[Il 10 maggio 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo terzo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti economici».]

Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Si riprende l'esame degli emendamenti proposti all'articolo 34, la cui formulazione nel testo della Commissione è la seguente:

«Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari alla vita ha diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale.

«I lavoratori in ragione del lavoro che prestano, hanno diritto che siano loro assicurati mezzi adeguati per vivere in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.

«All'assistenza ed alla previdenza provvedono istituti ed organi predisposti ed integrati dallo Stato».

L'onorevole Colitto ha presentato il seguente emendamento, già svolto:

«Sostituirlo col seguente:

«Chiunque si trovi senza sua colpa — per età, malattia, condizioni fisiche o mentali, congiunture economiche generali — nella incapacità di lavorare, ha diritto di avere assicurati dalla collettività mezzi di sussistenza».

Gli onorevoli Merighi, Carmagnola, Barbareschi, Mariani, Vischioni, Fornara, Merlin Angelina, De Michelis, Costantini hanno presentato il seguente emendamento, già svolto:

«Sostituirlo col seguente:

«Il lavoratore ha diritto ad avere assicurati i mezzi necessari alla vita e le cure sanitarie per sé e per la famiglia nei casi di malattia, disoccupazione involontaria, infortunio, invalidità e vecchiaia ed in caso di morte la famiglia ha diritto alla pensione.

«Per raggiungere tali scopi la Repubblica potrà istituire l'assicurazione generale contro le malattie.

«I cittadini i quali per infermità congenita o acquisita sono inabili al lavoro ma possono, con una rieducazione professionale adatta, essere resi idonei ad un particolare lavoro, hanno diritto a tale rieducazione e successiva immissione al lavoro.

«All'assistenza ed alla previdenza provvedono istituti ed organi predisposti ed integrati dallo Stato e coordinati, dal lato tecnico, assieme agli altri Enti sanitari e statali, da un unico organo autonomo e indipendente».

L'onorevole Camangi ha proposto di sostituire l'articolo con il seguente:.

«La Repubblica promuove la previdenza obbligatoria per i lavoratori come strumento per assicurare i mezzi necessari alla vita loro e delle loro famiglie quando non abbiano la possibilità di procurarli con il loro lavoro.

«A tale previdenza provvedono, con l'eventuale concorso dello Stato, organi ed istituti gestiti o controllati dai lavoratori interessati.

«Alla vita dei cittadini che, inabili al lavoro e sprovvisti di mezzi, non possono far ricorso ai benefici della previdenza, provvede lo Stato con l'assistenza sociale».

L'onorevole Camangi ha facoltà di svolgere l'emendamento.

Camangi. Io ritengo, onorevoli colleghi, che l'argomento cui si riferisce l'articolo 34 sia di estrema importanza, sotto vari aspetti, che naturalmente non intendo sviluppare, ma ai quali accennerò soltanto.

È importante sotto l'aspetto sociale. Si tratta evidentemente della tranquillità — non foss'altro — di milioni di famiglie, si tratta di dare una dignità al lavoro e ai lavoratori, una dignità concreta; si tratta di eliminare certe storture e disparità sociali che purtroppo ancora sussistono.

È importante sotto l'aspetto economico, perché è un problema che ha un'incidenza rilevante su quelli che sono i costi di produzione e sull'economia del Paese, sulla scioltezza del meccanismo produttivo della Nazione. Ed ha aspetti economici anche riguardo agli squilibri di carattere economico che possono derivare dall'applicazione, più o meno integrale, delle norme che si riferiscono alla previdenza in genere.

È importante sotto l'aspetto morale per gli effetti, direi, educativi che la questione ha nei confronti dei lavoratori; educativi o diseducativi, perché si può ottenere un effetto o l'altro a seconda che sia organizzata, applicata e realizzata in un modo o in un altro. È importante sotto tutti questi aspetti e sotto moltissimi altri, ma mi limito soltanto a segnalarvi, per darvi una misura dell'importanza del problema, un dato di fatto, un dato numerico, un ordine di grandezza: basta pensare che gli istituti attualmente esistenti e che dovrebbero provvedere alla realizzazione del principio della previdenza, gestiscono somme così rilevanti da avere complessivamente un bilancio che, almeno per quanto riguarda le entrate — le quali costituiscono la parte più importante di un bilancio — se non supera, è addirittura dello stesso ordine di grandezza del bilancio dello Stato.

Tutto questo per sottolineare l'importanza del problema.

Ora, nella Costituzione si doveva parlare di questo problema? Si doveva non parlarne? Penso che se ne doveva forse parlare, ma affermando soltanto un principio di carattere molto generale. Si è invece, attraverso la formulazione del progetto, all'articolo 34, scesi addirittura al dettaglio nella maniera più spicciola; si è arrivati addirittura a stabilire una elencazione di casi che, oltre tutto, a mio avviso, è incompleta.

Ed allora io dico che, se dobbiamo occuparcene, dobbiamo occuparcene con una certa consapevolezza. Si tratta di un problema dibattutissimo e sentito dalla Nazione ed in particolare dalle masse lavoratrici e dobbiamo quindi occuparcene con molto senso di responsabilità e con molta attenzione.

Non farò, in sede di illustrazione di un emendamento, anche per la ristrettezza del tempo concesso, una disquisizione ed un esame approfondito del problema. Mi limiterò soltanto a segnalarne di sfuggita gli aspetti principali.

Ho avuto l'impressione che, con la formulazione dell'articolo 34, in definitiva, si cristallizzi un poco la situazione attuale, si pensi di restare sulla strada sulla quale si è camminato finora, con tutti i guai, gl'inconvenienti e le storture che chiunque ormai conosce, e su cui ritengo superfluo soffermarmi. Mi basti accennare a due aspetti fondamentali dell'attuale ordinamento della materia: quello che si riferisce alla complessità della organizzazione, del meccanismo della previdenza e quello che si riferisce alla insufficienza dell'attuale ordinamento.

Circa la complessità non c'è da spendere molte parole. Io credo che pochi fra noi siano assolutamente all'oscuro del problema e quindi penso che ognuno abbia avuto, bene o male, occasione di rendersi conto della questione e di fare questa prima constatazione circa la complessità farraginosa dell'ordinamento. Basta pensare al sistema delle marche, delle denunzie, delle contro-denunzie, dei libri paga, ecc., per cui ad un certo momento non si capisce più che cosa bisogna fare e dove si vuole arrivare, per cui ad un certo momento lo stesso lavoratore finisce per avere la sensazione che non si tratti di qualche cosa che lo riguardi, ma che sia una delle tante imposizioni, una specie di sfruttamento al quale egli deve sottostare. Paga e basta. Una riprova di questa mia affermazione, la troviamo nella mole enorme di evasioni che sono la dimostrazione del difetto del sistema, evasioni che, (non è azzardato dirlo) il più delle volte avvengono purtroppo colla complicità che si stabilisce tra il datore di lavoro e lo stesso lavoratore, che finisce per diventare alleato del datore di lavoro inadempiente. Questa è la dimostrazione, a mio avviso, più evidente e più chiara dell'affermazione che ho fatta e della assoluta inefficienza del sistema. Per quel che riguarda l'insufficienza, l'altro aspetto importante a cui accennavo, basterebbe dare una scorsa rapidissima ai vari settori della previdenza in genere e cominciare a guardare quello degli infortuni: esso è ancora il settore che copre tecnicamente gli infortuni soltanto avvenuti sul lavoro: per cui l'operaio che si rompe le gambe andando a lavorare in bicicletta trova le porte dell'Istituto chiuse e non è, naturalmente, indennizzato. Basta pensare, per esempio — non voglio dilungarmi, in questa elencazione — alla questione dell'invalidità, di pertinenza dell'Istituto della previdenza sociale, congegnata in modo tale per cui l'indennizzo è commisurato ai contributi versati e per cui si arriva a questo paradosso: l'operaio che nei primi anni diventi invalido, finisce per avere una pensione irrisoria proprio nel caso in cui, per la sua giovane età, avrebbe invece bisogno di essere maggiormente e più sostanziosamente assistito. Basta pensare alle pensioni di vecchiaia che grondano lacrime: sappiamo che cosa sono queste pensioni: sappiamo le cifre irrisorie, ridicole, oltraggiose per i nostri operai, delle pensioni di vecchiaia che, nel migliore dei casi, quando tutto quel meccanismo di marche e marchette funziona, si realizzano a 60 anni, quando, purtroppo, l'operaio è sulla via della tomba. Perché la vecchiaia dell'operaio è, purtroppo, assai breve.

Basta pensare al famoso istituto delle malattie: vi erano le casse mutue; poi si è avuto un istituto, un ente mastodontico con mille limitazioni, mille restrizioni, mille complicazioni burocratiche. Basti pensare, a conclusione di questa rapidissima scorsa critica, che, per esempio, non vi è ancora per i nostri lavoratori l'assicurazione sulla vita; il caso di morte rientra soltanto in quei particolari casi in cui la morte avviene in conseguenza di determinate condizioni di lavoro. Condizioni dunque di assoluta insufficienza.

Se vogliamo occuparci del problema, dobbiamo pensare, desiderare e volere che si faccia qualche cosa di più concreto dal punto di vista sociale e dal punto di vista umano.

Quindi necessità di riforma. Quale sarà la riforma? C'è una Commissione che da anni sta studiando. Non so a che punto sia arrivata. Ci sarà una riforma, ma l'importante è che, se dobbiamo parlarne nella Costituzione, dobbiamo soltanto fissare alcune linee direttive della riforma. Non possiamo codificare nella Costituzione le norme particolari di questo problema e della soluzione che vogliamo trovare.

A me pare che l'articolo 34, in un certo senso, chiuda le porte a questa riforma che è ormai auspicata da tutti.

Bisogna invece trovare un sistema più sciolto, più snodato, più rispondente, soprattutto di più pronto intervento.

È inutile che ci sia la possibilità di avere un soccorso, un indennizzo, quando questo indennizzo, per di più insufficiente, arriva dopo mesi o anni, quando cioè non serve più a nulla.

Ci saranno molti problemi da risolvere: la disoccupazione involontaria dovrà essere guardata da un punto di vista assicurativo o da un punto di vista assistenziale? La tubercolosi dovrà essere guardata sotto il profilo assicurativo o sotto il profilo assistenziale?

Da questa rapida e disordinata esposizione vedete che il problema è complesso e grave. Ma quello che vediamo, con certezza, è questo: bisogna rifare tutto o quasi tutto daccapo. Bisogna sburocratizzare questa enorme, mastodontica macchina che si è creata; per cui in Italia, ove già godevamo la delizia di una pesante burocrazia, ne abbiamo ora certamente due delle stesse dimensioni.

Potremo arrivare a mille soluzioni. Nessuno vieta che si pensi per esempio ad una polizza personale. Io non sono un competente in materia assicurativa attuariale, ma ho parlato con i competenti, i quali non hanno escluso questa possibilità.

Potremo pensare ad una polizza che copra tutti i rischi: quello dell'infortunio sul lavoro e fuori del lavoro, della malattia, della invalidità e vecchiaia; una polizza del tipo misto per cui il lavoratore a 45-50 anni possa disporre di un suo gruzzolo per farsi una diversa vita, per lavorare in maniera diversa, data l'età cui è arrivato.

Potremo arrivare a mille soluzioni. E allora ecco la ragione del mio emendamento. Ho voluto soltanto allargare le possibilità, affermare il principio senza scendere eccessivamente al dettaglio, senza porre dei binari troppi rigidi per la materia. Lasciamo la possibilità di studiare e di fare qualche cosa di diverso da quello che è senza cristallizzare l'attuale situazione, come ho l'impressione che si faccia nell'articolo 34.

Il mio emendamento, quindi, è semplicissimo ed è ispirato a questo desiderio ed a questo concetto. Mi sembra poi che sia un poco più organico, più armonico dell'articolo che tende a sostituire. Nel mio emendamento ho pensato che fosse più logico parlare prima della previdenza in genere, che deve essere obbligatoria. Sarebbe ideale poter escludere questa obbligatorietà, ma essa purtroppo è necessaria, per lo meno, fino al giorno in cui la coscienza previdenziale sarà talmente entrata nello spirito dei lavoratori e dei cittadini che l'obbligatorietà non sarà più necessaria.

Quindi, affermazione iniziale di questa necessità della previdenza, intesa nel senso più largo, più ampio. Successivamente, al secondo comma, la previdenza si realizza attraverso certe determinate forme, organi ed istituti; al terzo — ecco perché ho messo al terzo quello che nel progetto è al primo — direi per esclusione si arriva a quei cittadini impossibilitati a lavorare e a procurare i mezzi di sussistenza per sé e per la famiglia, che non possono fare ricorso ai benefici della previdenza e per i quali quindi vi è l'obbligo di intervento da parte dello Stato attraverso l'assistenza.

Al secondo comma ho voluto esplicitamente e tassativamente affermare il principio che questi istituti, di qualunque tipo essi siano, devono essere considerati proprietà dei lavoratori e devono essere da loro direttamente gestiti; non escludendo, naturalmente, l'intervento dello Stato, ma sotto forma di concorso.

Mi permetto di richiamare l'attenzione dell'Assemblea su questa affermazione importante del mio emendamento.

Essa tende anche ad un fine educativo, demolendo la mentalità paternalistica, per cui il lavoratore deve essere sempre protetto e guidato.

Egli invece deve poter provvedere a se stesso. Lo Stato deve soltanto apprestare i mezzi e garantire la libertà per cui il lavoratore possa accudire a se stesso, senza essere considerato sempre un minorenne posto sotto tutela.

Non bisogna perdere di vista questo fine educativo e sociale, onorevoli colleghi, per cui la redenzione dei lavoratori deve essere soprattutto opera dei lavoratori stessi. (Applausi).

Presidente Terracini. L'onorevole Laconi ha svolto nella seduta di stamane l'emendamento sostitutivo dell'articolo, che ha ora così modificato:

«Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari ha diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale.

«I lavoratori hanno diritto che siano loro assicurati mezzi adeguati per vivere in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.

«Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione ed all'avviamento professionale.

«Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti od integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera».

L'onorevole Merighi ha svolto il suo emendamento tendente a trasferire all'articolo 31 il primo comma.

Anche l'onorevole Medi ha svolto la proposta di sopprimere il primo comma, in relazione all'emendamento aggiuntivo proposto come articolo 33-bis.

Gli onorevoli Caso, Coppa e De Maria hanno proposto i seguenti emendamenti:

«Sopprimere il primo comma».

«Al secondo comma, dopo la parola: malattia, aggiungere: generica o professionale».

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«La previdenza e l'assistenza sanitaria sono un obbligo dello Stato, il quale vi provvede con istituti ed organi appositi e col concorso dei contributi dei produttori: l'assistenza sanitaria si baserà, nella scelta del personale e dei liberi esercenti l'arte sanitaria, sul rapporto di merito e di fiducia fra Enti ed assistiti».

Chi dei firmatari intende svolgerli?

De Maria. Li svolgerò io.

Riguardo al primo comma, ne chiediamo la soppressione, poiché l'assistenza agli indigenti viene già garantita dall'articolo 26.

Al secondo comma, ove si parla dell'obbligo della società di dare mezzi adeguati per vivere a tutti i lavoratori in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria, proponiamo una specificazione per ciò che riguarda la malattia, aggiungendo le parole «generica o professionale».

L'affermazione di malattia è troppo estensiva in confronto a quella di infortunio, di invalidità, di vecchiaia, di disoccupazione, eventi questi ultimi che hanno configurazione giuridica ben delimitata. È risaputo infatti che l'infortunio è un evento dannoso in rapporto con la violenza ed intensità del trauma derivato a causa del lavoro, l'invalidità è uno stato cronico patologico dell'organismo o la conseguenza di un infortunio che riduce la capacità al lavoro e fa perfino escludere l'individuo dal lavoro stesso, la disoccupazione è uno stato di carenza del lavoro e la vecchiaia è quella che è: potremmo definirla in diversi modi: l'ultimo stadio dello sviluppo fisiologico dell'organismo, la carenza del potere vitale dei suoi organi, delle stesse sue cellule, ecc.

La malattia però (senza una specificazione) potrebbe prestarsi alle più ampie o alle più ristrette applicazioni assicurative tanto più che essa, così come è enunciata al secondo comma, riguarderebbe tutti gli individui sotto l'influenza di un rischio generico.

Noi riteniamo giusto non precludere alcuna possibilità di applicazione, nel campo sociale e della tutela del lavoro, al futuro legislatore e proprio per questo desideriamo indicargli nel campo della medicina assicurativa una duplice via, una che riguarderà le malattie comuni nelle quali sono comprese anche quelle che colpiscono i lavoratori durante il loro lavoro, ma non in modo specifico, e l'altra che comprenderà le malattie professionali, quelle cioè che sono strettamente legate alla quantità, al materiale, al genere e all'ambiente di lavoro. È intuitivo, fin da ora, in base all'esperienza della legge sulle assicurazioni sociali, in quest'ultimo ventennio studiata comparativamente in tutte le nazioni, che il trattamento con indennizzo e con le cure dirette è, e dovrà essere, ben differente per un lavoratore affetto da malattia professionale (cioè colpito per un rischio specifico) da un altro affetto invece da malattia comune, cioè colpito per un rischio generico al quale soggiacciono tutti gli individui indipendentemente dal loro lavoro.

Questa distinzione s'impone, oltre tutto, per cercare anche di tenere, in avvenire, ben distinte le assicurazioni contro le malattie professionali (strettamente connesse alle norme di tutela integrale del lavoro) da un'eventuale e molto discutibile assicurazione obbligatoria contro tutte le malattie.

La onorevole Federici ha accennato anche questa mattina al rischio della donna lavoratrice, particolarmente in funzione alla maternità, in rapporto alle malattie professionali e quanto ha esposto la collega concorda perfettamente con ciò che stiamo esponendo noi.

Al terzo comma abbiamo proposto la seguente formulazione: «La previdenza e l'assistenza sanitaria sono un obbligo dello Stato, il quale vi provvede con istituti ed organi appositi e col concorso prevalente dei contributi dei produttori: l'assistenza sanitaria si baserà, nella scelta del personale e dei liberi esercenti l'arte sanitaria, sul rapporto di merito e di fiducia fra Enti ed assistiti».

Con la prima parte del comma intendiamo voler attribuire il compito assistenziale allo Stato, ma senza gravarlo dell'onere complessivo delle assicurazioni; il quale deve, invece, essere in prevalenza messo a carico dei produttori. È infatti ormai noto ed accettato che l'assistenza fa parte del salario e, quindi, del costo di produzione. Per non rendere, a volte, insopportabile il peso dei costi ai fini della concorrenza, si stabilirà allora la quota integrativa da parte dello Stato.

Con la seconda parte del comma da noi proposta intendiamo ovviare alle gravi deficienze che sono state costantemente lamentate, in tema di assicurazione e di mutualità sanitaria in Italia, ritenendo opportuno di indicare al futuro legislatore la necessità che gli organismi assistenziali sanitari, a parte le garanzie della medicina fiscale, procedano alla scelta del personale in rapporto al merito e alla fiducia, ciò che ha sempre costituito la base granitica del progresso sia della scienza che della pratica della medicina.

Tutti i professionisti sentono vivo il bisogno di godere la fiducia diretta e consapevole degli Enti e degli individui da loro assistiti, come, del pari, gli Enti e gli assicurati sentono il bisogno di scegliere i professionisti in base al merito. Sicché la scelta fatta sul rapporto di merito e di fiducia fra Enti ed assistiti, mentre nulla toglie al prestigio e alla forza organizzativa degli istituti, che si impegnano ad assicurare la previdenza e l'assistenza sociale, aggiunge ad esse quel soffio animatore della solidarietà fra le parti interessate che è una potente leva di progresso spontaneo. Chi ha pratica dell'attività sanitaria mutualistica può confermare, con sicura coscienza, quanta profonda tristezza colpisca l'animo del medico nel sentirsi oggetto di diffidenza e di disprezzo nel momento stesso in cui compie la sua alta opera di umanità.

Per ovviare agli inconvenienti lamentati si impone, dunque, l'obbligo di conciliare le esigenze organizzative su una materia così delicata e complessa quale è l'assistenza sociale, con quelle che riguardano la funzione e il compito medesimo dei medici e della medicina. Perciò proponiamo la nostra formulazione, la quale mira appunto al duplice scopo di consolidare gli istituti di assistenza e di dare al benemerito Corpo sanitario quella fiducia che merita e per cui, esplicando sempre meglio la sua altissima funzione umanitaria, contribuirà forse più di qualsiasi altra classe al miglioramento delle condizioni fisiche e morali del nostro popolo.

Presidente Terracini. L'onorevole Zuccarini ha presentato i seguenti emendamenti:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«L'assistenza nella disoccupazione e nella invalidità del lavoro è un dovere sociale e come tale assolto dalla Repubblica; l'assicurazione sociale è però dovere e diritto di ogni cittadino».

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«All'assistenza e alla previdenza provvedono Istituti promossi e integrati dallo Stato, che costituiranno Enti autonomi democraticamente organizzati. I loro patrimoni contribuiscono a formare un Fondo nazionale destinato alla emancipazione del lavoro».

Ha facoltà di svolgerli.

Zuccarini. I due emendamenti all'articolo 34, da me presentati sono strettamente connessi. Noi repubblicani — e ad ogni modo io e moltissimi dei miei amici — abbiamo dell'emancipazione sociale una concezione volontaristica. La società — la Repubblica, se volete — deve in tutti i modi, in tutto ciò che può dipendere da lei, aprire ai lavoratori la via per la loro emancipazione. Ma l'emancipazione dei lavoratori, secondo noi, nelle sue varie tappe, in quella che è la realtà dell'emancipazione stessa, cioè dell'ascensione delle classi lavoratrici, al livello delle classi che oggi son più in alto, deve essere fatta di volontà, di perfezionamento continuato, di sforzo di redenzione, e di capacità, anche, di redenzione. Alla società il lavoratore ha diritto di chiedere tutto, di chiedere cioè che essa gli apra la strada. Ma il lavoratore deve anche sapere che a raggiungere la sua emancipazione egli deve positivamente concorrere; che essa deve essere cioè il risultato di un suo sforzo, di un suo contributo positivo, di una sua partecipazione effettiva. L'opera di elevazione sociale deve essere sopratutto sua.

Ora, a me sembra invece che noi andiamo capovolgendo il concetto stesso dell'emancipazione operaia. Ne stiamo parlando come di una possibilità offerta al potere e agli organi esecutivi dello Stato; creiamo — e credo che in questo si faccia male — una assoluta e illusoria fiducia nello Stato e nelle possibilità dello Stato. E in questo modo creiamo non già una nuova consapevolezza del movimento operaio il quale veda nel suo sviluppo, nel suo perfezionamento, nel suo completamento, il fatto stesso della sua redenzione, ma un'aspettativa da parte dei lavoratori nei miracoli dello Stato, nella provvidenza dello Stato: un diritto nuovo, che, però, è il diritto all'elemosina, non il diritto di chi si sente sullo stesso piano e che vuole quindi sullo stesso piano godere degli stessi diritti. (Applausi a sinistra).

E allora io dico: sì, la società provvede all'assistenza sociale; la società apre all'assistenza sociale tutte le vie; ma il lavoratore deve su questa strada compiere anche lui il suo sforzo, e deve sapere di compierlo.

Purtroppo, che cosa sta avvenendo?

Io guardo la realtà pratica. E quello che ho osservato io stesso, e che possono osservare tutti, è che si è venuto creando e stabilizzando un criterio secondo me pericoloso che è quello della esenzione, anche in materia di assicurazione sociale. È un sistema che ha inaugurato il fascismo con Mussolini, ma è un sistema che si va continuando, e sviluppando, io credo, a detrimento della capacità e della consapevolezza operaia. Questo criterio è — ripeto — quello della esenzione da tutti i tributi. Questa esenzione è una finzione, perché riversando sul datore di lavoro il contributo, in fondo lo si toglie sempre al salario, solo che l'operaio a motivo di tale esenzione, che tuttavia è parte della sua retribuzione effettiva, non ha più la sensazione, e non sente più, di contribuire esso stesso al suo miglioramento sociale. (Commenti). Questo è, secondo me, danno gravissimo, per cui dico che si deve tornare ai contributi diretti del lavoratore. Vuol dire che di essi si potrà tener conto nel salario. È in materia di salario che tutte le rivendicazioni sono possibili; e per questa parte quanto mai possibili, giacché il costo per i datori di lavoro è lo stesso. Il lavoratore saprà però anche che è una parte del proprio salario che passa in quegli istituti di beneficenza sociale e che questi non sono organismi di beneficenza dello Stato, ma per il lavoratore costituiscono organismi che hanno vita e possibilità di vita dal suo stesso sforzo e sacrificio. In tal modo si contribuirà al perfezionamento della capacità operaia. La comprensione, da parte degli operai, che la loro emancipazione se la devono costruire da sé, e che sono essi stessi che debbono realizzarla ogni giorno, ponendosi allo stesso grado delle altre classi sociali, è una cosa che non si raggiungerà, se non useremo anche per questo problema il sistema che io suggerisco. Non avremo mai altrimenti una coscienza operaia ed una assoluta parità di classi e categorie. Avremo sempre invece classi differenziate, con uno Stato-provvidenza e di tipo quasi fascista. Creeremo, sì, un capitalismo di Stato, e anche un salariato di Stato. Ma l'emancipazione operaia non ci sarà mai.

Questa mancanza di partecipazione operaia, cioè di non partecipazione dello sforzo operaio al sistema delle assicurazioni, questa mancanza di consapevolezza che si determina nel lavoratore, nel senso che egli non sa e non comprende che lui stesso partecipa coi propri contributi al proprio miglioramento ed alla propria assistenza, determina un'altra situazione, pure essa deplorevole e pregiudizievole alla vita degli istituti che noi andiamo creando per l'assistenza e per l'assicurazione sociale. Si determina verso quegli istituti una strana idea del lavoratore, che non li considera quasi affatto come cosa sua, al cui buon andamento egli sia particolarmente interessato. È inutile quasi che io lo illustri. Essi considerano ora quegli Istituti come cosa che essendo di tutti abbiano diritto a manomettere. Questo è un dato dell'esperienza. Infatti nelle istituzioni sociali di assistenza e di assicurazione si verificano numerose quelle evasioni che lamentava il mio amico Camangi pochi minuti fa. Ma si determina anche qualche altra cosa: oltre all'evasione anche la falsificazione.

Io partecipo alquanto alla vita operaia ed anche alla vita delle aziende industriali, e potrei dire qualche cosa a questo proposito. Gli operai ignorano in genere che, danneggiando l'istituto, danneggiano anche se stessi, tanto considerano l'istituto come separato da loro. Essi pensano che l'istituto è un Ente a sé, a cui deve pensare lo Stato o che ci sarà sempre. Anche per questo, anzi soprattutto per questo, si determinano duplicazioni e falsificazioni, relative ad alcune forme di assistenza, che qui non starò a indicare, ma che tutti sappiamo e che sanno soprattutto gli operai (i quali molte volte se ne servono) ed i datori di lavoro, che lasciano correre appunto perché in fondo anche essi pensano che la materia non li riguardi eccessivamente.

Ecco la ragione per la quale ho proposto quel mio primo emendamento. Il principio che in esso si afferma, quando, dopo che si è detto che «l'assistenza nella disoccupazione e nella invalidità del lavoro è un dovere sociale e come tale assolto dalla Repubblica», si aggiunge che «l'assicurazione sociale è però dovere e diritto di ogni cittadino», è un principio, che deve essere esteso, secondo me, oltre che per quel che si riferisce ai contributi alle istituzioni sociali, anche a tutti i contributi e agli oneri dello Stato. Bisogna abbandonare il criterio che vi possano essere dei cittadini esenti da contributi verso lo Stato, e quindi verso la società e le istituzioni della società, ciò è profondamente ingiusto. Infatti, laddove si creano le esenzioni, ad esempio, per le imposte dirette e si tolgono queste ultime, si moltiplicano poi quelle indirette, che cadono, in ragione proporzionale inversa, sui lavoratori! Bisogna quindi ritornare alla precisazione delle cose. Se vogliamo veramente un proletariato il quale si interessi ai problemi dell'assistenza sociale ed anche a tutti i problemi dello Stato, credo che si debba ristabilire questo concetto, che è fondamentale per la democrazia, cioè che tutti i cittadini partecipano, in misura maggiore o minore, ma partecipano tutti, ai contributi per la vita dello Stato e delle istituzioni dello Stato. Solo in tal modo il lavoratore, sapendo che egli pure partecipa a quelle spese, si sentirà parte effettiva della società e interessato direttamente al suo buon andamento e noi creeremo nella società un proletariato cosciente. Avremo cioè cittadini i quali non guarderanno più allo Stato come ad un distributore di beni, sempre capace di una maggiore distribuzione, ma come ad un organismo che appartiene loro, e che pertanto deve da tutti essere curato nel migliore dei modi.

Questo per quanto riguarda la prima parte del mio emendamento. Ritengo che il principio contenuto in questa parte abbia una grande importanza nella Costituzione, e sia, anzi, un principio costituzionale che deve essere affermato. Purtroppo, invece di preoccuparci di affermare principî costituzionali, che dopo il legislatore dovrà sviluppare, ci preoccupiamo di stabilire qui la legislazione da fare, prima ancora di averne affermati i principî. È in questo modo che facciamo qua dentro tante discussioni che sarebbero perfettamente inutili. Questo è detto semplicemente per incidenza.

Passo al secondo emendamento da me presentato all'articolo 34. Il mio emendamento propone di sostituire il terzo comma dell'articolo del progetto con il seguente:

«All'assistenza e alla previdenza provvedono Istituti promossi e integrati dallo Stato, che costituiranno enti autonomi democraticamente organizzati. I loro patrimoni contribuiscono a formare un fondo nazionale destinato alla emancipazione del lavoro».

Desidero che i colleghi prestino la dovuta attenzione a questo secondo emendamento, che introduce nella Costituzione un altro principio, che ha grande importanza e che si riallaccia alle considerazioni che ho fatto nei riguardi della prima parte. Gli Istituti di previdenza attualmente lasciano molto a desiderare. Essi vennero, se non iniziati, certamente sviluppati con questa preoccupazione: che, più che all'assistenza dei lavoratori, servissero allo Stato. Questo è avvenuto anche per l'Istituto Nazionale delle Assicurazioni. Quando l'onorevole Nitti se ne fece un propugnatore, egli non si proponeva affatto, come disse tempo addietro, di iniziare una nuova era nella legislazione sociale, ma lo fece unicamente per una preoccupazione finanziaria, nei riguardi dello Stato. Questi Istituti furono infatti potenziati, sviluppati e burocratizzati dal fascismo, specialmente allo scopo di mettere a disposizione dello Stato una maggiore quantità di capitali. Ed ebbero questa sorte: che, mentre attraverso i contributi erano riusciti a formare dei capitali imponenti che, se fossero stati utilizzati bene, avrebbero oggi rappresentato qualche cosa, la loro capitalizzazione fu fatta in titoli di Stato, e così a un certo momento l'immenso capitale, che sarebbe dovuto restare di proprietà dei lavoratori, è andato in fumo.

Gli Istituti previdenziali in Italia sono oggi tutti in una situazione fallimentare. Gli immensi capitali che potevano restare mantenuti ai valori attuali ove si fossero investiti in beni reali, sono stati completamente annullati. Oggi la previdenza deve fare conto su sé stessa, vivere giorno per giorno sui contributi diretti, perché non ha riserve né ha — per ora almeno — la possibilità di costituirle. Ad ogni modo sono diventati organi straordinariamente burocratici, come disse già l'amico Camangi. Io non voglio entrare nel dettaglio, perché queste cose sono oramai a conoscenza di tutti; comunque questi Istituti costano dieci volte più di ciò che rendono: alcuni consumano tra personale, carte, servizi tecnici, ecc. la parte maggiore delle loro entrate e soltanto una piccola parte, sì e no la decima, va per l'assistenza. Vi sono stati, localmente, casi in cui i lavoratori stessi sono insorti di fronte alle deficienze del servizio di assistenza, specialmente in caso di malattia, ed hanno preferito di costituire la loro mutua autonoma che funziona magnificamente ed ha realizzato in poco tempo diverse centinaia di migliaia di lire, dimostrando di saper fare da loro e che l'iniziativa privata in certi casi sa fare quello che non sa fare l'iniziativa di Stato. (Applausi). Ciò serva di ammonimento per i molti ammiratori fanatici della ingerenza dello Stato in tutte le faccende. Non c'è un caso solo, nella storia presente e lontana, in cui lo Stato abbia saputo compiere utilmente per la società la propria funzione; e perciò nelle pianificazioni sostenute con tanto calore dagli amici di sinistra, io penso che ci siano due vie da seguire...

Presidente Terracini. Onorevole Zuccarini, questo argomento è stato già largamente illustrato.

Zuccarini. Onorevole Presidente, io non ho nessuna intenzione di ripetere discussioni già fatte; è stato solo un inciso che si riferiva appunto al funzionamento di questi enti, i quali, in quanto vivono dei contributi dei lavoratori, anche se oggi apparentemente sono contributi dei datori di lavoro — ma che io vorrei ritornassero contributi dei lavoratori, anzi, aperti ad una partecipazione ancora più larga dei lavoratori — potranno dare sì un minimo di assistenza, ma potranno darne uno assai maggiore se i lavoratori sentiranno lo stimolo di aumentare volontariamente il loro sforzo di assicurazione sociale (Commenti a sinistra), per ottenere da quegli stessi istituti un maggiore e più consistente numero di benefici.

Bisognerà poi — e questa pure è una necessità urgente — consacrare il principio che questi istituti debbono essere sganciati dalla politica economica dello Stato, la quale può essere anche disastrosa: non possiamo infatti legare le sorti dei lavoratori ad una politica che può essere quella che stiamo vedendo e che è dannosa e, in ogni modo, deficitaria. Occorre che questi istituti si governino autonomamente, e conservino i loro capitali fuori dello Stato e senza soggiacere alle imposizioni dello Stato. I loro capitali non devono servire allo Stato, ma ai lavoratori stessi e — lasciatemi dire un'altra cosa — le istituzioni devono essere decentrate e governate dagli interessati stessi. Vogliamo cioè che questi enti si governino in modo autonomo e che coloro che ne ricevono i benefici possano controllarne e dirigerne tutta l'attività.

Solamente in tal modo noi avremo creato istituzioni sociali veramente utili alla Nazione ed avremo veramente contribuito all'emancipazione del lavoro. Sì, perché questi enti devono essere anche strumenti di emancipazione del lavoro. Io li vedo così. Vedo uno sforzo del lavoratore che paga per la sua assistenza, e con questo compie anche uno sforzo per la sua emancipazione. Quei capitali dovranno servire non già per sanare le deficienze del servizio di cassa dello Stato o per aumentarne le disponibilità liquide, ma devono servire per i lavoratori stessi e costituire (ecco un'altra idea che sembrerà peregrina e forse strana, ma che rappresenta, onorevole Maffi, una idea di realizzazione sociale) se non per la totalità, per una parte, un fondo del lavoro destinato al lavoro, cioè all'emancipazione del lavoro.

Dobbiamo mettere in mano dei lavoratori le organizzazioni del lavoro, non solamente per l'assistenza, ma anche per la cooperazione, per la produzione, per l'emancipazione del lavoro. Dobbiamo mettere a disposizione dei lavoratori i mezzi necessari, e in parte essi possono trovarli proprio in quel fondo che, pur dando agli istituti d'assistenza la possibilità di provvedere alla propria capitalizzazione, potrà altresì servire per la costruzione di edifici operai per le classi lavoratrici, potrà servire ad alimentare il capitale azionario di determinate aziende dove i lavoratori vogliono partecipare alla gestione delle aziende stesse; divenire insomma, in varie forme e modi d'investimento, uno strumento di emancipazione.

Ed è in questo senso, richiamandomi a una idea che fu di Giuseppe Mazzini, che io auspico la costituzione di un Fondo nazionale del lavoro destinato al lavoro e che dovrebbe essere alimentato dallo sforzo e dalla capacità di risparmio dei lavoratori. Anche la previdenza e l'assicurazione sociale sono una forma di risparmio operaio e possono contribuire a questo scopo. Dal momento che noi siamo già molto innanzi nel campo delle previdenze e delle assistenze sociali, dico: approfittiamo di questo orientamento della vita economica e della vita sociale; approfittiamo di quelle che sono le nuove tendenze e le nuove realizzazioni, di quello spirito di iniziativa che i partiti hanno già saputo stimolare, mettendo così, a vantaggio delle realizzazioni più lontane, lo sforzo, la capacità, le possibilità attuali del lavoro, per la creazione di un fondo che serva ai lavoratori per andare innanzi verso quella emancipazione sociale che è nei desideri e nelle aspirazioni di tutti. Soltanto l'emancipazione operaia sarà la libertà vera dei cittadini. (Applausi).

Presidente Terracini. Segue l'emendamento degli onorevoli Rodinò Mario, Valenti, Colitto:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«La Repubblica si assume la educazione e rieducazione professionale dei cittadini non abbienti, inabili e minorati, proteggendo con speciali leggi il loro diritto al lavoro, e provvede al mantenimento ed all'assistenza sociale di quelli di essi che risultano colpiti da incapacità assoluta fisica e mentale».

L'onorevole Rodinò Mario ha facoltà di svolgerlo.

Rodinò Mario. Onorevoli colleghi, il primo comma dell'articolo 34, nel testo proposto dalla Commissione, stabilisce che:

«Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari alla vita ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale».

Il nostro emendamento mira a sostituire a questo primo comma una dizione diversa:

«La Repubblica si assume la educazione e rieducazione professionale dei cittadini non abbienti, inabili e minorati, proteggendo con speciali leggi il loro diritto al lavoro, e provvede al mantenimento ed all'assistenza sociale di quelli di essi che risultano colpiti da incapacità assoluta fisica o mentale».

Non mi dilungherò ad illustrare questo emendamento perché mi sembra che esso, nella sua enunciazione, debba già parlare al cuore e al senno dell'Assemblea. Nessuno di noi ignora infatti quale massa rilevante e preoccupante costituiscano gli inabili, gli invalidi, i ciechi, i minorati per causa di guerra o per altre cause; e nessuno di noi ignora l'ansia e l'aspirazione di questa massa tormentata e dolorante, alla quale l'emendamento stesso mira a fornire qualche cosa di più e qualche cosa di meglio di quello che non si proponga il testo dell'articolo della Commissione.

Il primo comma dell'articolo 34 si limita, infatti, ad assicurare a questa massa di infelici il diritto di non morire di inedia: il nostro emendamento mira ad assicurare loro il diritto di vivere e, nonostante le loro minori possibilità, di amare ancora la vita.

Il decidere se lo Stato debba assumersi o meno l'obbligo e il compito di provvedere alla rieducazione professionale e all'istruzione e all'avviamento di tutti i cittadini minorati inabili che risultino non abbienti e rieducabili, provvedendo altresì alla loro utilizzazione in posti idonei alle loro capacità di lavoro, non è soltanto un problema sociale, un problema di solidarietà e di fratellanza umana, ma è anche un problema economico.

È, infatti, evidente il vantaggio economico dello Stato, di trasformare, attraverso cure sanitarie, forniture di apparecchi di protesi e speciali corsi di istruzione e rieducazione, in energie produttive una parte di quei pesi morti di cui l'articolo 34 intende senz'altro assumersi l'onere; recuperando, così, nell'interesse della società, tanti sventurati ad una funzione attiva e proficua, e ad una forma di vita più consona e più soddisfacente alla loro dignità e al loro legittimo desiderio di sentirsi ancora utili e producenti.

Anche in relazione alla lettera ed allo spirito dell'articolo 31, che abbiamo già approvato e che prescrive che ogni cittadino debba svolgere conformemente alle proprie possibilità un'attività ed una funzione che concorra allo sviluppo materiale e spirituale della società, è giusto che il primo comma dell'articolo 34 proposto dalla Commissione debba intendersi limitato soltanto a quei cittadini che risultano per totale incapacità fisica o mentale, definitivamente inabili al lavoro.

L'Italia, in questo campo, ha già dato prova di essere all'avanguardia e la legge del marzo 1917, istitutiva dell'Opera nazionale invalidi, e la legge del 1921 per il collocamento obbligatorio degli invalidi di guerra, dovuta all'eminente collega Labriola, che allora era Ministro del lavoro, già hanno stabilito che lo Stato, in caso di inabilità, provvede, in linea di principio, a rieducare l'inabile e a garantirgli il lavoro, e solo in linea subordinata ed integrativa, a fornirgli la pensione e gli assegni necessari.

Questi provvedimenti presi al termine della guerra 1915-18 permisero il rientro nel circolo produttivo di mutilati, di ciechi di guerra ed invalidi, ottenendo altresì il risultato di rendere enormemente più basso l'onere delle pensioni di guerra in Italia, in confronto a quello di altri Paesi, come per esempio la Francia, e di procurare alla Nazione l'apporto del lavoro di decine di migliaia di mutilati e infortunati, cioè l'apporto di molte centinaia di milioni all'anno, in ogni caso largamente compensativi delle spese occorse alla loro riabilitazione.

In dipendenza di quanto ho brevemente esposto, mi auguro che l'Assemblea voglia dar prova di comprensione verso l'infelicità di tanti nostri fratelli e voglia votare l'emendamento che, con i colleghi Valenti e Colitto, mi sono onorato di proporre. (Applausi).

Presidente Terracini. Segue l'emendamento degli onorevoli Mazzei e La Malfa:

«Al primo comma, sopprimere le parole: al mantenimento ed».

L'onorevole Mazzei ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

Mazzei. Onorevoli colleghi, poche osservazioni rapidissime.

L'articolo 34 dice: «Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari alla vita, ha diritto al mantenimento ed alla assistenza sociale».

Io ho proposto che siano tolte le parole «al mantenimento ed». Se si ipotizza un diritto all'assistenza sociale e lo si afferma nella Costituzione, evidentemente si intende che tutti i cittadini abbiano diritto al complesso delle provvidenze che lo Stato pone in azione per venire incontro a tutte le varie forme di carenza della capacità lavorativa degli individui per invalidità, vecchiaia, infortuni, ecc. È chiaro allora che la formula «diritto all'assistenza sociale» include tutte le possibili provvidenze assistenziali. Se viceversa si afferma un «diritto al mantenimento», come separato dal diritto all'assistenza ed aggiunto ad esso, sembrerebbe che lo Stato volesse assumere rispetto ai cittadini un impegno aggiuntivo oltre agli impegni già presi con il complesso degli oneri assistenziali, del resto già in atto, come risulta dalla vasta legislazione in materia.

D'altra parte, il mantenimento dei cittadini inabili al lavoro per invalidità, vecchiaia od altro, evidentemente — come vero e proprio mantenimento — non può che andare a carico della famiglia, non già dello Stato. Sono i parenti, i prossimi congiunti del cittadino inabile che devono provvedere a mantenerlo. Lo Stato ha il dovere dell'assistenza e l'assistenza ha una serie di gradi. Può essere più o meno intensa a seconda dei casi e solo in qualche caso giunge a quella intensità per cui si può dire che lo Stato mantiene gli inabili al lavoro. Ma — capirete — formulare sic et simpliciter un «diritto ad essere mantenuti dallo Stato», mi sembra veramente un po' troppo. Ciò non è possibile, sia per ragioni formali di tecnica giuridica, sia perché in sostanza il mantenere gl'individui inabili non si saprebbe poi dove precisamente si fermi e quale onere importi per lo Stato, che di oneri ne ha fin troppi.

Noi riteniamo invece che lo Stato repubblicano (questo Stato repubblicano ancora gracile) debba assumere solo gli impegni che può effettivamente mantenere; e poiché gli organismi assistenziali e previdenziali italiani sono sufficientemente sviluppati e (con le opportune correzioni e modifiche nel senso che ha or ora indicato l'onorevole Zuccarini) potrebbero efficacemente provvedere ad andare incontro ai bisogni dei cittadini inabili è evidente che noi non abbiamo bisogno di mettere a carico dello Stato ancora un altro diritto del cittadino. Che, oltre tutto, sarebbe uno stranissimo diritto, il diritto ad essere mantenuti dallo Stato!

Per queste ragioni ritengo che debbano essere abolite la parola «al mantenimento ed» e debba essere limitata l'espressione alla corretta formula del «diritto all'assistenza» che include tutto il complesso delle provvidenze assistenziali in senso stretto e previdenziali.

Presidente Terracini. L'onorevole Puoti ha già svolto, nella seduta antimeridiana, due emendamenti soppressivi del secondo e del terzo comma, mantenendo soltanto quest'ultimo.

L'onorevole Foa ha dichiarato nella seduta di stamane di ritirare i due emendamenti proposti al secondo e al terzo comma.

L'onorevole Gabrieli ha proposto di sostituire il terzo comma col seguente:

«All'assistenza e previdenza provvedono, con integrazione dello Stato, istituti ed organi regolati dalla legge».

Questo emendamento verrà svolto, per l'onorevole Gabrieli, dall'onorevole Condorelli. Ne ha facoltà.

Condorelli. Onorevoli colleghi, questo emendamento soccorre alle esigenze che ha messo in evidenza con tanta chiarezza l'onorevole Zuccarini nel suo intervento di pochi minuti fa.

In verità, ormai una lunga esperienza ci ha dimostrato come tutto questo apparato dell'assistenza e della previdenza sia indubbiamente gravosissimo.

È un dovere sociale sul quale siamo tutti d'accordo. Alla luce del secolo XX, evidentemente, non c'è nessuno che non intenda la necessità di una organizzazione sempre migliore dell'assistenza e della previdenza. Ma proprio perché si vuole una organizzazione sempre migliore non si vorrebbe cristallizzare in una formula statutaria l'organizzazione attuale che certamente — stando ai risultati — non pare che sia la migliore. Infatti, essa è costosa per lo Stato, e per le classi lavoratrici, preme sulla produzione accrescendone i costi e non pare che soccorra sufficientemente i lavoratori. Si sono fatti i calcoli approssimativi: pare che il 52 per cento (altri dicono il 58 per cento) della mercede dei lavoratori si spenda per queste forme di assistenza. Ci sarebbe da domandarsi se i lavoratori, economizzando questo 58 per cento, alla fine della loro carriera di lavoro non si troverebbero probabilmente con un patrimonio che avrebbe potuto anche trasformare la loro posizione economica.

Intanto la verità è proprio questa: il 58 per cento di quello che percepisce oggi un lavoratore va per queste forme di assistenza e di previdenza, dalle quali non sappiamo se il lavoratore trae un adeguato vantaggio.

Peraltro esse sono costosissime e le ragioni dell'altezza del costo dipendono proprio dall'organizzazione statale o parastatale.

Non sono stati pubblicati da molti anni i bilanci dell'Istituto di previdenza sociale e di quello delle malattie, ma si dice da tutti coloro che se ne intendono che la situazione non è tranquillizzante. Si conoscono invece i bilanci dell'Istituto infortuni. Sono stati pubblicati quelli del 1945. Il costo di gestione è del 30 per cento, il che vuol dire che se si danno 100 lire ad un operaio, 30 lire si perdono in carte, inchiostro, spese di uffici ecc. Ma se in Italia è questa la situazione non pare che in altre Nazioni la situazione sia di gran lunga diversa. Questi costi si aggirano in Francia, in Svizzera ed in Russia sul 20 per cento.

La situazione è tale che il nostro legislatore si è preoccupato, e so che è in corso di pubblicazione un provvedimento legislativo col quale si demanda ad una Commissione lo studio del riordinamento o addirittura della riforma di questa impalcatura assistenziale e previdenziale, al duplice scopo, evidentemente, di renderla meno costosa, nell'interesse prima di tutto dei lavoratori, che è giusto che traggano il maggior vantaggio da tutto quello che si trattiene direttamente o indirettamente dal loro lavoro, e di trovare delle forme più economiche che incidano meno sul costo di produzione. Invero, quando noi constatiamo che il costo di produzione, il costo del lavoro, viene aumentato di oltre un terzo, dobbiamo pensare che questa bardatura ci pone in una situazione di inferiorità nei confronti degli altri Paesi nel campo delle esportazioni e delle competizioni commerciali internazionali.

È un problema assai grave e noi, al solito, lo decidiamo con una norma della Costituzione che dovrebbe fissare questo sistema che certamente non è l'ideale e non è quello che noi pensiamo di regalare per tutti i tempi ai nostri lavoratori ed alla nostra politica economica.

Ma allora facciamo quello che si fa in una Costituzione: parliamone in generale. Noi non sappiamo che cosa risponderà la nominanda Commissione di studio o che cosa potranno trovare fra poco tempo i nostri economisti e i nostri legislatori. Ma davvero dobbiamo rinunziare per sempre all'idea, per esempio, di una mutualità operaia? Oppure all'attribuire ai sindacati stessi l'esercizio dell'assistenza e della previdenza, senza creare di questi carrozzoni burocratici che con la organizzazione esauriscono gran parte dei fondi destinati all'assistenza?

Certamente in questa discussione noi non possiamo dire quali saranno le soluzioni avvenire, ma se ne prospettano molte: la mutualità, i contratti normali di assicurazione potrebbero essere anche più economici e vantaggiosi, come pure l'attribuzione agli stessi sindacati di questa funzione. Tutte queste ragioni, proprio nell'interesse delle classi lavoratrici e nell'interesse della produzione, devono renderci molto cauti. Invece di imprimere nella nostra Costituzione una norma che stabilisca la perpetuazione del sistema attuale, usiamo una formula più vasta che renda possibile le migliori formule future.

Presidente Terracini. L'onorevole Terranova ha già svolto il seguente emendamento:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«All'assistenza ed alla previdenza provvedono istituti ed organi predisposti od integrati dallo Stato, il quale peraltro favorisce le sane iniziative della privata beneficenza».

È stato anche svolto l'emendamento degli onorevoli Medi e Federici Maria tendente a sostituire il terzo comma col seguente:

«Lo Stato promuove e favorisce l'assistenza e la previdenza sociale».

L'onorevole Cappelletti, unitamente all'onorevole Rumor, ha presentato il seguente emendamento:

«Al terzo comma, alle parole: predisposti ed integrati, sostituire: predisposti od integrati».

Ha facoltà di svolgerlo.

Cappelletti. Siccome l'emendamento da noi proposto è stato accolto dall'emendamento Laconi, noi ritiriamo senz'altro il nostro emendamento.

Presidente Terracini. Gli onorevoli Mazzei e La Malfa hanno proposto di sopprimere, al terzo comma, le parole: «ed integrati».

L'onorevole Mazzei ha facoltà di svolgere l'emendamento.

Mazzei. Rinunzio a svolgerlo.

Presidente Terracini. L'onorevole Colitto ha già svolto il seguente emendamento:

«Aggiungere i seguenti due commi:

«La Repubblica assume la educazione, rieducazione e l'avviamento professionale dei cittadini inabili e minorati, proteggendo con speciali leggi il loro diritto e collocamento al lavoro.

«Provvede al mantenimento ed all'assistenza sociale di quelli di essi che risultano colpiti da incapacità assoluta e permanente fisica o mentale».

Sono stati così svolti tutti gli emendamenti. Prego l'onorevole Ghidini di esprimere su di essi il parere della Commissione.

Ghidini, Presidente della terza Sottocommissione. Non vorrei apparire poco deferente verso gli onorevoli colleghi che hanno così degnamente illustrato i loro emendamenti, ma sarò molto breve nel rispondere. Trovo che le discussioni di questo pomeriggio sull'articolo 34 sono state interessanti e qua e là costellate di considerazioni alle quali possiamo aderire. Ma penso altresì che siamo almeno pel 90 per cento al di fuori del tema preciso che ci è proposto e oltre le esigenze di una Carta costituzionale. È questa la ragione per cui non risponderò in modo particolare a tutti coloro che hanno illustrato i loro emendamenti, ma globalmente a molti di essi. Mi soffermerò in modo particolare su quegli emendamenti che importano una innovazione sostanziale all'articolo 34, com'è proposto dalla Commissione.

A mio parere gli emendamenti che modificano nella sostanza il testo della Commissione si riducono a tre. C'è il 33-bis dell'onorevole Medi che dovrebbe ora sostituire l'articolo 34. Suona così: «Ogni cittadino che non abbia la possibilità di provvedere alla propria esistenza conforme alla dignità umana, ha diritto ad adeguate forme di assistenza». Questo 33-bis dell'onorevole Medi, che da aggiuntivo viene trasformato in emendamento sostitutivo dell'articolo 34, ha di particolare che parla di «ogni cittadino» mentre l'articolo 34 proposto dalla Commissione parla di «ogni cittadino inabile al lavoro». C'è una differenza: è più ampio. Ma questa maggiore ampiezza è in contrasto collo spirito e coll'oggetto della disposizione. Il Titolo III è il titolo «Lavoro».

Quindi, se è vero che dobbiamo rimanere nel tema, non possiamo accettare la modificazione proposta dall'onorevole Meda. Essa è tale da cagionare fin d'ora delle incertezze di interpretazione, che avrebbero delle ripercussioni inevitabili nella legislazione ordinaria che dovrà inspirarsi alla Costituzione.

Un altro emendamento, che incide nella sostanza, è quello dell'onorevole Colitto.

La formulazione da lui proposta in sostituzione del testo, fondendo in unico articolo l'assistenza e la previdenza, per ciò solo merita, secondo noi, di non essere accolta.

Egli propone: «Chiunque si trovi, senza sua colpa — per età, malattia, condizioni fisiche e mentali, congiunture economiche generali — nella incapacità di lavorare, ha diritto di avere assicurati dalla collettività i mezzi di sussistenza».

Non so immaginare, come l'età si colleghi al concetto di colpa; le malattie, raramente; come pure le condizioni fisiche e mentali.

Ad ogni modo, questo inciso «senza sua colpa» è inaccettabile. Basti pensare alla indagine, spesso diabolica, che si dovrebbe compiere ogni volta per stabilire se ci sia stata o non ci sia stata una colpa. Ma, a parte questa considerazione, anche quando il lavoratore venga a trovarsi, per sua colpa, in condizione di incapacità al lavoro, non per questo egli perde il diritto alla vita.

Ci può essere stata colpa, anche solo nel senso d'imprudenza, negligenza, errore di calcolo ecc.; e non per questo credo che sia nell'animo gentile e umano del valoroso collega onorevole Colitto l'intendimento di gettare sul lastrico il lavoratore, che si venga a trovare nelle condizioni di invalidità.

Basterebbe, per me, questo rilievo per concludere che l'emendamento deve essere respinto.

Anche l'emendamento Mazzei tocca la sostanza del testo; propone di togliere la parola «mantenimento».

Veramente, al primo momento, avevo compreso che egli ritenesse che il «mantenimento» fosse già incluso nel concetto di assistenza e, se così fosse, non ci sarebbe una ragione seria per eliminare la parola «mantenimento». Infatti, se è vero che più volte la Commissione ha sostenuto l'inutilità di ripetere un concetto già compreso in una dizione più ampia, è anche vero che, quando si tratta d'una specificazione che attiene ad un diritto così fondamentale, come il diritto alla vita, è bene evitare qualunque possibilità di interpretazioni eccessivamente restrittive.

Questa sarebbe stata la risposta che avrei dato all'onorevole Mazzei, se dopo non mi fossi dovuto ricredere quando, nell'ultima parte del suo discorso, ha fatto comprendere com'egli intenda sottrarre lo Stato al più grave contributo del «mantenimento».

La Commissione, invece, ha creduto di porre questo obbligo del mantenimento (il quale potrà essere ridotto, anche al puro necessario), appunto perché si tratta del diritto alla vita, del diritto fondamentale, di un bisogno insopprimibile.

Per questa ragione la Commissione conferma il testo. L'ultimo degli emendamenti che tocca la sostanza, è stato proposto dagli onorevoli Rodinò, Valenti e Colitto. Si tratta di sostituire il primo comma (quello cioè che riguarda l'assistenza), colla seguente formulazione: «La Repubblica si assume la educazione e rieducazione professionale dei cittadini non abbienti, inabili e minorati, proteggendo con speciali leggi il loro diritto al lavoro, e provvede al mantenimento ed all'assistenza sociale di quelli di essi che risultano colpiti da incapacità assoluta fisica o mentale».

Sono due le parti che costituiscono questo articolo complesso. Osservo che l'ultima parte possiamo già ritenerla compresa nella prima parte dell'articolo 34. Invece per la prima parte noi accediamo all'emendamento Laconi e altri, che esprime, con parole diverse, lo stesso concetto dell'emendamento proposto dagli onorevoli Rodinò, Valenti e Colitto.

Queste sono le osservazioni che la Commissione mi dà incarico di esporre all'Assemblea.

Noi intendiamo, con la formulazione dell'articolo 34, di mettere in luce la differenza che corre fra «assistenza», e «previdenza» nonché di stabilire il campo entro il quale si debbano attuare le due provvidenze.

Vogliamo anche stabilire chi siano i titolari sia del diritto all'assistenza e alla previdenza, che dell'obbligo correlativo.

Abbiamo poi completato l'articolo perché effettivamente vi era una deficienza. Lo abbiamo anche modificato aderendo così all'emendamento che aveva presentato l'onorevole Foa, richiedendo la soppressione dell'inciso: «in ragione del lavoro che prestano». Così modificato, con la soppressione parziale, richiesta dall'onorevole Foa, e con la integrazione suggerita dagli emendamenti proposti dagli onorevoli Laconi, Cevolotto ed altri e dagli onorevoli Rodinò, Valenti e Colitto crediamo di avere composto un articolo che risponde in modo completo al principio di giustizia che si è voluto fissare nella Carta costituzionale.

In merito agli altri emendamenti proposti dagli onorevoli Zuccarini, Caso, Merighi, Carmagnola ecc. rispondo in blocco osservando che gli stessi mirano a stabilire le modalità o la procedura attraverso le quali si dovranno attuare l'assistenza e la previdenza. La Commissione non contesta la serietà delle proposte contenute in tali emendamenti, ma nega che possano essere incluse nella Costituzione. Questa si deve limitare alla consacrazione dei principî fondamentali che dovranno inspirare la legislazione ordinaria; le modalità e la procedura saranno invece regolate da leggi speciali.

È vero che l'Assemblea ha già approvato disposizioni che derogano a questa concezione della Costituzione come nel caso dell'articolo 8, che include disposti del Codice di procedura penale e degli articoli 10, 11 ecc. che richiamano precetti della legge di pubblica sicurezza; ma la deroga era autorizzata dalla speciale importanza di tali precetti. Se poi tali deroghe fossero state un errore, come pensa taluno, l'insistervi sarebbe imperdonabile.

Concludendo, il testo dell'articolo 34 sarebbe, accettando la formulazione degli onorevoli Laconi ed altri, il seguente:

«Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari alla vita ha diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale.

«I lavoratori hanno diritto che siano loro assicurati mezzi adeguati per vivere in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.

«Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione ed all'avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti od integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera».

Un collega ha mosso all'articolo l'appunto che il secondo comma contiene una elencazione che può non comprendere tutti i casi in cui sia necessario il soccorso della previdenza.

Non sono di questo parere, perché, se anche fosse possibile considerare incompleta la casistica rappresentata dalle parole «infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia», l'ultima frase «disoccupazione involontaria» è così ampia da comprendere tutti i casi immaginabili.

Sull'aggiunta tratta dall'emendamento Laconi: «Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione ed all'avviamento professionale», rilevo che abbiamo tolto la parola «rieducazione», perché nel concetto di educazione rientra necessariamente anche quello della rieducazione. L'emendamento dice ancora: «Ai compiti provvedono organi ed istituti predisposti od integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera». E questa formulazione l'abbiamo accolta perché non pensiamo che lo Stato debba avere dell'assistenza un monopolio.

Per queste ragioni la Commissione sostanzialmente mantiene l'articolo 34, accettando la nuova formulazione proposta dagli onorevoli Laconi, Cevolotto, Targetti, Moro, Taviani.

Presidente Terracini. Prego gli onorevoli colleghi che hanno presentato emendamenti di dichiarare se intendono mantenerli.

Onorevole Medi, ella ha proposto, in relazione all'emendamento aggiuntivo proposto come articolo 33-bis di sopprimere il primo comma. Mantiene il suo emendamento?

Medi. Lo mantengo, perché esprime gli stessi concetti esposti dalla Commissione, ma è maggiormente comprensivo di tutte le categorie che rappresentano un mondo di dolore e di miseria, al quale intendiamo andare incontro con senso di cristiana fraternità.

Presidente Terracini. Onorevole Colitto, ella ha proposto di sostituire l'articolo 34 col seguente:

«Chiunque si trovi senza sua colpa — per età, malattia, condizioni fisiche o mentali, congiunture economiche generali — nella incapacità di lavorare, ha diritto di avere assicurati dalla collettività mezzi di sussistenza».

Mantiene l'emendamento?

Colitto. Aderisco all'emendamento dell'onorevole Laconi, meno che per l'ultima parte dell'ultimo comma, per cui mi riservo di chiedere la votazione per separazione.

Presidente Terracini. L'onorevole Merighi ha presentato con altri il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«Il lavoratore ha diritto ad avere assicurati i mezzi necessari alla vita e le cure sanitarie per sé e per la famiglia nei casi di malattia, disoccupazione involontaria, infortunio, invalidità e vecchiaia ed in caso di morte la famiglia ha diritto alla pensione.

«Per raggiungere tali scopi la Repubblica potrà istituire l'assicurazione generale contro le malattie.

«I cittadini i quali per infermità congenita o acquisita sono inabili al lavoro ma possono, con una rieducazione professionale adatta, essere resi idonei ad un particolare lavoro, hanno diritto a tale rieducazione e successiva immissione al lavoro.

«All'assistenza ed alla previdenza provvedono istituti ed organi predisposti ed integrati dallo Stato e coordinati, dal lato tecnico, assieme agli altri Enti sanitari e statali, da un unico organo autonomo e indipendente».

Lo mantiene?

Merighi. Debbo mantenere il mio emendamento in cui sono contenuti concetti che non erano espressi nella formula della Commissione, sopra tutto perché ritengo che debba essere contemplato il concetto della pensione, eventualmente reversibile. Inoltre penso che la Costituzione potrà promuovere l'assicurazione generale contro le malattie. Questo è un problema che investe gran parte del nostro ordinamento sociale e potrebbe costituire, una volta stabilito, la risoluzione di problemi sui quali oggi autorevoli colleghi hanno discusso, portando critiche anche giustificate. Per questa ragione lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Camangi, ella ha proposto di sostituire l'articolo col seguente:

«La Repubblica promuove la previdenza obbligatoria per i lavoratori come strumento per assicurare i mezzi necessari alla vita loro e delle loro famiglie quando non abbiano la possibilità di procurarli con loro lavoro.

«A tale previdenza provvedono, con l'eventuale concorso dello Stato, organi ed istituti gestiti e controllati dai lavoratori interessati.

«Alla vita dei cittadini che, inabili al lavoro e sprovvisti di mezzi, non possono far ricorso ai benefici della previdenza, provvede lo Stato con l'assistenza sociale».

Intende mantenere l'emendamento?

Camangi. Sono costretto a mantenere il mio emendamento, perché nel testo accettato dalla Commissione non trovo il concetto di previdenza, né la partecipazione dei lavoratori alla gestione degli istituti a ciò creati.

Presidente Terracini. Gli onorevoli Merighi e Fornara hanno proposto di trasferire all'articolo 31 il primo comma.

L'onorevole Merighi, mantiene l'emendamento?

Merighi. Lo ritiro.

Presidente Terracini. L'onorevole De Maria ha svolto i seguenti emendamenti, presentati con gli onorevoli Coppa e Caso:

«Sopprimere il primo comma».

«Al secondo comma, dopo la parola: malattia, aggiungere: generica o professionale».

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«La previdenza e l'assistenza sanitaria sono un obbligo dello Stato, il quale vi provvede con istituti ed organi appositi e col concorso dei contributi dei produttori: l'assistenza sanitaria si baserà, nella scelta del personale e dei liberi esercenti l'arte sanitaria, sul rapporto di merito e di fiducia fra Enti ed assistiti».

Intende mantenerli?

De Maria. Ritiro il primo emendamento, perché è compreso nell'emendamento Laconi. Circa il secondo emendamento, terrei a che fosse specificato, dopo la parola «malattia», «generica o professionale». Il terzo emendamento lo ritiro.

Ghidini, Presidente della terza Sottocommissione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ghidini, Presidente della terza Sottocommissione. La nostra formulazione, con la semplice parola «malattia», è ampia e comprende tutti i casi, sia le malattie generiche che quelle professionali. Ritengo che non sia necessario l'emendamento proposto dagli onorevoli Caso, Coppa e De Maria.

De Maria. A noi era sembrato più opportuno specificare. Comunque, se lei dà alla parola un significato molto ampio, ritiro anche questo emendamento.

Presidente Terracini. Seguono gli emendamenti dell'onorevole Zuccarini:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«L'assistenza nella disoccupazione e nella invalidità del lavoro è un dovere sociale e come tale assolto dalla Repubblica: l'assicurazione sociale è però dovere e diritto di ogni cittadino».

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«All'assistenza e alla previdenza provvedono Istituti promossi e integrati dallo Stato, che costituiranno Enti autonomi democraticamente organizzati. I loro patrimoni contribuiscono a formare un Fondo nazionale destinato alla emancipazione del lavoro».

Onorevole Zuccarini, li mantiene?

Zuccarini. Mantengo i miei emendamenti, perché non vedo nel testo della Commissione niente che si avvicini al concetto che ho inteso affermare ed illustrare.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento degli onorevoli Rodinò Mario, Valenti e Colitto:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«La Repubblica si assume la educazione e rieducazione professionale dei cittadini non abbienti, inabili e minorati, proteggendo con speciali leggi il loro diritto al lavoro, e provvede al mantenimento ed all'assistenza sociale di quelli di essi che risultano colpiti da incapacità assoluta fisica o mentale».

Lo mantiene?

Rodinò Mario. Rinunzierei all'emendamento qualora al terzo comma dell'emendamento Laconi, accettato dalla Commissione, si aggiungessero le parole: «proteggendo con speciali leggi il loro diritto al lavoro».

Presidente Terracini. Segue l'emendamento degli onorevoli Mazzei e La Malfa:

«Al primo comma sopprimere le parole: al mantenimento ed».

Lo mantiene?

Mazzei. Mantengo l'emendamento, perché si tratta di sopprimere una parola che permane nell'emendamento Laconi.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Gabrieli, svolto dall'onorevole Condorelli:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«All'assistenza e previdenza provvedono, con integrazione dello Stato, istituti ed organi regolati dalla legge».

Onorevole Condorelli, lo mantiene?

Condorelli. Per quanto l'emendamento Laconi si avvicini al principio, a me pare di dover insistere, a meno che non si trovi il mezzo di trasfondere nell'emendamento Laconi l'idea fondamentale del nostro emendamento. In sostanza noi crediamo che non si debba affermare a priori che all'assistenza e previdenza debbano provvedere necessariamente istituti ed organi predisposti o integrati dallo Stato. Perché dobbiamo mettere questo nella Costituzione? Credo che sarebbe meglio mettere «istituti ed organi regolati dalla legge». Non è detto che dobbiamo necessariamente continuare sulla strada di istituti statali o parastatali. È vero che successivamente è detto che l'assistenza privata è libera, ma questa assistenza potrebbe essere un di più, un'integrazione dell'opera che, principaliter, dovrebbe restare allo Stato.

Io non dico che lo Stato debba abbandonare questo scopo, ma non voglio nemmeno precludere la via a che si esamini, come si sta esaminando da una Commissione nominata dal Ministero del lavoro, la possibilità di altre soluzioni. Se è possibile, quindi, di trovare altre vie più economiche e più vantaggiose per i lavoratori, sarà opportuno, e per queste ragioni io preferisco l'emendamento che ho svolto.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Terranova:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«All'assistenza ed alla previdenza provvedono istituiti e organi predisposti od integrati dallo Stato, il quale per altro favorisce le sane iniziative della privata beneficenza».

Non essendo l'onorevole Terranova presente, l'emendamento si intende decaduto.

Segue l'emendamento degli onorevoli Medi e Federici Maria:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«Lo Stato promuove e favorisce l'assistenza e la previdenza sociale».

Onorevole Medi, lo mantiene?

Medi. Poiché vi è l'emendamento proposto dall'onorevole Laconi, mi pare che possa essere ritirato il mio.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento degli onorevoli Mazzei e La Malfa:

«Al terzo comma, sopprimere le parole: ed integrati».

Onorevole Mazzei, lo mantiene?

Mazzei. Vi rinuncio, perché la variazione apportata con l'emendamento Laconi è soddisfacente.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Colitto:

«Aggiungere i seguenti due commi:

«La Repubblica assume la educazione, rieducazione e l'avviamento professionale dei cittadini inabili e minorati, proteggendo con speciali leggi il loro diritto e collocamento al lavoro.

«Provvede al mantenimento ed all'assistenza sociale di quelli di essi che risultano colpiti da incapacità assoluta e permanente fisica o mentale».

Chiedo all'onorevole Colitto se lo mantiene.

Colitto. Io aderisco all'emendamento presentato dall'onorevole Rodinò, che porta anche la mia firma. Pertanto il mio emendamento non ha più ragione di essere.

Presidente Terracini. Passiamo ora alla votazione degli emendamenti.

Avverto che, avendo la Commissione accettato il nuovo testo proposto dagli onorevoli Laconi, Cevolotto, Targetti, Moro, Taviani, questo costituirà la base delle votazioni:

«Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari ha diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale.

«I lavoratori hanno diritto che siano loro assicurati mezzi adeguati per vivere in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.

«Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione ed all'avviamento professionale.

«Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti od integrati dallo Stato.

«L'assistenza privata è libera».

Dominedò. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Dominedò. A nome degli amici del mio gruppo dichiaro che voteremo in favore dell'emendamento a firma degli onorevoli Laconi, Targetti, Moro ed altri, fatto, proprio dalla Commissione, votando, quindi, contro tutti gli altri emendamenti di carattere sostitutivo.

Presidente Terracini. L'onorevole Medi ha proposto di sostituire il primo comma col seguente, già proposto come articolo 33-bis:

«Ogni cittadino che non abbia la possibilità di provvedere alla propria esistenza, conforme alla dignità umana, ha diritto ad adeguate forme di assistenza».

Medi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Medi. Chiedo alla Commissione se ritiene opportuno di includere nel testo accettato le parole: «conforme alla dignità umana» dopo le parole «dei mezzi necessari alla vita». In tal caso rinunzio al mio emendamento.

Presidente Terracini. Chiedo il parere della Commissione.

Ghidini, Presidente della terza Sottocommissione. Mi pare di aver già detto all'onorevole Medi che la frase «conforme alla dignità umana» è di un significato un po' incerto e di contenuto indeterminato.

Mi pare che non sia il caso di accettarla, tanto più che, accogliendo la formulazione proposta dall'onorevole Laconi ed altri, implicitamente vengono a cadere tutte le altre formulazioni.

Arata. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Arata. A nome del Gruppo del Partito socialista dei lavoratori dichiaro di votare a favore del testo Laconi.

Presidente Terracini. Poiché l'onorevole Medi mantiene il suo emendamento, pongo in votazione la formulazione del primo comma da lui proposta:

«Ogni cittadino che non abbia la possibilità di provvedere alla propria esistenza, conforme alla dignità umana, ha diritto ad adeguate forme di assistenza».

(Non è approvata).

Pongo in votazione il terzo comma dell'emendamento Camangi, sostitutivo del primo comma del testo accettato dalla Commissione:

«Alla vita dei cittadini che, inabili al lavoro e sprovvisti di mezzi, non possono far ricorso ai benefici della previdenza, provvede lo Stato con l'assistenza sociale».

(Non è approvato).

Pongo in votazione l'emendamento degli onorevoli Mazzei e La Malfa, soppressivo al primo comma delle parole: «al mantenimento ed»

(Non è approvato).

Pongo in votazione il primo comma dell'emendamento presentato dagli onorevoli Laconi, Cevolotto, Targetti, Moro e Taviani, accettato dalla Commissione:

«Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari alla vita ha diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale».

(È approvato).

Zuccarini. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Zuccarini. Vorrei osservare che il mio emendamento sostitutivo del primo comma costituisce una premessa e quindi chiedo che sia posto in votazione.

Presidente Terracini. Onorevole Zuccarini, il suo emendamento al primo comma in realtà non corrisponde alla materia del primo comma, ma alla materia del secondo comma, nella formulazione proposta ed accettata dalla Commissione. Infatti il testo della Commissione parla di disoccupazione ed invalidità nel secondo comma e non nel primo, che si riferisce alla inabilità al lavoro ed alla mancanza dei mezzi necessari alla vita.

Porrò quindi in votazione l'emendamento in sede di secondo comma.

Pongo in votazione il seguente inciso dell'emendamento presentato dall'onorevole Rodinò Mario:

«proteggendo con speciali leggi il loro diritto al lavoro».

Il punto nel quale possa essere inserito, sarà eventualmente esaminato in sede di coordinamento.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Mi pare che l'emendamento dell'onorevole Rodinò si riferisca piuttosto al terzo comma dell'emendamento dell'onorevole Laconi, in cui si parla degli inabili e dei minorati. La Commissione mantiene, ad ogni modo, il suo punto di vista e non lo accetta.

Presidente Terracini. La collocazione potrà comunque essere stabilita in sede di coordinamento.

(L'inciso non è approvato).

Passiamo allora al secondo comma del testo accettato dalla Commissione:

«I lavoratori hanno diritto che siano loro assicurati i mezzi adeguati per vivere in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria».

Merighi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Merighi. Mi pare che al secondo comma dell'emendamento dell'onorevole Laconi si possa riferire l'espressione contenuta nel nostro emendamento: «e in caso di morte la famiglia ha diritto alla pensione».

Presidente Terracini. Porrò prima in votazione il comma nella formulazione proposta dall'onorevole Laconi e, successivamente, come emendamento aggiuntivo, la parte finale del primo comma del suo emendamento sostitutivo.

Pongo in votazione il secondo comma dell'emendamento accettato dalla Commissione, testé letto.

(È approvato).

Passiamo all'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Merighi: «e in caso di morte la famiglia ha diritto alla pensione».

Laconi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. Avrei dichiarato, se ella, onorevole Presidente, me lo avesse chiesto, di non accettare questo emendamento, per quanto io concordi con lo spirito che lo ha dettato, solo perché ritengo che non sia materia di Costituzione. (Commenti).

Arata. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Arata. Noi dichiariamo di accettare questo emendamento.

Presidente Terracini. Pongo in votazione l'emendamento aggiuntivo:

«e in caso di morte la famiglia ha diritto alla pensione».

(Non è approvato).

Pongo ora in votazione la seconda proposizione dell'emendamento dell'onorevole Zuccarini, sopprimendo la parola: «però»:

«L'assicurazione sociale è dovere e diritto di ogni cittadino».

Condorelli. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Condorelli. Mi sembra che il difetto sia nel modo con cui procediamo nelle nostre votazioni. Bisognerebbe vedere più concretamente questo problema e non mettere una disposizione nella Costituzione una formula generica.

Presidente Terracini. Onorevole Condorelli, l'onorevole Zuccarini ha largamente svolto questo concetto. In questo momento si tratta di accettare o di respingere la formulazione dell'onorevole Zuccarini.

Condorelli. Comunque, questa è la ragione del mio voto contrario.

Presidente Terracini. Se mai, il difetto è nel fatto che le nostre discussioni sono state spinte troppo al particolare. Se andassimo ancora al di là, non faremmo un testo costituzionale, ma un testo legislativo.

(L'emendamento non è approvato).

Pongo in votazione il terzo comma del testo accettato dalla Commissione:

«Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione ed all'avviamento professionale».

(È approvato).

Resta l'ultimo comma del testo predetto così formulato:

«Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti od integrati dallo Stato. L'assistenza privata e libera».

Per questo comma vi sono emendamenti. L'onorevole Condorelli ha fatto proprio il seguente emendamento dell'onorevole Gabrieli: «All'assistenza e previdenza provvedono, con integrazione dello Stato, istituti ed organi regolati dalla legge».

L'onorevole Zuccarini ha proposto la seguente formulazione:

«All'assistenza e alla previdenza provvedono Istituti promossi e integrati dallo Stato, che costituiranno Enti autonomi democraticamente organizzati. I loro patrimoni contribuiscono a formare un Fondo nazionale destinato alla emancipazione del lavoro».

La formula dell'onorevole Condorelli è più ampia e pertanto sarà per prima posta in votazione.

Merighi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Merighi. Penso che al comma proposto dall'onorevole Condorelli possa essere aggiunto il seguente comma del mio emendamento:

«Per raggiungere tali scopi la Repubblica potrà istituire l'assicurazione generale contro le malattie».

Presidente Terracini. Ritengo opportuno porre in votazione prima la proposta dell'onorevole Condorelli che non fa riferimento a nessun modo specifico per risolvere il problema dell'assistenza e della previdenza e si rimette alla legge.

Camangi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Camangi. Sarebbe forse opportuno, nella votazione, dividere in due proposizioni l'ultimo comma dell'emendamento Laconi accettato dalla Commissione.

La prima proposizione: «Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti od integrati dallo Stato» può essere messa a raffronto con il secondo comma dell'emendamento da me presentato e con le formulazioni dell'onorevole Condorelli e dell'onorevole Zuccarini, mentre la seconda proposizione: «L'assistenza privata è libera» può essere votata a parte.

Presidente Terracini. Infatti porrò in votazione gli emendamenti sostitutivi della prima parte dell'ultimo comma. Fra di essi quello dell'onorevole Condorelli, che afferma il principio rimettendosi alla legge, ha la precedenza.

Pongo pertanto in votazione la formula proposta dall'onorevole Condorelli:

«All'assistenza e previdenza provvedono, con integrazione dello Stato, istituti ed organi regolati dalla legge».

(Non è approvato).

Segue la formula proposta dall'onorevole Camangi, che è del seguente tenone:

«A tale previdenza provvedono, con l'eventuale concorso dello Stato, organi ed istituti gestiti o controllati dai lavoratori interessati».

La proposta dell'onorevole Camangi richiama la partecipazione dei lavoratori interessati alla gestione o al controllo di quegli organi ed istituti i quali provvedono col concorso dello Stato alla previdenza. L'onorevole Camangi è il solo che richiami questo dato.

Di Vittorio. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Di Vittorio. L'emendamento dell'onorevole Camangi suona simpaticamente ai lavoratori, ma non possiamo approvarlo per due ragioni essenziali: la prima è che l'onorevole Camangi richiama un concetto privatistico di assicurazione e noi invece vogliamo che si attui in questo campo un concetto di Stato, perché il concetto di previdenza non può essere disgiunto dal concetto di solidarietà fra tutti i lavoratori del Paese e a questa previdenza solidale in favore di tutti i lavoratori può provvedere solamente lo Stato.

In secondo luogo desideriamo affermare che, attraverso la previdenza statale, la collettività nazionale adempie un suo dovere verso i lavoratori che si trovano in condizioni di non potersi guadagnare la vita.

Tuttavia facciamo nostro il concetto della gestione da parte dei lavoratori, poiché alcune critiche che sono state fatte, per esempio, dall'onorevole Condorelli, alla gestione costosa dei servizi di previdenza sociale oggi sono fondate; ma il costo della gestione non deriva dal fatto che la previdenza sia statale e nazionale, bensì dal fatto che gli istituti di previdenza sono stati diretti burocraticamente ed autocraticamente, se si vuole, cioè non sono stati gestiti democraticamente dai lavoratori, che sono interessati ad avere le migliori prestazioni e quindi a far costare il meno possibile il servizio.

Votando l'emendamento sostitutivo dell'onorevole Laconi, dell'onorevole Moro e di altri colleghi, noi intendiamo affermare il principio che alla gestione dei servizi di assistenza e previdenza sociale partecipino i lavoratori direttamente, con rappresentanti eletti democraticamente.

Corbino. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Corbino. Dichiaro che non possiamo votare l'emendamento aggiuntivo proposto dall'onorevole Camangi, in parte per le ragioni espresse dall'onorevole Di Vittorio, ma soprattutto perché ci troviamo di fronte a cifre dell'ordine di grandezza tale, che non si può ammettere che lo Stato si debba disinteressare di questa gestione.

Evidentemente, qualcuno non ha idea della entità delle cifre che sono in gioco con la previdenza sociale. Se tutti pagassero, come stabilito dalla legge, i contributi supererebbero i 300 miliardi di lire all'anno, cioè sarebbero superiori alle entrate dello Stato in questo momento.

Ora è evidente che lo Stato non può lasciare a chicchessia l'amministrazione di fondi di questa entità e, del resto, noi abbiamo affermato il concetto di una estensione delle provvidenze assicurative a tutti i lavoratori, e questo concetto non potrà avere applicazione se non affidando allo Stato integralmente, e con le forme più economiche e democratiche, la gestione delle spese corrispondenti. (Approvazioni a destra).

Dominedò. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Dominedò. Dichiaro, anche a nome dei colleghi di gruppo, che votando il testo della Commissione, e quindi respingendo l'emendamento Camangi, intendiamo che la formula costituzionale lasci aperta, in sede di futuro sviluppo legislativo, la disciplina di una possibile partecipazione dei lavoratori secondo la migliore valutazione della materia, in aderenza alle esigenze della realtà.

Presidente Terracini. Pongo in votazione la formula proposta dall'onorevole Camangi:

«A tale previdenza provvedono, con l'eventuale concorso dello Stato, organi ed istituti gestiti o controllati dai lavoratori interessati».

(Non è approvata).

Pongo in votazione l'emendamento dell'onorevole Zuccarini:

«All'assistenza e alla previdenza provvedono istituti promossi e integrati dallo Stato, che costituiranno Enti autonomi democraticamente organizzati. I loro patrimoni contribuiscono a formare un Fondo nazionale destinato alla emancipazione del lavoro».

(Non è approvato).

Vi è infine la formula proposta dall'onorevole Merighi, la quale tuttavia si riferisce soltanto ad una parte dell'assistenza generale prevista nei commi già votati, cioè alle malattie.

La formula dell'onorevole Merighi dice infatti:

«Per raggiungere tali scopi la Repubblica potrà istituire l'assicurazione generale contro le malattie».

Bisognerebbe, pertanto, sopprimere le parole: «contro le malattie».

Merighi. Concordo con l'onorevole Presidente. La formula definitiva rimarrebbe la seguente:

«Per raggiungere tali scopi la Repubblica potrà istituire un'assicurazione generale».

Presidente Terracini. La pongo in votazione.

(Non è approvata).

Pongo in votazione la prima proposizione del quarto comma accettato dalla Commissione:

«Ai compiti previsti in questo articolo, provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato».

(È approvata).

Rimane l'ultima proposizione di tale comma:

«L'assistenza privata è libera».

Colitto. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Colitto. Non ho anzitutto ben compreso per quali ragioni in questo comma si dovrebbe parlare soltanto dell'assistenza privata e non anche della previdenza. Noi voteremo contro. Perché, a parte il rilievo di cui innanzi, l'affermazione che «l'assistenza e la previdenza private sono libere» è una affermazione il cui contenuto mi sembra intuitivo, e che non occorre sia inserita in un testo costituzionale.

D'Aragona. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

D'Aragona. Qui si parla di assistenza privata; ma io domando: la previdenza non può essere privata? Se domani una società di mutuo soccorso, che è una organizzazione privata, vuole distribuire dei sussidi di malattia, non può farlo? Mi pare perciò che si dovrebbe dire: «l'assistenza e la previdenza possono anche essere private».

Cingolani. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Cingolani. Noi riteniamo che nella parola «assistenza» è compreso quanto giustamente ha ricordato l'onorevole D'Aragona. La formula: «l'assistenza privata» ha in sé anche il concetto di previdenza. Essa lascia campo libero a tutte le forme di solidarietà umana che, specialmente in Italia, fioriscono mirabilmente. In questo senso votiamo questo emendamento.

Laconi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. Ho chiesto la parola per dare all'onorevole Colitto un chiarimento. Per quanto non vi sia dubbio che in questo articolo si parli anche della previdenza, di fatto la formula non contiene alcun riferimento esplicito ad essa. Quando si vuole parlare dell'assicurazione, si dice soltanto che i lavoratori hanno diritto che siano loro assicurati i mezzi adeguati per vivere. Non si parla di previdenza nel senso proprio della parola. Per questo noi riteniamo che la parola assistenza, come giustamente ha rilevato l'onorevole collega, si riferisca, in questo caso ed in questa particolare formulazione dell'articolo, a tutte le diverse attività assistenziali e previdenziali, che possono rientrare nella sua formulazione complessiva.

Colitto. È possibile che non sia libera l'assistenza privata?

Laconi. Sono d'accordo; ritengo che, anche se non fosse detto, sarebbe implicito.

Ma, dato che da qualche parte questa esigenza è stata sollevata, io personalmente ed il mio gruppo voteremo favorevolmente.

Presidente Terracini. Pongo in votazione l'ultima proposizione del quarto comma:

«L'assistenza privata è libera».

(È approvata).

L'articolo 34 risulta nel suo complesso così approvato:

«Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari alla vita ha diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale.

«I lavoratori hanno diritto che siano loro assicurati mezzi adeguati per vivere in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.

«Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione ed all'avviamento professionale.

«Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti od integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti