[L'11 ottobre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sui principî dei rapporti sociali (economici).

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 39 per il testo completo della seduta.]

Togliatti, Relatore. [...] Viene poi la questione del diritto di sciopero. Non vi è stato dissenso fra i correlatori circa l'affermazione che la legge assicura ai lavoratori il diritto di sciopero. Il dissenso è sorto su una questione subordinata, e precisamente sul diritto di serrata e sugli eventuali limiti del diritto di sciopero. A tale riguardo, nega che si possano mettere sullo stesso terreno il lavoratore ed il proprietario dei mezzi di produzione, per quanto riguarda la messa a disposizione della collettività dei mezzi materiali di produzione.

Osserva che da parte dell'onorevole Lucifero veniva presentata una formula che tendeva a limitare il diritto di sciopero, senza dire a quale organismo od organo del potere esecutivo o del potere legislativo era data facoltà di dichiarare illegali determinati scioperi, i quali turbassero l'ordine pubblico o l'ordinario svolgimento della vita economica e politica dello Stato.

Da parte dell'onorevole Dossetti, poi, era stata presentata una eguale esigenza, ma in forma molto attenuata. Ritiene che l'onorevole Dossetti volesse limitarsi a mettere in dubbio il diritto di sciopero illimitato per determinate categorie di funzionari dello Stato. Quindi il concetto dell'onorevole Dossetti non è quello dello sciopero che intralci l'ordinato svolgimento della vita economica, quale era l'intendimento dell'onorevole Lucifero.

Dichiara sua convinzione che non possa esser messo alcun limite al diritto di sciopero, perché se si dà facoltà di dichiarare illegale uno sciopero che turbi l'ordine pubblico o l'ordine economico anche gravemente, in realtà si viene a proibire il diritto di sciopero. A suo parere lo sciopero non è soltanto il fatto del lavoratore che non lavora perché il salario, o determinate altre condizioni di lavoro non lo soddisfano, ma l'organizzazione dell'astensione collettiva dal lavoro allo scopo di strappare migliori condizioni di retribuzione e migliori condizioni economiche in generale per i lavoratori. Quindi nello sciopero interviene sempre una determinata minaccia, prodotta dai lavoratori attraverso la loro associazione, per far sentire il peso del lavoro organizzato nella determinazione dei rapporti economici tra lavoratori e datori di lavoro. Qualora si affermi che, se lo sciopero turba gravemente l'ordine pubblico, o intralcia l'ordinato svolgimento della vita economica, lo Stato può dichiararlo illegale, si viene a negare la possibilità di sciopero perché si toglie ad esso il suo contenuto. Per questo ritiene che non debba essere messo un limite al diritto di sciopero.

Per quanto riguarda determinati funzionari dello Stato, a suo parere il problema è quasi irrilevante, perché uno sciopero di alti funzionari dello Stato è in fin dei conti molto meno grave di uno sciopero di mietitori alla vigilia della mietitura delle messi in quanto quest'ultimo è lo sciopero di una categoria che ha un peso particolare nella vita del Paese. D'altra parte i mietitori non potrebbero organizzare il loro sciopero per strappare determinate retribuzioni, o risolvere a loro favore altre questioni economiche, se al diritto di sciopero venissero posti limiti.

Con questo non si vuole intendere che, in uno Stato bene ordinato e democratico, il Governo non abbia il dovere e il diritto di intervenire per evitare lo sciopero; ma deve intervenire facendosi parte diligente per avvicinare le due parti in contrasto e trovare una via d'uscita.

[...]

Dossetti dichiara che l'onorevole Togliatti ha riferito esattamente il contenuto specifico dello scambio di vedute avutosi ieri fra i tre correlatori. È vero che vi è accordo sulla prima dichiarazione; è vero anche che vi è un relativo disaccordo sui limiti da definire in ordine al problema del diritto di sciopero; ma precisamente questo disaccordo, sul quale i tre correlatori hanno avuto la possibilità di scambiare le loro idee, ha dimostrato che vi è la necessità di impostare in maniera più generale tutto il problema della disciplina del lavoro. In una certa misura anche la prima parte deve essere esaminata, non perché si debba ritornare indietro, in quanto su questo l'accordo è stato conseguito, ma perché vi sono elementi che vanno coordinati con altri che invece rappresentano il punto di dissenso.

Mentre si dichiara d'accordo nell'accettare il principio del diritto di sciopero come affermazione da inserire nella Carta costituzionale, ritiene che questo riconoscimento debba essere connesso con determinate modalità che riguardano tutta la materia della posizione del lavoro, nell'ambito costituzionale dello Stato. Per questo motivo è d'avviso che fare delle affermazioni senza avere avuto possibilità di approfondire certi sviluppi connessi con altri argomenti, sia pericoloso, perché si rischia di rinviare dei contrasti che non vennero approfonditi al momento opportuno, i quali resterebbero insoluti e potrebbero portare i Commissari a fare delle affermazioni con un significato nettamente differenziato. Propone, quindi, che la discussione del problema sia fatta congiuntamente a questioni che sono state già considerate, ma che sono strettamente connesse con questa.

[...]

[Dopo l'approvazione del testo relativo al diritto di associazione sindacale, la seduta prosegue sul tema del diritto di sciopero.]

Il Presidente Tupini pone in discussione l'altra proposizione: «La legge assicura ai lavoratori il diritto di sciopero».

Lucifero, Relatore, dichiara che senza dubbio si deve ammettere il diritto dei lavoratori di servirsi dell'arma dello sciopero per difendere i loro interessi, ma non si deve negare agli altri fattori della produzione il diritto di poter difendere anch'essi i propri interessi.

Se si deve ammettere l'esistenza di uno Stato classista, concezione che l'oratore non accetta, non è giusto che si debba porre una classe alla mercé dell'altra, senza una possibilità di difesa.

Togliatti, Relatore, domanda all'onorevole Lucifero se non ammette il diritto di sciopero quando questo diritto non sia limitato.

Lucifero, Relatore, dichiara di ammettere il diritto di sciopero come un'affermazione di principio.

Togliatti, Relatore, osserva che, allora, l'onorevole Lucifero potrà votare l'affermazione del principio generale con una riserva.

Lucifero, Relatore, dichiara che egli voterà a favore dell'affermazione del diritto di sciopero, perché è convinto che esso debba esservi; però deve fare fin dal principio la riserva che il suo voto non può significare il riconoscimento di una sperequazione, di uno squilibrio nella vita economica del Paese. Fa presente che lo Stato non interviene per decidere se lo sciopero possa essere pericoloso e debba cessare, ma ricorda che proprio in questi giorni è stato prospettato l'intervento dello Stato sotto la forma dell'arbitrato obbligatorio.

Mastrojanni dichiara che non è in grado di interloquire sull'argomento, fino a quando non sarà stato comunicato se deve essere sottoposta all'esame della Sottocommissione la questione del contratto collettivo di lavoro, di cui prima si è fatto cenno. Siccome fondamentalmente si deve presumere che il contratto collettivo di lavoro, secondo la sua essenza giuridica, è l'accordo di due o più persone per costituire, regolare o sciogliere un vincolo giuridico, l'esecuzione di questo contratto non può essere lasciata all'arbitrio od alla violenza.

Si riserva di intervenire sull'argomento quando avrà appreso in quali termini sarà redatta la formulazione del contratto collettivo di lavoro.

Cevolotto fa presente che sulla proposta riguardante il diritto di sciopero si può essere tutti d'accordo, e forse sarebbe inutile metterla in votazione. Però nota che vi sono successivamente delle proposte di aggiunta o di limitazione che devono essere esaminate una alla volta. Per esempio l'onorevole Lucifero domanda che sia riconosciuto il diritto di serrata e anche su questo punto si dovrà discutere. Successivamente, lo stesso onorevole Lucifero ha proposto altre limitazioni che si riferiscono al diritto dello Stato di intervenire per dichiarare illegali quegli scioperi che siano pregiudizievoli all'ordine pubblico e all'economia, e anche su questo è necessaria una discussione. L'onorevole Merlin da parte sua ha preannunciato già fin da ieri un'altra sua proposta aggiuntiva, che riguarda il divieto dello sciopero nei pubblici servizi e la sostituzione ad esso dell'arbitrato obbligatorio. Gli sembra che non ci sia nessuna difficoltà a procedere nella discussione in questo senso.

Merlin Umberto dichiara di essere favorevole alla formula proposta dall'onorevole Togliatti. Rileva infatti che su questo punto non c'è discrepanza tra le varie scuole. Però ritiene che sia necessario di aggiungere nella Costituzione il pensiero della Sottocommissione per quanto riguarda lo sciopero dei servizi pubblici. Vuole alludere allo sciopero dei pompieri, degli addetti agli ospedali, degli infermieri, ecc. Non crede che uno Stato possa ammettere lo sciopero di queste categorie di lavoratori, perché altrimenti bisognerebbe anche ammettere lo sciopero dei carcerieri, degli agenti di polizia e dei carabinieri. Si domanda che cosa resterebbe di uno Stato il quale non avesse più neanche un corpo di polizia a cui impartire ordini.

Afferma che nello stesso momento in cui nella Costituzione viene affermato il diritto di sciopero, si deve dichiarare che lo sciopero nei pubblici servizi è vietato. Ritiene che a questo concetto si debba associare anche l'onorevole Togliatti (a meno che egli non voglia rispondere che quanto succede in Russia non può essere applicato in Italia), perché in Russia è vietato in modo assoluto lo sciopero nei pubblici servizi, anzi non lo si concepisce neanche nei rapporti di diritto privato. Dichiara che egli non fa una questione di difesa di una classe, ma soltanto di difesa dello Stato come rappresentante di tutte le classi.

E poiché ai dipendenti dello Stato non sarebbe offerta alcuna difesa per la tutela dei loro interessi, è del parere che debba essere ad essi riconosciuta questa difesa sotto la forma dell'arbitrato da parte dello Stato. Ritiene che l'unica soluzione che si possa accettare sia quella dell'arbitrato obbligatorio.

Conclude proponendo la formula seguente, che dovrebbe essere aggiunta a quella proposta dall'onorevole Togliatti: «Lo sciopero nei pubblici servizi è vietato. Leggi particolari concederanno a coloro che danno la loro opera a tali servizi, mezzi adeguati per la tutela dei loro diritti».

Togliatti, Relatore, fa osservare all'onorevole Merlin che in Russia non esiste nessuna disposizione costituzionale la quale vieti lo sciopero né nelle aziende, né nei pubblici servizi.

Dossetti nota che non si parla in Russia di sciopero, neanche per garantirlo costituzionalmente.

Togliatti, Relatore, conferma che nella Costituzione russa non si parla del diritto di sciopero. Pertanto egli sarebbe favorevole a non mettere il diritto di sciopero neppure nella Costituzione italiana, qualora però essa contenesse tutte le altre affermazioni che sono contenute nella Costituzione sovietica, e fra l'altro quella che tutti i mezzi di produzione sono socializzati.

Ricorda che la Costituzione sovietica è una Costituzione socialista, e quindi non può ammettere il diritto di sciopero che è un diritto fatto valere in una società che non è socialista.

Fa però osservare che anche in una società socialista lo sciopero può essere ammesso, quando ci si trovi in un periodo organizzativo.

Dalla Costituzione russa non si può argomentare nulla, oppure si potrebbe argomentare qualche cosa se si potesse organizzare una società nella quale i lavoratori non avessero bisogno di ricorrere allo sciopero per soddisfare quelle che sono le esigenze di migliori condizioni per l'esistenza.

Circa l'osservazione che si dovrebbe limitare il diritto di sciopero nei pubblici servizi, si domanda per quale ragione si dovrebbe introdurre una tale limitazione. Vorrebbe che si definisse che cosa è un pubblico servizio. Nota che l'onorevole Merlin ha dato una serie di esempi dei servizi che possono sembrare essenziali per la vita di una nazione, ma l'oratore potrebbe dire che vi sono anche altri servizi ed altre forme di lavoro, altrettanto essenziali. Cita, ad esempio, uno sciopero dei mietitori in Puglia alla vigilia del giorno in cui le messi sono mature e potrebbero venire abbattute e distrutte da un temporale improvviso. Si domanda se questo lavoro dei mietitori non debba considerarsi un pubblico servizio.

Questa osservazione lo porta a concludere che il Governo dovrà fare attenzione a che non avvengano scioperi nei servizi che rivestono un pubblico interesse; dovrà cioè garantire determinate condizioni, andare incontro a determinate categorie di lavoratori, organizzare il lavoro di queste categorie, seguire insomma tutta l'organizzazione del lavoro. Ma negare a questi lavoratori il diritto di scioperare vuol dire metterli nelle condizioni di non avere nessuna arma di difesa per il lavoro.

Di ciò egli fa una questione di principio e non una questione di organizzazione di servizi.

Il diritto di sciopero è un diritto inalienabile di colui che lavora, il quale ha il diritto di organizzarsi e far valere il peso della sua organizzazione per ottenere quelle condizioni che siano adeguate alle esigenze della propria esistenza. Questo diritto non può essere limitato in alcuna materia; spetterà a chi governa di fare in modo che le condizioni di lavoro di particolari categorie siano tali per cui questo diritto di sciopero non debba mai venire esercitato.

Merlin Umberto riconosce che il Governo deve prevenire lo sciopero di determinate categorie di lavoratori, dando condizioni sufficienti di vita a tutti i suoi dipendenti. Però in molte situazioni ciò non è possibile. Il Governo può, se vuole, battere moneta e raddoppiare gli stipendi dei suoi impiegati. Se si rifiuta, è perché ci sono ragioni superiori di interesse della collettività per cui ritiene di non poterlo fare, oppure ritiene che se raddoppiasse la moneta ci si verrebbe a trovare in un circolo vizioso per il conseguente aumento dei prezzi.

Tutti sono d'accordo che si debba prevenire, ma si deve anche considerare il carattere speciale del rapporto di impiego; i doveri, i diritti ed i vantaggi particolari del dipendente dello Stato. Inoltre l'impiegato è parte stessa dello Stato, di cui costituisce la spina dorsale. Perciò si potrà ammettere che egli faccia valere i suoi diritti, che abbia un tribunale arbitrale obbligatorio, ma bisogna negare che, in queste circostanze speciali, possa esercitare il diritto di sciopero.

Cevolotto ritiene che si sia anticipata la discussione su argomenti che dovranno essere esaminati in un secondo momento e propone che la seduta sia rinviata.

Il Presidente Tupini riassumendo la discussione, propone un suo articolo sostitutivo a quello dell'onorevole Togliatti del seguente tenore:

«Lo sciopero è ammesso, tranne che nei servizi di pubblica utilità e di pubblica difesa».

Ma poiché l'ora è tarda, ne rinvia la discussione alla prossima riunione.

 

PrecedenteSuccessiva

Home

 

 

A cura di Fabrizio Calzaretti