[Il 15 ottobre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sui principî dei rapporti sociali (economici).]

Il Presidente Tupini ricorda che nell'ultima riunione fu approvata la prima parte dell'articolo, che è oggi in discussione, la quale dice: «Il diritto di organizzazione sindacale è garantito». Approvata questa prima parte, si iniziò la discussione sul diritto di sciopero, previsto dalla formula dell'onorevole Togliatti, la quale si esprimeva nei seguenti termini: «La legge assicura ai lavoratori il diritto di sciopero». In fine di seduta egli propose alla Commissione la seguente formula: «Lo sciopero è ammesso, tranne che nei servizi di pubblica utilità e di pubblica difesa».

Togliatti, Relatore, si dichiara contrario alla formula proposta dal Presidente. Il diritto di sciopero significa il diritto del lavoratore di scioperare, cioè di organizzare l'astensione collettiva dal lavoro per riuscire a ottenere migliori condizioni di esistenza e di trattamento. La formula «Lo sciopero è ammesso...» non ha lo stesso contenuto della formula positiva adottata nella sua proposta. Inoltre la formula proposta dal Presidente contempla una restrizione del diritto di sciopero, escludendone gli addetti a servizi di pubblica utilità e di pubblica difesa. In tal modo la formula, già di per sé restrittiva, lo diviene ancora di più, venendo a negare praticamente il diritto di sciopero, perché, in determinate circostanze, qualsiasi attività economica può risultare di pubblica utilità. Quanto poi alla pubblica difesa, tutta l'industria di guerra ha riferimento con la pubblica difesa. Ora si vuol proibire lo sciopero nella industria della guerra? Comprende questo divieto per il caso di guerra; ma in tempo di pace l'industria di guerra è quella in cui si può più liberamente scioperare, poiché essa non soddisfa a bisogni immediati della collettività. L'estensione del divieto di scioperare all'industria di guerra può comprendere quasi tutte le categorie della metallurgia, della siderurgia e dei tessili, e molte altre industrie, perché basterà un'ordinazione del Ministero della guerra per tramutare un'industria in servizio di pubblica difesa.

Per questi motivi insiste nella sua proposta: «La legge assicura ai lavoratori il diritto di sciopero».

Questa formula potrebbe essere fusa con quella precedentemente approvata in modo da dire: «Il diritto di organizzazione sindacale e di sciopero è garantito». Di questo fa una proposta formale.

Il Presidente Tupini desidera chiarire il concetto di «pubblica difesa» che egli aveva introdotto nella sua formula. In esso non sono compresi soltanto quei casi ai quali ha fatto riferimento l'onorevole Togliatti, ma tutto ciò che riguarda la difesa nelle pubbliche calamità attraverso i servizi organizzati dei vigili dl fuoco, degli infermieri, della polizia, ecc.

Mancini si dichiara contrario alla proposta formulata dal Presidente, mentre aderisce a quella dell'onorevole Togliatti, di aggiungere, cioè, al diritto di organizzazione sindacale il diritto di sciopero.

Ritiene che il diritto di organizzazione sindacale, senza un connesso diritto di sciopero, non avrebbe importanza. Il lavoratore si organizza a scopo di difendersi. La difesa non può essere che lo sciopero. Il diritto di sciopero deve essere concesso nel modo più illimitato.

Non ritiene, perciò, accettabili le limitazioni proposte dal Presidente. Se i casi che si vogliono escludere riguardano particolari momenti della vita collettiva in cui sia necessario il funzionamento di tutti i pubblici servizi, quali per esempio i casi di terremoto e di epidemie, ritiene superflua la limitazione del diritto di sciopero, perché essa sonerebbe come un'offesa a chi lavora. In casi del genere, il lavoratore non proclama mai lo sciopero, perché sente vivamente la sua responsabilità ed ha un elevato senso di civismo.

Per le ragioni esposte dichiara di accettare la formula proposta dall'onorevole Togliatti.

Mastrojanni ricorda che nell'ultima riunione aveva già osservato che, per discutere sul diritto di sciopero, si sarebbe dovuto prima stabilire quale è la posizione dello Stato e in qual modo si sarebbe considerato il suo intervento nei confronti di tutti i fattori della produzione e del lavoro. Solo attraverso una precisazione di questi rapporti sarebbe stato possibile un orientamento preciso.

Di fronte ad uno Stato liberale ed agnostico, non avrebbe nulla da obiettare circa il diritto di sciopero più illimitato; ma dal momento che è stato affermato l'obbligo dello Stato ad intervenire per garantire a tutti il diritto al lavoro e ad una equa retribuzione, è da stabilirsi se possa essere consentito al cittadino di far valere le sue ragioni attraverso uno sciopero, che, in questi casi, avrebbe il significato dell'esercizio di un diritto eventualmente leso da parte dello Stato. Per queste ragioni è necessario considerare l'incongruenza in cui si cadrebbe affermando il diritto di sciopero senza alcuna limitazione. Ritiene perciò che il diritto di sciopero contro lo Stato non possa, allo stato degli atti, essere preso in esame.

La Pira è del parere che effettivamente il diritto di sciopero è un diritto della persona, e che quindi esso vada affermato in maniera più assoluta di quanto non faccia la formula proposta dal Presidente. Dichiara però, divergendo dall'onorevole Togliatti, di ritenere che il diritto di sciopero vada in qualche modo limitato. Ricorda che tutte le Costituzioni moderne pongono dei limiti a questo diritto. Il primo progetto francese, per esempio, diceva: «Il diritto di sciopero è riconosciuto a tutti nell'ambito delle leggi che lo disciplinano». Inoltre, se si considera uno Stato socialista, in esso lo sciopero automaticamente sparisce.

Togliatti, Relatore, osserva che sparisce come fatto.

La Pira replica che lo sciopero resta come diritto, ma non viene menzionato nella Costituzione. Lo sciopero è un atto di rivendicazione, non soltanto economica ma politica. Man mano che si costruisce uno Stato adeguato alle esigenze della classe lavoratrice, dando ad essa il posto che le spetta, si attenua l'esercizio del diritto di sciopero in certi settori dove è più vitale l'interesse pubblico.

Lucifero, Relatore, fa presente lo spirito della Costituzione che si sta elaborando, e ricorda come essa tenda a garantire gli interessi economici del lavoratore.

Lo sciopero si rivolge — come ha detto l'onorevole Mastrojanni — ad un certo punto contro lo Stato, in quanto il lavoratore, o più precisamente l'organizzazione che lo rappresenta, non ritiene che lo Stato abbia ottemperato a quei precisi doveri che gli sono stati imposti dalla Costituzione. La questione riveste, allora, un carattere nuovo, perché nuova è la concezione a cui la Costituzione si è ispirata, con statuizioni che non sono state tutte da lui approvate, ma che sono state ormai introdotte nella Costituzione stessa, la quale ha assunto un carattere particolare di intervento economico e sociale nella vita dei singoli e delle collettività da parte dello Stato. È evidente, allora, che il concetto di sciopero assume un contenuto nuovo, poiché non è più il conflitto diretto tra il datore di lavoro ed il lavoratore, in quanto vi è un intervento costituzionale dello Stato. Il conflitto si può aprire anche nei confronti dello Stato stesso che non abbia ottemperato ai suoi obblighi derivanti dalla Costituzione. Ecco perché egli appoggiò precedentemente la proposta dell'onorevole Dossetti, di studiare prima in tutta la sua complessività il problema. Lo sciopero che potrà avvenire nell'ambito della presente Costituzione ha una natura profondamente diversa dallo sciopero che poteva avvenire sotto l'impero della precedente Costituzione Albertina.

Il problema va affrontato perciò da un punto di vista nuovo. La Sottocommissione ha stabilito dei concetti nuovi, e poi, non abituata a questi nuovi concetti, ha cominciato a parlare nella vecchia lingua di quando lo Stato non si interessava dei problemi del lavoro. Ora in tutto questo vi è una profonda incoerenza. Se si accettano i principî nuovi stabiliti nella Costituzione, bisognerà parlare una lingua nuova, avere cioè delle concezioni nuove adeguate ai principî nuovi stabiliti nella Costituzione. Esaminato da questo punto di vista, lo sciopero è atto contro lo Stato, diventa un atto rivoluzionario se lo Stato non adempie ai suoi doveri; ma è sempre un atto contro lo Stato. Si deve perciò vedere come e in qual modo si possa stabilire un equilibrio in questo conflitto, che non è più un conflitto tra due categorie, datori di lavoro e lavoratori, nel quale lo Stato può esercitare un'azione mediatrice, ma conflitto nel quale lo Stato stesso è parte in causa. Questa è la parte nuova della Costituzione ed il nuovo concetto di sciopero. Lo sciopero deve essere ammesso, ma circoscritto ai conflitti tra datori di lavoro e operai, escludendo i conflitti tra lavoratori e Stato. Per questi motivi, nella relazione presentata alla Sottocommissione, egli aveva configurato l'intervento dello Stato nel componimento delle vertenze del lavoro e aveva prospettato limitazioni al diritto di sciopero in alcuni casi.

Ritiene che, ricollegandosi anche a quanto ha detto l'onorevole Togliatti, non si possa parlare di servizi di pubblica utilità e di servizi di pubblica difesa, perché in determinati momenti ogni attività economica che produce beni è di pubblica utilità per il solo fatto che produce questi beni. Perciò si deve stabilire che vi possono essere, non categorie diverse di lavoratori, ma situazioni nelle quali deve essere dichiarata la illegalità dello sciopero. Ritiene pertanto che vada esaminata a fondo la questione, anche nelle sue connessioni col nuovo spirito nel quale la Costituzione vede i problemi del lavoro, e che si debba limitare molto il diritto di sciopero in uno Stato che ha assunto nei confronti dei lavoratori così grandi responsabilità ed obblighi. In questo nuovo Stato lo sciopero cambia natura, e si può arrivare alla conclusione che esso debba essere demandato al codice e alla legislazione ordinaria, in quanto è l'esercizio di un diritto. Di questo fa proposta formale.

Il Presidente Tupini domanda all'onorevole Lucifero se egli insiste anche sulla proposta di includere nella Costituzione il diritto di serrata.

Lucifero, Relatore, risponde che, nel nuovo Stato delineato dalla Costituzione, sciopero e serrata vengono a coincidere, in quanto lo Stato è Stato di lavoratori ed il lavoro non è solo un diritto ma anche un dovere. Tutti i cittadini, quindi, sono lavoratori, dal consigliere delegato di una società industriale all'operaio. Perciò lo sciopero deve essere riconosciuto e all'operaio dirigente e a quello subordinato. Ritiene che tutta questa materia non sia materia costituzionale, come non erano materia di Costituzione altri argomenti che sono stati inseriti nella Costituzione per misura, per così dire, precauzionale e preventiva. In secondo luogo, dato il carattere nuovo della Costituzione che si va formando, proseguendo nel lavoro la Commissione si troverà molto imbarazzata a sistemare nella Costituzione proposizioni del genere.

Pertanto ritiene che, o si rimanda tutta la materia dello sciopero alla legislazione ordinaria, anche senza un rinvio esplicito, o si deve sospendere la discussione per poi ritornare sull'argomento quando sarà stata più chiaramente affermata tutta la linea della Costituzione, e si potrà vedere dove questa materia può essere inserita.

Dichiara di presentare, come proposta concreta principale, il rinvio alla legislazione ordinaria del diritto di sciopero senza parlarne in sede costituzionale, poiché è chiaro che, avendo riconosciuto il diritto di organizzazione sindacale, tutti i diritti che ne conseguono sono impliciti. In via subordinata, propone di sospendere la discussione fino a quando non si profilerà in maniera più chiara la struttura dello Stato, affinché si possa sapere come classificare il fenomeno dello sciopero inquadrato nella nuova configurazione dello Stato.

Il Presidente Tupini dichiara di ritenere che la seconda proposta dell'onorevole Lucifero possa divenire la principale, nel senso che debba essere discussa e deliberata prima di procedere oltre nella discussione.

Moro ritiene che si debba dare corso, per ora, alla discussione, salvo poi a riprendere in esame la sospensiva proposta dall'onorevole Lucifero, quando la discussione avrà chiarito il parere dei Commissari in ordine a una materia così grave e delicata.

Il Presidente Tupini domanda ai Commissari se sono del parere che in ogni caso si debba continuare nella discussione generale.

Lucifero, Relatore, ritiene che sia utile continuare ad esaminare la questione, poiché si tratta di una materia nuova da inquadrare in una nuova costruzione statale, nella quale ogni istituto assume un aspetto nuovo.

Lombardi Giovanni osserva che il diritto di sciopero, come quello di organizzazione sindacale, non può essere soggetto a limitazioni senza essere distrutto nel principio. Ogni limitazione che voglia obbedire a ragioni di dubbio interesse, non può che contrastare col diritto imprescrittibile della organizzazione operaia di difendere la sua esistenza morale, politica ed economica. Per queste ragioni, propende per l'affermazione pura e semplice del diritto di organizzazione sindacale e del conseguente diritto di sciopero, né pensa, come l'onorevole Lucifero, che questo sia in contraddizione con ciò che è già stato fatto, perché non si sta costruendo uno Stato che, a somiglianza di un certo Stato filosofico hegeliano, deve inghiottire tutte le manifestazioni sociali e tutte le divergenze delle classi, ma si sta costruendo uno Stato democratico nel quale il diritto del padrone deve equivalere a quello dell'operaio. Se così è, l'operaio non può essere limitato in questo suo diritto che è sacro come un diritto naturale, perché è l'unica arma che ha il lavoro contro lo Stato. Si deve inoltre tener presente che lo sciopero può avere infinite ragioni di essere; può avvenire per ragioni politiche, per ragioni etiche, per una dichiarazione di guerra, per un contratto fatto con uno Stato estero che dispiaccia o danneggi la classe lavoratrice: può, insomma, essere una manifestazione di volontà quale quella che può fare un Parlamento. Il lavoro non ha altro Parlamento che la piazza, non ha altro mezzo che lo sciopero. Non vi è differenza tra i due diritti legalitari; uno di questi spesso non serve a niente, mentre l'altro spesso riesce ad ottenere gli scopi che si propone. Lo Stato non deve essere il gendarme della pubblica economia, in modo che da questo gendarme possa essere ordinata la tassazione della mercede del lavoro. Lo Stato non deve intervenire per garantire la forza morale e politica delle classi lavoratrici, quando queste dovessero soccombere di fronte ad una serrata o a qualche altra cosa del genere; deve intervenire per l'ordine pubblico, e l'ordine pubblico riguarda anche il modo di vivere delle classi lavoratrici.

Se si trovasse ancora un barbaro capitalista che volesse sottoporre i lavoratori a dodici ore di lavoro, per dar loro una mercede insignificante, in questo caso si dovrebbe esplicare l'interveto dello Stato per ridurre questo ribelle medievale alla modernità delle concezioni e delle mercedi.

Per conseguenza, non ritenendo che vi sia alcuna contraddizione tra quanto è stato affermato come concezione etica dello Stato e quello che oggi si afferma come concezione economica e politica delle classi lavoratrici, l'oratore dichiara che l'unica forma che possa soddisfare il legittimo desiderio di una società che è sulla via del progresso, anche se lontana ancora dal conseguirlo, possa essere solamente quella contenuta nella proposta dell'onorevole Togliatti: «Il diritto di organizzazione sindacale e di sciopero è garantito», senza altre aggiunte. Se poi, per le anime timorate, si volesse aggiungere qualche cosa, si potrebbe adottare la formula del primo progetto della Costituzione francese, un rinvio, cioè, a quello che sarà il Codice del lavoro.

Mancini dichiara di essere contrario alla proposta sospensiva, perché ritiene che l'affermazione del diritto di organizzazione sindacale, senza l'affermazione dei diritto di sciopero, diventerebbe un'affermazione completamente effimera di un diritto che non ha espressione concreta.

Gli oppositori alla proposta dell'onorevole Togliatti hanno ancora nella loro mente qualche postumo di prevenzione contro lo sciopero. Questo si può arguire anche dalla osservazione dell'onorevole Mastrojanni, dalle obiezioni dell'onorevole La Pira e un po' anche dalle conclusioni dell'onorevole Lucifero in contrasto con le sue premesse.

L'onorevole Mastrojanni ha osservato che vi è un articolo della Costituzione, già approvato dalla Commissione, nel quale si stabilisce che il datore di lavoro, sia esso lo Stato, sia esso l'industriale, deve garantire l'esigenza di una vita dignitosa del lavoratore, e che perciò non c'è bisogno di affermare il diritto di sciopero. Ritiene al contrario che se lo Stato non garantisce nel fatto questa esigenza di una vita dignitosa del lavoratore e il lavoratore è un pubblico funzionario, esso verrà a trovarsi in una posizione di sfavore. Lo Stato va concepito come espressione degli interessi del partito che è al potere; lo Stato è l'obiettivazione dei diritti ed interessi di coloro che, sul momento, si trovano al potere. Lo Stato, come lo concepiscono l'onorevole Mastrojanni e i suoi amici, non esiste nella vita concreta; esiste in quanto ci sono uomini che garantiscono gli interessi dei partiti che essi rappresentano al potere.

L'onorevole La Pira ha sostenuto che il diritto di sciopero è un diritto del lavoro; è il lavoro che dà questo diritto. Il lavoro va inteso come espressione morale, sociale e politica di uno Stato e di un cittadino, in quanto che, prima di essere cittadino, si deve essere produttore, e si è cittadino in quanto si fa parte della società producendo e incrementando la società stessa. Se la base principale è la produzione e il diritto del cittadino esiste in quanto è produttore, il diritto di sciopero è il diritto del lavoro, e quindi come tale deve essere illimitatamente riconosciuto.

L'onorevole Lucifero ha fatto un'affermazione che poteva essere approvata in quanto si sperava che venisse ad altre conclusioni. Egli ha detto che con la nuova Costituzione si configura uno Stato ben diverso dal precedente, e si dà al lavoro un'importanza maggiore. Ne discenderebbe, secondo l'onorevole Lucifero, la conseguenza che lo sciopero deve essere guardato da un punto di vista diverso. Lo sciopero, invece, deve essere considerato dallo stesso punto di vista dal quale lo si è sempre considerato, anche quando lo Stato non era costituito come l'attuale. Se lo Stato è uno Stato nuovo, questo Stato nuovo non può che riconoscere il diritto di sciopero anche ai suoi impiegati, perché, nei rapporti coi suoi impiegati, assume la figura di un datore di lavoro.

Si dichiara favorevole alla proposta dell'onorevole Togliatti che al diritto di organizzazione sindacale sia aggiunto il diritto di sciopero.

Mastrojanni rileva che dalle dichiarazioni degli onorevoli La Pira, Lombardi e Mancini si è potuto comprendere come stia per profilarsi la concezione statuale della nuova Costituzione.

Dichiara di non condividere l'opinione dell'onorevole La Pira, che con un sistema eclettico intende contemperare le diverse esigenze, da una parte affermando il diritto di sciopero perché questo principio è bene accetto alle masse e non consente contrasti, e negando dall'altra il diritto di sciopero a coloro che espletano pubblici servizi o pubbliche funzioni. A suo parere questa divisione di concezioni disorienta la concezione unitaria di questo principio economico e sociale che deve essere affermato nella Costituzione.

Ritiene inutile ripetere le considerazioni svolte dagli onorevoli Togliatti, Mancini e Lombardi per affermare che qualsiasi lavoro è sempre di natura socialmente utile e quindi risponde sempre al concetto di pubblica utilità. Non vi è possibilità di distinzione; o si riconosce il diritto di sciopero a tutti, o non lo si riconosce a nessuno.

L'onorevole Lombardi ha profilato un concetto dello Stato secondo il quale questo ha il dovere di affermare da un punto di vista etico il principio che lo sciopero è a tutti garantito. Se ne può dedurre che le affermazioni fatte dalla Commissione, precedentemente, in ordine al diritto al lavoro e al dovere di lavorare, devono considerarsi come concezioni ed affermazioni di natura etica e pratica, non come affermazioni di carattere impegnativo dello Stato, che dovrebbe effettuarne la realizzazione. Dichiara di non avere ancora inteso quale debba essere la funzione dello Stato secondo la concezione comunista, socialista e democratica cristiana. La concezione qualunquista è quella dello Stato amministrativo, dello Stato che serve il cittadino, il quale non è subordinato allo Stato se non per le limitazioni necessarie a garantire la libertà individuale e ad impedire che il privato possa esorbitare dall'ambito delle proprie competenze e nuocere alla libera esplicazione delle libertà altrui. Ma poiché egli non può prevedere che prevalgano gli orientamenti e le concezioni del suo partito, sente il dovere di far presente alla Commissione la necessità di una condotta coerente ed univoca, affinché da questa Costituzione non vengano fuori stridenti contraddizioni.

Ritiene comunque che, se l'opinione prevalente è quella che ha manifestato e illustrato l'onorevole Lombardi, ci si trovi nuovamente di fronte ad uno Stato che ha poteri limitatissimi, che fa enunciazioni solo in tema di orientamenti etici e platonici, e che quindi ci si riporta allora allo Stato liberalistico, ad uno Stato cioè pressoché agnostico. Se è così, egli non ha ragione di contrastare il diritto di sciopero sia come affermazione di diritto, sia come affermazione di esercizio di diritto.

L'onorevole Mancini ha osservato che, appunto perché non è concepibile uno Stato onnipotente che intervenga per regolare i rapporti di lavoro, si deve considerare il diritto di sciopero e l'esercizio di questo diritto come una necessità che non può essere contrastata alle categorie lavoratrici in quanto lo Stato, secondo la sua concezione, è l'espressione del partito prevalente, il quale orienta in un determinato periodo storico la vita dello Stato stesso, secondo i suoi postulati teorici. Quindi l'orientamento dello Stato è fluttuante ed intermittente. Per questa frammentarietà di orientamenti che si ripetono e si affermano durante l'evolversi dei tempi, non è possibile affermare dei principî attraverso i quali il cittadino possa costantemente aver garantiti i suoi diritti al lavoro e il suo dovere di lavoro. Se questa è la concezione che ci si deve fare dello Stato, anche per questa seconda concezione l'oratore non ha ragione di contrastare il diritto di sciopero.

Ma poiché ritiene che, nonostante le dichiarazioni fatte dagli onorevoli Lombardi e Mancini, l'affermazione sancita già in Costituzione costituisca un principio dal quale il legislatore non può prescindere per realizzare gli intendimenti del nuovo Stato, fa presente l'opportunità di ritornare sul primo argomento per il quale gli sembra incoerente che si possa fare un'affermazione di principio di questo genere, senza considerare i diritti di tutti gli altri fattori della produzione, il diritto cioè alla serrata.

Domanda con quali argomenti può essere negato ai produttori il diritto della serrata. La serrata è fatta esclusivamente dagli industriali; non possono, evidentemente farla gli agricoltori. Poiché si è già ammesso in qualche modo il concetto di proprietà del nuovo Stato, poiché è stato detto che il diritto di proprietà non può esercitarsi oltre determinati limiti per cui l'eccesso di produzione deve essere riconosciuto di pubblica utilità e incamerato dallo Stato, si finisce per considerare il produttore solo nel quadro della concezione stabilita attraverso le enunciazioni precedenti, e allora i produttori e i datori di lavoro non rappresentano più l'elemento di contrasto nei confronti degli operai, ma uomini che si sono inquadrati nella stessa concezione dello Stato e hanno il diritto di difendersi contro le pretese non eque delle categorie lavoratrici. Non è detto, infatti, che l'operaio debba aver sempre ragione; può anche essere orientato da un naturale sentimento di interessi personali a chiedere egoisticamente il massimo possibile, con la minore fatica possibile. Sono leggi di natura da cui nessuno può prescindere e non si può aprioristicamente ammettere che l'uno sia sempre succube e l'altro sempre incube. È una affermazione gratuita che, quanto meno, ha bisogno di dimostrazione.

Per queste considerazioni ritiene di dover ritornare al suo primitivo argomento, fatto proprio dall'onorevole Lucifero, e da lui illustrato, nel senso che questo problema è di così grande importanza che non può essere trattato se non quando si sia esaurita tutta la codificazione in tema di rapporti di lavoro tra lo Stato e i cittadini.

Moro dichiara di ritenere che il diritto di sciopero debba essere affermato nella Costituzione come un diritto personale, ma che si debba anche considerare l'opportunità di porre a questo diritto qualche limitazione, come si è già fatto per le altre libertà in vista delle necessità della pace sociale.

Tra il dire che il diritto di sciopero è garantito a tutti, e il configurare l'ipotesi estrema che lo sciopero sia da considerarsi illegale in taluni casi, vi è una grande distanza, nella quale è possibile trovare un punto intermedio che raccolga il consenso dei Commissari. Nell'ultima discussione, l'onorevole Togliatti stesso, in materia di sciopero dei pubblici servizi, si è richiamato al senso di responsabilità dello Stato per evitare che sorgano cause tali da produrre quel malcontento che porta necessariamente allo sciopero, e ha attribuito quindi allo Stato poteri di intervento per conoscere le controversie di lavoro e per esercitare una pressione politica sulle associazioni sindacali interessate a quelle controversie. Ora l'oratore domanda all'onorevole Togliatti se non crede che questo tentativo, che lo Stato fa autorevolmente in sede politica, non possa avere una qualche disciplina giuridica; se cioè non si possa riportare, sia pure in via provvisoria, la materia del conflitto di lavoro nell'ambito della competenza giuridica e politica dello Stato, salvo a riservare il diritto di sciopero come qualche cosa a cui il lavoratore, menomato nei suoi diritti, debba ricorrere quando non vi è altra via di scampo.

L'oratore ritiene che all'onorevole Togliatti e ai colleghi che hanno parlato a favore della sua tesi, non possa sfuggire la lacuna che vi è nella Costituzione per cui, dopo aver disegnato le linee di uno Stato capace di assumersi la responsabilità della pace sociale, esso dovrebbe poi assistere senza possibilità di intervento allo sfrenarsi di lotte che molte volte porterebbero a risultati non favorevoli per i lavoratori stessi, ai quali si sono voluti garantire determinati diritti. Propone quindi che in sede costituzionale si confermi solennemente il diritto di sciopero e al tempo stesso si attribuisca allo Stato una competenza, quanto meno in sede di tentativo di conciliazione, in modo che lo sciopero sia l'ultima ratio a cui ricorrere.

Dossetti si associa alle dichiarazioni dell'onorevole Moro. Riterrebbe una grave contraddizione ai principî fondamentali che hanno ispirato finora l'apporto democristiano alla stesura della nuova Costituzione, l'affermare il diritto di sciopero come una libertà condizionata, non legata alla visione organica di tutti gli aspetti del nuovo Stato. Pur dovendo riconoscere che tuttora il lavoro ha una posizione di inferiorità e quindi necessita di una speciale tutela, è del parere che, quando si sia affermato chiaramente il diritto di sciopero come compenso alla posizione di inferiorità in cui il lavoro si trova nell'attuale struttura sociale, non si contraddica al criterio ispirativo di tale affermazione ponendo al diritto di sciopero non delle limitazioni aprioristiche, ma quelle finalizzazioni che si è cercato di affermare per tutti gli altri diritti in vista del bene comune. Come argomento di fatto per la necessità di una finalizzazione del diritto di sciopero, ricorda che, quando due mesi fa intervenne uno sciopero degli aderenti alla Federazione dei lavoratori della terra a Milano, la Federazione stessa si preoccupò di dare disposizioni affinché lo sciopero si facesse con certe limitazioni che evitassero dei danni alla produzione. Ricorda anche che una circolare recente della suddetta Federazione dei lavoratori della terra, in vista dell'obbligo degli ammassi, ha affermato che l'azione sindacale già in atto sarà applicata tenendo presente che l'agitazione deve restare nell'ambito di una controversia sindacale e non portare danni alla produzione. Questi sono esempi di autolimitazione delle stesse organizzazioni sindacali.

È vero che si può esprimere la fiducia che le organizzazioni sindacali abbiano sempre la possibilità di effettuare questa autolimitazione, ma è anche vero che questo principio deve essere affermato nella Costituzione, tenendo presente la visione integrale dello Stato che si vuole costruire.

Conclude dichiarando che si deve cercare, nell'atto stesso in cui si afferma il diritto di sciopero, di fissare anche quelle modalità essenziali che configurano il diritto di sciopero e lo finalizzano.

Nel caso che a questo non si possa arrivare, in via subordinata aderisce alla formula del precedente progetto di Costituzione francese, richiamata dall'onorevole La Pira.

Corsanego dichiara di non potere accettare una formula generale senza alcuna limitazione, come quella proposta dall'onorevole Togliatti.

È vero che l'onorevole Togliatti ha dato dello sciopero una definizione accettabile, presentando la sua formula come intesa a difendere il diritto dei lavoratori di ricorrere a quest'arma per migliorare le condizioni economiche; ma, ponendo la formula assoluta dello sciopero, essa si può prestare anche a quella interpretazione così estesa che gli ha attribuito l'onorevole Lombardi. Donde la necessità di porre delle limitazioni, per finalizzare anche questa libertà, come è stato ben detto dall'onorevole Dossetti. La libertà assoluta di sciopero porterebbe alla disorganizzazione della società, perché qualunque pretesto di natura politica o anche economica, ma estraneo alle condizioni del lavoro, potrebbe giustificare il diritto di sciopero.

Avrebbe perciò desiderato che, prima di giungere ad una formulazione del principio riguardante il diritto di sciopero, si fosse fatta una discussione generale, sia pure limitata, sulla natura del diritto stesso. Si dichiara favorevole ad una proposta la quale traduca in forma legislativa questo suo pensiero: sia affermato senz'altro il diritto di sciopero quando questo sciopero è un'arma adoperata come un'extrema ratio dai lavoratori per ottenere migliori condizioni economiche, sociali e morali nell'esercizio del loro lavoro, ma sia anche introdotta una limitazione a evitare taluni abusi, specie quando questo diritto di sciopero non si applichi ad interessi economici e sociali ma ad interessi di natura politica o di partito, o comunque sia l'effetto di qualche pretesto in mano a persone estranee alla classe dei lavoratori, che si valgono della forza dei lavoratori stessi per conseguire scopi che sono diversissimi da quello che potrebbe essere l'elevazione materiale e morale dei lavoratori stessi.

Basso si dichiara contrario alla proposta dell'onorevole Lucifero di sospendere la discussione su questo argomento, perché pensa che ogni commissario ha la sua idea già ben radicata in proposito. Ritiene che si tratti di un problema grave, di fronte al quale è bene che ciascuno si assuma le proprie responsabilità.

È contrario anche alla proposta dell'onorevole Lucifero di non parlare del diritto di sciopero nella Costituzione e di rimandarlo alla legislazione ordinaria, cioè al Codice del lavoro. Se si toglie dalla Costituzione del nuovo Stato, concepito come lo Stato dei lavoratori, il diritto di sciopero, che è la cosa più importante, avendo già considerato il diritto di organizzazione sindacale, si toglierebbe a questo ultimo diritto lo strumento necessario per poter farsi valere. Se si parla del diritto di organizzazione sindacale, si deve parlare anche del diritto di sciopero. Per questa ragione, è contrario anche alla formula proposta nel primitivo progetto di Costituzione francese, la quale vorrebbe che lo sciopero fosse libero nell'ambito delle leggi che lo disciplineranno.

Accettando la proposta dell'onorevole Lucifero di rinviare alla legislazione ordinaria il diritto di sciopero, non si farebbe altro che riproporre la stessa formulazione accolta nello Statuto Albertino. È preferibile, a suo avviso, dire quali sono i limiti che si vogliono introdurre, e discuterli.

Questi limiti riguardano argomenti su cui è difficile poter stabilire una definizione precisa. Si è parlato di limiti al diritto di sciopero per quanto riguarda i servizi pubblici; ma tale concetto non può essere accolto perché porterebbe a definire quali sono i lavori e i servizi che rivestono un carattere di utilità sociale: definizione impossibile, perché tutti i servizi e tutti i lavori possono in un certo senso essere considerati utili socialmente, e allora il diritto di sciopero verrebbe ad essere praticamente quasi annullato.

Non può accettare neppure la distinzione a cui ha accennato l'onorevole Corsanego, cioè che si debba lasciare la libertà di sciopero soltanto quando esso sia fatto per migliorare le condizioni economiche e non quando si tratti di uno sciopero per ragioni politiche, perché allora questo diritto sarebbe affidato all'arbitrio di chi deve giudicare se uno sciopero rivesta un carattere economico o politico.

È parimenti contrario, in modo reciso, a una limitazione per quanto riguarda lo sciopero dei pubblici funzionari, perché, se si dicesse che tutti i lavoratori hanno diritto allo sciopero, eccetto i dipendenti dallo Stato, si verrebbe ad offendere il principio della uguaglianza che è stato messo a fondamento della Costituzione. La ragione per la quale si faceva un trattamento diverso ai dipendenti dallo Stato era perché si pensava che lo Stato, come datore di lavoro, non dovesse mettersi, nei rapporti con i suoi dipendenti, sullo stesso piano dei datori di lavoro privati. Ma in un altro campo la Commissione ha già affermato un principio che ha abbassato questo concetto troppo alto e astratto dello Stato, quando ha affermato la responsabilità dello Stato come un qualunque datore di lavoro per le colpe dei suoi dipendenti. È stato dunque già infranto questo mito d'uno Stato così alto. Lo Stato è un datore di lavoro come gli altri, e quindi i funzionari dello Stato hanno il diritto di avere salvaguardate le stesse libertà che si concedono agli altri lavoratori.

Rispondendo alle osservazioni dell'onorevole Dossetti, secondo il quale si starebbe costruendo uno Stato in cui si parla delle libertà in senso generale, e che quindi non si vede come si potrebbe lasciare questa libertà dello sciopero espressa in una formula così restrittiva e individualistica, fa rilevare che la Commissione ha certamente sancito delle belle affermazioni nella Costituzione, ma sa benissimo di aver scritto degli articoli che serviranno come indirizzo al legislatore futuro. Sono stati garantiti una quantità di diritti che difficilmente si potranno realizzare nel campo pratico a favore delle classi lavoratrici, e sarebbe deplorevole che, quando si tratta dell'unico diritto concreto che i lavoratori già hanno, cioè il diritto di sciopero, lo si volesse togliere o quasi annullare.

L'onorevole Dossetti ha ricordato come un esempio di autolimitazione le disposizioni date dalla Federazione dei lavoratori della terra. Ciò non fa che confermare il principio che non sono gli articoli di una Costituzione che possano imporre una disciplina, ma è proprio la responsabilità di una coscienza civile nei lavoratori che può porre dei limiti, in quanto gli stessi lavoratori, avendo raggiunto un grado più elevato di maturità, provano quel senso di responsabilità che deriva loro dalla coscienza di partecipare alla costruzione dello Stato democratico ed alla direzione della cosa pubblica. Nella stessa misura in cui sarà realizzata in concreto l'aspirazione della classe lavoratrice a partecipare alla gestione della cosa pubblica, si otterrà questo maggior senso di responsabilità, questa limitazione, questo controllo da parte della stessa classe lavoratrice. Se si limitasse questo diritto che la classe lavoratrice ha già conquistato, si segnerebbe una pagina nera nella Costituzione, perché si sopprimerebbe un diritto già acquisito alla coscienza sociale.

Per queste ragioni, dichiara di aderire completamente alla formula proposta dall'onorevole Togliatti.

Il Presidente Tupini domanda all'onorevole Basso, che ha parlato di esclusione di alcune limitazioni, se egli abbia voluto escludere anche quelle limitazioni che potrebbero essere giustificate da ragioni obiettive di servizi che assolutamente non possono essere interrotti in conseguenza di una proclamazione di uno sciopero. Allude alle categorie di lavoratori che prestano assistenza agli infermi, soccorsi in caso di incendio o di qualsiasi necessaria altra tutela dell'incolumità pubblica.

Basso osserva che il criterio che si deve seguire in questi casi è affidato al senso di responsabilità dei lavoratori stessi, alla coscienza di coloro che devono esercitare il diritto di sciopero.

Cevolotto dichiara che, per quanto riguarda la distinzione tra sciopero economico e sciopero politico, a parte le difficoltà di questa distinzione, non ha alcuna preoccupazione.

Lo sciopero politico è un'arma di lotta politica, è un'arma rivoluzionaria se chi la esercita avrà la forza per esercitarla e non c'è legge che la possa impedire. Se non si ha la forza di poterla esercitare, allora o quest'arma non viene adoperata o, se viene adoperata, fallisce al suo scopo. La questione di cui si parla, e di cui si deve occupare, è quella dello sciopero economico. Ritiene che la conquista del diritto di sciopero non si possa negare, appunto perché è una conquista che ormai è acquisita dalla civiltà moderna e pertanto tale diritto deve essere affermato nella Costituzione e affermato senza limitazioni e senza distinzioni. È inutile fare la distinzione della finalizzazione, perché la finalizzazione non è che un pretesto per mettere una limitazione; quando poi ci si volesse riferire alla formula francese, in realtà si verrebbe a negare il diritto di sciopero in una maniera larvata, perché attraverso la legge si potrà esercitare qualunque limitazione del diritto di sciopero.

Sostiene trattarsi di un diritto che deve essere affermato e riconosciuto nella sua integrità e senza limiti nella Costituzione.

Circa la questione se oltre allo sciopero si deve ammettere anche la serrata, è del parere che per le stesse ragioni per le quali a una parte si dà il diritto di sciopero non si può negare all'altra parte il diritto di serrata.

Ricorda che non solo in altre Costituzioni c'è il diritto di sciopero con relativo diritto di serrata, ma nella stessa relazione dell'onorevole Pesenti, che appartiene al medesimo partito dell'onorevole Togliatti, il diritto di serrata è correlativo al diritto di sciopero, senza discussione.

Togliatti, Relatore, osserva che qualche volta anche Omero sonnecchia.

Cevolotto, circa la questione dei limiti al diritto di sciopero da inserire nella Costituzione, rileva che prima di tutto bisognerebbe fare una distinzione tra sciopero nei servizi pubblici e nei servizi di pubblica utilità. Servizi di pubblica utilità potrebbero essere considerati anche i forni, per esempio, ed allora l'estensione del concetto non dovrebbe limitarsi soltanto a quei casi cui ha accennato il Presidente.

Finora si era parlato del divieto di sciopero nei pubblici servizi, intesi in un senso generale più facilmente definibile, ma anche esso non potrebbe essere ammesso se non avesse un corrispettivo: se si toglie ad alcune categorie di lavoratori l'arma dello sciopero, per una ragione di interesse superiore, occorre dare ad esse qualche altra possibilità di far valere le loro ragioni. Ecco perché il concetto di divieto dello sciopero nei pubblici servizi è stato sempre collegato ad un principio di arbitrato obbligatorio, alla creazione di una magistratura che dirima i conflitti con una certa pariteticità ed una certa imparzialità. Ma la creazione di una magistratura che regoli i conflitti è una cosa difficile, perché può in certi casi mettere lo Stato in condizioni di vedere diminuita la sua autorità e resa difficile la sua posizione politica.

Poiché tutti questi problemi non potrebbero essere inseriti in una Costituzione senza scendere a troppi dettagli, l'oratore ritiene che la Costituzione non debba fare altro che affermare il diritto di sciopero senza limitazioni e senza finalizzazioni.

Vuol dire che si vedrà poi se per la parte che riguarda i pubblici servizi e i servizi di pubblica utilità, si possa — d'accordo con le rappresentanze di categoria — sostituire al diritto di sciopero un altro mezzo per dirimere i conflitti. Questo dipenderà dall'evoluzione che potranno avere i rapporti tra i lavoratori, i datori di lavoro e lo Stato.

Lombardi Giovanni, riferendosi alle dichiarazioni fatte dai colleghi democristiani, domanda loro chi può stabilire l'extrema ratio di uno sciopero e definirne la finalizzazione. Il solo fatto di discutere se uno sciopero è giusto o ingiusto, significa distruggere il diritto, in quanto tale diritto diventa condizionato, cioè lo sciopero è consentito se è accompagnato da una garanzia. Accettando questo criterio, la legislazione retrocederebbe anziché progredire, perché si finirebbe per negare quello che è già nella coscienza universale. Considerando lo Stato come l'organizzazione politica delle classi dirigenti, a misura che questa classe dirigente diventerà quella del lavoro, anche l'umanità dello Stato farà un progresso verso l'etica, cioè verso la valutazione umana del lavoro. Per conseguenza si può essere sicuri che tra un secolo lo sciopero sarà quasi annullato, perché le classi dirigenti saranno rappresentate da coloro che lavorano, ed evidentemente avranno ragione di intervenire con una legge che prevede la necessità di un componimento prima che lo sciopero possa manifestarsi.

Si dichiara contrario alla limitazione del diritto di sciopero nei pubblici servizi, che sonerebbe un'offesa per tutti quelli che vi appartengono, togliendo ad essi un diritto che non debbono perdere per il solo fatto che prestano la loro opera a beneficio dello Stato, o delle opere pie, o della provincia e del comune o di qualsiasi altro ente che possa essere dichiarato un pubblico servizio. Col criterio del pubblico servizio, si arriva a tutto ciò che può servire nella vita, perché tutto contribuisce alle esigenze della vita stessa.

Marchesi dichiara di consentire con le idee espresse dall'onorevole Togliatti, non tanto per coerenza di partito, quanto per una sua profondissima convinzione personale.

Qualunque sarà la Costituzione che verrà fuori dai lavori della Commissione, non si può escludere che domani le forze legislative o le forze legali possano fallire o diventare addirittura nemiche, ed allora il diritto di sciopero diverrebbe la unica suprema difesa del lavoro. D'altra parte non c'è nessuna ragione di considerare l'organizzazione sindacale, da cui l'arma dello sciopero deve essere mossa, in continua guerra con la società ogni qual volta quest'arma deve essere adoperata. L'organizzazione sindacale è uno strumento di difesa del lavoro, ma è anche uno strumento di difesa della società.

L'onorevole La Pira ha ricordato un articolo della Costituzione francese che l'oratore non si stente di poter accogliere, perché esso afferma il diritto di resistenza contro lo Stato con qualunque mezzo, vale a dire un diritto a fare la rivoluzione. Lo Stato nuovo che si sta costruendo non può essere considerato uno Stato perfetto, ma piuttosto uno Stato in formazione, il quale si verrà concretando attraverso vari Governi. È sperabile che non si verifichi mai un conflitto di interessi tra lo Stato e la classe lavoratrice; ma questo conflitto potrebbe sorgere, e in tal caso — ripete — il diritto di sciopero rappresenterà per il lavoro uno strumento di difesa a cui non possono essere poste delle limitazioni.

Togliatti, Relatore, domanda la chiusura della discussione.

Il Presidente Tupini mette ai voti la proposta dell'onorevole Togliatti di chiusura della discussione, riservando la parola a chi l'aveva già chiesta.

(È approvata con 12 voti favorevoli e 3 contrari).

Dossetti si dichiara profondamente convinto della necessità di una tutela costituzionale del diritto di sciopero, ma non ritiene di poter rinunciare al principio affermato per tutte le altre libertà, quello cioè della finalizzazione[i]. Comprende che l'onorevole Cevolotto possa considerare la finalizzazione come una maniera garbata per qualificare e condizionare il diritto, ma non crede che tale opinione possa essere condivisa dagli onorevoli Basso e Togliatti, perché essi hanno accettato il concetto della finalizzazione generale delle libertà, proposto dai democratici cristiani come un problema di principio e di realizzazione tecnica.

Il principio è che il diritto di sciopero sia garantito costituzionalmente, ma finalizzato con tutti gli altri diritti: il problema di realizzazione tecnica consiste nel vedere come possa essere effettuata la realizzazione del principio del diritto di sciopero e della sua finalizzazione.

Può essere esatto che le formule finora proposte non finalizzino il diritto di sciopero, ma lo intacchino nella sua sostanza, e in tal caso vuol dire che la realizzazione tecnica di quel principio non è adeguata al principio stesso. Si potranno avanzare delle nuove proposte, ma l'oratore e i suoi colleghi democristiani ritengono fermamente che per il diritto di sciopero, come per altri diritti, è possibile affermare a un tempo il diritto e la sua finalizzazione, senza che questo voglia significare intaccare e distruggere radicalmente il principio della garanzia delle libertà.

Comprende come questo principio non possa essere condiviso dall'onorevole Cevolotto e da qualche altro Commissario, perché, nonostante che essi vogliano venire ad un punto comune di intesa, muovono fondamentalmente da un'ideologia che nelle sue radici è un'ideologia liberale, sia pure nuova.

Rispondendo alle considerazioni svolte dall'onorevole Basso, osserva che è esatto che il diritto di sciopero rappresenta uno dei diritti concreti che la Sottocommissione vuole confermare per il lavoro; però non è esatto che essa dia al lavoro soltanto dei riconoscimenti e dei diritti a parole. Finora la prima Sottocommissione ha dato soltanto delle buone parole, perché questa è la sua funzione; la realizzazione dei diritti che sono stati affermati rientra nei compiti della seconda e della terza Sottocommissione. Ma la prima Sottocommissione stessa ha anche fatto, e in parte farà, affermazioni concrete, perché quando verrà a trattare alcuni principî fondamentali, come quello del controllo sociale sull'economia, evidentemente farà delle affermazioni che avranno una realizzazione concreta e sostanziale per la tutela del diritto dei lavoratori.

È fiducioso che esista una possibilità di soddisfare alla duplice esigenza dell'affermazione del diritto e della sua finalizzazione; comunque, se non si riuscisse a realizzare tale possibilità, aderirebbe piuttosto ad un'affermazione assoluta del diritto di sciopero.

Circa quanto è stato accennato dall'onorevole Marchesi, dichiara che è sua intenzione di riproporre un articolo corrispondente all'articolo 21 della Costituzione francese, in cui è affermato il diritto di resistenza in senso assoluto, in quanto la resistenza sotto ogni forma è il più sacro dei diritti ed è difficile a condizionare. L'articolo 21 della Costituzione francese, infatti, dice: «Qualora il Governo violi le libertà ed i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza sotto ogni forma è il più sacro dei diritti e il più imperioso dei doveri».

Caristia dichiara di condividere in massima parte le opinioni che sono state esposte dai suoi colleghi della Democrazia Cristiana, e di non capire perché si debba esitare nel porre qualche limite all'esercizio del diritto di sciopero, pur essendo esso un diritto fondamentale. Fa osservare all'onorevole Lombardi che tutti i diritti sono limitati, sia i diritti della vita privata, sia i diritti pubblici soggettivi. Sta di fatto che l'esercizio di questi diritti subisce dei limiti maggiori o minori, secondo che è suggerito dalle contingenze politiche. Lo Stato è qualche cosa che si avvicina sempre più ad una organizzazione che ha come scopo il soddisfacimento degli interessi collettivi. Perciò il diritto di sciopero può subire dei limiti per quanto riguarda l'organizzazione dello Stato, cioè i pubblici impiegati, l'amministrazione della giustizia e quella finanziaria, e anche in parte l'amministrazione scolastica. Si è detto che limitando il diritto di sciopero per ciò che riguarda i funzionari si verrebbe a porre un principio che è in contraddizione col principio dell'uguaglianza. Il principio della uguaglianza è un principio santissimo che si trova in tutte le Costituzione civili, ma questo non comporta che tutti i cittadini abbiano la stessa posizione di fronte alla legge. La posizione di un pubblico funzionario è quella di un individuo che esplica determinate forme di attività alle quali non può essere paragonata l'attività di un altro individuo che ha una responsabilità diversa o comunque più limitata. Per tali ragioni ritiene che non si possa proclamare il diritto di sciopero in maniera assoluta, senza alcuna limitazione.

Il Presidente Tupini dichiara di non insistere nella formula proposta, che aveva soltanto lo scopo di dare un avvio alla discussione. Comunica quindi che vi sono due formule proposte dall'onorevole Togliatti. Una di esse dice:

«La legge assicura ai lavoratori il diritto di sciopero».

L'altra consiste nell'aggiungere alla proposizione già approvata: «Il diritto di organizzazione sindacale è garantito», un accenno alle garanzie anche del diritto di sciopero. Domanda all'onorevole Togliatti quale delle due formule egli preferisca.

Togliatti, Relatore, dichiara di preferire la seconda, perché non vi è il richiamo alla legge.

Lucifero, Relatore, fa notare che, non essendo stata proposta una formulazione diversa per quanto riguarda la serrata e un minimo di limitazione al diritto di sciopero, si trova costretto a mantenere la sua formula primitiva, contenuta nella relazione, ritenendola l'unica formula che comprenda tutti i concetti e tenga conto di tutte le osservazioni.

Il Presidente Tupini comunica che l'onorevole Lucifero propone la formula già contenuta nella sua relazione, che è la seguente: «Lo Stato può intervenire per la pacifica risoluzione delle controversie del lavoro, ivi comprese quelle attuantisi per via di sciopero o di serrata.

«Lo sciopero o la serrata, che turbino gravemente l'ordine pubblico o intralcino l'ordinato svolgimento della vita economica dello Stato, possono essere dichiarati illegali».

Dossetti prega l'onorevole Togliatti di studiare una formula che assicuri al lavoratore il diritto di sciopero; in questa formula però tale diritto deve essere affermato separatamente da quello della organizzazione sindacale, perché si tratta di diritti che implicano due concetti diversi.

Togliatti, Relatore, accetta il suggerimento.

Dossetti chiede al Presidente una breve sospensione della seduta, per poter meglio approfondire il problema e concretarne la soluzione.

Marchesi fa presente di doversi assentare per motivi di salute. Prega, qualora si venisse a una votazione, di tener conto che egli vota a favore della prima parte della formula proposta dall'onorevole Togliatti.

(La seduta è sospesa per alcuni minuti).

Il Presidente Tupini comunica che l'onorevole Togliatti, aderendo alle considerazioni dell'onorevole Dossetti e sue, ha sostituito la sua primitiva proposta (diretta ad inserire nella proposizione già votata dalla Sottocommissione nella precedente seduta la formula «Il diritto di organizzazione sindacale e di sciopero è garantito») con la nuova formula: «È assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero».

Avverte che, da parte sua, propone all'esame della Sottocommissione una nuova formula che è così concepita:

«È assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero.

«La legge ne regola le modalità di esercizio unicamente per quanto attiene:

a) alla procedura di proclamazione;

b) all'esperimento preventivo di tentativi di conciliazione;

c) al mantenimento di servizi assolutamente essenziali alla vita collettiva»

Mastrojanni dichiara che le aggiunte concordate fra i diversi Commissari costituiscono un fatto nuovo che deve essere esaminato in sede di discussione generale.

Il Presidente Tupini apre la discussione generale sulla sua proposta.

Mastrojanni afferma di non ritenere che questo correttivo risponda ai principî fondamentali del diritto; perché, quando a uno dei contraenti si dà in mano un'arma che egli fa valere nel momento stesso in cui la discussione avviene, con l'intesa che nel caso di ripudio delle pretese, fondate o infondate, egualmente queste pretese si faranno valere attraverso la forza dello sciopero, si fa una Costituzione che non rappresenta garanzia di diritti, ma elude in pieno quello che è il fondamento del diritto.

Lombardi Giovanni trova che tutte le finalizzazioni precisate nell'aggiunta proposta dal Presidente rendono inutile da dichiarazione della libertà dello sciopero. Infatti chi è che stabilisce se i servizi siano di interesse collettivo oppure no? Ogni servizio può essere di interesse collettivo ed un interesse che non fosse collettivo sarebbe al di fuori della società. Si dichiara quindi contrario alla nuova formula e si atterrebbe a quella precedente.

Lucifero, Relatore, dichiara che sulla parte dell'articolo proposto, la quale afferma che è assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero, egli ha già fatto le sue riserve di carattere generale.

È favorevole a tutte le libertà, e quindi non può essere contrario alla libertà di sciopero: però osserva che non si fa parola del diritto di serrata, la cui questione pure è stata sollevata. A suo parere questo diritto riveste un'importanza fondamentale, in quanto ha sentito dire che lo sciopero è la massima arma di difesa del lavoratore. L'oratore fa presente che qualunque arma di difesa può trasformarsi in arma di offesa in certe determinate situazioni.

Perciò, se l'arma dello sciopero da arma di difesa si dovesse trasformare in arma di offesa, come potrà difendersi colui che viene assalito, se non si consegna anche a lui un'arma equivalente? È del parere quindi che le due questioni siano strettamente collegate; cioè che non si possa votare lo sciopero se non si vota anche la serrata. Se queste sue osservazioni non saranno tenute in conto, si vedrà costretto a votare contro il diritto di sciopero, al quale si dichiara favorevole per un principio di eguaglianza fra tutti i cittadini, principio che non può a suo avviso subire eccezioni.

La proposta concreta che egli presenta è che sia assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero; ma che si dica anche che è consentito il diritto di serrata, il quale deve avere la stessa regolamentazione del diritto di sciopero.

Dichiara poi di non essere pienamente soddisfatto dell'altra parte dell'articolo, ma voterà a suo favore, ribadendo che resta fermo nella sua opinione mentre chiede che sia messo a verbale che non si può creare in una Costituzione una divisione fra i cittadini.

Togliatti, Relatore, rileva che è stata sollevata dall'onorevole Lucifero una questione sulla quale non aveva avuto occasione di dire il suo pensiero. Contesta che, negando il diritto di serrata, si crei una disparità tra i cittadini, perché il diritto di serrata non è un diritto che si ha in quanto lavoratori; garantendolo, si permetterebbe ai proprietari di non impiegare i mezzi materiali della produzione che sono nelle loro mani.

Non ci si trova di fronte a cittadini che adempiono alla stessa funzione, ma da una parte ci sono cittadini che lavorano e dall'altra cittadini che hanno nelle mani gli strumenti materiali della produzione. Pur essendo eguali sia il lavoratore che il proprietario in quanto cittadini, non possono essere messi sullo stesso piano il lavoratore e lo strumento della produzione, in quanto sono due cose qualitativamente diverse. Perciò può essere ammesso il diritto di sciopero e non quello di serrata.

Mancini voterà contro la formula del Presidente. Pensa che il diritto di sciopero è un diritto dell'organizzazione sindacale, la quale senza il diritto di sciopero sarebbe come un esercito senza armi. Dichiara pertanto di attenersi alla formula proposta dall'onorevole Togliatti.

In secondo luogo, afferma di essere contrario alla formula proposta, che parla di tentativi di conciliazione, perché tutte le semplificazioni e sottosezioni in essa indicate non sono altro che una limitazione del diritto.

Il Presidente Tupini mette ai voti la prima proposizione della sua formula: «È assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero».

Mastrojanni dichiara di astenersi dal voto per le seguenti ragioni:

1°) perché il problema discusso, essendo stato enucleato dal suo settore naturale e considerato senza tener conto della posizione dello Stato nei confronti dei rapporti coi fattori della produzione e del lavoro, non consente un'affermazione di principio senza cadere in contraddizioni e in incoerenze;

2°) perché il diritto di sciopero non è stato messo in relazione agli altri diritti;

3°) perché la Commissione non si è pronunciata nel considerare lo sciopero come affermazione di diritto o come esercizio di diritto, né ha formulato alcuna premessa che consenta di intuirne le ragioni di natura politica o economica o morale;

4°) perché, in coerenza coi principî affermati dalla prima Sottocommissione in tema dei diritti e delle libertà individuali e collettive, si doveva affermare il diritto di serrata insieme a quello di sciopero.

Si riserva di tornare sull'argomento in sede di discussione in Assemblea plenaria.

Il Presidente Tupini ricorda agli onorevoli Mastrojanni e Lucifero che possono presentare proposte concrete in ordine ai concetti da loro esposti.

Mastrojanni dichiara che, non essendo Relatore, non intende farsi iniziatore di proposte che rientrino nella responsabilità dei Relatori.

Lucifero, Relatore, propone la seguente formula: «Le stesse norme varranno per l'esercizio di serrata». Domanda che tale sua proposta sia votata prima della proposta aggiuntiva del Presidente, in modo che egli possa regolarsi se votare o meno l'affermazione del diritto di sciopero.

Basso osserva che non si può votare la formula dell'onorevole Lucifero, se prima non si è votata la formula proposta dal Presidente, la quale contiene quelle norme a cui si riferisce la proposta Lucifero.

Il Presidente Tupini comunica che l'onorevole Lucifero ha presentato la seguente proposta:

«È assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero. Eguale diritto vale per la serrata».

Lucifero, Relatore, fa presente di aver formulato in questo modo la sua proposta per non manipolare nuovamente tutto l'articolo. Dichiara di averla inserita all'inizio e non alla fine dell'articolo, perché, avendo la convinzione che la formula da lui proposta non sarà approvata, non vuole far perdere tempo alla Sottocommissione. Praticamente, è suo intendimento che si voti sul diritto di serrata.

Il Presidente Tupini pone ai voti la proposta dell'onorevole Lucifero di sancire nella Costituzione anche il diritto alla serrata.

Moro dichiara che voterà contro la proposta dell'onorevole Lucifero per ragioni politiche, inquantochè in uno Stato progressivo a base sociale è inammissibile il diritto dei produttori di negare il lavoro.

Basso dichiara che voterà contro, perché votare il diritto di serrata vorrebbe dire andare contro lo spirito della Costituzione, per il quale tutto il nuovo Stato deve tendere al miglioramento delle condizioni di lavoro.

Mancini dichiara che voterà contro il diritto di serrata, perché questa è un delitto e come tale dovrebbe essere contemplata nel nuovo Codice penale che si sta preparando.

(La proposta Lucifero è respinta con 12 voti contrari, 2 favorevoli e 1 astenuto).

Il Presidente Tupini mette ai voti la formula da lui proposta:

«È assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero».

(La proposta è approvata con 14 voti favorevoli ed 1 astenuto).

Mette ai voti il secondo capoverso della formula da lui proposta, che è il seguente:

«La legge ne regola la modalità di esercizio unicamente per quanto attiene:

a) alla procedura di proclamazione;

b) all'esperimento preventivo di tentativi di conciliazione;

c) al mantenimento dei servizi assolutamente essenziali alla vita collettiva».

Basso dichiara che voterà contro questa seconda parte dell'articolo, in primo luogo perché la ritiene superflua nella Costituzione e in secondo luogo perché ritiene che in essa si configuri solo uno sciopero economico. Ci sono scioperi politici che non si possono far precedere da trattative di conciliazione. Ricorda, a tale proposito, lo sciopero generale che in Germania soffocò la rivolta di Kap.

Cevolotto dichiara che voterà contro per le stesse ragioni espresse dall'onorevole Basso.

Lombardi Giovanni dichiara che voterà contro per le ragioni già svolte in precedenza.

Moro dichiara di votare in favore della proposta del Presidente, riconfermando le opinioni espresse da lui e dai suoi colleghi.

Si dichiara favorevole al diritto di sciopero come diritto sacrosanto dei lavoratori, ma ritiene che si giunga all'uso di questa arma, per se stessa grave, anche per la vita dei lavoratori, dopo aver esperito tentativi di conciliazione e purché siano salvaguardati — ad esempio attraverso turni di lavoro — i servizi essenziali alla vita della collettività.

Lucifero, Relatore, dichiara che voterà a favore della proposta del Presidente e riconferma il rammarico che una situazione obiettiva lo abbia costretto a votare contro una proposizione che era suo intendimento di approvare.

Togliatti, Relatore, dichiara di meravigliarsi che l'onorevole Lucifero, avendo votato contro il diritto di sciopero, voglia votare favorevolmente ai limiti da porsi al diritto stesso.

Lucifero, Relatore, fa presente che, essendo stato votato a maggioranza dalla Commissione il diritto di sciopero, questo esiste ed egli non può ignorarlo.

(La seconda parte dell'articolo proposto dal Presidente è approvata con 7 voti favorevoli, 6 contrari e 1 astenuto).

Il Presidente Tupini mette ai voti l'ultima proposizione dell'articolo:

«Il diritto al riposo è garantito».

(La proposizione è approvata all'unanimità).

Precisa che l'articolo, nel testo definitivo risulta così formulato:

«Il diritto di organizzazione sindacale è garantito.

È assicurato a tutti i lavoratori il diritto di sciopero.

La legge ne regola la modalità di esercizio unicamente per quanto attiene:

a) alla procedura di proclamazione;

b) all'esperimento preventivo di tentativi di conciliazione;

c) al mantenimento dei servizi assolutamente essenziali alla vita collettiva.

Il diritto al riposo è garantito».

Lo pone ai voti nel suo complesso.

(È approvato).


 

[i] Vedi nelle appendici la discussione su un articolo non entrato nella Costituzione, relativo alle finalità delle libertà.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti