[Il 21 maggio 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo quarto della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti politici».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Condorelli. [...] Io perciò farò delle osservazioni di carattere essenzialmente formale. La prima osservazione si riferisce alla seconda parte dell'articolo 45, allorché, a proposito del voto, si afferma che il suo esercizio è dovere civico e morale. È la prima volta, a dire la verità, che mi capita di studiare un sì audace tentativo di scalata all'Olimpo da parte del legislatore. I legislatori di tutti i tempi hanno avuto la coscienza di non poter creare dei principî morali e di non poter creare dei doveri morali. Pare che il legislatore italiano del 1947 abbia pensato ad un volo audace al di là di quelli che sono stati ritenuti sempre i confini naturali del suo ministero.

Il legislatore umano, il legislatore statuale non può creare dei doveri morali. Il legislatore del mondo morale è uno solo. È Dio, o, per chi crede in una morale autonoma, è la coscienza. Il legislatore non crea dei doveri morali, e quindi non ha significazione una espressione simile in una norma giuridica.

Il legislatore può prestare la sanzione giuridica ad un dovere morale. È il processo che dà base alla dottrina del minimo etico di Jellineck, il quale afferma che il diritto è appunto questo minimo etico, è la parte essenziale dell'etica che il legislatore fa diventare coattiva ed obbligatoria, aggiungendo la sua sanzione.

Ma che il legislatore possa creare o soltanto proclamare dei doveri morali è veramente una assurdità. Talché, quando i futuri vorranno leggere questa norma ed intenderne il contenuto, non potranno assolutamente pensare che il legislatore italiano sia caduto in una simile ingenuità (chiamiamola così); ma la interpreteranno piuttosto in questo senso, che il legislatore italiano abbia voluto che il dovere del voto sia soltanto un dovere morale, che abbia voluto, cioè, porre una inibizione al futuro legislatore a rendere giuridicamente obbligatorio il voto. Né è possibile altra interpretazione. Ed allora si potrebbe pensare che, di soppiatto, si sia voluto troncare qui una questione che così vivamente ha interessato l'opinione pubblica italiana e che del resto era già stata recepita nella nostra legislazione positiva, proprio nella legge in forza della quale noi siamo qui, che poneva appunto la obbligatorietà del voto.

Qui è il caso di uscire dagli infingimenti, dagli equivoci. Si è voluto porre questo problema della obbligatorietà o meno del voto, ed allora questo problema si ponga chiaramente e si inviti la Costituente a decidere se il voto debba essere obbligatorio o libero, se la Costituzione debba creare una preclusione all'obbligatorietà del voto.

È bene porre il problema apertamente e discuterlo in questi termini, perché se passasse l'articolo del progetto così com'è stato presentato, a me pare che l'obbligatorietà del voto non si potrebbe introdurre nella nostra legge elettorale altro che attraverso un procedimento di revisione della Costituzione. In altro modo non sarebbe possibile.

Ed io non credo che nello scorcio di questa discussione si possa introdurre quest'altra vastissima discussione che impegnerebbe tutti quanti i partiti a rivangare le tesi già note e ripetute. E allora è il caso di usare un termine che lasci libero il legislatore di provvedere in un modo o nell'altro. Saremo noi stessi a provvedere fra quindici giorni, ex informata conscientia, quando decideremo sulla legge elettorale. Per ora non c'è altra alternativa: o sopprimere la seconda parte di questo comma, che è perfettamente inutile (per me le definizioni nel diritto sono sempre superflue, quando non sono pericolose) e far passare l'articolo senza questa inutile ed errata pregiudiziale; o fermarci all'affermazione che dice: «il diritto è un dovere civico». E questo basta, perché i doveri civici possono essere sanzionati e non sanzionati. Ci sono tanti doveri civici che non sono sanzionati, come ce ne sono degli altri sanzionati. Sarà il legislatore che dovrà decidere. Qui la parola «civico» sta nel senso di dovere politico, con una notazione di giuridicità: perché «civico» è il perfetto corrispondente, su tema latino, dell'aggettivo «politico», che è su tema greco. Evidentemente sono due parole che si corrispondono nel loro contenuto sostanziale. Ma la parola «civico» è più pregnante di giuridicità e perciò appare più propria. Parliamo soltanto di dovere civico, se non vogliamo totalmente sopprimere questa aggiunta; o, altrimenti, sopprimiamola, che sarà il miglior partito, come del resto è stato proposto da un emendamento presentato da colleghi del mio stesso Gruppo parlamentare.

[...]

Presidente Terracini. Dichiaro chiusa la discussione generale. Ha facoltà di parlare il Relatore, onorevole Merlin Umberto.

Merlin Umberto, Relatore. [...] Come ho detto, le osservazioni che furono fatte sui primi articoli (45, 46, 47 e 48) non sono molto importanti. L'onorevole Rodi, per esempio, nel suo forbito discorso, ed oggi ha fatto seguito a lui il professor Condorelli con un discorso tanto eloquente, hanno trovato molto a ridire su quelle parole (che si riferiscono all'esercizio del voto): «Il suo esercizio è dovere civico e morale». Ha parlato anche il collega Sullo su questo argomento. Il giovane collega, nel suo felice debutto, vorrebbe che questa formula venisse modificata. Rispondo a tutti ed in particolare al professor Condorelli: se con le vostre proposte di emendamento soppressivo volete riaprire la discussione sul voto obbligatorio badate che combattete con un uomo come me, che alla Consulta, in occasione proprio della legge che ci ha portati qui, ha strenuamente combattuto per l'obbligatorietà del voto. Mi sono battuto allora col mio Gruppo, ed ho avuto la soddisfazione di vedere che la Consulta a maggioranza accoglieva il principio della obbligatorietà del voto, e questo principio è diventato legge dello Stato (come risulta dall'art. 1 cap. 2 della legge 10 marzo 1946 n. 74). Però le difficoltà della introduzione della obbligatorietà del voto non dipendono dalla affermazione del principio, ma dalle sanzioni, e il Governo, quando ha dovuto dare sanzione giuridica a questo principio — voi lo sapete — ha stabilito soltanto questa sanzione: che l'elenco degli astenuti fosse pubblicato, per il periodo di un mese, nell'albo comunale, e che il certificato di moralità e di buona condotta che il cittadino chiedesse, recasse aggiunta la menzione: «Non ha votato». Perché è evidente che malgrado il numero notevole di cittadini, che le elezioni del 2 giugno hanno portato alle urne (un numero addirittura insperato), ugualmente, se fate il conto, su 24 milioni di elettori la percentuale del 20 per cento comporta quattro o cinque milioni di astenuti, ed è evidente (voi lo capite) che lavoro immenso sia necessario per accertare, per ciascuno di essi, la posizione personale, e poi applicare la sanzione.

Io esprimo in questo momento il pensiero della Commissione, ma dovevo pure ricordare questi particolari perché non posso dimenticare i miei più importanti atti politici.

Ora, mi perdoni l'onorevole Condorelli e mi perdonino gli altri colleghi Rodi e Sullo, io non vedo quale eresia giuridica si compia se nella legge diciamo che questo del voto è un dovere civico e morale. Sì signori, anche morale. Perché non dobbiamo affermare questo dovere morale? L'onorevole Condorelli ha detto che è una eresia giuridica. Ma, badate, non è che questa Costituzione debba essere un trattato di pedagogia, ma deve indubbiamente insegnare anche dei doveri, deve essere anche il codice dei diritti e dei doveri dei cittadini. Meglio se sarà, come voleva Mazzini, prima il codice dei doveri e poi il codice dei diritti. Ora che c'è di male se la Commissione ha ottenuto l'unanimità dei consensi su questa formula? Questa formula in sostanza vuole esprimere questo: che i Commissari non erano d'accordo sul principio della obbligatorietà del voto, ma sono andati d'accordo su un principio forse più alto del dovere civico. Abbiamo affermato in forma solenne il dovere di andare a votare, il dovere del cittadino, che gode dei benefici di questo regime democratico, che gode della libertà, che gode della sicurezza personale, che insomma è ritornato ad essere in questo nuovo clima che la democrazia ha creato un essere libero, questo cittadino abbia anche il dovere di andare a votare. Un disturbo da poco, un disturbo insignificante, al quale però, sopratutto nelle elezioni anteriori al regime, una percentuale altissima di cittadini si era sempre sottratta.

Io non sono di avviso che la questione non possa essere riproposta, sono anzi del parere che la formula della Costituzione permetta in pieno di ripresentare la questione quando discuteremo la prossima legge elettorale, che verrà fra giorni in discussione all'Assemblea e di questo parere è stata anche la Commissione. L'espressione «dovere civico e morale» rappresenta una formula conciliativa che l'Assemblea farà propria.

L'onorevole Giolitti ha ripreso ieri sera la vecchia questione della età dell'elettore. Dico all'onorevole Giolitti due sole parole, tanto per non mancare di cortesia al collega e per rispondere alla sua proposta. La Commissione, nella sua maggioranza, ha accettato l'età di ventun'anno ed ha rifiutato l'emendamento, che da qualcuno veniva proposto, di ridurre l'età a diciotto anni. Perché abbiamo fatto questo? Per una ragione molto semplice: prima di tutto perché tutte le Costituzioni hanno fissato l'età per essere elettori, e poi perché a noi pareva che, se il Codice civile, nell'articolo 2, fissa la maggiore età e quindi la pienezza della capacità giuridica ad anni ventuno, proprio per una funzione che secondo noi dovrebbe esigere una maggiore maturità, una maggiore competenza, una maggiore conoscenza dei problemi, ci pareva contraddittorio che proprio per questa funzione, che noi non esitiamo a dire più alta, l'età, anziché essere aumentata, venisse abbassata. Ecco perché pregherei l'onorevole Giolitti di non insistere e di accettare la formula che la Commissione propone.

[...]

Restano due punti soltanto, ed io li ho tenuti per ultimo volutamente per sottolinearne l'importanza.

Vi è il punto che riguarda la organizzazione dei partiti e vi è il punto del voto degli italiani all'estero.

[...]

Ultimo argomento, gravissimo: noi abbiamo sentito dalla parola dell'onorevole Piemonte, che è un vero apostolo della emigrazione, seguito dagli onorevoli Schiavetti e Caporali, abbiamo sentito ripetere tutta la nobiltà, tutta l'importanza e tutta l'umanità di questo problema.

Invero, riunire attraverso il voto l'emigrante italiano, costretto ad abbandonare il suo paese, alla madre patria, è tale problema che indubbiamente ci accende tutti del legittimo desiderio di vederlo risolto.

Ma possiamo farlo noi in questa Assemblea, o lo si potrà fare in sede della legge elettorale specifica che verrà fra giorni in discussione?

L'argomento è gravissimo, ho detto, e gli stessi proponenti non hanno nascosto le difficoltà.

L'onorevole Piemonte, nel suo bellissimo discorso, ha tentato lui stesso la confutazione di queste difficoltà; ma basti dire poche parole per capire qual è l'importanza pratica che il problema presenta.

Bisogna prima di tutto distinguere fra emigrazione temporanea e permanente, occorre fare i conti con la suscettibilità e le diffidenze degli Stati che ospitano i nostri emigranti. Bisognerebbe risolvere il problema della doppia nazionalità, e risolverlo, non solo da noi, con atto unilaterale, ma, come gli stessi proponenti hanno detto, con atto bilaterale, cioè con trattati con i vari Stati. Ma più di tutto (badate che io mi fermo forse alle parti secondarie del problema) come darvi attuazione? Immaginate voi, con l'ansia che hanno le nostre folle elettorali, di sapere immediatamente l'esito delle urne, che si dicesse loro: «Badate, dobbiamo aspettare i risultati dell'estero, perché dobbiamo ricevere i voti di New York, di Londra e di Parigi?». E quando questi voti che verrebbero dall'estero fossero delle piccole differenze, ma sufficienti a far perdere o guadagnare un quoziente: apriti cielo! Di fronte al timore che questi voti non fossero sufficientemente segreti o garantiti si avrebbero agitazioni, proteste, contestazioni. Non ho accennato a tutto questo per fare la parte del diavolo e quindi voler dire che il problema è insolubile: no! L'Inghilterra, per esempio, lo ha risolto per i suoi militari. Io non conosco bene il sistema elettorale inglese; ma mi pare, se ben ricordo, che esso permetta delle proclamazioni immediate e delle proclamazioni a quindici giorni data, per modo che nel termine di quindici giorni vi sia la possibilità che i voti affluiscano. Comunque, voi capite quali mezzi poderosi occorrano: telegrafo, posta, sezioni elettorali presso i consolati ed altri ancora. Vi fate subito il concetto che non è possibile soltanto seguire la legge del nostro cuore e scrivere nella Costituzione questo voto, quando esso dovesse rimanere sterile.

[...]

Presidente Terracini. Dobbiamo ora passare all'esame dei numerosi emendamenti presentati sui singoli articoli. L'onorevole Colitto ha presentato il seguente emendamento all'articolo 45:

«Sostituire i primi tre commi con i seguenti:

«Sono elettori i cittadini di ambo i sessi, che hanno raggiunto la maggiore età.

«Il voto è personale, eguale e segreto. Il suo esercizio è dovere civico e morale.

«Non può essere stabilita nessuna limitazione al diritto di voto se non per incapacità o in conseguenza di sentenza penale irrevocabile».

Ha facoltà di svolgerlo.

Colitto. Il testo dell'articolo da me proposto si discosta dal testo della Commissione in quattro punti, due dei quali sono di mero dettaglio. Primo punto. Il testo della Commissione è redatto così: «Sono elettori tutti i cittadini di ambo i sessi, che hanno raggiunto la maggiore età». Questo «tutti» non ha, a mio avviso, ragione di essere. Esistendo limitazioni al diritto di voto, non può dirsi che «tutti» i cittadini sono elettori. In ogni caso quel «tutti» è pleonastico, perché è evidente che, quando si dice «i cittadini» hanno diritto di voto, si intende dire «tutti i cittadini», salvo le limitazioni, di cui in seguito è parola.

Secondo punto. Il secondo capoverso del testo proposto dalla Commissione suona così:

«Non può essere stabilita nessuna eccezione al diritto di voto».

Mi è parsa più precisa della parola «eccezione» la parola «limitazione», che, del resto, si trova nei trattati di diritto costituzionale e nei testi di legge elettorale.

Terzo punto. Nel testo proposto dalla Commissione si afferma che il voto, oltre ad essere personale, eguale, e segreto, è anche «libero».

Io ho proposto che sia soppresso l'aggettivo «libero». Quando si dichiara che il voto è libero, evidentemente si dichiara che il voto è non obbligatorio. Non è il caso di parlare qui della obbligatorietà del voto.

Vi sono illustri sostenitori di essa ed altri, giuristi e politici insigni, che sostengono il contrario.

Mi sembra che la Commissione dei Settantacinque si sia orientata verso la non obbligatorietà del voto, ritenendo essere il diritto elettorale il mezzo giuridico deferito al cittadino come tale per rendergli possibile la partecipazione al governo della cosa pubblica, per cui il cittadino ha la facoltà positiva di designare il proprio rappresentante, ma anche la facoltà di non designare alcuno, non potendosi obbligare i cittadini, tutti i cittadini, a formarsi un concetto di ciò che meglio convenga alla Patria, e votare in conformità. Desidero qui aggiungere, senza peraltro entrare nella questione, che, ciononostante — come rileva anche il Triepel — l'elezione resta pur sempre uno specchio assai fedele della volontà popolare, perché, quando anche vi fosse scarso concorso alle urne, lo specchio rifletterebbe chi vuol essere veduto e non rifletterebbe chi non vuol essere veduto. Intanto io penso che non sia opportuno proclamare esplicitamente, sarei per dire «clamorosamente», tale libertà, se si vuol, poi, subito dopo, solennemente affermare che l'esercizio del voto è dovere civico e dovere morale. Si viene così in sostanza a dichiarare solennemente che il cittadino è libero di adempiere o meno ad un dovere.

È un bisticcio di parole, onorevoli colleghi, che è meglio, a mio avviso, evitare.

Non è necessario sottolineare quella libertà, tanto più che, considerando l'esercizio del voto un dovere soltanto morale, implicitamente si afferma la non obbligatorietà e, quindi, la libertà del voto.

L'onorevole Merlin ha testé detto che l'articolo è redatto in guisa che, in occasione della prossima discussione sulla legge elettorale, sarà possibile ritornare sulla questione della obbligatorietà o meno del voto.

Mi permetto di contraddirlo. In occasione dei lavori della prima Sottocommissione fu proposta questa formula: «Il voto è un dovere civico». Ebbene molti colleghi dichiararono di votare contro, sembrando ad essi che con quella formula si venisse ad affermare il principio della obbligatorietà del voto. Quando, invece, si aggiunse al sostantivo «dovere» l'aggettivo «morale», quegli stessi colleghi votarono favorevolmente. Dai resoconti dei lavori della prima Sottocommissione risulta che essi, nel votare, dichiararono di votare favorevolmente alla formula «dovere morale», proprio perché con tale aggettivo veniva ad essere affermata solennemente la non obbligatorietà giuridica del voto.

Ed allora, se, dicendosi che l'esercizio del voto è un dovere morale, si dice implicitamente che non è obbligatorio, non mi sembra che sia il caso di mantenere nella norma la parola «libero».

Ultimo punto. Nell'ultimo capoverso io ho proposto che alle parole «sentenza penale» sia aggiunto l'aggettivo «irrevocabile».

Ieri l'onorevole Di Giovanni, con la sua autorità, pur ritenendo giusto il mio emendamento, affermava doversi all'aggettivo «irrevocabile» sostituire l'aggettivo «definitiva», perché, potendo una sentenza essere modificata in sede di revisione, non può dirsi mai irrevocabile. Se non che, a me pare che sia da tenersi fermo, ove un aggettivo si voglia aggiungere, l'aggettivo da me proposto, perché è l'aggettivo usato dal nostro legislatore nell'articolo 553 del Codice di procedura penale, che disciplina proprio la revisione delle sentenze penali.

E l'aggettivo mi sembra che vada aggiunto. L'opportunità di tale aggiunta è apparsa alla mia mente, allorché ho avuto occasione di leggere qualche sentenza del Supremo Collegio, cui, in altri tempi, non essendosi, nelle leggi elettorali, scritto se la sentenza di condanna dovesse essere o meno definitiva, si fece ricorso, perché ciò fosse con precisione chiarito. E la Cassazione di Roma, con sentenza 17 dicembre 1907 (Cassazione unica civile, 1908, n. 19), ritenne che un procedimento penale in corso, cioè un procedimento penale non definito da sentenza avente forza di cosa giudicata, non toglie né l'elettorato, né la eleggibilità.

Perché ora non evitare che la norma dia adito a dubbi, così come a dubbi diede adito la norma emanata in precedenza in materia? Lo si può evitare, appunto, affermandosi esplicitamente che la sentenza penale deve essere divenuta res judicata. Si aggiunga che dai lavori preparatori della prima Sottocommissione non risulta che la questione sia stata affacciata e discussa. Si discusse se si dovesse parlare di incapacità «legali» o di incapacità «penali». La questione fu risolta nel senso che si dovesse parlare di incapacità penale; ma la questione se si dovesse alle parole «sentenza penale» aggiungere l'aggettivo «definitiva» o l'aggettivo «irrevocabile» non fu neppure sollevata. Io insisto, perciò, per queste brevi considerazioni, sulle proposte di emendamento da me formulate all'articolo 45. (Applausi).

Presidente Terracini. Segue l'emendamento degli onorevoli Giolitti, Bucci, Iotti Leonilde, già svolto:

«Sostituire il primo e il secondo comma con i seguenti:

«Sono elettori tutti i cittadini di ambo i sessi che hanno raggiunto l'età stabilita dalla legge.

«Il voto è personale, eguale, libero e segreto».

L'onorevole Mortati ha presentato i seguenti tre emendamenti:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«Hanno diritto al voto tutti i cittadini di ambo i sessi, al raggiungimento della maggiore età».

«Sostituire la seconda parte del secondo comma con la seguente frase:

«Il suo esercizio è dovere politico e morale».

«Sopprimere il quarto comma fondendolo con l'articolo 48, nel modo indicato all'emendamento proposto per quest'articolo».

Ha facoltà di svolgerli.

Mortati. Sull'articolo 45 io ho presentato tre emendamenti. Penso però che sia opportuno rinunciare per il momento a svolgere l'ultimo emendamento perché esso si riferisce ad una proposta di fusione del quarto comma dell'articolo 45 con l'articolo 48, e pertanto si rende opportuno rinviare a quella sede il suo svolgimento. Mi fermerò invece sui primi due emendamenti che hanno finalità di carattere tecnico, cioè tendono a perfezionare il testo dell'articolo e non a modificarne la sostanza.

Per quanto riguarda il primo emendamento, io propongo di sostituire il testo della Commissione, al primo comma, con le parole: «Hanno diritto al voto i cittadini di ambo i sessi, al raggiungimento della maggiore età». Questo perché secondo la nostra Costituzione i cittadini non sono solo elettori, ma possono partecipare anche al referendum, e, dato ciò, sarebbe opportuno che questa disposizione, che ha carattere generale, tenesse presente tutte e due queste funzioni attribuite al cittadino.

C'è qualche Costituzione, come la Costituzione bavarese del 1919, che fa distinto riferimento alle due funzioni e dice che i cittadini hanno diritto di voto e sono elettori, considerando così separatamente tale duplice possibile direzione del diritto di voto. A me pare sia inutile questa complicazione, perché il diritto al voto può considerarsi comprensivo di tutte e due queste attività: infatti si vota per le elezioni e si vota per il referendum. La dizione proposta «hanno diritto al voto» comprende tutte e due gli svolgimenti dell'attività del cittadino e risponde meglio alle esigenze della disposizione in esame, che ha carattere generale e deve comprendere tutte le possibili attività conferite al cittadino e tutti i suoi diritti nei riguardi della formazione della volontà statale.

Per quanto riguarda l'altro emendamento, io propongo di sostituire la seconda parte del secondo comma con le parole «il suo esercizio è dovere politico e morale». Su questo forse sarà opportuno fermarsi un poco più a lungo. Prima di spiegare le ragioni dell'emendamento è opportuno chiarire il significato attribuibile alla dizione proposta dalla Commissione «dovere civico e morale». Qualcuno ha affermato, in Commissione e qui, che l'aggiunta della parola «morale» esclude ogni carattere vincolante a questo dovere, e che quindi l'accettazione di questa formula preclude la possibilità, per l'avvenire, di introdurre qualsiasi sanzione giuridica al dovere di voto. Io osservo che questa interpretazione è inesatta. Mi pare si possa obiettare alle considerazioni formulate nel senso qui criticato dal collega Condorelli, che la parola morale è da interpretare non nel senso che la Costituzione crei doveri morali (perché non potrebbe evidentemente crearne), bensì nel senso che, richiamandoli, rafforzi nel cittadino, destinatario della norma, la convinzione di qualcosa che investe la qualità e la funzione morale dell'uomo. Indubbiamente risponde ad un'esigenza morale che il cittadino, in quanto fa parte di uno Stato democratico, anche al di fuori di disposizioni di carattere giuridico, assuma un vincolo di partecipazione all'organismo democratico, di intervento, per mezzo del voto, nel funzionamento dello Stato. In ogni caso osservo che, comunque si decida la questione del significato da assegnare alla parola «morale», è certo che la sua aggiunta all'altra espressione «civico», ha lo scopo di indicare qualche cosa di diverso da quest'ultima.

Ciò è comprovato dall'esame che si faccia del significato obiettivo dell'aggettivo «civico». Bisogna all'uopo fare riferimento non solo al generico significato, ma a quello specifico che è dato dal linguaggio tecnico giuridico, al quale evidentemente deve fare riferimento il legislatore. Nella classificazione dei diritti e dei doveri subiettivi pubblici, quelli civici si riferiscono alle prestazioni dei cittadini verso lo Stato e, reciprocamente, dello Stato verso i cittadini. I diritti, come i doveri, si possono raggruppare in tre grandi categorie: diritti di libertà, diritti politici e diritti civici. I diritti civici si distinguono dagli altri due perché riguardano doveri di prestazione, i quali però siano fine a se stessi: sono doveri civici quello di pagare le tasse, quello di prestare il servizio militare, ecc. Dire doveri civici è quindi senza dubbio affermare il carattere giuridico del dovere, e nello stesso tempo determinare il contenuto del dovere stesso, cioè la prestazione del cittadino verso lo Stato. Ciò premesso, è da rilevare che la dizione adoperata appare impropria, in quanto la prestazione da parte del cittadino del voto non è fine a se stessa, ma mezzo per il raggiungimento di altri fini. Che il diritto di voto sia considerato un diritto funzionale, vale a dire uno di quei diritti che tendono alla realizzazione di interessi che sorpassano il privato per toccare l'interesse della collettività, non può esser dubbio. E se il diritto di voto è un diritto funzionale, che è esercitato nell'interesse stesso della collettività, sorpassando l'ambito di quello dell'individuo che lo esercita, la qualifica che gli compete è quella di «politico» e politico sarà il dovere che corrisponde ad esso.

Queste considerazioni mi sembra giustifichino la mia proposta di sostituire l'espressione: «dovere civico e morale», con l'altra «dovere politico e morale», proposta che ha il preciso significato di chiarire la natura di questo dovere, che è politico, nel senso di dovere attinente all'esercizio di attività che toccano gli interessi pubblici. La sostituzione rende tecnicamente più preciso il testo e riafferma l'indole giuridica attribuibile al dovere.

Da questa generica determinazione della giuridicità del vincolo non discende senz'altro l'obbligo del legislatore di porre necessariamente specifiche sanzioni ad esso. Rimane aperta la valutazione di opportunità circa il se ed il modo dell'attuazione di date conseguenze per l'inadempimento del decreto stesso.

La Costituzione si limita ad affermare il carattere giuridico, oltre che morale, del vincolo gravante sul cittadino, mentre è compito del legislatore desumere, quando lo crede utile, le conseguenze del principio (Applausi).

Presidente Terracini. L'onorevole Coppa ha presentato il seguente emendamento:

«Al primo comma, alle parole: hanno raggiunto, sostituire le altre: raggiungano entro l'anno».

Ha facoltà di svolgerlo.

Coppa. Questo emendamento mi è stato suggerito da alcune considerazioni, e, precisamente, dalle considerazioni sulla leva militare. In effetti, i giovani sono chiamati alle armi non precisamente al compimento dell'età stabilita dalla legge, ma entro l'anno nel quale l'età si compie. I giovani sono chiamati per classi, magari per quadrimestre, ma senza tener conto se essi hanno o non compiuto l'età richiesta dalla legge. D'altra parte, vale la pena di considerare che, se si deve essere inclusi nelle liste elettorali quando si è raggiunta la maggiore età, capita di frequente, come è avvenuto l'anno scorso, che molti giovani, che hanno compiuto il 21° anno, non hanno potuto esercitare il diritto di voto perché le liste elettorali erano già state compilate. E siccome noi sappiamo che l'aggiornamento delle liste elettorali avviene all'inizio dell'anno, è chiaro che tutti coloro i quali raggiungono la maggiore età durante l'anno vengono ad essere esclusi dal diritto di voto. E poiché il diritto di voto si può esercitare una volta ogni quattro anni, presso a poco, è chiaro che tutti questi giovani vengono ad essere privati del più alto diritto e dovere che, dopo quello di servire la Patria, certamente è il più alto compito che si affida al cittadino. D'altra parte, oltre la facilitazione nella compilazione delle liste elettorali, che dovrebbero essere fatte all'inizio dell'anno, in modo che comprendano tutti coloro che entro l'anno compiono gli anni 21, vi è un'altra considerazione per quanto riguarda i maschi, che giustifica il proposto emendamento.

Se si chiede ai giovani di prestare servizio militare senza tener conto se hanno o non compiuto i 20 anni, se la Patria chiede a tutti i giovani, in tempo di guerra, anche il sacrificio supremo che è quello di dare la vita per essa, è giusto che a questi giovani sia anche consentito di partecipare attivamente alla vita politica del Paese.

Presidente Terracini. I seguenti emendamenti sono stati già svolti:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Il diritto di voto è personale ed eguale. L'esercizio di esso è libero e segreto e costituisce alto dovere civile.

«Di Giovanni».

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Il diritto di voto è personale, eguale e segreto. Il suo esercizio è obbligatorio. La sanzione è stabilita dalla legge.

«Sullo».

L'onorevole Bozzi ha presentato il seguente emendamento:

«Al secondo comma, sostituire il primo alinea col seguente:

«Il diritto di voto è personale, uguale, libero e segreto».

Ha facoltà di svolgerlo.

Bozzi. Dichiaro che il mio emendamento ha un carattere semplicemente formale e non ha bisogno di essere illustrato.

Presidente Terracini. L'onorevole Carboni ha presentato i seguenti emendamenti:

«Al secondo comma, alle parole: Il voto, sostituire le altre: Il diritto di voto».

«Al terzo comma, alla parola: eccezione, sostituire: limitazione».

Ha facoltà di svolgerli.

Carboni. Ho presentato due proposte di emendamenti, che hanno anch'esse un valore formale, siccome intese a dare al testo costituzionale una maggiore precisazione giuridica. Il primo emendamento è conforme a quello dell'onorevole Bozzi. Si tratta di sostituire alla formulazione del secondo comma dell'articolo, così come è proposto dalla Commissione, la seguente formulazione: «Il diritto di voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico e morale». Ho presentato questa proposta di emendamento, perché mi parve che i requisiti della personalità e della eguaglianza si adattassero meglio al «diritto di voto» anziché al «voto», che è la manifestazione esteriore, l'esercizio del diritto.

Sennonché devo confessare che, dopo la presentazione dell'emendamento, sono rimasto perplesso sulla sua esattezza, perché ho considerato che gli altri due requisiti «libero e segreto» sono propri dell'esercizio, della manifestazione esteriore, cioè del voto piuttosto che del diritto di voto. Questa mia perplessità è stata risolta dall'emendamento dell'onorevole Di Giovanni così concepito:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Il diritto di voto è personale ed eguale. L'esercizio di esso è libero e segreto e costituisce alto dovere civile».

Con la formulazione dell'onorevole Di Giovanni si riportano i due requisiti della personalità e dell'eguaglianza al diritto di voto, come sembra giusto, e si riallacciano quelli della libertà e della segretezza all'esercizio del diritto di voto. Perciò io ritiro il mio emendamento, e aderisco a quello dell'onorevole Di Giovanni.

La seconda proposta di emendamento da me fatta, si riferisce al terzo comma dello stesso articolo 45:

«Al terzo comma, alla parola: eccezione, sostituire: limitazione».

A me pare che il concetto di «limitazione» sia giuridicamente più esatto in confronto dell'altro: «eccezione»; perché quando si dice «eccezione» ci si riferisce soltanto alla esclusione del diritto di voto, mentre non si può non prendere in considerazione anche l'ipotesi della semplice sospensione. Se il testo passasse così come è proposto dalla Commissione, soltanto per la esclusione dal diritto di voto, varrebbe il principio costituzionale che ne subordina la statuizione legislativa ai soli casi di incapacità civile e di sentenza penale. Invece, secondo me, per qualunque limitazione, e quindi anche per la semplice sospensione dal diritto di voto, è conveniente che la Costituzione fissi tassativamente le condizioni alle quali dovrà attenersi il legislatore, sì da impedire che le leggi elettorali possano limitare il diritto di voto al di fuori di quelle condizioni, che io penso debbano essere le stesse, che il progetto di Costituzione richiede per il caso più grave della eccezione.

Presidente Terracini. Gli onorevoli Piemonte, Caporali, Villani, Taddia, Filippini, Persico, Bennani, Longhena, Canevari, Cianca, Salerno, Grilli, Tonello, Paris, Montemartini, Pera, Chiaramello, Zanardi, Rossi Paolo, Lami Starnuti, Fantoni, Tessitori, Chiostergi, Bianchi Bianca, De Michelis, Jacometti, Gullo Rocco, Canepa, Mancini, Gortani hanno presentato il seguente emendamento, già svolto:

«Al secondo comma, dopo la parola: segreto, aggiungere le altre: ed è esercitato anche dal cittadino all'estero».

Gli onorevoli Morelli Renato, Crispo, Cortese hanno presentato il seguente emendamento:

«Al secondo comma, sopprimere le parole:

«Il suo esercizio è dovere civico e morale».

L'onorevole Morelli Renato ha facoltà di svolgerlo.

Morelli Renato. La proposta che si concreta nel nostro emendamento è quella di sopprimere al secondo comma dell'articolo 45 le parole: «il suo esercizio è dovere civico e morale». In realtà, il testo, così come è stato redatto dalla Commissione, sembra voler adombrare la risoluzione di un problema particolarmente importante e delicato: quello della cosiddetta obbligatorietà del voto.

I quesiti che si pongono sono due. Il primo: è questa la sede opportuna per risolverlo? Il secondo: è risolto, in ogni modo, questo problema chiaramente e limpidamente?

Che sia la sede opportuna è da dubitare: le caratteristiche giuridiche dell'esercizio del voto sono di solito contemplate nella legge elettorale. Qualche Costituzione moderna, ad esempio quella austriaca, fa oggetto di apposita dichiarazione la così detta obbligatorietà del voto; ma sono casi rarissimi perché è di solito la legge elettorale che si occupa della questione.

Ed è opportuno, perché è anche in rapporto alla importanza delle cariche da eleggere che l'esercizio del voto può essere ritenuto necessario nel pubblico interesse, e che va stabilita la misura delle sanzioni relative.

Resta l'altro quesito: se il problema sia ben risolto con l'espressione «dovere civico e morale». Io credo di no, anche se il dire che l'esercizio del voto è un diritto civico e morale non contraddice alla dichiarazione che «il voto è libero», perché la libertà va intesa in questo caso essenzialmente come assenza di coazione. Ecco perché non sono d'accordo con l'onorevole Colitto, il quale ha sostenuto la contraddittorietà delle due dichiarazioni. Affermare che il voto è libero significa affermare che la volontà dell'elettore deve potersi determinare e manifestare liberamente.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Benissimo.

Morelli Renato. Sono viceversa d'accordo con l'onorevole Colitto quando egli richiama le incertezze determinatesi nell'esame dell'articolo da parte della prima Sottocommissione dell'Assemblea Costituente, che confermano la necessità della soppressione da me proposta, perché quegli aloni di dubbio ai quali accennava l'onorevole Condorelli fecero sì, in quella sede, che l'espressione «dovere civico» risultasse significativa in un senso e nell'altro: secondo la tesi della obbligatorietà del voto, sostenuta da alcuni commissari, e secondo quella della non obbligatorietà, sostenuta da altri commissari.

In verità la prima Sottocommissione del Ministero della Costituente aveva posto la questione in maniera forse più chiara e precisa, dal punto di vista costituzionale, proponendo la formula seguente: «L'esercizio dei poteri di partecipazione alla vita dello Stato conferito ai cittadini è obbligatorio per costoro, secondo le modalità che saranno stabilite per legge». I commissari tuttavia, pur avendo ammesso che l'esercizio obbligatorio del voto dovesse essere considerato quale principio integratore della rappresentanza organica, e perciò necessario «per il regolare funzionamento di una democrazia di masse», espressero l'avviso che fosse inopportuno introdurre tale principio nella Costituzione.

Successivamente la prima Sottocommissione della Costituente, quando si trovò a decidere intorno alle caratteristiche del voto, fu in dubbio quale formula preferire. Finì con il preferire una formula transattiva, aggiungendo alla dichiarazione «il voto è un dovere civico» le parole «e morale», e nacque l'ambiguità. Infatti un commissario osservò doversi intendere in senso tutto platonico questa affermazione del dovere del voto; un altro sostenne che la formula rispecchiasse il principio stabilito nella legge 10 marzo 1946, che è quella dell'esercizio obbligatorio del voto, nonostante il ristretto limite delle sanzioni.

Se pertanto dovesse essere approvato l'emendamento soppressivo, ogni dubbio verrebbe ad essere eliminato: in caso contrario, mi assocerei all'emendamento dell'onorevole Mortati, il quale ha proposto che si dichiari il voto «dovere politico». Verrebbe così rispettata la terminologia giuridica, in quanto la categoria dei diritti pubblici comprende, fra gli altri, i diritti civici, che hanno per oggetto il rendimento di un servizio pubblico, ed ai quali si contrappongono i doveri civici, e i diritti politici, che hanno per oggetto l'esercizio di una funzione pubblica, ed ai quali si contrappongono, con carattere analogo e simmetrico, i doveri politici. Ma io pregherei l'onorevole Mortati di togliere le parole «e morale», che può far risorgere gli stessi dubbi che attualmente sorgono a proposito della espressione «civico e morale»; mentre il mio punto di vista coincide con quello dell'onorevole Condorelli, nel senso cioè di non doversi trattare in una Costituzione di doveri morali, che trovano la loro sede opportuna in un trattato di etica, non in un testo costituzionale che si appalesa sempre più dotato di affermazioni astratte e definizioni generiche.

Presidente Terracini. L'onorevole Rodi ha presentato il seguente emendamento, già svolto:

«Al secondo comma, sopprimere le parole: Il suo esercizio è dovere civico e morale».

L'onorevole Perassi ha facoltà di svolgere il seguente emendamento:

«Al secondo comma, alle parole: Il suo esercizio, sostituire le altre: L'esercizio del diritto di voto».

Bernabei. Non essendo presente l'onorevole Perassi, faccio mio l'emendamento e rinuncio a svolgerlo.

Presidente Terracini. Sta bene. L'onorevole Buffoni ha presentato il seguente emendamento:

«Al secondo comma, dopo la parola: morale, aggiungere: e sarà con opportune norme assicurato anche ai cittadini che si trovano all'estero».

Non essendo presente, si intende che abbia rinunciato a svolgerlo.

L'onorevole Andreotti ha facoltà di svolgere il seguente emendamento:

«Aggiungere al secondo comma: e può essere reso obbligatorio dalla legge».

Andreotti. Rinuncio a svolgere il mio emendamento, perché credo che, se la Commissione, nel rispondere sui vari emendamenti, confermerà che nella dizione «dovere civico», o meglio nella dizione proposta dall'onorevole Mortati: «dovere politico», si lascia impregiudicata la possibilità di rendere per legge obbligatorio l'esercizio del diritto di voto, non sia necessario fare l'aggiunta che io ho proposto.

Quindi, mi riservo anche di ritirare l'emendamento dopo che la Commissione avrà risposto.

Presidente Terracini. Il seguente emendamento dell'onorevole Schiavetti è stato già svolto:

«Inserire, fra il secondo e il terzo comma, il seguente:

«La Repubblica assicura ai cittadini italiani residenti all'estero la possibilità dell'espressione organica della loro volontà e della rappresentanza dei loro interessi».

L'onorevole Mastino Pietro ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«Le eccezioni al diritto di voto sono stabilite nella legge».

Ha facoltà di svolgerlo.

Mastino Pietro. Io, con la presentazione dell'emendamento al terzo comma dell'articolo 45, ho inteso rimettere ogni decisione, sulle esclusioni dal diritto di voto, alla legge, in quanto parto da un concetto diametralmente opposto a quello che ha determinato la presentazione degli emendamenti dei colleghi Colitto e Di Giovanni. I due onorevoli colleghi partono dal convincimento che la sentenza penale, e solo la sentenza penale — irrevocabile, secondo l'uno, definitiva, secondo l'altro — debba o possa portare alla esclusione del diritto di voto. Io penso invece che si possano anche verificare delle situazioni in cui non vi sia una sentenza, e tanto meno una sentenza definitiva, e ciò non di meno si debba arrivare all'esclusione dal diritto di voto. Non voglio procedere ad una casistica; ma basta pensare a casi di gravissime imputazioni in cui, ad esempio, ci sia eventualmente una sentenza di rinvio a giudizio. Ebbene, in questi casi, in base all'attuale disposto dell'articolo 45, soprattutto se complicato con le due qualifiche di sentenza irrevocabile o di sentenza definitiva, la limitazione al diritto di voto non si dovrebbe verificare. Questo non lo trovo giusto.

D'altra parte, dobbiamo avere una visione, direi, realistica e pensare a quello che praticamente si verifica. Si verifica infatti che a molti si attribuisce in teoria il diritto di voto; ma di fatto essi si trovano nell'impossibilità di esercitare questo diritto: ad esempio, non ho mai saputo che abbiano avuto la possibilità di esercitare il diritto di voto, loro astrattamente concesso, quanti si trovano detenuti, quanti in base — ahimè! — alla legge di pubblica sicurezza si trovino o si siano trovati al confino di polizia, o anche solo eventualmente sottoposti all'ammonizione.

Capisco che mi si possa rispondere come tutto questo riguardi non il diritto di voto, sibbene l'esercizio del diritto stesso; ma penso che sia consigliabile dare libertà a quelli che formeranno la legge in proposito, di poter meglio esaminare anche sotto il punto di vista pratico la dizione da usare.

Relativamente all'inopportunità che alla sentenza penale venga aggiunta la qualifica secondo l'onorevole Colitto «irrevocabile» e secondo l'onorevole Di Giovanni «definitiva», rilevo che è contraria alla sua tesi la citazione fatta dallo stesso onorevole Colitto, il quale ha ricordato una sentenza della Cassazione, di non so quale anno, la quale dovette decidere se un Tizio, che era inquisito (si è parlato di procedimento in corso), avesse diritto o no di votare. Dovette intervenire la Cassazione. Evidentemente, quindi, la Cassazione si trovò di fronte ad un caso in cui, le circostanze di fatto consigliavano l'opportunità di escludere il diritto di voto — o, per lo meno il suo esercizio — nei riguardi di un imputato non ancora condannato. È dunque un argomento di più perché si ritenga che nella regolamentazione del diritto di voto le possibili limitazioni, esclusioni, ecc. siano rimesse alla legge.

Presidente Terracini. L'emendamento dell'onorevole Di Giovanni è stato già svolto:

«Al terzo comma, alla parola: eccezione, sostituire l'altra: esclusione, e far seguire alle parole: sentenza penale, la parola: definitiva».

L'onorevole Caroleo ha presentato il seguente emendamento:

«Al terzo comma, alle parole: «sentenza penale», sostituire le altre: «sentenza del magistrato penale».

L'onorevole Caroleo ha facoltà di svolgerlo.

Caroleo. Indubbiamente, quando si parla di sentenza penale si intende riferirsi ad un provvedimento giurisdizionale. Ma l'emendamento ha questo scopo: di richiamare l'attenzione dell'onorevole Commissione su quei provvedimenti che sono stati emessi dalle Commissioni provinciali di epurazione e che purtroppo, se non provvedimenti giurisdizionali nella forma, lo sono stati certamente nella sostanza, perché — come gli onorevoli colleghi ricorderanno — quelle Commissioni avevano il potere di privare i cittadini dei diritti politici per la durata di dieci anni.

Ora, se noi adottiamo — così come si legge nella formulazione del progetto di Costituzione — la dizione «sentenza penale», potremmo comprendere, forse per malinteso, forse per equivoco, in questa dizione anche quei tali provvedimenti delle Commissioni provinciali.

Se questo è il proposito dell'Assemblea, naturalmente la sua sovranità potrà anche questo stabilire, ma è opportuno che ciò sia chiarito fin da questo momento. Anche perché, dando uno sguardo al disegno di legge presentato dal Ministro degli interni per l'elettorato attivo, io ho visto che questa preoccupazione è stata di proposito avvertita dall'estensore della relazione, con riguardo alla, direi quasi, enormità che si è venuta a determinare. Il decreto di amnistia del giugno 1946 fu indulgente verso coloro i quali si erano resi responsabili dei gravissimi reati di cui all'articolo 3 e all'articolo 5 del decreto luogotenenziale 27 luglio 1944, reati consistenti nella organizzazione di squadre fasciste in azioni dirette a colpi di Stato, e anche nel periodo posteriore all'8 settembre 1943, in atti di collaborazionismo grave col nemico, in atti contro la fedeltà e la difesa dello Stato. Indulgendo verso gli autori di questi gravissimi reati, il decreto di amnistia del giugno 1946 non disse invece nessuna parola in ordine ai cennati provvedimenti delle commissioni provinciali.

Poiché verrà in discussione dinanzi a questa Assemblea la legge sull'elettorato attivo, è opportuno che già fin da questo momento, soddisfacendo anche le aspettative del relatore del disegno di legge, si dica esplicitamente qualcosa in proposito; perché io trovo che nella relazione del Ministro dell'interno si prevede che l'approvazione dell'articolo 45 del progetto di Costituzione potrà portare alla modifica anche delle norme transitorie di detto disegno di legge, sempreché l'Assemblea Costituente non ritenga di adottare altri criteri, in seguito all'amnistia ed al condono concessi in occasione dell'avvento dalla Repubblica.

Perciò, proponendo l'emendamento «sentenza del Magistrato penale», mi pare che si possa, attraverso questa precisazione, dare un'anticipata manifestazione di quello che dovrà essere il comportamento di questa Assemblea in sede di approvazione della legge elettorale, rispetto ai provvedimenti delle commissioni provinciali di epurazione.

Presidente Terracini. L'onorevole Bozzi ha proposto la soppressione del quarto comma.

Ha facoltà di svolgere l'emendamento.

Bozzi. Io ho proposto la soppressione del quarto comma dell'articolo 45, il quale è così concepito:

«Sono eleggibili in condizioni di eguaglianza tutti gli elettori che hanno i requisiti di legge».

Merlin Umberto, Relatore. Accettiamo il suo emendamento, onorevole Bozzi.

Bozzi. Va bene. Ringrazio.

Presidente Terracini. L'onorevole Di Giovanni ha già svolto il seguente emendamento:

«Al quarto comma, sostituire alla frase: che hanno i requisiti di legge, l'altra: che hanno i requisiti stabiliti dalla legge per essere eleggibili».

È così terminato l'esame degli emendamenti.

L'onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il pensiero della Commissione su di essi.

Merlin Umberto, Relatore. Rispondo molto brevemente.

All'articolo 45 ha proposto un emendamento innanzi tutto l'onorevole Colitto.

Ora io dichiaro all'onorevole Colitto che la Commissione accetta di sostituire la parola «eccezione» con la parola «limitazione», ritenendola più propria. Non accetta invece le altre modificazioni. Non accetta la soppressione dell'aggettivo «libero», perché la Commissione intende libertà oggettiva dell'esercizio di questo diritto a vantaggio dell'elettore, per modo che gli organi dello Stato siano impegnati ad assicurare questa libertà.

Non accetta poi la parola «irrevocabile», non perché il concetto non sia condiviso dalla Commissione, ma perché riteniamo che sia già espresso con le parole «sentenza penale». Infatti la formazione dei certificati del casellario giudiziario avviene così: non passa al casellario se non la sentenza irrevocabile. E poiché le Commissioni elettorali giudicano sui certificati del casellario, il desiderio dell'onorevole Colitto è perfettamente soddisfatto. Non accetto l'emendamento Giolitti per le ragioni che ho detto. Quanto all'emendamento dell'onorevole Mortati, egli ha perfettamente ragione che la formula più propria sarebbe: «hanno diritto al voto», perché c'è il caso del referendum. Ma facciamo osservare che, siccome il referendum non è stato ancora approvato dall'Assemblea, noi ne riparleremo quando il referendum sarà approvato e c'impegniamo a fare un lavoro di coordinamento per accogliere il desiderio del collega Mortati. Quanto all'altra parte del suo emendamento, modificare cioè le parole «hanno raggiunto» con le altre «al raggiungimento» credo riterrà che le nostre sono più proprie, perché esprimono il concetto della Commissione: che l'età debba essere superata e non vicina a raggiungersi.

Circa l'altro suo emendamento che vorrebbe sostituire la parola «politico» alla parola «civico», noi abbiamo esaminato le sue osservazioni con grande attenzione, perché partono da un maestro su questa materia, ma crediamo di mantenere la parola «civico» perché essa non è sinonimo di civile; «civico», espresso nel concetto della Commissione, vuol dire anche politico: per cui il suo concetto, secondo noi, è perfettamente compreso nelle parole del testo.

Quanto all'emendamento dell'onorevole Coppa, la Commissione non lo può accettare perché esprime un concetto diverso. Noi non vogliamo che si diventi elettori come per le classi di leva, ma vogliamo che effettivamente sia superato il 21° anno di età. Ora con il suo emendamento eventualmente si comprenderebbe anche il caso in cui uno sarebbe ancora minorenne a gennaio perché compie i 21 anni al 31 dicembre.

Per l'emendamento dell'onorevole Di Giovanni ho già risposto. La Commissione non l'accetta.

Per l'emendamento dell'onorevole Sullo, il quale principalmente riguarda l'esercizio obbligatorio del diritto di voto, pregherei il collega di volerlo ritirare, perché dopo le dichiarazioni che ho fatto, così chiare ed esplicite, la questione del voto obbligatorio non è affatto pregiudicata, e potrà essere benissimo ripresentata e riproposta al momento della votazione della legge elettorale. I suoi desideri potranno benissimo essere soddisfatti in quella sede.

Per l'emendamento dell'onorevole Carboni, dico che mi sembra una sottigliezza. È chiaro che aggiungere le parole «il diritto» potrà essere una specificazione maggiore, ma essa è già compresa nel nostro concetto. Noi vogliamo dire appunto: il diritto di voto. Per cui lo pregherei di non insistere.

Per quanto riguarda l'emendamento dell'onorevole Piemonte, ho detto già la ragione per cui la Commissione non può accettarlo.

Per l'emendamento dell'onorevole Morelli ho già detto la ragione per cui ci opponiamo alla soppressione.

Così per l'emendamento Rodi.

All'emendamento Mortati ho risposto.

Prego anche il collega Andreotti, per quel che riguarda il suo emendamento, di ritirarlo: la Commissione ritiene che la questione dell'obbligatorietà del voto possa essere riproposta.

L'emendamento dell'onorevole Schiavetti ripete il concetto dell'onorevole Piemonte, e la Commissione ha già detto la ragione per cui non può accettarlo.

L'emendamento dell'onorevole Carboni è assorbito dall'emendamento dell'onorevole Colitto. Abbiamo accettato la modificazione della parola.

All'emendamento dell'onorevole Di Giovanni ho già risposto.

Per l'emendamento dell'onorevole Caroleo mi permetto di rispondere questo: che la Commissione colla sua proposta intende effettivamente sentenza del magistrato penale: non ci può essere dubbio. Se occorre una interpretazione autentica in questo senso, io sono qui per darla. Però io ricordo che all'articolo 1 delle Disposizioni finali e transitorie è detto:

«Sono stabilite con legge limitazioni temporanee alla eleggibilità e al diritto di voto per responsabilità fasciste».

Questa norma noi non intendiamo cancellarla. L'Assemblea vedrà più tardi se approvarla o no.

All'onorevole Bozzi abbiamo già detto che la Commissione accetta la soppressione del quarto comma, perché ritiene precisamente che sia inutile ripetizione rispetto a quanto è detto all'articolo 54.

Finalmente, per quel che riguarda l'emendamento Di Giovanni, abbiamo già detto che non possiamo accettarlo.

All'onorevole Mastino devo dire questo: la Commissione pensa che nella legge fondamentale le sole eccezioni al diritto di voto devono essere le due già fissate: incapacità civile, quindi interdizione ed inabilitazione, e sentenza penale per quei reati che la legge stabilirà.

La Commissione ritiene di dover ricondurre le incapacità a queste due sole disposizioni.

Perciò, prego l'onorevole Mastino di non insistere, perché la Commissione è ferma nella disposizione come proposta.

Presidente Terracini. Chiederò ai presentatori di emendamenti se intendano mantenerli.

Onorevole Colitto, mantiene il suo emendamento?

Colitto. L'onorevole Relatore, però, non si è espresso circa la mia proposta di sopprimere la parola «tutti».

Presidente Terracini. L'onorevole Merlin ha facoltà di rispondere.

Merlin Umberto, Relatore. È questione di forma che sarà esaminata in sede di coordinamento. Prego di non insistere.

Presidente Terracini. Onorevole Colitto, insiste?

Colitto. Insisto.

Presidente Terracini. Onorevole Giolitti, mantiene il suo emendamento?

Giolitti. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Mortati, mantiene i suoi emendamenti?

Mortati. Quanto al primo emendamento, accetto la riserva fatta dall'onorevole relatore e aderisco al rinvio per la prima parte; mantengo invece la seconda parte.

Mantengo inoltre il secondo emendamento, poiché mi sembra una incongruenza parlare di «dovere civico» in un Titolo che riguarda i «diritti politici». Se si parla di diritti politici, si dovrà parlare corrispondentemente di «doveri politici».

Faccio poi osservare che il mio emendamento al quarto comma non è puramente e semplicemente soppressivo, ma di rinvio all'articolo 48, e di fusione con esso. Mi pare sia opportuno mantenerlo, perché l'articolo 54, al quale si è riferito l'onorevole relatore è di carattere particolare — si riferisce ai Deputati — mentre la disposizione dell'articolo 45 è di carattere generale.

Quindi è opportuno non sopprimerlo, bensì fonderlo coll'articolo 48, che riguarda lo stesso argomento.

Presidente Terracini. Non essendo presenti gli onorevoli Coppa e Di Giovanni, i loro emendamenti si intendono decaduti.

Onorevole Sullo, mantiene il suo emendamento?

Sullo. Conservo il mio emendamento, salvo che per l'ultima parte, cioè: «La sanzione è stabilita dalla legge».

Presidente Terracini. Onorevole Bozzi, mantiene il suo primo emendamento?

Bozzi. Lo ritiro.

Presidente Terracini. Onorevole Carboni, mantiene i suoi due emendamenti?

Carboni. Ritiro il primo e mantengo il secondo, che è stato accettato dalla Commissione.

Presidente Terracini. Onorevole Piemonte, mantiene il suo emendamento?

Piemonte. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Morelli, mantiene il suo emendamento?

Morelli Renato. Lo mantengo. Se avessi visto l'emendamento Mortati accolto, lo avrei ritirato.

Presidente Terracini. Onorevole Rodi, mantiene il suo emendamento?

Rodi. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Bernabei, mantiene l'emendamento Perassi, che ha fatto proprio?

Bernabei. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Non essendo l'onorevole Buffoni presente, il suo emendamento si intende decaduto.

Onorevole Andreotti, mantiene l'emendamento?

Andreotti. Ritiro il mio emendamento ed aderisco a quello del collega Sullo.

Presidente Terracini. Onorevole Schiavetti, mantiene l'emendamento?

Schiavetti. Lo conservo e vorrei fare osservare all'onorevole Merlin che non è esatto dire che il mio emendamento ripete il concetto dell'onorevole Piemonte, perché è su un piano diverso.

Io non ho fatto nessuna allusione al diritto elettorale. Ho esposto i criteri relativi ai diritti degli italiani all'estero, che non hanno nulla a che vedere col diritto elettorale.

Presidente Terracini. Onorevole Mastino Pietro, mantiene l'emendamento?

Mastino Pietro. Ho presentato il mio emendamento quando di già conoscevo le ragioni che avevano determinato la Commissione a proporre l'articolo così come è formulato nel progetto. Quindi non ho motivo a ritirarlo, in quanto le ragioni che ha detto l'onorevole Merlin ripetono quelle che già conoscevo, e lo mantengo.

Presidente Terracini. Non essendo presente l'onorevole Di Giovanni, il suo emendamento si intende decaduto.

Onorevole Caroleo, mantiene l'emendamento?

Caroleo. Dopo le dichiarazioni dell'onorevole Merlin, secondo le quali per sentenza penale deve intendersi soltanto la sentenza del Magistrato penale, ritiro il mio emendamento.

Presidente Terracini. Onorevole Bozzi, il suo emendamento è stato accettato dalla Commissione.

Rimane l'ultimo emendamento dell'onorevole Di Giovanni.

Preziosi. Lo faccio mio.

Presidente Terracini. Allora passiamo alle votazioni.

Il primo comma dell'articolo 45 nel testo proposto dalla Commissione è del seguente tenore:

«Sono elettori tutti i cittadini di ambo i sessi che hanno raggiunto la maggiore età».

Consideriamo la prima parte: «Sono elettori tutti i cittadini di ambo i sessi».

L'onorevole Colitto ha proposto la seguente formula, che sopprime la parola: «tutti»:

«Sono elettori i cittadini di ambo i sessi».

Ha chiesto di parlare l'onorevole Merlin Umberto. Ne ha facoltà.

Merlin Umberto, Relatore. Poiché il collega Colitto insiste, io mi permetto fare osservare all'Assemblea che la parola «tutti» ha un valore più estensivo e più preciso. Quindi pregherei il collega di non voler insistere nell'emendamento.

Presidente Terracini. Onorevole Colitto, ella insiste?

Colitto. Mi rendo conto che la Commissione voglia difendere in ogni caso la sua formulazione; ma mi permetto far rilevare che in molti altri articoli della Costituzione si parla di «cittadini» senza che a questa parola sia stato aggiunto l'aggettivo «tutti», che, anzi, quando era stato proposto, venne soppresso.

Dominedò. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Dominedò. Noi votiamo per il testo della Commissione, il quale, nella peggiore delle ipotesi, sarebbe meramente pleonastico, mentre nella migliore delle ipotesi, come riteniamo, può assumere un risultato rafforzativo al quale non ci sembra conveniente rinunciare.

Presidente Terracini. Pongo in votazione l'emendamento Colitto:

(Non è approvato).

Pongo in votazione la formula della Commissione:

«Sono elettori tutti i cittadini di ambo i sessi».

(È approvato).

Vi è adesso la seconda parte del primo comma relativa ai limiti di età. Nel testo della Commissione è detto: «che hanno raggiunto la maggiore età».

L'onorevole Giolitti ha proposto la formula:

«che hanno raggiunto l'età stabilita dalla legge».

La pongo in votazione.

Pajetta Giuliano. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Pajetta Giuliano. Il nostro gruppo voterà l'emendamento proposto dai colleghi Giolitti, Bucci e Jotti, perché noi pensiamo che stia alla legge elettorale lo stabilire i limiti di età.

Crediamo che sarebbe non giusto pregiudicare quanto potrà essere discusso in tale sede, quindi riteniamo di dover sostenere il principio che la legge stabilisca il limite di età per il diritto di voto.

L'onorevole Merlin Umberto nella sua risposta, a nome della Commissione, diceva che la cosa contrasterebbe con il codice civile. Mi pare però che vi sono altri Paesi in cui l'età per l'esercizio del diritto di voto non corrisponde al limite della maggiore età.

Posso citare la Francia, la Svizzera, la Cecoslovacchia; l'Italia stessa, dopo l'altra guerra, dava il diritto di voto anche ai minori di 21 anno. Non possiamo d'altronde trascurare il fatto che vi sono stati importanti associazioni e movimenti giovanili in Italia che hanno chiesto negli ultimi mesi il diritto di voto a 18 anni. Discuteremo questo più profondamente quando si tratterà della legge elettorale.

E bisognerà vedere allora se in un paese dove una gran parte della gioventù è sbandata e può essere anche spinta a disprezzare le istituzioni parlamentari, ed a cercare altre vie di soluzione dei suoi problemi, sia un bene o un male legare questa gioventù alla vita parlamentare del Paese. Noi pensiamo che sia un bene. C'è poi la necessità di venire incontro ai giovani che tanto hanno dato, e che non hanno ancora raggiunta la maggiore età. Ci riserviamo di sviluppare questi argomenti in sede di discussione sulla legge elettorale, e pertanto voteremo l'emendamento dei nostri colleghi, come è stato formulato nel modo detto or ora dal Presidente.

(Dopo prova e controprova, l'emendamento Giolitti non è approvato).

[Presidente Terracini.] Pongo in votazione l'emendamento proposto dall'onorevole Mortati:

«al raggiungimento della maggiore età».

(Dopo prova e controprova, è approvato).

Passiamo alla prima parte del secondo comma del testo della Commissione: «Il voto è personale ed uguale, libero e segreto». L'onorevole Sullo ha proposto la seguente formula, sopprimendo la parola: «libero»: «Il diritto di voto è personale, eguale e segreto».

Sullo. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Sullo. Conservo la formula: «Il diritto di voto è personale, eguale e segreto» e rinunzio alla soppressione della parola: «libero».

Merlin Umberto, Relatore. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Merlin Umberto, Relatore. Prego i colleghi di considerare che si può comprendere la formula: «Il voto è segreto»; ma dire: «Il diritto di voto è segreto» non ha significato. (Commenti).

Sullo. Accetto l'osservazione del Relatore e ritiro il mio emendamento.

Presidente Terracini. Pongo in votazione il testo della Commissione:

«Il voto è personale ed eguale, libero e segreto».

(È approvato).

Passiamo ora alla seconda parte del secondo comma: «Il suo esercizio è dovere civico e morale».

L'onorevole Morelli Renato ha proposto di sopprimerla. La stessa proposta ha fatto l'onorevole Rodi.

Bozzi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Bozzi. Credo che si dovrebbe votare prima l'emendamento dell'onorevole Perassi che sostituisce le parole: «L'esercizio del diritto di voto» alle altre «Il suo esercizio».

Presidente Terracini. La proposta dell'onorevole Perassi è più che altro di forma. Se l'Assemblea vota la soppressione del comma non vi sono più modificazioni, né di forma, né di sostanza.

Moro. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Dichiaro che voteremo contro la soppressione di questa parte del comma in quanto riteniamo che sia opportuna una dichiarazione relativa al carattere obbligatorio dell'esercizio del diritto di voto, secondo quanto è proposto nell'emendamento Sullo, che noi appoggiamo.

Rossi Paolo. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Rossi Paolo. Noi voteremo per l'emendamento soppressivo, perché ci pare che sia contraddittoria l'obbligatorietà del voto con l'affermazione della libertà del voto. Il non votare è talvolta un modo di votare, l'ultimo modo che l'elettore possa avere per esprimere una protesta. Vi sono stati casi nella storia in cui l'astensione degli elettori è stata una importante affermazione politica. Per questa ragione principale e per molte altre di carattere tecnico noi voteremo per l'emendamento soppressivo.

Laconi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. Dichiaro che il mio gruppo voterà in favore della formula proposta dalla Commissione e che figura nel progetto, in quanto ritiene che anche se un'affermazione siffatta non può avere un valore normativo e comportare sanzioni, ciò nonostante sia giusto riaffermare qui che il voto non è soltanto un diritto, ma anche un dovere del cittadino. Il precisare che questo dovere è di ordine morale e civico sta ad attestare che non si tratta soltanto di qualcosa di personale e di intimo, ma di un dovere del cittadino in quanto tale ed in quanto partecipe di una collettività. Riteniamo, quindi, che l'affermazione debba essere mantenuta.

Colitto. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Colitto. Avevo proposto anche io la soppressione dell'aggettivo «libero» perché mi sembrava in contrasto con l'affermazione «dovere morale»; ma, dopo i chiarimenti dati dall'onorevole Merlin, il quale ha spiegato il significato da dare alla parola «libero», non insisto nell'emendamento e dichiaro che voterò per il testo proposto dalla Commissione.

Merlin Umberto, Relatore. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Merlin Umberto, Relatore. Prego l'Assemblea di votare la formula proposta dalla Commissione la quale, come ha già detto il collega Laconi, può accontentare tutti i desideri. Prego l'Assemblea di considerare che noi abbiamo lavorato giornate e settimane su ciascuno di questi articoli, pesando parola per parola, ed abbiamo trovato la conciliazione delle varie tendenze in queste parole: «dovere civico e morale», le quali non concludono il dovere giuridico e le sanzioni da dichiararsi nella legge particolare.

Non mi pare che su questa formula ci possano essere dissensi, per le ragioni già dette prima e che possono essere condivise dall'Assemblea.

Presidente Terracini. Pongo in votazione la soppressione, al secondo comma, delle parole: «Il suo esercizio è dovere civico e morale».

(Non è approvata).

L'emendamento dell'onorevole Perassi di sostituire alle parole: «Il suo esercizio» le altre: «L'esercizio del diritto di voto», è fatto proprio dall'onorevole Bernabei. Si tratta di una modifica di pura forma. Onorevole Bernabei, insiste?

Bernabei. Non insisto.

(Non è approvata).

Presidente Terracini. L'onorevole Sullo ha proposto la formula:

«Il suo esercizio è obbligatorio».

Cianca. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Cianca. Noi siamo contrari a questo emendamento, anche in considerazione di taluni rilievi che sono stati fatti in proposito da colleghi che mi hanno preceduto.

Crediamo che il voto debba essere non il prodotto di una coazione, ma piuttosto l'espressione di un convincimento politico veramente sincero. Questa Costituzione nasce sotto il segno della libertà; noi dobbiamo compiere atto di fiducia nel senso politico e di civismo del popolo italiano. Per queste ragioni noi respingiamo l'emendamento.

Moro. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Dichiaro che voteremo in favore dell'emendamento proposto dall'onorevole Sullo, emendamento che in fondo è prevalentemente di forma, perché rende più semplice e chiara l'espressione adoperata nel testo proposto dalla Commissione, dove si parla di dovere civico.

Laconi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. Per le stesse ragioni per cui abbiamo votato contro l'emendamento soppressivo, cioè per il fatto che riteniamo che in questo punto debba essere contenuta l'affermazione di un dovere morale e civico, per le stesse ragioni noi votiamo contro la modificazione proposta con l'emendamento dell'onorevole Sullo; in quanto — e mi dispiace di contraddire l'onorevole Moro — non si tratta qui di una modificazione formale, si tratta invece di una modificazione di sostanza. Quando su questo punto, con tutti i precedenti che vi sono su questa questione e con tutta la letteratura che c'è stata su questo particolare problema, si afferma la obbligatorietà del voto, è chiaro che si intende anche che domani la legge stabilirà delle sanzioni per il caso di rifiuto del voto.

Noi dichiariamo quindi che voteremo contro l'emendamento proposto dall'onorevole Sullo.

Targetti. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Targetti. A noi sembrerebbe di trasformare in accademia questa nostra Assemblea se si riprendesse ora la discussione in favore o contro l'obbligatorietà del voto. Sono questioni ormai tanto lungamente dibattute e sulle quali i vari partiti, secondo il proprio orientamento, hanno avuto più e più volte occasione di pronunciarsi. Ci sia consentito manifestare la nostra sorpresa per l'atteggiamento ora improvvisamente assunto dal nostro egregio collega onorevole Moro. Noi ci limitiamo a dichiarare che coerentemente a quello che è stato sempre il nostro pensiero riguardo all'obbligatorietà del voto, voteremo decisamente contro questo emendamento, la cui portata non può sfuggire a nessuno, tanto che ci meraviglia che una mente così acuta come quella dell'onorevole Moro possa arrivare a sostenere che si tratta soltanto di una modificazione di forma, mentre si tratta di una modificazione sostanziale. (Commenti).

Grassi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Grassi. Vorrei richiamare l'attenzione dell'Assemblea sulla gravità della decisione che andremo a prendere. La questione del voto obbligatorio fu, mi ricordo, dibattuta largamente durante la discussione dell'altra legge elettorale alla Consulta. Si manifestarono, anche in quella occasione, tendenze diverse e vi fu una lunga e profonda discussione.

Noi, durante i lavori della prima Sottocommissione, come ha ricordato l'onorevole Merlin, discutemmo a lungo, forse per settimane, su questa questione e trovammo alfine un punto di coincidenza su questo concetto, che è stato esposto del resto anche dall'onorevole Laconi: che si tratta cioè di un diritto e di un dovere insieme: ogni medaglia ha il suo rovescio.

Fummo però contrari a stabilire la forma obbligatoria del voto. Io penso che, quando, in tema costituzionale, noi affermiamo questo principio, ossia che il voto non è soltanto un diritto subiettivo del cittadino, ma anche un dovere civico, nel senso che il cittadino deve sentire il dovere di partecipare alla vita dello Stato con questo elettorato attivo che noi gli conferiamo, abbiamo mantenuto questo diritto nei limiti in cui dovevamo mantenerlo. Saranno le leggi di domani che, secondo le direttive politiche del momento, potranno accedere a un criterio o ad un altro; ma non possiamo ora risolvere la questione e mortificarla con un voto affrettato di questa Assemblea.

Chiedo pertanto ai colleghi della democrazia cristiana di riservare in tema di legge elettorale la risoluzione di questo problema. Chiedo che sia mantenuto il testo integrale proposto dalla Commissione, il quale fu frutto di studio e di accordi, in cui potevano coincidere le diverse soluzioni. (Commenti).

Della Seta. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Della Seta. Si permetta a chi prima del referendum ha sostenuto una grande polemica con l'Osservatore Romano contro il voto obbligatorio, di dichiarare a nome del proprio gruppo di votare contro l'obbligatorietà del voto perché, come appunto allora dissi, il voto, una volta reso obbligatorio, moralmente, giuridicamente e politicamente, non è più un voto, ma è un vuoto. (Commenti).

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Debbo ripetere ora una considerazione cui ho fatto cenno anche l'ultima volta che ho parlato all'Assemblea. È pericoloso volere, in mezz'ora, in tre quarti d'ora, decidere questioni molto importanti; e risollevarle all'improvviso, dopo che si è deciso di non affrontarle. Eravamo tutti d'accordo, questa mattina, anche i rappresentanti della Democrazia cristiana che hanno partecipato alla seduta del comitato, di non compromettere la questione.

L'ammettere il dovere civico e morale del voto è un primo passo a cui può seguire la dichiarazione, per mezzo di legge, dell'obbligatorietà del voto. Questo era il compromesso, se volete usare la terribile parola, questo era l'accordo al quale tutti erano arrivati. Che cosa è avvenuto ora non so; né so se chi ha dai banchi democristiani proposto di mettere nella Costituzione il voto obbligatorio, abbia l'assenso formale del suo Gruppo. Si vuol decidere quasi con un colpo di mano. Io non mi pronuncio né pro né contro. Faccio perciò appello al senso di responsabilità dell'Assemblea. Mettendo il principio che è un dovere morale e civico, mettete il presupposto in base al quale potrete chiedere domani che nella legge elettorale venga sancita l'obbligatorietà. È al vostro senso di responsabilità al quale io vi richiamo: ed è il mio dovere di Presidente della Commissione e non altro. (Applausi a sinistra).

Condorelli. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Condorelli. Io sarei d'accordo con quanto ha esposto così autorevolmente il Presidente della Commissione, ove noi stasera non pregiudicassimo la decisione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non la si pregiudica.

Condorelli. Viceversa io credo di aver dimostrato che aggiungendo quell'aggettivo «morale» noi pregiudichiamo la questione, in quanto affermare in un testo legislativo un dovere morale non può avere altro significato che dire: «questo è un dovere morale, che deve rimanere morale e che non può cambiarsi in dovere giuridico». (Commenti Rumori). Questo è troppo evidente. Io potrei aderire a quanto chiede il Presidente della Commissione, ove si sopprimesse quell'aggettivo «morale». Affermiamo che l'esercizio del voto è un dovere civico, e così rimane impregiudicata la questione dell'obbligatorietà; ma quando aggiungiamo che è un dovere morale, la questione dell'obbligatorietà è senz'altro compromessa.

Presidente Terracini. Onorevole Condorelli, ella ha già svolto precedentemente questo concetto.

Condorelli. Onorevole Presidente, mi permetto di farle presente che quando ho parlato prima non era presente neanche un quarto dei deputati; quindi credo di dover ritornare sull'argomento.

Presidente Terracini. Onorevole Condorelli, siamo in sede di dichiarazione di voto. Parli pure, ma poi non si lamenti che i lavori vanno per le lunghe (Commenti). Ciascuno quando parlano gli altri esprime — e la esprime anche in maniera molto aperta — la propria insofferenza. Non lo dico a lei personalmente; ma ciascuno, quando parla, si preoccupa e si agita se la Presidenza cerca di mantenere nei limiti del Regolamento la discussione. Noi siamo ora in sede di dichiarazione di voto: non si tratta quindi di spiegare un'altra volta cose già dette quando non c'erano molti deputati presenti. Guai se questo dovesse rappresentare un argomento per ripetere cose già dette. Comunque, onorevole Condorelli, prosegua.

Condorelli. La ringrazio, onorevole Presidente.

Io ho affermato questo: che il legislatore non può porre dei doveri morali; e quando conclama, riconosce l'esistenza di un dovere morale, non fa effettivamente nulla, perché il legislatore non può affermare verità morali o storiche. Non possiamo dire attraverso una legge che questo è morale e questo è immorale (Commenti a sinistra); come non possiamo affermare attraverso una legge che questo è vero o non è vero, che un avvenimento storico si è prodotto o non si è prodotto. La legge pone soltanto dei comandi, non afferma né verità morali, né verità logiche. Questo è troppo evidente perché vi sia bisogno di aggiungere altre considerazioni. Quando noi affermiamo che l'esercizio del voto è un dovere morale, legislativamente questa espressione non può significare che questo: che il futuro legislatore — giacché parliamo per il futuro legislatore — lo deve considerare sempre un dovere morale e quindi non può renderlo giuridicamente obbligatorio. Questo è troppo evidente. Se noi oggi votiamo per l'aggiunta di questo aggettivo «morale», avremo pregiudicata la questione. Fermiamoci alla parola «civico», e saremo tutti d'accordo.

Gronchi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gronchi. Non vogliamo frettolosamente giudicare una questione che ha certo importanza anche di carattere politico. Non insistiamo perciò sull'emendamento dell'onorevole Sullo, ma chiediamo che il testo della Commissione sia votato per divisione, così che si possa votare separatamente l'aggettivo: «morale».

Morelli Renato. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Morelli Renato. Non per fare il postumo difensore del mio emendamento soppressivo respinto, ma devo dire che in esso mi inspiravo alla necessità di trattare la questione in sede di legge elettorale. Ora proporrei agli amici democristiani di rinunciare alla proposta dell'onorevole Sullo e di modificare la proposta Mortati. In questo caso noi liberali potremo aderire.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Onorevoli colleghi, l'onorevole Condorelli — nella sua autorità di docente di filosofia del diritto — ha svolto qui una tesi molto sottile, ma consenta a me che, quando egli non era nato, mi occupavo di filosofia del diritto (non ne feci poi vanto, perché non mi pareva titolo apprezzabile in politica), consenta a me di mostrare la inconsistenza, diremo così filosofica, del suo ragionamento. Anche se la Costituzione dicesse soltanto che il voto è dovere morale, nulla vieterebbe che al dovere morale la legge aggiungesse che è anche dovere giuridico. Ma nel nostro testo diciamo che è anche dovere civico; e questa formulazione non è un ostacolo, ma un presupposto, perché il voto sia per legge dichiarato obbligatorio.

Presidente Terracini. Poiché non si insiste sull'emendamento Sullo, dobbiamo prendere in considerazione, se l'onorevole Mortati insiste, il suo emendamento sostitutivo.

Mortati. Non insisto.

Presidente Terracini. Sta bene. Dobbiamo allora votare, secondo la proposta Gronchi, il testo della Commissione per divisione.

Pongo pertanto in votazione la formula:

«Il suo esercizio è dovere civico».

(È approvata).

Pongo in votazione le parole:

«e morale».

(Segue la votazione per alzata e seduta).

Poiché l'esito è incerto, procediamo alla votazione per divisione.

(L'Assemblea non approva).

Pongo ora in votazione la proposta dell'onorevole Piemonte, di aggiungere alla fine del secondo comma le parole:

«ed è esercitato anche dal cittadino all'estero».

Su questo emendamento è stata chiesta la votazione per appello nominale dagli onorevoli Canepa, Bonfantini, Schiavetti, Tega, Preziosi, Veroni, Chiaramello, Nasi, Rossi Paolo, Carboni, Ruggiero, Filippini, Piemonte, Caporali, Lussu, Preti, Pieri, Faccio, Costa, Cairo, Bennani, Bocconi, Tonello.

Canepa. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Canepa. Il Gruppo del Partito socialista dei lavoratori italiani chiede l'appello nominale. Noi siamo un partito giovane, alle prime armi: non abbiamo mezzi, e dunque non ci muovono interessi elettorali. Ci muove soltanto la coscienza profonda che abbiamo dell'interesse d'Italia a tenere stretta a sé la gran massa dei cittadini che abitano all'estero; gran massa, che per la costituzione demografica del nostro Paese andrà sempre più crescendo. Anche recentemente tutti coloro che si sono recati all'estero hanno visto quale importanza morale e anche economica abbia il fatto che gli italiani e i figli degli italiani che abitano all'estero si ricordino sempre di essere figli del nostro Paese e ad esso siano legati. Il sapere che possono partecipare alla sovranità nazionale coll'esercizio del voto è il modo più efficace perché questi sentimenti di affetto si mantengano vivi. Per questo insistiamo nel richiedere l'appello nominale.

Costantini. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Costantini. Il gruppo socialista voterà contro l'emendamento proposto dall'onorevole Piemonte; ma intende dichiarare che non è contrario, in linea di principio, all'esercizio dell'elettorato da parte dei cittadini residenti all'estero; ritiene però che non sia nella Carta costituzionale che questo diritto debba essere riconosciuto e affermato, tanto più in quanto già il testo proposto dalla Commissione afferma, senza possibilità di equivoci di interpretazione, che tutti i cittadini hanno diritto al voto. In questa espressione: «tutti i cittadini», nessuno potrà mai affermare che non siano compresi anche i cittadini residenti all'estero.

È certo, però, che è la legge elettorale, che dovrà determinare le modalità per l'esercizio di questo diritto, mentre è sufficiente che la Carta costituzionale si limiti ad una affermazione generica, ma precisa, di principio. Ho detto che è compito della legge elettorale stabilire il modo di esercitare il diritto di voto per coloro che risiedono all'estero, in quanto non si può in questo momento dimenticare che occorre redigere le liste degli elettori, cioè degli aventi diritto al voto, compito lungo, tutt'altro che semplice, soprattutto in rapporto, ad esempio, ai diversi milioni di italiani che si trovano nelle Americhe.

Presidente Terracini. Non entri nel merito, onorevole Costantini; si limiti alla dichiarazione.

Costantini. Pongo in evidenza, onorevole Presidente, gli inconvenienti che una affermazione di questo principio nella Carta costituzionale potrebbe portare all'attuazione pratica dell'esercizio del voto per i residenti all'estero in questo momento particolare, mentre sono prossime le elezioni politiche della Camera legislativa.

Presidente Terracini. È pervenuta domanda di votazione a scrutinio segreto sull'emendamento presentato dall'onorevole Piemonte da parte degli onorevoli Mariani, Merlin Lina, Musotto, Jotti Leonilde, Ravagnan, Barontini Ilio, Faralli, Fogagnolo, Maffi, Pistoia, Assennato, Pellegrini, Secchia, Tonetti, Fioritto, Vischioni, Fiorentino, Li Causi, Togliatti.

Lucifero. Avevo chiesto di parlare per dichiarazione di voto prima della presentazione della domanda di votazione per scrutinio segreto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lucifero. Parlo nella mia qualità di deputato meridionale. Io so come gli uomini della mia terra, che danno il maggior contributo alla emigrazione, sono attaccati alla Madre Patria.

La semplice affermazione che tutti i cittadini hanno diritto di voto non è sufficiente; c'era anche prima, e tuttavia i cittadini all'estero non potevano votare.

È bene affermare che questi figli, i quali in vita contribuiscono col loro lavoro alla ricchezza nazionale e vengono a morire nella loro terra, restino collegati alla Madre Patria anche in quelli che sono i diritti e i doveri civici dei cittadini. (Applausi a destra).

Presidente Terracini. Procediamo alla votazione a scrutinio segreto dell'emendamento aggiuntivo proposto dall'onorevole Piemonte.

(Segue la votazione).

Presidenza del Vicepresidente Pecorari.

Presidente Pecorari. Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Presidenza del Presidente Terracini

Presidente Terracini. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto:

Presenti e votanti............ 372
Maggioranza.............. 187
Voti favorevoli........... 109
Voti contrari.............. 263

(L'Assemblea non approva).

[Nel resoconto stenografico della seduta segue l'elenco dei deputati che hanno preso parte alla votazione.]

Presidente Terracini. Dobbiamo ora porre in votazione l'emendamento dell'onorevole Schiavetti:

«Inserire fra il secondo e il terzo comma, il seguente:

«La Repubblica assicura ai cittadini italiani residenti all'estero la possibilità dell'espressione organica della loro volontà e della rappresentanza dei loro interessi».

Schiavetti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Schiavetti. Domando alla Commissione se sia disposta a rinviare la votazione del mio emendamento alla fine del Titolo.

Presidente Terracini. La Commissione consente?

Merlin Umberto, Relatore. La Commissione accetta.

Presidente Terracini. Se non vi sono osservazioni, resta così stabilito. Passiamo allora alla votazione del terzo comma dell'articolo 45, che nel testo della Commissione è così formulato: «Non può essere stabilita nessuna eccezione al diritto di voto se non per incapacità civile o in conseguenza di sentenza penale».

L'onorevole Mastino Pietro ha proposto di sostituire il comma con il seguente:

«Le eccezioni al diritto di voto sono stabilite nella legge».

Micheli. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Micheli. Credo sia necessario far presente alla Commissione l'opportunità che essa ritorni sopra il pensiero che il relatore ha esposto a questo riguardo, inquantochè il tentativo che essa ha fatto di concretare in queste due forme tutte quante le incapacità civili e penali non è sufficiente per comprendere tutto quanto è necessario al riguardo. Io questa dichiarazione devo fare non tanto per mio conto personale, quanto quale presidente della Commissione che è stata chiamata ad esaminare la legge elettorale. Noi stiamo esaminando in questi giorni la proposta di legge: Norme per la disciplina degli elettori attivi e per la tenuta e la revisione annuale delle liste elettorali. Stiamo discutendo appunto l'articolo 2, nel quale sono elencate le molte esclusioni, fra le quali alcune vi sono che non sarebbero comprese in questa dizione presentata per questo articolo. Per questo pregherei la Commissione di voler accogliere la proposta di emendamento dell'onorevole Mastino, che lascia una maggiore libertà al legislatore futuro e consente che in una materia così delicata vi sia la possibilità di comprendere circostanze particolari per le quali in tutte le leggi elettorali passate è stata comminata l'esclusione dal voto, e che non sarebbero ora comprese nella Costituzione. Non mi pare vi sia bisogno di altre delucidazioni da parte mia, inquantochè parmi opportuno evitare provvedimenti particolari, i quali sono sempre stati contemplati nelle leggi del passato e che fanno parte della proposta di legge fatta dal Governo cui ho già accennato, la quale sarà quanto prima presentata all'Assemblea, per la sua approvazione.

Tali disposizioni sarebbero quasi in contraddizione col testo della Costituzione, perché non fanno parte delle due categorie cui il testo della Commissione si limita. Prego perciò la Commissione di voler riesaminare la cosa ed evitare così la possibilità di questo primo contrasto che verrebbe a sorgere fra le deliberazioni della stessa Assemblea. L'emendamento proposto dall'onorevole Mastino, il quale consente una maggiore e più opportuna libertà al legislatore, elimina questa possibilità e mi pare meriti di essere approvato.

Merlin Umberto, Relatore. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Merlin Umberto, Relatore. La Commissione apprezza la gravità delle ragioni esposte dal collega Micheli, ed avrebbe deciso di chiedere all'Assemblea di poter sospendere la votazione su questo capoverso. Vuol dire che la Commissione si riunirà fra la seduta di stasera e quella di domani e cercherà di venire incontro alla proposta dell'onorevole Mastino Pietro, anche secondo le delucidazioni fornite dall'onorevole Micheli.

Presidente Terracini. Se nessuno chiede di parlare, pongo in votazione la proposta di sospensiva per dar modo alla Commissione di potere esaminare la questione.

(È approvata).

Pongo in votazione la proposta dell'onorevole Bozzi, accettata dalla Commissione, di sopprimere il quarto comma.

(È approvata).

Sono così assorbiti l'emendamento soppressivo dell'onorevole Mortati e l'emendamento sostitutivo dell'onorevole Di Giovanni, fatto proprio dall'onorevole Preziosi.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti