[L'11 ottobre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sui principî dei rapporti sociali (economici).]

Il Presidente Tupini riapre la discussione sugli argomenti all'ordine del giorno, e domanda agli onorevoli Togliatti, Lucifero e Dossetti di rendere conto del lavoro di preparazione che essi si erano impegnati a condurre a termine e riferirne alla Commissione nella seduta odierna.

Togliatti, Relatore, comunica che ieri si è incontrato con gli onorevoli Lucifero e Dossetti e con essi ha confrontato le due diverse formulazioni, cercando di venire ad un accordo che soddisfacesse ambo le parti.

Per un lato l'opera è stata facile e si è giunti alla seguente formulazione unica, la quale si riferisce al diritto di associazione economica, cioè sindacale:

«È garantita a tutti i cittadini la libertà di associarsi per la difesa ed il miglioramento delle condizioni di lavoro e della vita economica». Questa formula potrebbe senz'altro essere presentata alla discussione della Commissione quale risultato concorde delle vedute dei tre correlatori.

I dissensi invece sono sorti quando si è trattato delle successive formulazioni, e precisamente quando si è discussa l'affermazione contenuta nella sua proposta che tendeva a garantire una difesa speciale del diritto di associazione sindacale, in quanto si è affermato che ogni azione che tenda in qualsiasi modo a limitare questo diritto è contraria alla legge. Su questo punto occorrerà pertanto discutere in maniera approfondita in sede di Sottocommissione.

Viene poi la questione del diritto di sciopero. Non vi è stato dissenso fra i correlatori circa l'affermazione che la legge assicura ai lavoratori il diritto di sciopero. Il dissenso è sorto su una questione subordinata, e precisamente sul diritto di serrata e sugli eventuali limiti del diritto di sciopero. A tale riguardo, nega che si possano mettere sullo stesso terreno il lavoratore ed il proprietario dei mezzi di produzione, per quanto riguarda la messa a disposizione della collettività dei mezzi materiali di produzione.

Osserva che da parte dell'onorevole Lucifero veniva presentata una formula che tendeva a limitare il diritto di sciopero, senza dire a quale organismo od organo del potere esecutivo o del potere legislativo era data facoltà di dichiarare illegali determinati scioperi, i quali turbassero l'ordine pubblico o l'ordinario svolgimento della vita economica e politica dello Stato.

Da parte dell'onorevole Dossetti, poi, era stata presentata una eguale esigenza, ma in forma molto attenuata. Ritiene che l'onorevole Dossetti volesse limitarsi a mettere in dubbio il diritto di sciopero illimitato per determinate categorie di funzionari dello Stato. Quindi il concetto dell'onorevole Dossetti non è quello dello sciopero che intralci l'ordinato svolgimento della vita economica, quale era l'intendimento dell'onorevole Lucifero.

Dichiara sua convinzione che non possa esser messo alcun limite al diritto di sciopero, perché se si dà facoltà di dichiarare illegale uno sciopero che turbi l'ordine pubblico o l'ordine economico anche gravemente, in realtà si viene a proibire il diritto di sciopero. A suo parere lo sciopero non è soltanto il fatto del lavoratore che non lavora perché il salario, o determinate altre condizioni di lavoro non lo soddisfano, ma l'organizzazione dell'astensione collettiva dal lavoro allo scopo di strappare migliori condizioni di retribuzione e migliori condizioni economiche in generale per i lavoratori. Quindi nello sciopero interviene sempre una determinata minaccia, prodotta dai lavoratori attraverso la loro associazione, per far sentire il peso del lavoro organizzato nella determinazione dei rapporti economici tra lavoratori e datori di lavoro. Qualora si affermi che, se lo sciopero turba gravemente l'ordine pubblico, o intralcia l'ordinato svolgimento della vita economica, lo Stato può dichiararlo illegale, si viene a negare la possibilità di sciopero perché si toglie ad esso il suo contenuto. Per questo ritiene che non debba essere messo un limite al diritto di sciopero.

Per quanto riguarda determinati funzionari dello Stato, a suo parere il problema è quasi irrilevante, perché uno sciopero di alti funzionari dello Stato è in fin dei conti molto meno grave di uno sciopero di mietitori alla vigilia della mietitura delle messi in quanto quest'ultimo è lo sciopero di una categoria che ha un peso particolare nella vita del Paese. D'altra parte i mietitori non potrebbero organizzare il loro sciopero per strappare determinate retribuzioni, o risolvere a loro favore altre questioni economiche, se al diritto di sciopero venissero posti limiti.

Con questo non si vuole intendere che, in uno Stato bene ordinato e democratico, il Governo non abbia il dovere e il diritto di intervenire per evitare lo sciopero; ma deve intervenire facendosi parte diligente per avvicinare le due parti in contrasto e trovare una via d'uscita.

Ricorda ancora che la formula sulla quale i tre correlatori si sono trovati d'accordo è quella che riguarda la libertà di associazione così concepita: «È garantita a tutti i cittadini la libertà di associarsi per la difesa, il miglioramento delle condizioni di lavoro e della vita economica». Forse l'onorevole Dossetti presenterà qualche emendamento; ad ogni modo la formula è molto ampia.

Il disaccordo, invece, è sorto nell'affermazione successiva contenuta nella sua proposta, in cui si dice che «È contraria alla legge ogni azione che tende in qualsiasi modo a limitare questo diritto».

Il Presidente Tupini propone di iniziare la discussione soltanto sulla parte nella quale è intervenuto un accordo di massima, per poi esaminare la seconda parte, dove si è manifestato il dissenso.

Dossetti dichiara che l'onorevole Togliatti ha riferito esattamente il contenuto specifico dello scambio di vedute avutosi ieri fra i tre correlatori. È vero che vi è accordo sulla prima dichiarazione; è vero anche che vi è un relativo disaccordo sui limiti da definire in ordine al problema del diritto di sciopero; ma precisamente questo disaccordo, sul quale i tre correlatori hanno avuto la possibilità di scambiare le loro idee, ha dimostrato che vi è la necessità di impostare in maniera più generale tutto il problema della disciplina del lavoro. In una certa misura anche la prima parte deve essere esaminata, non perché si debba ritornare indietro, in quanto su questo l'accordo è stato conseguito, ma perché vi sono elementi che vanno coordinati con altri che invece rappresentano il punto di dissenso.

Mentre si dichiara d'accordo nell'accettare il principio del diritto di sciopero come affermazione da inserire nella Carta costituzionale, ritiene che questo riconoscimento debba essere connesso con determinate modalità che riguardano tutta la materia della posizione del lavoro, nell'ambito costituzionale dello Stato. Per questo motivo è d'avviso che fare delle affermazioni senza avere avuto possibilità di approfondire certi sviluppi connessi con altri argomenti, sia pericoloso, perché si rischia di rinviare dei contrasti che non vennero approfonditi al momento opportuno, i quali resterebbero insoluti e potrebbero portare i Commissari a fare delle affermazioni con un significato nettamente differenziato. Propone, quindi, che la discussione del problema sia fatta congiuntamente a questioni che sono state già considerate, ma che sono strettamente connesse con questa.

Lucifero, Relatore, osserva che l'onorevole Togliatti ha illustrato le differenze di opinioni che sono sorte nella discussione di ieri ed ha anche illustrato il motivo della sua tesi. L'oratore si riserva di illustrare in sede di discussione i punti di vista che lo hanno guidato.

Nei riguardi delle due proposte presentate dal Presidente e dall'onorevole Dossetti, accede senz'altro a quella dell'onorevole Dossetti che gli sembra molto seria, in quanto effettivamente si entra ora in una disciplina nuova ed in una delle caratteristiche fondamentali di una Costituzione moderna, la quale non si preoccupa soltanto dei principî di libertà, ma anche del clima nel quale le varie libertà si devono sviluppare.

Basso si dichiara favorevole alla proposta del Presidente, avendo notato che, finché si fanno discussioni generali su principî astratti, si finisce sempre col trovare un accordo, ma quando poi si scende a concretare questi principî in una formulazione, si manifestano dissensi che è molto difficile appianare.

Lucifero, Relatore, propone che nel caso fosse respinta la proposta dell'onorevole Dossetti, resti inteso che, se al prosieguo della discussione ci si accorgerà che approvando qualche affermazione si vengono a porre degli sviluppi successivi in questo campo, non valga l'accordo stabilito di non ritornare indietro.

La Pira ritiene che tutti i problemi dell'organizzazione del lavoro sono contenuti in questo articolo, e che quindi tutte le discussioni fatte sull'argomento dalla terza Sottocommissione debbono essere esaminate in questa sede. La prima Sottocommissione deve affermare i principî orientativi anche per la terza Sottocommissione, e pertanto non si può sceverare il problema nella sua integralità sia pure formulando articoli brevissimi. Poiché si sta facendo una Costituzione alla quale non si vuole dare il vecchio volto liberale o liberista, ma un volto nuovo, è bene che un principio che esprima quest'altro volto venga espresso in questa Costituzione.

Mentre la concezione librale considera i lavoratori atomisticamente, nella nuova concezione organica del lavoro la qualifica di «lavoratore» è uno stato giuridico al quale si ricollegano diritti privati, diritti pubblici, conseguenze politiche. La relazione Pesenti alla terza Sottocommissione mette proprio a fuoco quella che dovrebbe essere la posizione del lavoro nell'ordine costituzionale, e le conseguenze che questo possibile titolo di lavoro avrebbe in tutta la vita politica e giuridica del Paese. Ritiene quindi che, se vi è un problema politico alla base della discussione, si tratta di trovare un breve articolo che fissi questo principio che serva da indirizzo alla Sottocommissione nei suoi lavori. Tale articolo dovrebbe dire che al lavoro si ricollega una serie di diritti: diritto al lavoro, oltre che dovere al lavoro, diritti che derivano dal lavoro, ecc.

Il Presidente Tupini prega l'onorevole La Pira di proporre in un secondo tempo questa sua concezione integrale e completa della posizione del lavoratore e dei diritti del lavoro.

La Pira ricorda che è stata una conquista del diritto l'affermazione della personalità giuridica come un titolo a cui si collegano tutti i diritti della persona. Non vede perché non si debba affermare anche una certa personalità giuridica ai lavoratori, a cui si colleghino tutti i diritti dei lavoratori stessi; questa sarebbe veramente una conquista costituzionale.

Mastrojanni fa rilevare che la Sottocommissione deve risolvere la questione di merito.

Il Presidente Tupini osserva che, discutendo prima la questione di merito, non si pregiudica la possibilità di venire anche ad un'affermazione del diritto dei lavoratori in senso generale.

Moro dichiara di non essere d'accordo con l'onorevole Basso circa l'opportunità di discutere soltanto principî generali, e sostiene che invece di arrivare ad una formulazione frettolosa, si debbano discutere in blocco tutti i problemi, anche in vista della loro collocazione.

Lucifero, Relatore, dichiara di essere d'accordo con l'onorevole Moro. Le osservazioni dell'onorevole La Pira sono state molto interessanti, perché hanno toccato una questione che riconferma la necessità di trattare tutto il complesso della questione. Ricorda che è stato già votato un articolo che crea la premessa di quanto è stato detto dall'onorevole La Pira. Si è stabilito che il cittadino ha diritto al lavoro ed il dovere di svolgere un'attività socialmente utile. Quindi si è già stabilito che lo Stato italiano domani sarà uno Stato di lavoratori. L'equivoco sorge sull'uso che si deve fare della parola «lavoratore». In uno Stato dove il cittadino ha l'obbligo di lavorare, la parola «lavoratore» ad un certo punto coincide con quella di «cittadino valido». Questa affermazione di principio crea un complesso di problemi che ritiene sia necessario chiarire.

Pertanto è del parere che una discussione generale sia indispensabile.

Il Presidente Tupini mette ai voti la proposta di procedere distintamente nella discussione e nell'eventuale approvazione delle varie proposizioni contenute nell'articolo generale.

(La proposta è approvata con 8 voti favorevoli e 6 contrari).

Lucifero, Relatore, ricorda che vi è una sua proposta subordinata, mirante a stabilire che si possa ritornare su quello che è già stato votato.

Cevolotto dichiara di accedere alla riserva proposta dall'onorevole Lucifero. Fa soltanto osservare l'eventualità di un pericolo: se per esempio è stata votata una determinata proposizione con una determinata maggioranza, la minoranza vedendo il giorno dopo che la maggioranza si è spostata per l'assenza di qualche Commissario, potrebbe abilmente trovare la maniera di rimettere in discussione quella proposizione e votarla nuovamente.

Caristia osserva che, prima di votare un articolo, ogni Commissario ha il modo di esporre il suo pensiero sull'argomento, e che si deve anche supporre la buona fede in ognuno dei Commissari.

Il Presidente Tupini non ritiene necessaria una votazione sulla proposta dell'onorevole Lucifero, perché tutti sono d'accordo nell'accoglierla.

Lucifero, Relatore, dichiara di insistere nel chiedere che sia messa ai voti.

Il Presidente Tupini mette ai voti la proposta dell'onorevole Lucifero.

(È approvata all'unanimità).

Pone in discussione la seguente formula presentata dal relatore Togliatti:

«È garantita a tutti i cittadini la libertà di associarsi per la difesa ed il miglioramento delle condizioni di lavoro e della vita economica.

«La legge assicura ai lavoratori il diritto di sciopero».

Apre la discussione sulla prima proposizione.

Basso dichiara di non essere contrario alla proposizione, ma ricorda che il diritto all'associazione in genere è stato già garantito con un altro articolo nella Costituzione, e teme che con la nuova proposizione si possa venire a limitare il diritto di associazione sindacale.

Chiede ai Relatori che cosa essi intendono esattamente per «miglioramento delle condizioni di lavoro e della vita economica», e se si vuole con tale espressione ridurre il diritto di associazione sindacale ad una sfera delimitata di miglioramenti. Domanda, per esempio, se il consiglio di gestione rientra nelle condizioni di miglioramento del salario.

Ritiene inoltre si debba fare un'affermazione anche nei riguardi del valore giuridico dei contratti collettivi di lavoro stipulati.

Togliatti, Relatore, osserva che la materia dei contratti collettivi di lavoro rientra nella competenza della terza Sottocommissione.

Basso fa rilevare che, poiché in questa proposizione si parla del diritto di associazione sindacale, è doveroso parlare anche dei contratti collettivi di lavoro stipulati da una di queste associazioni.

Lucifero, Relatore, risponde all'onorevole Basso, per quanto riguarda la sua prima osservazione, che nella formula proposta è contenuta l'espressione: «miglioramento delle condizioni di lavoro e della vita economica», appunto perché ci si è preoccupati di quelle rivendicazioni che non consistono in un diretto miglioramento del complesso della vita economica.

Per quanto riguarda i contratti collettivi di lavoro, dichiara di essere d'accordo con l'onorevole Togliatti, nel ritenere che si tratti di materia di competenza della terza Sottocommissione.

Moro si dichiara d'accordo con l'onorevole Basso circa la necessità di regolare la materia dei contratti collettivi di lavoro, trattandosi di una questione giuridica più che di una questione economica.

Rileva che, parlando di contratti collettivi di lavoro, si entra in una materia giuridica, e pertanto è compito della prima Sottocommissione vedere attraverso quali strumenti si attua l'accordo nella vita economica e come si regolano i Consigli di lavoro. È del parere che la prima Sottocommissione si debba occupare non solo della materia dei contratti collettivi di lavoro, ma anche del problema della personalità giuridica dei sindacati e della loro funzione di rappresentanza nei confronti degli appartenenti alla categoria. Sono problemi indissolubilmente connessi alla dichiarazione che si fa della libertà di associazione per ragioni economiche.

Per quanto riguarda l'osservazione circa i limiti della formula, se essa cioè debba essere comprensiva di tutte le possibili associazioni per gli interessi economici e riguardare, per esempio, anche gli utenti e i consumatori che possono talvolta associarsi per la difesa dei propri interessi, gli sembra che l'espressione adottata sia equivoca. L'espressione «per il miglioramento delle condizioni di lavoro e della vita economica», può ritenersi soddisfacente quando sia riferita ai lavoratori in senso stretto, ma se fosse estesa ad altra categoria potrebbe far nascere dei dubbi. Propone pertanto che essa sia emendata nel modo seguente: «per la difesa degli interessi economici».

Mastrojanni dichiara che il problema deve essere affrontato ab imis. Fino ad oggi si è affermato in modo apodittico che il lavoro è tutelato dallo Stato, che il cittadino ha il dovere e il diritto al lavoro, che deve essere data al lavoratore una giusta retribuzione con la quale possa soddisfare le esigenze proprie e della famiglia. Ora sono state prospettate situazioni particolari, le quali rappresentano piuttosto l'esercizio di un diritto che non l'affermazione di un diritto. Se si vuole giungere all'esercizio del diritto — materia che non trova la sua sede adatta nella Costituzione — l'oratore ritiene opportuno qualche chiarimento.

Domanda perciò per quali ragioni si ritiene necessario ribadire il concetto, della libertà di associarsi per la difesa ed il miglioramento delle condizioni di lavoro e della vita economica. Pensa che lo scopo sia quello di mettere in evidenza la preoccupazione costante, ed il particolare interessamento che lo Stato deve avere per garantire le condizioni dei lavoratori; ma, di fronte all'eguaglianza dei cittadini davanti allo Stato, questa particolare affermazione deve avere per lo meno un presupposto esplicativo che consenta l'inserzione di questa formula. Se il presupposto non c'è, la formula è superflua. Se poi si volesse stabilire quali sono i diritti dei lavoratori per il raggiungimento di quei fini che già sono stati assicurati con la Costituzione, tale materia troverà la sua sede naturale non nella Costituzione, ma in un Codice del lavoro.

Togliatti, Relatore, si dichiara contrario alla proposta di inserire in questa sede l'affermazione sulla validità giuridica dei contratti collettivi di lavoro conchiusi nei sindacati. Ritiene che, per arrivare a fare questa affermazione, si dovrebbe affrontare in pieno tutta la materia sindacale, materia che non è stata affrontata dai relatori perché non era stata loro assegnata e che dovrebbe essere affidata a due relatori appositi.

Ricorda che la terza Sottocommissione ha già trattato questo argomento per mezzo della relazione dell'onorevole Di Vittorio, alla cui formulazione l'oratore si è tenuto per quanto riguarda il diritto generale di associazione sindacale.

Osserva che se si dovesse entrare sul terreno della validità dei contratti di lavoro, non potrà essere trascurato il problema del riconoscimento giuridico dei sindacati; ma una discussione su questo argomento non si potrà fare in sede di formulazione di un articolo. Del resto l'oratore ritiene che la materia riguardi la terza Sottocommissione, e che alla prima Sottocommissione spetti unicamente il compito di affermare il diritto in generale dell'organizzazione sindacale e il diritto di sciopero in quanto è uno dei diritti fondamentali del lavoratore.

Alle obiezioni sollevate dall'onorevole Mastrojanni, e alla sua domanda perché si debba affermare questo diritto di associazione sindacale dopo aver già affermato il diritto di associazione in generale, risponde che si deve affermare questo diritto di associazione sindacale perché si sta scrivendo un capitolo della Costituzione che andrà sotto il titolo dei diritti economico-sociali del cittadino. È necessario quindi, in questa sede, precisare la libertà di associazione, in quanto essa viene garantita particolarmente per raggiungere l'obiettivo della difesa e del miglioramento delle condizioni di lavoro e della vita economica.

Rispondendo all'osservazione dell'onorevole Basso che nella determinazione dei suddetti obiettivi vi sia una limitazione, osserva che non si può parlare di un limite, ma piuttosto di un orientamento particolare. Si tratta di difendere e migliorare le condizioni dei lavoratori e non di peggiorarle, cioè di non far gravare sul lavoro il peso di un'organizzazione la quale impedisca il miglioramento delle condizioni di lavoro. Ora nella formulazione proposta si garantisce la libertà di associarsi per il miglioramento delle condizioni di lavoro; ma, se si costituisse un'associazione per impedire il miglioramento delle condizioni di lavoro, lo Stato dovrebbe esaminare qual è la posizione di tale associazione, e nel caso potrebbe dichiararla illegale.

Ricorda che alla Costituente francese è stato presentato un testo con il quale si progetta di garantire i lavoratori contro l'attività di associazioni che tendano a svilire il valore del lavoro e a peggiorare le condizioni dei lavoratori. In questo spirito i Relatori hanno formulato l'articolo, il quale è coerente con quanto è stato affermato fin dal primo giorno in cui la Commissione si è riunita.

Lucifero, Relatore, dichiara che, se la questione del diritto sindacale fosse stata sottoposta all'esame della prima Sottocommissione, egli avrebbe proposto di demandarla alla competenza della terza Sottocommissione, poiché è materia di regolamentazione.

Il problema sindacale è complesso ed investe la questione se debba il sindacato essere uno o plurimo. Dichiara, per suo conto, di essere favorevole al sindacato unico.

Concorda con l'onorevole Mastrojanni nel considerare l'articolo superfluo, ma fa presente di averlo accettato poiché esso portava nella Costituzione un'affermazione esplicita della libertà di associarsi sindacalmente. Ricorda che la precedente Costituzione garantiva già la libertà di associazione, e, nonostante ciò, in un determinato periodo le associazioni furono vietate. Ora, visto che la giurisprudenza insegna qualche cosa, è bene affermare categoricamente che questo genere di associazioni per la difesa e la tutela economica sono associazioni lecite e garantite dalla legge.

All'onorevole Moro dichiara che non ha difficoltà ad accettare la formula da lui proposta.

Il Presidente Tupini fa presente che l'onorevole Lucifero nella sua formulazione originaria prevedeva la difesa del diritto di associazione sindacale ed economica.

Lombardi Giovanni ritiene che, essendosi già garantito nella Costituzione il diritto di associazione per tutti i cittadini, il nuovo articolo proposto che viene a limitare quel diritto è tutt'altro che esplicativo.

Se questo articolo deve avere, come ha, una importanza, è unicamente per le associazioni sindacali. Ma allora, si voglia o non si voglia attribuire la competenza di questa materia alla terza Sottocommissione, egli pensa che non si possa fare a meno, giacché si parla di associazioni sindacali, di affermare in questa sede quei principî generali che poi saranno regolati metodicamente dalla terza Sottocommissione.

Basso dichiara di non aver difficoltà ad accettare che la questione della validità dei contratti collettivi sia demandata all'esame della terza Sottocommissione. Non è, invece, soddisfatto delle risposte date dai Relatori alla sua osservazione che la formula in discussione è talmente larga da svuotare il contenuto dell'articolo. È d'accordo con l'onorevole Togliatti che, pur essendo già garantito il diritto di associazione, un'affermazione particolare del diritto di associazione sindacale si debba fare; ma la formula proposta non risponde alla esigenza, perché in essa può rientrare qualunque società commerciale.

Fa presente che, essendosi iniziata la parte della Costituzione riguardante i diritti del lavoro con un primo articolo nel quale si enuncia il principio che l'attuale civiltà è una civiltà di lavoro, è opportuno sostituire alla parola «cittadini» l'altra «lavoratori» in modo che sia chiaro che ci si vuol riferire al diritto sindacale.

Per quanto riguarda la seconda parte dell'articolo, riconosce che il dire che le associazioni tendono al miglioramento ed alla difesa delle condizioni di lavoro e della vita economica, ha un carattere di orientamento, ma osserva che l'azione sindacale non è soltanto azione economica ed il limitarla a questo significa escluderla da molte altre possibilità. È necessaria perciò una maggiore chiarificazione.

Quindi, a suo avviso, si dovrebbe usare un'espressione comprensiva, specificando che le associazioni sindacali sono lecite, allo scopo di raggiungere tutti i fini che esse si propongono e che sono non soltanto economici.

Mastrojanni dichiara che, dovendo la prima Sottocommissione affermare questioni di principio, essa non può limitarsi a considerare uno solo di quei problemi che sono inscindibili nel loro complesso e nella vita nazionale e dello Stato. Non ci si può disinteressare dal risolvere i problemi del lavoro, prescindendo dalla posizione e dalla figura dello Stato. Occorre prima di tutto definire quali sono i rapporti in questa materia tra i lavoratori e lo Stato.

Quando il lavoratore ha il diritto di scioperare, insieme con quello di essere sovvenzionato nei casi di disoccupazione involontaria, di essere assistito nei casi in cui non per sua colpa si trovi in condizioni di non poter sopperire alla sua esistenza, di avere la giusta e dignitosa mercede, ecc., non si può non considerare coerentemente il caso di conflitti che possano sorgere tra chi esercita i suoi diritti e l'ente contro il quale questi diritti si fanno valere.

Il diritto di sciopero — come ha detto l'onorevole Togliatti — può tendere non soltanto al miglioramento economico delle classi lavoratrici, ma anche a far pesare politicamente nella vita dello Stato la forza di queste associazioni e organizzazioni, essenziali alla vita stessa dello Stato. Di fronte a questo fatto, la base su cui va impostato il problema, è quella dei rapporti tra lo Stato, il produttore, il lavoratore e tutte le altre categorie di cittadini.

Sarebbe perciò opportuno, prima di parlare dell'esercizio dei diritti, di stabilire che l'esercizio dei diritti dei lavoratori, per tutto quanto riguarda la difesa dei loro diritti e interessi morali o materiali, è devoluto agli organismi nei quali essi sono inseriti, e che sono questi organismi quelli che fanno valere i diritti stessi nei confronti dei datori di lavoro e nei confronti dello Stato. Ma la situazione giuridica dello Stato durante questi conflitti la si deve risolvere, e non si può sfuggire a questo quesito. Si è affermato che la società moderna non può accettare il liberalismo agnostico e che il problema sociale è essenziale; è d'accordo, ma in tal caso il problema del lavoro deve essere impostato tenendo presente lo Stato nella sua configurazione giuridica, economica e sociale, e nei suoi rapporti con i fattori della produzione e del lavoro; diversamente non si può coerentemente procedere oltre. Quando si discuterà dello sciopero, sarà bene sapere se il lavoratore ha il diritto di contrastare violentemente contro lo Stato, dato che lo Stato garantisce il lavoratore contro l'invalidità e la vecchiaia, gli assicura il diritto al lavoro alla giusta remunerazione per sé e famiglia, ecc.

La Pira osserva che il diritto di sciopero si esercita normalmente non contro lo Stato, ma contro il datore di lavoro.

Mastrojanni replica che se il datore di lavoro si considera subordinato di fronte allo Stato, come fa lo Stato a impegnarsi per tutelare i diritti e gli interessi dei lavoratori, senza tener conto dei diritti e degli interessi dei datori di lavoro? Lo può fare soltanto rivalendosi su coloro che producono.

In concreto, la proposta che egli avanza è che non si possa affrontare il problema trattato dall'articolo proposto dall'onorevole Togliatti e dall'onorevole Lucifero, senza prima considerare i rapporti tra lo Stato e i fattori della produzione e del lavoro. Quindi è favorevole ad una sospensiva, per lo meno pregiudiziale. Dichiara che sarebbe ben lieto, ad ogni modo, se i Relatori volessero illuminarlo sull'argomento e si augura che anche gli altri Commissari vogliano esprimere il loro pensiero in proposito.

La Pira riafferma il principio che l'associazione sindacale non è una qualsiasi associazione, ma diventa, nella concezione moderna dello Stato, un elemento strutturale dell'ordinamento sociale.

In una Costituzione è essenziale l'affermazione del diritto di queste associazioni, perché esse rappresentano un elemento strutturale del nuovo tipo di Stato. È qui che appare la diversità di concezione che c'è tra la sua tesi e la tesi dell'onorevole Mastrojanni.

Mastrojanni fa presente che egli si è limitato a fare obiettivamente diverse ipotesi, senza esprimere la sua opinione sull'argomento.

La Pira ricorda che l'onorevole Mastrojanni ha detto che non è possibile parlare del problema dell'associazione sindacale e del problema connesso dello sciopero, se prima non si affrontano i problemi relativi ai rapporti tra lo Stato e gli elementi della produzione e del lavoro. Ora, attraverso l'onorevole Mastrojanni, ritorna il problema posto all'inizio della discussione dagli onorevoli Moro, Dossetti, Lucifero ed altri. Effettivamente una premessa va fatta nei riguardi di tutta l'organizzazione del lavoro. Da questa premessa dipendono i diversi corollari. L'oratore considera risolti alcuni problemi che invece l'onorevole Mastrojanni considera tuttora aperti: per esempio, quello riguardante la preminenza del lavoro sugli altri elementi della produzione.

Mastrojanni domanda quale figura assuma lo Stato in questo problema sociale.

La Pira risponde che lo Stato deve intervenire in tutto l'ordinamento della vita sociale con una funzione stimolante ed alcune volte sostitutiva.

Dossetti osserva che l'affermazione del diritto di associazione per fini di difesa del lavoro, in tanto ha significato in quanto si distingue dalla formulazione generale del diritto di associazione, come garanzia specifica contro eventuali interpretazioni restrittive del diritto di associazione, ai fini della difesa degli interessi del lavoro.

È d'accordo con l'onorevole Basso sul fatto che la formula ha significato in quanto possa essere più circoscritta di quella presentata all'esame della Sottocommissione, e anche sull'opportunità di escogitare una formula la quale chiarisca che si tratta di un'affermazione del diritto di lavoro, e determini il fine per cui questi diritti di associazione vengono garantiti.

Togliatti, Relatore, crede di poter interpretare questo ultimo intervento dell'onorevole Dossetti come un ritorno alla sua formula originaria, che era limitata al diritto di associazione dei lavoratori.

Dossetti dichiara di preferire la formula originaria, ma osserva che, nella parte riguardante la determinazione del fine, nemmeno la formula proposta dall'onorevole Togliatti si sottrae alla censura dell'onorevole Basso, che cioè il fine sia limitato a rivendicazioni di carattere salariale o parasalariale, mentre non viene adeguatamente messo in evidenza il senso della responsabilità e la valutazione del lavoro.

Lucifero, Relatore, fa osservare che la formula è stata concepita in modo diverso appunto per darle un carattere più espressivo. È perciò favorevole alla formula concordata, e non a quella originaria dell'onorevole Togliatti.

Osserva però che anche quest'ultima potrebbe essere accettata qualora si dicesse «cittadini» e non «lavoratori». Poiché si è stabilito in un articolo della Costituzione che lo Stato italiano è uno stato di lavoratori e che tutti debbono lavorare, si intende che tutti sono lavoratori. Se si usasse il termine di «lavoratori», oltre che addentrarsi in una discussione molto vasta, si ritornerebbe sull'articolo già approvato. Sembrerebbe infatti che si voglia vietare ad alcune categorie di lavoratori il diritto di associarsi. Nel termine «lavoratori» dovrebbero rientrare anche gli industriali, perché anche per loro vige il dovere di lavorare secondo quanto è stato stabilito. Quindi ad essi non dovrebbe essere proibito il diritto di sindacarsi. Poiché dunque il termine «lavoratore» ha un significato determinato in riferimento al lavoratore manuale, è del parere che si debba dire «cittadini», dato che tutti i cittadini hanno il diritto di riunirsi nelle loro organizzazioni economiche.

Moro dichiara che occorre affrontare il problema del lavoro in quanto problema sociale e problema economico. Ha l'impressione che, dopo la triste esperienza degli ultimi anni, vi sia una certa tendenza a tornare in qualche modo indietro, cioè a respingere fuori dalla regolamentazione giuridica materie che per un naturale progresso civile erano state a mano a mano sottratte alla libertà arbitrale e portate verso il campo dei diritti. Era questo un progresso per cui finalmente la materia del lavoro non era più affidata alla libertà arbitrale dei singoli, ma era portata nel campo della regolamentazione giuridica, col principio che lo Stato non regola soltanto le generalissime condizioni di esercizio della libertà individuale, ma interviene in materia economica sociale in una misura e per dei fini che si possono e si devono determinare. Quindi ritiene che, pur essendo tutti d'accordo sulla necessità di stabilire quello strumento di libertà che è il sindacato per la tutela dei diritti dei lavoratori, si debba domandare se il lavoro della Sottocommissione, che ha una certa sua autonomia, non risulterebbe insignificante, se a questo punto non si affermasse anche quello che deve essere il principio ispiratore della futura legislazione sul lavoro e che deve offrire lo strumento per risolvere i problemi del lavoro.

In una precedente discussione si è accantonato un articolo in cui si parlava di una pianificazione dell'economia, perché è stato osservato che si trattava di una materia da discutere a fondo. Ma forse in quella questione, per il momento accantonata, rientrava l'esigenza da parte della collettività di armonizzare i conflitti di carattere economico che possono sorgere, per esempio, tra lavoratori e consumatori. Non ci si deve fissare sui conflitti tra datori di lavoro e lavoratori, ma si deve guardare alla vita economica, la quale è fatta di urti e di interessi tra uomini, alla funzione giuridica della collettività, che è quella di creare le condizioni di armonia per la vita economica.

In definitiva, la collettività deve intervenire allo scopo di regolare gli urti che avvengono tra gli uomini, soprattutto in materia economica. Esprime il parere che la Costituzione della nuova Italia non può prescindere dal risolvere organicamente questo problema e rivendica alla prima Sottocommissione il compito di affermare che la nuova Italia, in così larga parte socialcomunista e così in larga parte democristiana, è orientata nel senso di un effettivo progresso sociale. Oggi si deve creare una realtà nuova, cioè uno Stato di popolo; ma a questo Stato si devono attribuire dei poteri, in modo che esso possa rappresentare la sua funzione armonizzatrice e coordinatrice ed esercitare tutti quegli interventi nell'ambito della vita economica che sono essenziali per dare ordine e stabilità all'organizzazione sociale.

Cevolotto chiede la chiusura della discussione generale.

Il Presidente Tupini mette ai voti la proposta dell'onorevole Cevolotto.

(È approvata).

Il Presidente Tupini riassume la discussione, rilevando che tutti si sono trovati d'accordo sul principio che il diritto di organizzazione sindacale debba essere riconosciuto dalla Costituzione. I dissensi sono affiorati solo sul modo di esprimere questo concetto; vale a dire come articolare in termini precisi il diritto di organizzazione sindacale riconosciuto a tutti i cittadini.

Nei riguardi della formula primitiva presentata dall'onorevole Togliatti, osserva che il termine isolato di «lavoratori» offre il fianco ad una interpretazione unilaterale e restrittiva di esso, cioè limitatamente ai soli lavoratori manuali e con esclusione di quelli intellettuali, tecnici, ecc.

Comunica a questo punto che l'onorevole Lombardi ha proposto la seguente formula: «Tutti i lavoratori hanno diritto ad associarsi per la difesa ed il miglioramento delle proprie condizioni di lavoro e di vita»; ma dichiara di non aderire né a questa né alle altre presentate e ne propone una sua così concepita: «Il diritto di organizzazione sindacale è garantito».

Fa osservare che questa formula risolve, a suo avviso, tutte le difficoltà prospettate dai vari oratori e lascia impregiudicata ogni ulteriore precisazione della questione in sede legislativa, dove potrà anche farsi luogo al riconoscimento giuridico dei sindacati e di speciali norme sull'arbitrato obbligatorio e sui contratti collettivi di lavoro.

Basso propone una formula così concepita: «È garantita a tutti i lavoratori la libertà di associarsi per la difesa e il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita e per una maggiore partecipazione alla gestione della produzione».

Togliatti, Relatore, domanda all'onorevole Basso se egli non ritenga che, con l'attribuire ai sindacati il compito di accrescere la partecipazione dei lavoratori alla gestione della produzione, si venga a scivolare su un terreno che non è competenza della prima Sottocommissione, ma è quello del sindacalismo classico, il quale asserisce che attraverso il sindacato si riesce a prendere nelle mani la gestione della produzione. Ricorda infine che la dottrina marxista afferma che è attraverso la conquista del potere dello Stato che si attua questa gestione.

Basso osserva che non è il sindacato che partecipa alla gestione, bensì sono i lavoratori organizzati nel sindacato, i quali possono sviluppare questa organizzazione per affermare lo sciopero.

Togliatti, Relatore, accetta, presa in questo senso, la formula dell'onorevole Basso.

Dossetti dichiara di accettare la formula del Presidente, perché, nei termini lapidari in cui viene proposta, comprende tutto.

Non si sentirebbe di accettare la formula dell'onorevole Basso, perché desidererebbe approfondire alcuni rilievi fatti dall'onorevole Togliatti. Evidentemente, con la formula Basso si viene ad attribuire all'associazione sindacale una funzione che è quella sindacale della tutela del lavoratore in contrapposizione al datore di lavoro.

Merlin Umberto si dichiara favorevole alla formula proposta dal Presidente in quanto più semplice, più generica e comprende tutti i concetti. Fa osservare che ormai nella vita del Paese, si riconosce il diritto all'esistenza del sindacato. Non c'è bisogno di dire «per la difesa e il miglioramento delle condizioni di lavoro», perché nella natura del sindacato c'è precisamente questa funzione.

Basso dichiara di accettare la formula del Presidente e pertanto di ritirare la sua.

Dossetti fa presente che, a suo parere, l'organizzazione rappresenta un ulteriore gradino rispetto all'associazione, epperciò dovrebbe prima venire il diritto all'associazione e poi l'associazione particolarmente organizzata.

Il Presidente Tupini ricorda che la parola «organizzazione» era contenuta nella sua prima formula. Quanto all'aggiunta proposta dall'onorevole Togliatti, concernente il diritto di sciopero, fa osservare che ci si è riservati di discutere tale questione in un secondo tempo, e questo fa presente non perché sia contrario al diritto di sciopero, ma perché pensa che tale problema possa formare oggetto di un'altra proposizione.

Lucifero, Relatore, dichiara che il termine organizzazione è stato usato una volta sola a proposito delle organizzazioni che perseguono fini politici mediante organizzazioni militari. Preferirebbe perciò il termine «associazioni», in quanto non vorrebbe che, per analogia, ci si richiamasse all'unica volta che è stato usato questo termine.

Il Presidente Tupini accetta di formulare la sua proposta in questi termini: «Il diritto di associazione e di organizzazione sindacale è garantito».

Basso preferirebbe mettere prima la parola «organizzazione».

Il Presidente Tupini, allo scopo di evitare complicazioni, dichiara di ritornare alla sua primitiva formula:

«Il diritto di organizzazione sindacale è garantito»,

e la mette ai voti.

Lucifero, Relatore, si dichiara costretto a votare contro la proposta così come è formulata, in quanto non può ammettere che un interprete in mala fede possa un giorno sostenere che, poiché è proibito associarsi ai fini politici con organizzazioni militari, questo sia consentito ai fini sindacali.

Mastrojanni dichiara di votare contro, non perché non riconosca il diritto ai lavoratori di associarsi, ma perché tale diritto è già stato sancito e perché, ripetuto in questa sede, costituisce la premessa da cui far scaturire l'affermazione dell'esercizio dei diritti. Tale esercizio, attraverso le forme procedurali anche materiali e attuose che saranno riconosciute, deve trovare posto, a suo avviso, in sede adatta e meglio in un Codice del lavoro.

Vota contro altresì, perché il problema deve essere affrontato e discusso nella sua complessità, vastità ed importanza, tenendo presenti i rapporti tra lo Stato e i suoi amministrati, in essi ovviamente compresi gli elementi della produzione e del lavoro. L'integralità del problema non consente parziali discussioni in limitati settori. Questa Sottocommissione deve limitarsi ad affermare i principî generali, lasciando alla terza Sottocommissione di progettare l'inquadramento costituzionale e giuridico del problema.

(La formula proposta dal Presidente è approvata con 10 voti favorevoli e 2 contrari).

[La seduta prosegue con la discussione sul diritto di sciopero. Si rimanda pertanto al commento all'articolo 40 per il resoconto della parte restante della discussione.]

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti