[L'8 ottobre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sui principî dei rapporti sociali (economici), avviata dalle relazioni degli onorevoli Lucifero e Togliatti. Dopo l'approvazione dell'articolo relativo alla retribuzione riportata a commento dell'articolo 36...]

Il Presidente Tupini. [...] Comunica agli onorevoli Togliatti e Dossetti che viene proposta una integrazione dell'articolo ora approvato con un comma che si riferisca alla donna lavoratrice così formulato: «Alla donna lavoratrice sono assicurati gli stessi diritti e lo stesso trattamento che spettano ai lavoratori e inoltre sono garantite condizioni particolari che le consentano di adempiere insieme al suo lavoro la sua missione familiare». Avverte che l'onorevole La Pira ha proposto di sostituire le parole «la sua prevalente missione familiare», alle altre: «la sua missione familiare».

Togliatti, Relatore, dichiara di non accettare l'emendamento proposto dall'onorevole La Pira perché, mentre in questo comma si vuole affermare una parità fra l'uomo e la donna, con la proposta dell'onorevole La Pira si sottolinea una differenza tra la missione dell'uomo e quella della donna.

La Pira risponde all'onorevole Togliatti che effettivamente la missione della donna è diversa da quella dell'uomo.

Togliatti, Relatore, propone che la discussione su questo argomento sia rimandata a quando si verrà a trattare della famiglia.

La Pira è d'accordo.

Lucifero, Relatore, prega l'onorevole La Pira di mantenere la sua proposta, in quanto essa dà un carattere umano all'articolo della Costituzione, poiché effettivamente la funzione della donna, fin quando esisterà la famiglia, è prevalentemente nell'ambito di questa. Il lavoro e le funzioni che la donna deve esercitare come madre e come sposa prevalgono su quelli che essa può esercitare come lavoratrice. Per questo ritiene che tali funzioni debbano essere sottolineate in questa sede dove si parla della donna lavoratrice.

Moro proporrebbe la seguente formulazione: «Alla donna lavoratrice sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore ed inoltre è garantita in ogni caso la possibilità di adempiere, insieme al suo lavoro, alla sua essenziale missione familiare».

Osserva che la parola «lavoratori» è una espressione un po' vaga; dicendo invece «tutti i diritti che spettano al lavoratore» l'affermazione acquista maggiore forza e si toglie la possibilità di equivoco sull'equiparazione della donna all'uomo.

Fa presente inoltre che con la formula da lui proposta si dichiara, nello stesso modo, l'essenzialità della missione familiare della donna, ma non si pone la questione generale sulla compatibilità o meno di questa missione con la sua attività lavoratrice, questione che può essere rinviata ad altra sede.

Togliatti, Relatore, dichiara che la proposta dell'onorevole Moro è in linea generale accettabile. Non è d'accordo però circa la sostituzione delle parole «gli stessi diritti» con le altre «tutti i diritti», perché cambia il concetto. Quando si afferma la parità dei diritti della donna lavoratrice e dell'uomo lavoratore, si afferma il principio dell'uguaglianza dei salari, dell'uguaglianza del sussidio di disoccupazione, nelle retribuzioni familiari sussidiarie, ecc.: tutta una serie di principî legati alla parità. Il concetto dell'eguaglianza tra uomo e donna nel campo del lavoro è essenziale nell'articolo; e l'oratore non può accettare che esso ne sia tolto.

Il Presidente Tupini domanda agli onorevoli Togliatti e Dossetti, se essi accettano che base della discussione sia l'articolo proposto dall'onorevole Moro piuttosto che quello da loro presentato.

Togliatti, Relatore, e Dossetti accettano.

Il Presidente Tupini rilegge la formula proposta dall'onorevole Moro: «Alla donna lavoratrice sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore e inoltre è garantita in ogni caso la possibilità di adempiere, insieme al suo lavoro, la sua essenziale missione familiare».

Apre la discussione su questa proposta.

Togliatti, Relatore, dichiara che accetterà l'articolo se alle parole «tutti i diritti» si sostituiranno le parole «gli stessi diritti».

Moro dichiara che, pur non irrigidendosi sulla sua proposta, e pure concordando con l'onorevole Togliatti circa la perfetta parità in ordine a tutti i diritti della donna lavoratrice e dell'uomo lavoratore, insiste per la formula «tutti i diritti» perché, se si dice «gli stessi diritti», sarebbe necessario indicare più chiaramente che la parificazione s'intende col lavoratore maschio, per evitare degli equivoci.

Togliatti, Relatore, propone che si dica: «gli stessi diritti che spettano a tutti i lavoratori».

Moro osserva che tale espressione è un po' sforzata.

Togliatti, Relatore, propone di dire: «sono assicurati tutti i diritti che spettano ai lavoratori e lo stesso trattamento economico».

Moro accetta tale dizione.

Dossetti dichiara di accettare l'impostazione data all'articolo dall'onorevole Moro. Non ha niente in contrario a che si dica: «tutti i diritti», perché, così dicendo, lo stesso trattamento economico diviene una conseguenza logica. Ritiene, però, che sia bene affermare esplicitamente che nelle parole «tutti i diritti» s'intende compreso lo stesso trattamento economico, altrimenti si svaluta la portata dell'affermazione.

Per quanto riguarda invece la seconda parte della formula proposta dall'onorevole Moro, dichiara di essere piuttosto esitante ad accettarla, in quanto sembra tendere soltanto ad assicurare una possibilità di fatto, mentre invece si deve affermare una condizione giuridica di perfetta parità.

Moro propone di dire: «sono garantite (o assicurate) modalità di lavoro che permettano di adempiere la sua essenziale missione familiare».

Il Presidente Tupini ritiene che il concetto espresso dall'onorevole Dossetti si possa formulare nel modo seguente: «È garantito l'adempimento, insieme al suo lavoro, della sua essenziale missione familiare».

Dossetti dichiara di ritenere la formula proposta dal Presidente come un progresso nei confronti di quella proposta dall'onorevole Moro.

Il Presidente Tupini osserva che, quando si parla di eguale trattamento economico per l'uomo e la donna che lavorano, si suppone eguale rendimento. Eguale salario deve essere corrisposto per eguale lavoro.

Togliatti, Relatore, dichiara che ciò è evidente.

Il Presidente Tupini fa presente che è necessario che questo concetto sia affermato. Se non si trovasse la formula adatta, deve rimanere consacrato nel verbale che si è voluto intendere, nella discussione, che l'eguaglianza di trattamento suppone l'eguaglianza del rendimento.

Togliatti, Relatore, osserva che nell'articolo si parla di trattamento e non di salario.

Moro suggerisce di dire «a parità di condizioni».

Il Presidente Tupini propone che l'ultima parte dell'articolo, nella formulazione dell'onorevole Moro, sia modificata nel modo seguente: «è garantito l'adempimento della sua essenziale missione familiare».

Lucifero, Relatore, dichiara di preferire la formula originaria della proposta Dossetti-Togliatti con l'integrazione proposta dall'onorevole La Pira, perché essa aveva un carattere più propriamente costituzionale e giuridico.

La Pira dichiara di accettare la proposta dell'onorevole Moro per quanto riguarda la sostituzione della parola «prevalente» con «essenziale», perché effettivamente l'obiettivo che si proponeva era di indicare che la donna ha un'essenziale missione familiare.

Lucifero, Relatore, è d'accordo nel riconoscere che la parola «essenziale» è preferibile a «prevalente»; ma è su tutta la formulazione che ha delle perplessità, ritenendo più chiara la primitiva proposta.

Il Presidente Tupini dichiara di ritenere che la formula che esprime meglio le opinioni dei vari commissari e traduce il concetto nel quale tutti si sono trovati d'accordo, sia la seguente: «Alla donna lavoratrice sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore, e, in particolare, a parità di condizioni, lo stesso trattamento economico».

Togliatti, Relatore, propone che si dica: «in particolare l'eguaglianza di trattamento economico».

Lucifero, Relatore, fa presente che bisogna dire: «a parità di rendimento».

Togliatti, Relatore, risponde che tale concetto è implicito.

Il Presidente Tupini domanda se i commissari ritengono che dire «parità di trattamento economico» sia di per se stesso capace di esaurire l'altro concetto di parità di rendimento economico.

La Pira fa presente, richiamandosi a una discussione già fatta all'inizio delle riunioni della Sottocommissione, che con la parola «trattamento» si è voluto, si vuole e si vorrà sempre indicare una proporzionalità. Per queste ragioni lascerebbe la parola «trattamento» anche per ricollegarsi alle discussioni fatte a proposito del primo e del secondo articolo.

Il Presidente Tupini osserva che il primo ed il secondo degli articoli discussi dalla Commissione non riguardavano il lavoro.

La Pira replica che nel secondo articolo si è parlato di eguaglianza di trattamento, e a questa parola è stato dato un significato di proporzionalità. È bene, pertanto, che rimanga questa terminologia che ormai dovrebbe ritenersi acquisita.

Merlin Umberto ritiene che con tutta la buona volontà di essere generosi, approvando la formula che sia la più ampia possibile, non si deve però adottare una formula equivoca come quella «lo stesso trattamento economico». Le lavoratrici interpreteranno la formula nel senso che esse debbono avere il salario che spetta al lavoratore maschio, mentre in pratica questo non avviene mai.

Iotti Leonilde non vede il motivo perché ciò non debba avvenire.

Il Presidente Tupini osserva che, se non c'è uguale rendimento, non si può pretendere uguale salario.

Merlin Umberto rileva che la donna farà un lavoro più leggero e più confacente alla sua natura, e perciò il salario sarà proporzionato al minor rendimento.

Ritiene che ci si debba limitare a dire: «sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore». In questa formula è compreso il concetto che è stato espresso.

Mastrojanni osserva che, per quanto riguarda la differenza di trattamento tra l'uomo e la donna che lavorano, non dovrebbe esservi alcuna preoccupazione, perché la donna non può mai essere adibita a lavori pesanti, e quindi la differenza di rendimento, di cui si parla, non si verifica, diversi essendo i generi di lavoro. Nei casi in cui la donna esplica una funzione identica a quella dell'uomo, è stato assodato che il rendimento è identico e anche superiore. Ci sono donne fornite d'intelligenza, abilità perspicacia e laboriosità che superano l'uomo.

Se invece si vuole differenziare il rendimento, dal punto di vista della importanza del lavoro, allora è bene che una differenza esista, perché il lavoro cerebrale deve avere una remunerazione superiore. Quando le responsabilità sono maggiori, è giusto che a maggiori oneri corrispondano maggiori compensi. Sotto questo riguardo ritiene necessaria una specificazione, perché non vengano livellati tutti i lavoratori nello stesso modo.

Dossetti dichiara di ritenere che l'onorevole La Pira abbia perfettamente interpretato lo spirito e la lettera dell'articolo proposto da lui e dall'onorevole Togliatti, quando ha fatto osservare che è già implicita una proporzionalità nel sistema adottato.

Ritiene anche che sarebbe opportuno che il principio stabilito nel precedente comma circa la remunerazione del lavoratore possa essere integrato col concetto che è nel secondo degli articoli approvati dalla terza Sottocommissione, che cioè la remunerazione, oltre che assicurare condizioni di vita dignitosa, ecc., deve essere proporzionata alla quantità e qualità del lavoro; a meno che non si ritenga superflua una tale aggiunta.

Il Presidente Tupini ritiene che la terza Sottocommissione abbia votato l'articolo appunto con questo spirito e con questa intenzione. Il concetto dell'eguale salario per l'eguale rendimento è espresso nella prima parte dell'articolo della terza Sottocommissione citato dall'onorevole Dossetti: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro ed adeguata alle necessità personali e familiari».

Togliatti, Relatore, propone di dire: «Sono assicurati gli stessi diritti ed eguale retribuzione per eguale lavoro».

Mastrojanni dichiara di accettare la formula proposta dall'onorevole Togliatti.

Dossetti ritiene che, per rendere l'articolo più organico, si debba introdurre una formula che dica: «Alla donna lavoratrice è garantito uguale diritto ed uguale lavoro», oppure: «la retribuzione deve essere proporzionata alla quantità del lavoro».

Togliatti, Relatore, propone la seguente formula: «Alla donna lavoratrice sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore ed in particolare uguale retribuzione per uguale lavoro».

Il Presidente Tupini dichiara di accettare la proposta dell'onorevole Togliatti.

Mastrojanni si associa.

La Pira si associa.

Il Presidente Tupini mette ai voti la formula proposta dall'onorevole Togliatti:

«Alla donna lavoratrice sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore ed in particolare uguale retribuzione per uguale lavoro»,

e la mette ai voti.

Lucifero, Relatore, dichiara di astenersi per le ragioni già dette.

(La proposta è approvata all'unanimità meno uno astenuto).

Il Presidente Tupini comunica che la seconda parte dell'articolo è così formulata: «Ad essa sono inoltre garantite quelle speciali condizioni che le consentano di adempiere, nello svolgimento del suo lavoro, la sua essenziale missione familiare».

Basso dichiara di non approvare l'aggettivo «essenziale» perché ritiene che la missione dell'uomo nella famiglia sia altrettanto essenziale quanto quella della donna. Comprende la necessità di specificare che si assicurino alla donna le condizioni per adempiere alla sua missione familiare, ma esclude che si debba dire che questa missione è più essenziale di quella dell'uomo.

La Pira fa presente che la vita di una madre di famiglia è interiorizzata nella casa e non può essere espletata dall'uomo. In questo senso si dice che la missione della donna è essenzialmente familiare. La essenzialità dell'uomo nella famiglia ha un altro carattere.

Il Presidente Tupini aggiunge che la specialità e l'essenzialità della missione della donna è quella della maternità. Questo è un concetto che si deve sempre tener presente. Quando ci si preoccupa della donna lavoratrice, ci si preoccupa per il fatto della maternità, per la tutela delle sue condizioni prima, durante e dopo il parto. Si deve garantire alla donna lavoratrice di poter fronteggiare quelle particolari esigenze che derivano dalla maternità.

Basso osserva che la tutela si riferisce alle forme in cui la missione familiare della donna si estrinseca, per le quali si richiedono particolari provvidenze. Questo non vuol dire che alla missione della donna si dia un carattere di essenzialità maggiore di quella dell'uomo, nell'ambito della famiglia. Vuol dire soltanto che la donna ha bisogno di particolari tutele. Si dichiara pertanto contrario all'aggettivo «essenziale», perché ritiene che esso diminuisca l'importanza della donna nella famiglia.

Iotti Leonilde ricorda che, nelle conversazioni avute con l'onorevole Corsanego circa gli argomenti riguardanti la famiglia, era stato elaborato un articolo che si avvicinava allo spirito di quello sottoposto ora alla discussione. Esso non è stato inserito nell'articolazione da lei proposta, ma si potrebbe tornare ad esaminarlo, al momento opportuno. Discutere ora su questo tema sarebbe fuori posto.

Osserva comunque che dicendosi «missione familiare» si afferma qualche cosa che sottolinea già una differenza di posizione tra quella che può essere la vita della donna come lavoratrice e quella che è la sua attività nell'ambito della famiglia, senza bisogno di altre specificazioni.

Il Presidente Tupini fa osservare alla onorevole Iotti, che, poiché la Commissione sta trattando della posizione della donna nel lavoro, e poiché nell'applicazione del suo lavoro la donna si trova in quelle particolari condizioni cui egli ha già accennato e che sono soprattutto determinate dal fatto della maternità, è proprio qui che dovrebbe trovar luogo il richiamo a una tutela speciale della donna. La donna non viene minorata nei suoi diritti come lavoratrice per il fatto di essere madre, anzi proprio come madre la tutela dei suoi diritti viene rafforzata e potenziata in questa sede.

Moro risponde all'onorevole Basso di non condividere la sua preoccupazione che dalla dizione dell'articolo si possa desumere che la missione dell'uomo sia meno essenziale di quella della donna. Si è attualmente in una particolare situazione storica in cui la donna va uscendo dalla casa per entrare nella vita sociale. La donna deve appartenere alla vita sociale e politica e deve svolgere un'attività lavorativa specifica.

Di fronte a questa situazione, sorge la preoccupazione che si possa interpretare questa nuova realtà come una minorazione della posizione essenziale della donna nella vita familiare, e pertanto si sente il bisogno di confermare l'essenzialità della donna nell'ambito della vita familiare.

Si dichiara contrario alla proposta di rinvio, perché questo è proprio il punto in cui è necessario riconfermare il suddetto principio.

Mastrojanni si dichiara d'accordo sul principio contenuto nell'articolo, purché rimanga l'espressione «essenziale». Infatti, il fenomeno dilagante dell'attività della donna nel campo sociale e politico come nel campo del lavoro comune, ha portato come conseguenza l'indebolimento della compagine familiare e dell'educazione dei figli.

Se si trascurasse di affermare questo principio essenziale, che cioè la funzione naturale della donna è quella che la natura le ha attribuito, comprendente non solo la procreazione ma anche la difesa e l'educazione dei figli, si verrebbe ad ammettere il principio che si possa anteporre alla funzione naturale biologica della donna, la funzione economica e sociale. Di conseguenza, ritiene che la parola «essenziale» abbia un significato dal quale non si possa prescindere, nel senso che si deve ritenere che la donna rimanga quanto è più possibile nella sua funzione naturale, e che il resto della sua attività nella vita pubblica e lavorativa sia considerato come accessorio e non come essenziale.

Per queste ragioni propone che l'espressione «essenziale» rimanga nella formula, e che anzi ne sia meglio rafforzato il concetto, di modo che non possano sorgere equivoci per il futuro.

Togliatti, Relatore, dichiara che, avendo proposta la sospensiva, era sua intenzione astenersi dalla votazione della formula contenente la parola «essenziale»; ma le considerazioni dell'onorevole Mastrojanni lo spingono a votare contro di essa.

Dichiara di accettare il principio che l'attività familiare ha una grandissima importanza nella vita della donna; di non accettare il concetto espresso dall'onorevole Mastrojanni, che la funzione naturale della donna è tutta nella attività familiare, mentre tutte le altre attività sono poste in seconda linea.

È dell'opinione che soltanto quando la donna si sia inserita nella vita economica e sociale, riesca a garantirsi un tale sviluppo della propria persona, per cui anche l'adempimento della sua funzione familiare viene ad essere adeguato a quelle che sono le necessità personali.

Pertanto, se l'espressione «essenziale» viene proposta come aggiunta nello spirito che è stato chiarito dall'onorevole Mastrojanni, dichiara che voterà contro la formula.

Dossetti rileva l'esistenza di due problemi distinti. Il primo è questo: nell'atto in cui si afferma che alla donna lavoratrice deve essere assicurata parità di trattamento giuridico rispetto all'uomo, a parità di lavoro, è opportuno dire in questa sede, come esigenza speciale della donna, che essa avrà diritto, oltre ad una parità di trattamento economico, anche ad una condizione particolare affinché possa esplicare la missione familiare? Ritiene che questa opportunità esista, perché indubbiamente il lavoro deve rendersi compatibile con la missione della donna. Ci sono ragioni evidenti di carattere fisiologico, le quali portano come conseguenza che la donna deve incontrare maggiori ostacoli nella esplicazione della sua missione familiare; e allora è opportuno dire che lo status di lavoratrice della donna deve essere tale da assicurare la parità di trattamento giuridico, e nello stesso tempo una condizione che le garantisca la possibilità di esplicare la sua missione familiare. Questo era l'animus col quale l'oratore ha proposto l'articolo e questa era anche l'intenzione dell'onorevole Togliatti.

Si sovrappone a questo punto la proposta della qualificazione della missione familiare. Su questa qualificazione l'oratore ha una sua opinione particolare; però ritiene che in questa sede essa sia meno essenziale di quello che può apparire, e che potrebbe anche essere fatta in altra sede. Se questa qualificazione costituisse un ostacolo, egli sarebbe disposto a rinunciare ad essa, purché si affermasse la cosa sostanziale, che cioè lo status giuridico ed economico della donna lavoratrice deve essere tale da garantire la parità di trattamento rispetto ai lavoratori e nello stesso tempo deve dare alla donna la possibilità di esplicare la sua missione familiare.

Basso si dichiara d'accordo con l'onorevole Dossetti sul concetto fondamentale che ci deve essere questa garanzia di uno status giuridico ed economico alla donna. Insiste però più che mai sul rifiuto netto e reciso dell'aggettivo «essenziale», in quanto esso si potrebbe prestare alle pericolose interpretazioni che ne ha dato l'onorevole Mastrojanni.

L'oratore ritiene che, come per l'uomo, così anche per la donna c'è una posizione di parità sia nel lavoro come nella vita familiare, perché entrambi hanno il dovere del lavoro e dell'assistenza alla famiglia. Riconosce che, per ragioni di natura biologica, la missione familiare della donna ha un carattere speciale, ma non si deve attribuire ad essa una maggiore essenzialità rispetto a quella dell'uomo.

Il Presidente Tupini dichiara di comprendere le ragioni della contrarietà dell'onorevole Basso nei riguardi del termine «essenziale» oppure «prevalente», termine che ha dato luogo all'interpretazione dell'onorevole Mastrojanni ed alla presa di posizione dell'onorevole Togliatti. Ritiene che, più che definire prevalente o essenziale la missione familiare della donna, si dovrebbe trovare un termine più preciso e conciso sul quale tutti i Commissari possano essere d'accordo.

Pertanto propone la seguente formulazione: «Ad essa inoltre è garantito nello svolgimento del lavoro l'adempimento della sua speciale missione familiare». Dicendo «speciale», verrà eliminato l'ostacolo che ha fatto arrestare la discussione. La donna si può trovare di fronte a situazioni come quelle cui l'oratore ha già accennato (parto, educazione dei figli), in cui non si può fare a meno di riconoscere che la donna abbia una missione speciale, che potrà anche non essere prevalente o essenziale per coloro che non la considerano tale, ma che è obiettivamente e quindi specificamente puntualizzata.

Moro fa rilevare che l'onorevole Mastrojanni, esprimendo il suo pensiero in ordine al significato da attribuire alla parola «essenziale», s'è riferito piuttosto al senso dell'espressione «prevalente» proposta dall'onorevole La Pira. Quando l'oratore ha fatto la proposta del termine «essenziale», ha detto chiaramente che intendeva con questo togliere di mezzo la questione della gerarchia, perché ritiene che ci sia una perfetta continuità della donna sia nella vita sociale che in quella familiare. La sua proposta tendeva a risolvere la questione della superiorità di una missione di fronte all'altra.

Pertanto dichiara di insistere per il mantenimento della espressione «essenziale», e di essere dubbioso sull'espressione «speciale», che limita un po' troppo il significato della missione della donna.

Dossetti dichiara di essere anche egli dubbioso sull'opportunità dell'espressione «speciale», e d'essere d'accordo sulla proposta del Presidente nella sua prima parte, per quanto riguarda la determinazione fondamentale del concetto. Ad ogni modo insiste sul mantenimento della formula così come è stata proposta dall'onorevole Moro, togliendone l'espressione qualificativa.

Se si vuole risolvere la questione della qualifica, sarà necessario fare una discussione a fondo di questo problema, di modo che ciascuno possa esporre il suo punto di vista e prendere posizione nei riguardi dell'argomento. L'oratore concorda con l'osservazione della onorevole Iotti, circa la compiutezza dell'espressione «missione familiare», ma dichiara che se si dovesse venire alla votazione sull'espressione «essenziale», per coerenza voterebbe per la conservazione di tale termine. Se invece è possibile risolvere il problema senza la votazione, l'oratore è d'accordo sul rinvio della discussione in argomento.

Togliatti, Relatore, è d'avviso che ogni aggiunta all'idea sostanziale contenuta nel termine «missione» potrà essere discussa quando sarà trattato il tema della famiglia.

Lucifero, Relatore, dichiara di ritenere che la discussione sia stata sviata dalle dichiarazioni dell'onorevole Mastrojanni, il quale ha dato del termine «essenziale» una interpretazione personale. Le dichiarazioni dell'onorevole Mastrojanni non tolgono però che sul termine «essenziale» tutti gli altri commissari possano essere d'accordo.

Dichiara di ritenere che effettivamente la missione della donna nella famiglia sia essenziale. La famiglia senza la donna non è concepibile. Si può mettere sullo stesso piano l'uomo e la donna quando si tratta delle responsabilità, ma in quella che è la vita pratica quotidiana, indubbiamente l'attività della donna va molto al di là di quella che è l'attività dell'uomo.

Mastrojanni fa rilevare che l'interpretazione da lui data alla parola «essenziale» non è il risultato di un suo personale apprezzamento, ma è la logica conseguenza di tutta la dottrina che fino ad oggi è stata sancita nel progetto di Costituzione che si sta formulando. Ricorda ai Commissari che, allorché si parlava di libertà individuale, si è discusso sul fatto che le libertà individuali si integrano, si completano attraverso le comunità naturali: famiglia e religione. Quindi il concetto di famiglia è stato tenuto nella massima considerazione, tanto che questa innovazione di concetti è stata discussa ampiamente. L'onorevole Togliatti ha colto nel segno quando ha precisato che l'oratore intendeva, con le sue dichiarazioni, spostare la situazione nei concetti essenziali della famiglia. Quindi è bene, che, arrivati a questo punto, i commissari manifestino apertamente il loro pensiero. L'oratore l'ha manifestato secondo il suo ragionamento, che è la conseguenza logica del ragionamento fatto dagli altri Commissari. Egli infatti pone la famiglia come base essenziale anche delle libertà individuali. È logico che si debba dare alla donna questa funzione preminente, e che si debba ritenere l'attività lavorativa della donna come attività accessoria di fronte all'attività che deriva alla donna dalla sua funzione biologica e fisiologica, dalla quale non si può e non si deve prescindere.

Il Presidente Tupini informa che l'onorevole Moro insiste nella sua formula: «Ad essa sono inoltre garantite quelle speciali condizioni che le consentono di adempiere, nello svolgimento del lavoro, la sua essenziale missione familiare».

Allo scopo di avvicinare le varie tesi che si sono manifestate nella discussione circa il termine «essenziale», ricorda di aver proposto di sostituire tale parola con l'altra «speciale», in quanto che con questo termine ci si ancorava ad una situazione di fatto da tutti riconosciuta, che prescindeva da quella intenzionalità di giudizio e di interpretazione che trovava non completamente convergenti le varie opinioni.

Moro insiste perché la sua proposta di adottare l'aggettivo «essenziale» sia posta in votazione. Aggiunge, però, che qualora tale proposta fosse respinta, non risolleverà la questione in sede competente, ma accetterà il giudizio dato con la votazione.

Corsanego dichiara di essere favorevole al termine «essenziale», ma qualora tale termine non ottenesse la maggioranza dei suffragi dei presenti, ritiene che si possa essere egualmente soddisfatti dell'approvazione della sola parola «missione», la quale comprende anche nel suo significato l'aggettivo «essenziale».

Del resto pensa che si possa aggiungere, come commento, la dichiarazione che a tale parola si desidera dare una interpretazione estensiva.

Dossetti dichiara che voterà a favore del mantenimento dell'aggettivo «essenziale», ma nel significato oggettivo di questa parola che gli pareva fosse ammesso da tutti prima che altre interpretazioni ne sviassero il significato.

Basso dichiara di votare contro l'aggettivo «essenziale», riservandosi, se sarà approvato, di risollevare la questione in sede di Commissione plenaria. Poiché tutti sanno quale è la missione della donna, ritiene che il solo fatto di sentire il bisogno di aggiungere questo aggettivo equivalga a dare a tale parola un significato diverso; ed è per questa ragione che si oppone alla proposta. È invece favorevole alla dizione dell'articolo senza tale aggettivo.

Iotti Leonilde dichiara di votare contro l'aggiunta, non per il concetto espresso dall'articolo, che condivide, ma perché ritiene che la parola «missione» dica già da sé molto più di quanto possa dire con l'aggiunta di qualsiasi aggettivo.

Caristia dichiara di votare contro, perché gli sembra che l'aggettivo «essenziale» non sia il più adatto per esprimere la posizione della donna nella famiglia.

Il Presidente Tupini, pur riconoscendo che il termine «essenziale» andrebbe bene, e che ancora meglio sarebbe dire «prevalente», insiste nella sua proposta di sostituirlo con l'aggettivo «speciale» per affermare un concetto che è ammesso da tutti i Commissari.

Merlin Umberto crede che la proposta conciliativa del Presidente possa raccogliere l'unanimità dei consensi.

Il Presidente Tupini osserva che l'emendamento dell'onorevole Moro, che consiste nella aggiunta dell'aggettivo «essenziale», può essere votato per primo. Se sarà approvato, si renderà inutile la votazione sulla proposta fatta dal Presidente.

(La Commissione approva l'adozione della parola «essenziale» con 7 voti favorevoli e 4 contrari).

Dichiara che il secondo comma dell'articolo risulta così formulato:

«Alla donna lavoratrice sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore e in particolare eguale retribuzione per eguale lavoro. Ad essa sono inoltre garantite quelle speciali condizioni che le consentono di adempiere, nello svolgimento del lavoro, la sua essenziale missione familiare».

Lo mette ai voti.

(È approvato all'unanimità, meno 1 astenuto).

Rileva che l'articolo, con gli emendamenti adottati, rimane così formulato:

«La remunerazione del lavoro intellettuale o tecnico o manuale deve soddisfare alle esigenze di una esistenza libera e dignitosa del lavoratore e della sua famiglia.

Alla donna lavoratrice sono assicurati tutti i diritti che spettano al lavoratore e in particolare eguale retribuzione per eguale lavoro. Ad essa sono inoltre garantite quelle speciali condizioni che le consentano di adempiere, nello svolgimento del lavoro, la sua essenziale missione familiare».

Lo pone ai voti nel suo complesso.

(È approvato).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti