[L'8 ottobre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sui principî dei rapporti sociali (economici), avviata dalle relazioni degli onorevoli Lucifero e Togliatti.]

Il Presidente Tupini legge il testo dell'articolo secondo nella nuova formulazione concordata dagli onorevoli Togliatti e Dossetti: «La remunerazione del lavoro intellettuale e manuale deve soddisfare alle esigenze di una esistenza libera e dignitosa del lavoratore e della sua famiglia».

Caristia fa una piccola osservazione di forma; propone cioè che in luogo di: «intellettuale e manuale» si dica «intellettuale o manuale».

Cevolotto riconosce che il concetto informatore della disposizione è giustissimo. Fa rilevare però le difficoltà a cui la inclusione di una forma di questo genere nella Costituzione potrebbe dar luogo. Pensa infatti che difficilmente lo Stato potrà assicurare un'esistenza libera e dignitosa ad un individuo (e alla sua famiglia) che, scelta liberamente la professione di pittore o di poeta, faccia poi delle opere di nessun valore e che nessuno compera. Aggiunge che con una disposizione di questo genere, che contiene principî che in teoria corrispondono a concetti da tutti ammessi, ma che in pratica incontrano difficoltà di attuazione quasi insuperabili, si metterebbe questo pittore o poeta nella condizione di domandare allo Stato l'acquisto dei suoi quadri o delle sue poesie, dal momento che i privati non ne vogliono sapere.

Il Presidente Tupini osserva che quando si parla di lavoro intellettuale, si intende che questo debba essere ritenuto sempre socialmente utile.

Cevolotto manifesta il suo scetticismo anche per un altro motivo, cioè che il fatto potrà verificarsi indipendentemente dal valore dell'artista; lo Stato infatti non potrà evitare che anche un artista di valore soffra la fame, se la sua opera è per il momento misconosciuta. Non ritiene possibile che lo Stato garantisca la remunerazione di questo lavoro, perché si tratta di una libera attività che si rivolge al pubblico, che può accettarla o non accettarla.

Conclude affermando di approvare l'articolo nel suo concetto informatore, ma di dubitare della sua realizzazione pratica, a meno che non si voglia burocratizzare l'arte, il che equivarrebbe ad ucciderla.

Il Presidente Tupini osserva che il secondo concetto espresso dall'onorevole Cevolotto è di notevole gravità, perché egli, mentre accoglie un principio, ne distrugge il significato prevedendone l'impossibilità di attuazione.

Mastrojanni non ha nulla da obiettare sulla concezione e sulla formulazione dell'articolo. Desidera però anch'egli manifestare i suoi dubbi in proposito, perché questa disposizione rappresenta, a suo parere, la perfezione di uno Stato ideale praticamente irraggiungibile. Concorda sul principio di assicurare un'esistenza libera e dignitosa al lavoratore e alla sua famiglia, ma non ne vede la pratica realizzazione.

Fa rilevare anche un altro pericolo, cioè che il lavoratore, tenendo presente questa affermazione, possa rifiutarsi di prestare la sua opera, se non gli verrà corrisposta una retribuzione di tali proporzioni da consentirgli di soddisfare tutte le esigenze, e non solo materiali, sue e della sua famiglia.

Conclude prospettando l'opportunità di studiare una formula più modesta, meno ampollosa e più francescana.

Il Presidente Tupini invita l'onorevole Mastrojanni a concretare in un articolo i concetti esposti.

Lucifero, Relatore, si dichiara d'accordo sul concetto, che del resto era contenuto nella prima parte dell'articolazione da lui proposta alla Sottocommissione, e che egli aveva ritenuto necessario esprimere in quella sede, perché pensava che, trattandosi di problemi economici sociali, la prima affermazione, cioè l'affermazione essenziale, base di tutte le successive, dovesse essere quella del diritto dell'uomo ad una vita dignitosa e sufficiente a sé e alla sua famiglia.

Non è favorevole alla proposta degli onorevole Dossetti e Togliatti, oltre che per le ragioni dette dagli altri oratori, anche e soprattutto perché ritiene che una norma del genere non debba trovar posto in una Costituzione, bensì in un'opera di filosofia o in un trattato di esegesi sociale. Reputa comunque perfettamente inutile collocare in questa sede l'affermazione proposta che, tra l'altro, si riporta ad una disposizione già approvata, in cui si dice che «ogni cittadino ha il diritto al lavoro»; ciò significa, ha anche il diritto ad una remunerazione proporzionata al suo lavoro.

Conclude affermando di ritenere l'articolo proposto pleonastico, confusionario e superfluo.

Dossetti riconosce che sarebbe potuto sembrare più rispondente ad una esatta sistematica far questa affermazione in via preliminare. Osserva però che se l'onorevole Lucifero è disposto a riconoscere il principio che vi sia in ogni uomo, in determinate condizioni, un diritto ad una remunerazione del suo lavoro tale da assicurare a lui ed alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa, non dovrebbe avere difficoltà a che il principio fosse affermato in questa sede, che l'oratore ritiene più opportuna. Il diritto ad avere i mezzi per una esistenza libera e dignitosa non deriva infatti dal semplice fatto di essere uomini, ma dall'adempimento di un lavoro, a meno che non si determinino quelle altre condizioni da cui derivi l'impossibilità di lavorare per i motivi che saranno indicati negli articoli concernenti l'assistenza e la previdenza. Fa presente la necessità di fissare il principio che la società non è tenuta a garantire un'esistenza libera e dignitosa a colui, che, pur essendo cittadino, non esercita, per sua colpa, alcuna attività socialmente utile.

Quanto alla modifica rispetto al testo originario proposto dall'onorevole Togliatti, modifica che del resto è stata da questi accettata, dichiara di averla ritenuta necessaria, perché, a suo parere, dire semplicemente «necessità fondamentali dell'esistenza del singolo e della sua famiglia», è troppo poco e lascia aperta la strada a interpretazioni restrittive, che vorrebbe evitare. Fa presente in proposito come finora si sia vissuti in una società in cui le esigenze fondamentali di vita sono state sempre considerate in senso restrittivo, onde è stato possibile che vaste masse di lavoratori fossero insufficientemente compensate.

Osserva quindi che risponde alla struttura economico-sociale del nostro sistema orientare l'economia verso retribuzioni del lavoro che non siano soltanto rispondenti alle esigenze della vita, quali possono essere quelle del vitto, della casa, del vestiario, ma anche alle esigenze dell'esistenza libera e perciò degna dell'uomo.

Non ritiene che, come ha detto l'onorevole Mastrojanni, si indichi così un'utopia, in quanto non saprebbe rinunciare al sogno di avviare la struttura sociale verso una rigenerazione del lavoro in modo che il suo frutto sia adeguato alla dignità e alla libertà dell'uomo.

Tali principî programmatici non avranno la possibilità di operare un miracolo, perché la loro attuazione dipenderà dalle condizioni sociali della vita politica italiana, ma serviranno almeno a una progressiva elevazione delle condizioni di lavoro nel prossimo avvenire.

Moro osserva, riferendosi alla questione della collocazione sollevata dall'onorevole Lucifero, che a suo parere la dichiarazione riguardante il diritto a una remunerazione che soddisfi alle esigenze fondamentali dell'esistenza del lavoratore, deve seguire la dichiarazione del diritto al lavoro. Fa presente che, per venire parzialmente incontro alle idee espresse dall'onorevole Lucifero, onde evitare un'eccessiva frammentarietà della materia, si potrebbe aggiungere questa dichiarazione sulla remunerazione al primo articolo, facendola seguire alla dichiarazione del diritto al lavoro.

La Pira osserva che gli articoli formulati ed approvati dalla Sottocommissione sono sempre partiti dalla premessa che essi debbano concorrere a far cambiare la struttura economico-sociale del Paese. Se la struttura economico-sociale dovesse restare quella che è attualmente, cioè di carattere liberistico, allora l'articolo proposto avrebbe scarso valore e costituirebbe soltanto un'enunciazione pleonastica; se invece questa struttura subirà dei cambiamenti, allora l'articolo proposto assumerà un grande valore politico e giuridico, in quanto si riferisce soprattutto ad una futura evoluzione della società.

Lucifero, Relatore, dichiara non esservi alcuna differenza tra il suo pensiero e quello esposto dall'onorevole La Pira, poiché anche l'oratore è un liberista nel senso moderno della parola, e si rende perfettamente conto che la struttura economico-sociale del nostro Paese potrebbe anche prendere una piega diversa, come l'ha presa in questi ultimi 25 anni.

Egli intendeva fare principalmente una questione di collocamento dell'articolo, in quanto effettivamente il diritto alla esistenza, cioè alla giusta remunerazione intesa in senso largo, costituisce il fondamento di tutto il lavoro compiuto dalla Sottocommissione; è necessario quindi porre questa premessa assoluta al principio della formulazione degli articoli.

La questione da lui sollevata deve, a suo avviso, ritenersi essenziale per la formulazione dei concetti che si vogliono esprimere negli articoli.

Il Presidente Tupini ricorda all'onorevole Lucifero che egli aveva in un primo tempo affermato di non opporsi alla sostanza dell'articolo, ma di fare soltanto una questione di collocamento.

Lucifero, Relatore, si dichiara pronto ad accettare la discussione sulla formula proposta, purché essa venga posta all'inizio degli articoli riguardanti la materia.

Il Presidente Tupini mette ai voti la proposta dell'onorevole Lucifero, che cioè la formulazione del concetti di una giusta remunerazione preceda quella del diritto al lavoro.

Moro non ritiene che si debba dare un'eccessiva importanza a tale questione di sistematica. Ad ogni modo dichiara di preferire la formulazione degli articoli presentata dagli onorevoli Togliatti e Dossetti.

Lucifero, Relatore, osserva che non è logico dire che l'affermazione del diritto al lavoro debba precedere quella del diritto alla remunerazione in una misura corrispondente alle esigenze del lavoratore e della famiglia, in quando il diritto all'esistenza appartiene anche a coloro i quali non possono lavorare; tanto è vero che nella Costituzione sono state studiate una serie di previdenze proprio per coloro i quali non possono lavorare per ragioni di salute, di età, ecc.

Moro esprime il parere che, tenendo conto della realtà storica nella quale si vive, realtà che va intesa in senso relativo e non assoluto, la formulazione proposta dagli onorevoli Dossetti e Togliatti, sia ben collocata.

(La proposta dell'onorevole Lucifero è respinta con 3 voti favorevoli e 10 contrari).

Il Presidente Tupini comunica che l'onorevole Mastrojanni ha presentato la seguente formula:

«La remunerazione del lavoro manuale e intellettuale deve essere giusta e deve soddisfare l'umana dignità».

Mette ai voti la proposta dell'onorevole Mastrojanni.

Merlin Umberto dichiara che voterà contro la proposta dell'onorevole Mastrojanni perché nell'articolo proposto dagli onorevoli Dossetti e Togliatti si afferma un concetto sostanziale che è quello dell'entità familiare. Per quanto questo concetto possa sembrare audace e forse anche eccessivo per le difficoltà pratiche d'applicazione, tuttavia esso risponde alle sue convinzioni sociali; ed egli pensa che occorra affermare nettamente che il salario non deve soltanto soddisfare alle esigenze del singolo lavoratore, ma anche a quelle della sua famiglia, cosa del resto che di fatto già avviene perché non ci sarà mai nessun lavoratore che si accontenti di un salario limitato soltanto ai suoi bisogni lasciando nella miseria e nell'indigenza la famiglia. Ora questo concetto umano e cristiano è affermato chiaramente nella proposta degli onorevoli Dossetti e Togliatti.

Lucifero, Relatore, dichiara che si asterrà dalla votazione, in quanto tiene a ribadire l'imperativo morale e giuridico di una norma che dia a tutti i cittadini questa garanzia della possibilità di vivere in maniera dignitosa sia per i singoli che per le loro famiglie. Non ritiene che l'emendamento Mastrojanni risponda alle esigenze esposte dall'onorevole Merlin, che egli condivide perfettamente. Ad ogni modo, siccome resta di vitale importanza la questione del collocamento di questo articolo, si asterrà dalla votazione.

(L'emendamento Mastrojanni è respinto con 1 voto favorevole, 11 contrari e 1 astenuto).

Il Presidente Tupini, prima di mettere ai voti la formula proposta dagli onorevole Togliatti e Dossetti, fa presente che l'onorevole Caristia ha proposto che invece di dire «intellettuale e manuale» si dica «intellettuale o manuale».

Togliatti, Relatore, dichiara di accettare la modificazione proposta dall'onorevole Caristia.

Il Presidente Tupini chiede agli onorevoli Dossetti e Togliatti se hanno difficoltà a che, oltre «intellettuale o manuale», si inserisca anche «tecnico». Ci sono infatti dei lavori tecnici che esulano dal concetto di lavori intellettuali o manuali propriamente detti.

Dossetti dichiara di non avere difficoltà ad accettare la proposta del Presidente.

Il Presidente Tupini legge l'articolo proposto dagli onorevoli Togliatti e Dossetti, con l'aggiunta da lui proposta e da loro accettata:

«La rimunerazione del lavoro intellettuale o tecnico o manuale deve soddisfare alle esigenze di un'esistenza libera e dignitosa del lavoratore e della sua famiglia»,

e lo mette ai voti.

Cevolotto dichiara che voterà a favore dell'articolo, interpretandolo come un'aspirazione a un progressivo miglioramento della società umana. Non si nasconde però che un'attuazione pratica si potrebbe avere soltanto nel caso che lo Stato potesse imporre ai cittadini un determinato lavoro.

(L'articolo è approvato con 11 voti favorevoli e 2 astenuti).

Il Presidente Tupini, prima di procedere oltre nella discussione, ricorda che un concetto simile a quello testé approvato è già stato affermato dalla terza Sottocommissione con un articolo così formulato: «Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro e adeguata alle necessità personali e familiari».

[La discussione prosegue con l'esame del comma relativo alla donna lavoratrice, per il quale si rimanda al commento all'articolo 37]

Il Presidente Tupini. [...] Rileva che l'articolo, con gli emendamenti adottati, rimane così formulato:

«La remunerazione del lavoro intellettuale o tecnico o manuale deve soddisfare alle esigenze di una esistenza libera e dignitosa del lavoratore e della sua famiglia.

Alla donna lavoratrice sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore e in particolare eguale retribuzione per eguale lavoro. Ad essa sono inoltre garantite quelle speciali condizioni che le consentano di adempiere, nello svolgimento del lavoro, la sua essenziale missione familiare».

Lo pone ai voti nel suo complesso.

(È approvato).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti