[Il 22 maggio 1947 l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo quarto della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti politici».]

Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Nella seduta di ieri fu sospesa la votazione del terzo comma dell'articolo 45, per dar modo alla Commissione di esaminare alcuni emendamenti presentati.

Il terzo comma è del seguente tenore:

«Non può essere stabilita nessuna eccezione al diritto di voto se non per incapacità civile o in conseguenza di sentenza penale».

L'onorevole Colitto ha proposto di sostituirlo col seguente:

«Non può essere stabilita nessuna limitazione al diritto di voto se non per incapacità o in conseguenza di sentenza penale irrevocabile».

L'onorevole Mastino Pietro ha proposto di sostituirlo col seguente:

«Le eccezioni al diritto di voto sono stabilite nella legge».

L'onorevole Carboni ha proposto di sostituire alla parola: «eccezione» l'altra: «limitazione».

Chiedo alla Commissione di esprimere il suo parere.

Merlin Umberto, Relatore. Dirò brevemente all'Assemblea le conclusioni cui siamo pervenuti su questo punto. La Commissione non si è trovata unanime, ma vi è stata una proposta del nostro Presidente, che ha ottenuto i maggiori consensi. L'onorevole Ruini presenta questa formula:

«Non può essere stabilita nessuna limitazione al diritto di voto se non per incapacità civile o in conseguenza di sentenza penale o in casi di indegnità morale indicati dalla legge».

È stato così accettato l'emendamento dell'onorevole Carboni.

La Commissione ha creduto prima di tutto di non poter accettare la formula che è stata proposta dall'onorevole Mastino, appunto perché è troppo generica, in quanto dice: «Le eccezioni al diritto di voto sono stabilite dalla legge».

È evidente infatti che con questa formula noi non avremmo la possibilità di porre alcun limite, mentre la preoccupazione di una buona parte dei commissari è stata questa, che il legislatore di domani non possa fissare delle incapacità o delle limitazioni al diritto di voto per ragioni politiche.

Ma, d'altro canto, dopo avere esaminato l'articolo 2 del disegno di legge che detta le norme per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta delle liste elettorali presentato all'Assemblea il 21 aprile 1947, la Commissione ha avuto la esatta sensazione che sono gravi le obiezioni mosse sia dal collega onorevole Mastino che dal collega onorevole Micheli, perché in questo articolo 2 sono previsti nove casi di ineleggibilità o di privazione del diritto di voto, che non si possono dimenticare.

L'articolo 2 infatti dice: «Non sono elettori gli interdetti e gli inabilitati per infermità di mente»; e questo è già compreso nella nostra Costituzione, là dove si fa menzione della incapacità civile, con le quali parole si comprendono i minori di età, gli interdetti e gli inabilitati.

Ma poi la legge speciale prevede: i commercianti falliti; coloro che sono stati sottoposti alle misure di polizia del confino e dell'ammonizione; coloro che sono stati sottoposti a misure detentive o di libertà vigilata; coloro che sono stati condannati a pene che importano l'interdizione perpetua dai pubblici uffici; coloro che sono stati sottoposti all'interdizione temporanea dagli uffici pubblici; poi tutta una lista di condannati. Tutti costoro, evidentemente, sono compresi nella formula da noi proposta: «o in conseguenza di sentenza penale». Quindi non c'è dubbio che fin qui andiamo d'accordo. Ma poi ci sono i titolari, per esempio, dei locali di meretricio. Ora, questa formula è ripetuta anche in precedenti leggi elettorali. Non credo che l'Assemblea vorrà modificare questa disposizione la quale giustamente priva del diritto di voto dei cittadini certamente indegni.

Ora, riassumendo, possiamo noi — per quanto preoccupati in sommo grado che il legislatore non abbia a disalveare dal limite che noi intendiamo di fissargli — votare la formula precedente pura e semplice? No; o almeno alcuni membri della Commissione non hanno ritenuto che ciò sia possibile; hanno ritenuto che si possa e si debba ammettere un tertium genus, una terza via d'uscita, una possibilità di mettere la Costituzione in perfetto accordo con la legge elettorale di domani, perché le preoccupazioni del collega onorevole Micheli indubbiamente sono fondate e meritano considerazione.

Circa le varie categorie di cittadini privati del diritto di essere elettori, le disposizioni della legge, là dove si parla dei fascisti e di coloro che sono puniti o sono stati condannati per reati fascisti, sono già contenute nell'articolo 1 delle Disposizioni finali e transitorie. E fin qui andiamo perfettamente d'accordo. La disformità sorgerebbe nei riguardi dei commercianti falliti. A me sembra che quando noi diciamo «casi di indegnità morale» possa e debba essere compresa anche questa categoria di cittadini che non hanno fatto onore ai loro impegni, e che il legislatore possa determinare i limiti di tempo della privazione del diritto elettorale.

Poi ci sono coloro che sono sottoposti a misure di sicurezza detentive o a libertà vigilata. Basta leggere l'articolo 215 del Codice penale per sapere che cosa sono queste misure di sicurezza: assegnazione ad una colonia agricola o casa di lavoro, ricovero in case di custodia, manicomi giudiziari, riformatori; la libertà vigilata riguarda il divieto di soggiorno, il divieto di frequentare osterie, pubblici esercizi, e via dicendo. Pare a noi che con la formula proposta anche questi casi possano essere compresi. Ma quello che indubbiamente ci impensierisce e che ci ha indotto a presentare tale formula è che non sembri che l'Assemblea Costituente, per la preoccupazione che non si vada al di là di quelli che sono i limiti che essa intende porre, voglia per avventura dare proprio il diritto di voto a quei tali cittadini immeritevoli per ragioni morali che ho sopra ricordato.

Per cui, concludendo, la Commissione propone questa formula, pur non essendo stata perfettamente unanime su di essa; vedrà l'Assemblea se questa formula soddisfi il desiderio e l'aspirazione di coloro che hanno interloquito su questo argomento.

Mi permetto di fare anche un'altra osservazione: vi fu qualche collega che disse che la formula «in conseguenza di sentenza penale» non è sufficientemente esplicita; qualche altro ha temuto che vi fossero compresi anche i reati colposi. Nulla di tutto ciò.

Nella legge che ho sotto gli occhi e in tutte le leggi elettorali precedenti sono fissati i reati per i quali la condanna penale porta come conseguenza la perdita del diritto di voto.

Vi sono una quarantina di righe che comprendono tutti i reati più gravi: peculato, malversazione, concussione, corruzione e via dicendo — non li leggo per non annoiare la Assemblea. —; sono esclusi i delitti colposi, come sono escluse in genere le contravvenzioni, meno alcune che il legislatore prevede.

Ora, non si può nella Costituzione prevedere tutta la casistica, riservata al legislatore; a me pare che per coloro che hanno dubbi possa valere l'interpretazione della Commissione, che cioè la sentenza penale definitiva (tranquillizzo così anche l'onorevole Colitto) non può essere che quella che condanna per questi specifici delitti previsti dalla legge speciale.

L'Assemblea deve pertanto decidere sul testo della Commissione, che noi desideriamo rimanga.

Poi c'è l'aggiunta: «o in casi di indegnità morale indicati dalla legge». Su questo punto ci rimettiamo all'Assemblea.

Presidente Terracini. Prego gli onorevoli Colitto e Mastino Pietro di dire se, dopo le dichiarazioni fatte dall'onorevole Merlin, mantengono gli emendamenti proposti.

Colitto. Dopo le dichiarazioni fatte dall'onorevole Merlin non mantengo l'emendamento.

Mastino Pietro. Io non mantengo la proposta di emendamento, ma chiedo di potere rispondere a taluni degli argomenti indicati dall'onorevole Merlin.

Presidente Terracini. Onorevole Mastino, lei ha cinque minuti per farlo.

Mastino Pietro. L'onorevole Merlin ha riconosciuto in definitiva come la formula originariamente indicata nel progetto di Costituzione fosse per lo meno insufficiente e come quindi le critiche mosse ieri sera avessero consistenza. Anch'io avevo previsto l'eventualità d'una risposta, direi, avversaria, di questo genere, secondo cui col rimettere qualunque decisione alla legge (per esempio la legge elettorale) si sarebbe potuto incorrere nel pericolo che per ragioni politiche taluno potesse essere privato del voto. A tale eccezione io rispondevo mentalmente come vi sia tutta la Costituzione che, nell'organamento dei vari suoi articoli, rende impossibile questa eventualità. La Costituzione, come stabilisce e garantisce i diritti di libertà e di associazione, tanto più stabilisce e garantisce il diritto di voto. Pensavo anche come alla eccezione formulata dall'onorevole Merlin — il pericolo che s'impedisse l'esercizio del diritto di voto per ragioni politiche — non fosse salvaguardia assoluta neanche la formula del progetto di Costituzione, perché basta dire che il diritto di voto può essere vietato per incapacità civili per ammettere che domani si possa emanare una legge che trovi un'incapacità civile, eventualmente, anche nell'appartenenza ad un dato partito.

Trovo però — ed ecco perché non insisto nell'emendamento — che l'aggiunta alla formulazione del progetto, indicata oggi dalla Commissione per bocca dell'onorevole Merlin, supplisce in gran parte alla manchevolezza. Mi permetto tuttavia di dire che faccio mio l'emendamento ritirato dall'onorevole Colitto. Se si tratta di una sentenza penale che fa decadere dal diritto di voto, deve essere una sentenza penale definitiva perché dobbiamo distinguere fra l'esclusione del diritto di voto e la sospensione dell'esercizio del diritto di voto; l'esclusione dovrà essere conseguenza di una sentenza definitiva, quella non definitiva potrà portare alla conseguenza della sola sospensione dall'esercizio del diritto di voto.

Micheli. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Micheli. Sono lieto di constatare come la Commissione abbia dato ragione delle osservazioni presentate dal collega Mastino e da me nella seduta di ieri. Devo però dichiarare che la Commissione per l'esame delle leggi elettorali, nell'adunanza tenutasi stamane, non è stata concorde a questo riguardo. E quindi quanto dissi mantengo, personalmente e non più a nome della Commissione che presiedo. Ad ogni modo l'emendamento ora proposto dalla Commissione, eliminando la maggior parte delle difficoltà che avevo messo in rilievo, è senz'altro da me accettato; voterò quindi a favore di esso.

Presidente Terracini. Passiamo alla votazione del testo proposto dalla Commissione, tenendo conto che vi è un emendamento sostitutivo dell'onorevole Colitto, ritirato da questi ma fatto proprio dall'onorevole Mastino. Il nuovo testo dalla Commissione è il seguente:

«Non può essere stabilita nessuna limitazione al diritto di voto se non per incapacità civile o in conseguenza di sentenza penale o in casi di indegnità morale indicati dalla legge».

Pongo in votazione la prima parte così formulata:

«Non può essere stabilita nessuna limitazione al diritto di voto se non per incapacità civile o in conseguenza di sentenza penale».

(È approvata).

Pongo in votazione l'aggiunta proposta dall'onorevole Colitto con un emendamento fatto proprio dall'onorevole Mastino Pietro:

«irrevocabile».

(È approvata).

Pongo in votazione la seconda parte del terzo comma:

«o in casi di indegnità morale indicati dalla legge».

(È approvata).

L'articolo 45 risulta, nel suo complesso, così approvato:

«Sono elettori tutti i cittadini di ambo i sessi, al raggiungimento della maggiore età.

«Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.

«Non può essere stabilita nessuna limitazione al diritto di voto se non per incapacità civile o in conseguenza di sentenza penale irrevocabile o in casi di indegnità morale indicati dalla legge».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti