[L'8 maggio 1947 l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo terzo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti economici».]

 

[L'onorevole Zuccarini presenta un emendamento all'articolo 31 del progetto di Costituzione (trattato a commento dell'articolo 4) che tuttavia riguarda il tema della proprietà.]

Presidente Terracini. [...] Segue l'emendamento dell'onorevole Zuccarini:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto alla proprietà come condizione essenziale di libertà, e promuove i modi e le forme per renderlo possibile ed effettivo».

L'onorevole Zuccarini ha facoltà di svolgerlo.

Zuccarini. Questo emendamento da me presentato era in relazione all'intervento che mi proponevo e non ho potuto effettuare sulla discussione del Titolo, e si riallacciava a tutta un'impostazione generale del Titolo stesso. L'illustrazione dell'emendamento, fatta ora in dieci o anche in più minuti, non permette l'ampiezza e la illustrazione necessarie per l'impostazione che io intendevo dare all'argomento.

Il Titolo terzo ha lo scopo di assicurare quelle libertà di carattere sociale senza le quali la libertà politica verrebbe a mancare o per lo meno subirebbe certe menomazioni. Ora, è in relazione a ciò che mi proponevo di discutere e di fare la proposta del mio emendamento. Ciò non essendo possibile per la limitazione di tempo imposta in sede di emendamento, mi limiterò ad osservare che la mia modifica all'articolo 31 si riferiva ad una constatazione: o il diritto che si riconosce a tutti i lavoratori è un diritto formale, destinato a restare senza seguito nella nostra Costituzione, ed allora può capitare quello che è capitato in Germania, con la Costituzione di Weimar, ove, nonostante che lo stesso diritto fosse costituzionalmente affermato, sei milioni e più di lavoratori si sono trovati disoccupati; o vuole invece essere un diritto effettivo, ed allora impone allo Stato un investimento tale di capitali ed anche un tale sviluppo del proprio personale burocratico, destinato allo scopo, per cui c'è da domandarsi se l'esercizio di questo diritto non possa meglio effettuarsi attraverso una assegnazione a ciascun individuo di un minimo di disponibilità che permetta di crearsi una propria attività economica e sociale. Noi assistiamo oggi ad un'infinità di progetti sul pieno impiego. Anche questa nostra Costituzione è ispirata all'occupazione totale dell'individuo ed all'assicurazione di essa durante tutta la vita. L'impiego di un capitale per tale assicurazione diverrà quindi imponente. E non è da domandare: perché questo capitale, invece di assicurare il cittadino per il secondo periodo della vita, non potrebbe assicurare il cittadino fin dall'inizio della propria vita? Allora solamente si assicurerebbe al cittadino non solo l'esistenza, e cioè la possibilità di vivere, ma gli si darebbe anche la possibilità di svolgere l'attività che vuole, nel campo che vuole, in piena indipendenza, si otterrebbe cioè un risultato che dal punto di vista sociale e produttivo, mentre corrisponde alle esigenze di libertà che tutti sentiamo, corrisponde anche alle esigenze della società che sono quelle di una più attiva e intensa produzione.

È dunque una impostazione tutta diversa che io mi proponevo di sottoporre, non dico all'approvazione dell'Assemblea, ma almeno alla sua meditazione per gli ulteriori sviluppi, e cioè per considerare se quell'assicurazione del lavoro che noi vogliamo dare all'uomo al fine di tutelarlo nel secondo periodo della sua vita non debba invece diventare effettiva e operante fin dall'inizio della sua vita. Dal momento che in questi stessi rapporti economici noi, in alcune parti, ci preoccupiamo del diritto di proprietà non solo per il suo mantenimento ma anche per l'estensione dei diritti di proprietà, della diffusione cioè della proprietà, è da domandare se nella nostra Costituzione piuttosto di garantire la proprietà esistente, e cioè quella che proviene dalle disuguaglianze sociali e dai rapporti economici del passato, non dobbiamo invece assicurare un diritto di proprietà a ciascun individuo affinché ciascuno, nell'impiego della propria attività, manuale, intellettuale, ecc., possa operare liberamente, in posizioni di partenza uguali con tutti gli altri individui, in modo che il suo avvenire e l'impiego della sua attività debbano dipendere esclusivamente da lui.

Si tratta quindi di un principio di libertà. È un po' difficile — ripeto — illustrare tutto questo in dieci minuti e mettere la questione in relazione agli altri problemi, che interessano particolarmente le classi lavoratrici. Abbiamo in Italia istituti di previdenza e di assicurazioni sociali i quali costituiscono già di per se stessi, o almeno costituivano prima del fascismo, dei capitali abbastanza imponenti destinati ad assicurare agli operai determinati periodi di pensione. Ricordo che fra i tanti progetti più o meno fantasiosi che si vedono molto spesso fare in questo momento sulle riforme sociali (naturalmente progetti discutibili sotto tanti rapporti e condannabili anche per certi tentativi di realizzazioni poco pratiche) ne vidi uno nel quale si prevedeva di istituire sull'assicurazione sociale dei lavoratori un sistema destinato a mettere a disposizione del lavoratore un capitale capace di assicurargli addirittura la proprietà non già di un appartamento ma di una casa intera, e con tutti gli annessi. Ora, se queste possibilità sono oggi concepibili, data la estensione che si pensa di dare all'assicurazione sociale in genere, io mi domando se non sia anche possibile estendere un po' la nostra visione e vedere se addirittura l'assicurazione non possa essere data in partenza. Allora sì, quando a ciò si arrivasse, noi avremmo assicurato al cittadino quella piena disponibilità di se stesso che è piena garanzia di libertà! Ciò che è mancato sempre e che abbiamo rimproverato alle vecchie Costituzioni è proprio questo: che i cittadini, in partenza, non si trovano nelle stesse posizioni e che, di fronte all'esercizio della libertà, il salariato, chiunque non disponga di altro che della propria capacità di lavoro, non è veramente libero, e non è veramente libero appunto per la sua dipendenza economica, per lo stato d'inferiorità in cui si trova fin dalla nascita. Ricordo che in un voluminoso scritto sulla «Filosofia della Rivoluzione», Giuseppe Ferrari rimproverava appunto alla rivoluzione francese di avere, sì, assicurato i diritti del cittadino, ma di non aver assicurato il diritto alla proprietà che è il primo mezzo per cui quei diritti potevano essere esercitati. È — ripeto — in questo senso che si può risolvere un problema e giungere ad una realizzazione di libertà assai più efficace del diritto al lavoro; perciò ho presentato il mio emendamento. Naturalmente non vi insisto, perché la discussione su questo punto non sarebbe ora possibile e la votazione non sarebbe conclusiva e non rappresenterebbe un meditato pensiero. Ho voluto tuttavia farne un accenno in questa sede; ma è certo che, se avessi potuto farlo riallacciando la questione a tutti gli articoli di questo Titolo e a quella impostazione generale — che secondo me avrebbe dovuto darsi al problema della libertà nei rapporti economici — la mia proposta avrebbe forse ottenuto maggior numero di consensi e maggiore comprensione. Per ciò — e solamente per ciò — ritiro il mio emendamento.

 

PrecedenteSuccessiva

Home

 

 

A cura di Fabrizio Calzaretti