamo con l'articolo 34 — la possibilità di collocamento.

Ecco perché invoco la iniziativa scolastica in questo campo degli inabili.

Io raccomando alla sensibile coscienza di questa Assemblea, così sensibile a percepire, e così pronta a muovere tutto ciò che afferma ragioni di umanità e di giustizia, io raccomando di accogliere queste mie proposte.

Desidero dire che insisto per queste ragioni sul mio emendamento e confido che sarà accettato dalla Commissione e votato dall'Assemblea. (Applausi).

Presidente Terracini. Avverto che l'onorevole Mario Rodinò ha comunicato di ritirare il seguente emendamento da lui presentato:

«Aggiungere il seguente comma:

«La Repubblica assume gratuitamente l'educazione e la rieducazione professionale dei cittadini inabili e tutela il loro diritto al lavoro».

Presidente Terracini. È così esaurito lo svolgimento digli emendamenti presentati all'articolo 28.

Il seguito della discussione è rinviato a domani.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti