[Il 19 novembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sui principî dei rapporti politici.]

Il Presidente Tupini. [...] Pone in discussione il seguente articolo presentato dagli onorevoli Merlin e Mancini:

«I cittadini hanno diritto di organizzarsi in partiti politici che si formino con metodo democratico e rispettino la dignità e la personalità umana, secondo i principî di libertà ed uguaglianza. Le norme per tale organizzazione saranno dettate con legge particolare».

Avverte che sullo stesso argomento l'onorevole Basso ha proposto i seguenti articoli:

Art. 3. — «Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente e democraticamente in partito politico, allo scopo di concorrere alla determinazione della politica del Paese».

Art. 4. — «Ai partiti politici che nelle votazioni pubbliche abbiano raccolto non meno di cinquecentomila voti, sono riconosciute, fino a nuove votazioni, attribuzioni di carattere costituzionale a norma di questa Costituzione, delle leggi elettorali e sulla stampa, e di altre leggi».

Marchesi dichiara di non poter accettare l'articolo nella formulazione degli onorevoli Merlin e Mancini, poiché gli sembra che non offra garanzie contro i pericoli della tirannia e gli abusi delle organizzazioni politiche. Ogni limitazione posta al principio della libertà costituisce un pericolo.

Osserva che, in virtù della prima parte dell'articolo: «I cittadini hanno diritto di organizzarsi in partiti politici», tutti i partiti politici possono sentirsi garantiti circa la libera esplicazione della propria attività; e insiste sulla poca sicurezza che può derivare dalla formulazione degli onorevoli Merlin e Mancini, citando l'esempio del partito comunista, che molti ritengono, a torto, favorevole all'adozione della violenza, anche quando questa non costituisce legittima difesa. Rileva che mentre il partito comunista vuole essere lo strumento del rinnovamento e della trasformazione civile e sociale, non pochi sono del parere che esso tenda invece ad una dittatura del proletariato, cioè ad una forma di tirannia. Dichiara che la cosa non risponde a verità, che la violenza non è il mito che i comunisti vogliono porre sugli altari. La dittatura di una classe non è certo lo sbocco finale del programma politico dei comunisti, i quali non intendono affatto di convertire i procedimenti difensivi in realizzazioni stabili di idealità politica.

Ha ragioni per ritenere che questo, che è il reale pensiero dei comunisti, non sia riconosciuto da altri partiti, e fa presente che anche un Governo con basi democratiche potrebbe, servendosi dell'articolo in esame, mettere senz'altro il partito comunista fuori legge. Considera pertanto l'articolo lesivo della libertà dell'organizzazione dei partiti politici.

Conclude osservando che, d'altra parte, se i partiti politici nella loro organizzazione ricorressero a mezzi illeciti, incorrerebbero nelle sanzioni previste dal regolamento di polizia che vieta le organizzazioni armate.

Il Presidente Tupini chiede all'onorevole Marchesi se accetta l'articolo 3 dell'onorevole Basso.

Marchesi dichiara di accettarlo.

Togliatti dichiara di associarsi alla opinione espressa dall'onorevole Marchesi e afferma che, vertendo la discussione sull'argomento più delicato dell'organizzazione dello Stato democratico, non si deve formulare un articolo che possa fornire pretesto a misure antidemocratiche, prestandosi ad interpretazioni diverse. Afferma che, mentre oggi si conoscono i partiti esistenti, domani potrebbe svilupparsi in Italia un movimento nuovo, anarchico, per esempio, e si domanda su quali basi lo si dovrebbe combattere. È del parere che dovrebbe essere combattuto sul terreno della competizione politica democratica, convincendo gli aderenti al movimento della falsità delle loro idee, ma non si potrà negargli il diritto di esistere e di svilupparsi, solo perché rifiuta alcuni dei principî contenuti nella formula in esame.

Ritiene che l'articolo debba essere limitato concretamente, riferendolo a movimenti politici già esistiti; ed è disposto pertanto a votare la formulazione dell'onorevole Basso, ove la limitazione in essa contenuta venga riferita al partito fascista.

Suggerisce si dica che è proibita, in qualsiasi forma, la riorganizzazione di un partito fascista, perché si deve escludere dalla democrazia chi ha manifestato di essere il suo nemico.

Facendo questa proposta, egli si riferisce ad un fatto preciso storicamente determinato. Il partito fascista ha dimostrato di voler distruggere le libertà umane e civili del cittadino ed ha portato il Paese alla rovina: per questo gli si deve negare il diritto all'esistenza.

Cevolotto pur dichiarando di consentire con le affermazioni degli onorevoli Marchesi e Togliatti, ritiene che una norma come quella dell'onorevole Togliatti, relativa ad un fatto contingente per quanto gravissimo, non possa far parte della Costituzione. Osserva che essa è già compresa nella formulazione dell'onorevole Basso, dove si afferma che tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi democraticamente. Poiché il partito fascista è nella sua struttura essenzialmente antidemocratico, viene escluso automaticamente dai partiti riconosciuti. Inoltre potrà essere emanata una legge speciale che proibisca la ricostituzione del partito fascista.

Il Presidente Tupini chiede all'onorevole Togliatti se intende dare il carattere di una proposta specifica alle sue dichiarazioni circa l'articolo in discussione.

Togliatti risponde affermativamente.

Caristia ritiene inutile aggiungere una specificazione particolare per ciò che riguarda il partito fascista, perché, se esso dovesse risorgere, evidentemente si presenterebbe sotto un'altra forma, non di un partito unico e militarista, ma se mai di un partito estremamente conservatore, a cui non si potrebbe negare il diritto di esistere, quando si ammette, ad esempio, tale diritto per un partito anarchico.

La Pira dichiara di preferire l'articolo proposto dall'onorevole Basso, perché non vede, ove venisse accolta l'aggiunta proposta dall'onorevole Togliatti, come potrebbe fare il legislatore a definire quale sia un partito fascista, e perché non ritiene che si debba lasciare al legislatore, con una formula vaga, la possibilità di commettere arbitrî a danno di qualsiasi partito.

Togliatti replica che la sua aggiunta non è affatto imprecisa, perché si riferisce ad un fatto e non ad un concetto. Il movimento e il partito fascista sono determinati storicamente, se ne conoscono il programma, l'attività, l'azione, i quadri; se un partito sorgesse con simili manifestazioni, sarebbe facile riconoscere in esso il partito fascista.

Dichiara di voler evitare la discussione ideologica generale, perché sa che non se ne uscirebbe: è fascista quel movimento politico che prese corpo in Italia dal 1919 fino al 25 luglio 1943, e che si chiamò fascismo.

La Pira dichiara di non essere convinto delle precisazioni dell'onorevole Togliatti, osservando, che, ad esempio, vi è chi crede perfino di ravvisare le sembianze del fascismo proprio nel partito comunista.

Cevolotto ritiene che la formulazione si presti a manovre dannose per la democrazia, e che su questo argomento si dovrebbe provvedere con una legge speciale, caso per caso, quando sorgesse il pericolo di un ritorno del fascismo.

Dossetti si dichiara favorevole alla formulazione dell'articolo 3 dell'onorevole Basso, senza alcuna integrazione.

Basso dichiara di accettare l'aggiunta dell'onorevole Togliatti, e di ritenere che non si debba lasciar passare l'occasione per fare una delle poche affermazioni concrete e innovatrici della Costituzione.

Osserva che finora, in Italia, ci si è preoccupati di assicurare la continuità giuridica dello Stato, evitando ogni aperta condanna del fascismo; e ciò ha prodotto la situazione di disagio in cui si trova il Paese.

È necessario quindi che nella Costituzione ci sia finalmente un'affermazione concreta e precisa per cui si sappia che tutto ciò che è stato fascista è condannato. Bisogna fare in modo che il popolo abbia la sensazione precisa che la Repubblica segna una data nuova nella storia d'Italia. Dichiara pertanto di accettare pienamente l'aggiunta proposta dell'onorevole Togliatti.

Dossetti dichiara di condividere le affermazioni dell'onorevole Basso per quanto riguarda la cesura che si vuol porre tra il passato e il presente, anche motivata dal giusto rilievo che sino ad oggi, nello sviluppo della nostra situazione costituzionale e politica, ci si è troppo preoccupati di voler assicurare una continuità legale dello Stato. Ma ritiene che l'esclusione proposta dall'onorevole Togliatti, con la sua aggiunta, possa un giorno essere causa di altre esclusioni in senso opposto a quello che oggi si vuole intendere, e con fini che non hanno niente a che vedere con quella cesura e con quella totale condanna del fascismo che tutti i Commissari sono d'accordo nel voler accettare. Fa presente che non saranno i Commissari ad interpretare i termini della formula in discussione, ma altri uomini politici i quali, quando si trovassero di fronte ad un partito comunista non più governato dall'onorevole Togliatti, il quale oggi può richiamarsi ai suoi 25 anni di antifascismo, potrebbero ritenere che esso nel suo indirizzo riproducesse il partito fascista, e volessero sopprimerlo proprio in base alla formula proposta dall'onorevole Togliatti. Pertanto è perplesso circa l'opportunità di adottare tale formula.

Togliatti dichiara di non voler seguire l'onorevole Dossetti nelle sue esemplificazioni riguardanti il partito comunista, per non inasprire la discussione.

Fa presente che le osservazioni fatte alla sua proposta sarebbero giustificate, se essa mirasse a definire il contenuto di un movimento o di un partito fascista. Contro una tale formulazione sarebbero lecite tutte le critiche, perché qualunque partito potrebbe essere ricondotto sotto la figura del partito fascista attraverso disquisizioni dialettiche; così il partito democristiano, come quello liberale ed altri.

Fa presente che nella sua proposta egli si limita al richiamo storico del partito fascista quale si è manifestato nella realtà politica del Paese dal 1919 al 1943 e non è quindi possibile alcuna interpretazione equivoca.

È disposto, allo scopo di rassicurare l'onorevole Dossetti, a modificare la sua formula nel senso che si parli «del» partito fascista, anziché di «un» partito fascista.

Ricorda del resto che una dichiarazione riguardante l'inammissibilità del partito fascista è contenuta nell'armistizio e nelle clausole del trattato di pace che si sta elaborando nei riguardi dell'Italia e inoltre nei trattati di pace che sono stati già formulati per altri paesi.

Dossetti dichiara che le spiegazioni dell'onorevole Togliatti lo tranquillizzano completamente. È disposto ad accettare la formula dell'onorevole Togliatti così come questi l'ha modificata, in quanto viene ad assumere un significato storico. Propone inoltre all'onorevole Togliatti che, per maggiore chiarezza e per voler significare che si tratta di un dato storico, l'articolo venga così formulato: «È proibita sotto qualsiasi forma la riorganizzazione del partito fascista».

Il Presidente Tupini comunica che l'onorevole Caristia ha presentato la seguente formula sostitutiva dell'articolo proposto dall'onorevole Basso:

«I cittadini hanno diritto di organizzarsi in partiti politici. La legge detta le norme perché la loro attività si svolga pacificamente. È vietata la ricostituzione del partito fascista».

Basso dichiara di accettare la formula dell'onorevole Dossetti.

Cevolotto dichiara di non avere alcuna difficoltà ad accettare la formula dell'onorevole Dossetti, pur ritenendola superflua per le ragioni precedentemente esposte.

Togliatti rileva che la formula presentata dall'onorevole Caristia è imprecisa e sotto l'aspetto giuridico nasconde una profonda contraddizione, in quanto prima afferma che tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi, e poi dichiara che la legge determina le condizioni di tale diritto. Fa presente che non la legge deve dettare queste norme, ma solo la Costituzione deve fissare lo sviluppo pacifico della lotta nel Paese. Ritiene quindi che sia meglio adottare la formula dell'onorevole Basso.

Caristia si rende conto delle obiezioni dell'onorevole Togliatti e riconosce che un partito politico ha diritto di provvedere alla sua organizzazione in quanto ha una sua autonomia ammessa dalla natura stessa dello stato democratico, ma fa presente che perché i partiti non arrivino a una lotta non pacifica, occorre che la legge provveda in proposito.

Non si vuole perciò porre un limite allo sviluppo dei partiti politici come tali, ma soltanto un limite alla lotta la quale si deve svolgere in un piano pacifico, il che è molto diverso.

Lo statuto dei partiti provvederà alla loro organizzazione, al loro incremento, ma per quanto si voglia essere democratici, non si potrà mai fare a meno di una legge di pubblica sicurezza che regoli la lotta politica.

Togliatti fa presente che la legge di pubblica sicurezza non è la legge dei partiti, poiché è fatta essenzialmente per reprimere la delinquenza. I partiti vi possono essere contemplati in quanto invadono un terreno che è quello della delinquenza.

Caristia obietta che la legge di pubblica sicurezza è fatta anche per regolare la lotta politica, la quale si deve svolgere sul terreno pacifico. Se sconfina da questo terreno, la legge di pubblica sicurezza deve intervenire al fine di riportarla su un terreno di dignità. Quindi la legge non fa altro che dare una garanzia per lo svolgimento della lotta politica.

Togliatti osserva che tale garanzia, anziché dalla legge, deve essere data dalla Costituzione.

Caristia non vede come la Costituzione possa dare questa garanzia, in quanto si limita ad affermare il diritto che i cittadini hanno di organizzarsi in partiti politici.

Togliatti fa rilevare che il riferimento che l'onorevole Caristia desidera fare alla legge di pubblica sicurezza è contenuto in quegli articoli della Costituzione nei quali è detto che la libertà è concessa entro limiti stabiliti dalla legge. Non è quindi necessario fare un riferimento esplicito nella Carta costituzionale.

Il Presidente Tupini dichiara che preferirebbe una formula la quale esprimesse in modo inequivocabile il concetto che è proibita, sotto qualsiasi forma, l'organizzazione di un movimento o di un partito fascista o totalitario. Di tale sua preferenza non fa una precisa proposta, in quanto, dopo le dichiarazioni dell'onorevole Togliatti, è apparso chiaro che si vuole impedire la ricostituzione del partito fascista, così come si è storicamente manifestato negli ultimi 20 anni.

Per quanto riguarda la proposta dell'onorevole Basso, propone il seguente emendamento: «Il diritto di organizzarsi in partiti che accettino il metodo democratico della lotta politica è garantito a tutti i cittadini». A suo parere, una volta affermato in linea principale questo concetto, nei termini da lui proposti, il capoverso che riguarda la proibizione della riorganizzazione del partito fascista assume un maggior risalto.

Cevolotto si dichiara contrario all'adozione di formule che affermino garanzie, poiché la Costituzione non è un patto di fidejussione fra cittadini e Stato. È contrario anche all'adozione dell'espressione: «metodo democratico» poiché essa comporterebbe, ad esempio, l'esclusione di un partito anarchico, esclusione che non sarebbe democraticamente concepibile.

Ritiene che la formula dell'onorevole Basso sia preferibile.

Basso fa presente che l'affermare che sono ammessi i partiti i quali accettino il metodo democratico della lotta politica implica delle limitazioni, poiché presuppone una valutazione in merito alle dottrine seguite dai partiti. Fa presente inoltre che il termine di democrazia ha oggi diversi significati e si presta a diverse interpretazioni. Ritiene che sia preferibile la formula da lui proposta, che non solleva tale questione di interpretazione.

Il Presidente Tupini ritiene che le limitazioni non debbono spaventare, poiché è necessario porre nel testo costituzionale qualche cosa che costituisca difesa della democrazia contro tutti coloro che attentano alla sua esistenza.

Basso risponde di essere d'accordo col Presidente per quanto riguarda la difesa della democrazia, ma fa presente che una cosa è il dire che i cittadini hanno diritto di organizzarsi democraticamente e altra cosa è accettare il metodo democratico. In base alla formula proposta dal Presidente, domani si potrebbe dire, per esempio, che il partito socialista non adotta il metodo democratico.

Caristia dichiara di insistere perché sia messa ai voti la sua formula, rinunciando però a quella parte che rinvia alla legge, in quanto questo concetto è implicito in altri articoli della Costituzione.

Il Presidente Tupini dà lettura della formula proposta dall'onorevole Basso: «Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente e democraticamente in partiti politici».

Fa presente che a questo punto l'onorevole Basso aggiungerebbe le seguenti parole: «allo scopo di concorrere alla determinazione della politica del Paese». Ritiene che questa ultima proposizione si possa accantonare salvo un successivo riesame.

Di fronte a questa formula vi è anche l'altra da lui proposta sulla quale però dichiara di non insistere: «Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi in partiti politici che accettino il metodo democratico della lotta politica».

Vi è poi la formula proposta dall'onorevole Caristia: «I cittadini hanno diritto di organizzarsi in partiti politici».

Moro propone un emendamento alla formula dell'onorevole Basso. In essa si dice: «organizzarsi in partiti politici liberamente e democraticamente». Ritiene che questa espressione riguardi piuttosto la fase di formazione dei partiti politici; onde sarebbe opportuno aggiungere un'espressione che possa togliere ogni equivoco e, cioè, dire: «possono organizzarsi ed operare liberamente e democraticamente in partiti politici».

Il Presidente Tupini dà lettura della formula così come risulterebbe con l'emendamento proposto dall'onorevole Moro: «Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi e di operare liberamente e democraticamente in partiti politici, allo scopo di concorrere alla determinazione della politica del Paese».

Basso dichiara di accettare la formula proposta dall'onorevole Moro.

Il Presidente Tupini dichiara che, dal momento che vede garantita l'essenzialità del metodo democratico nella lotta dei partiti, di cui si era preoccupato nel presentare la sua formula, accetta la formula Basso-Moro e ritira la sua.

Caristia dichiara di insistere nella formula da lui proposta, ritenendo inutili le specificazioni.

Togliatti ritiene che l'espressione: «operare democraticamente e liberamente in partiti politici» non suoni molto bene, e pertanto propone la formula: «organizzarsi liberamente in partiti politici ed operare democraticamente allo scopo di concorrere alla determinazione della politica del Paese».

Moro dichiara di accettare la formula proposta dall'onorevole Togliatti.

Il Presidente Tupini mette ai voti la formula dell'onorevole Caristia:

«Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi in partiti politici».

(È respinta con 8 voti contrari, 3 favorevoli e 1 astenuto).

Il Presidente Tupini comunica che una formula, quale risulta dalla collaborazione di vari Commissari e che sembra sia accettata dalla maggioranza della Commissione, sarebbe la seguente:

«Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente in partiti politici allo scopo di concorrere democraticamente a determinare la politica del Paese».

Caristia dichiara di votare contro questa formula, perché la ritiene troppo vaga.

(La formula è approvata con 11 voti favorevoli e 1 contrario).

Il Presidente Tupini pone in votazione l'altra proposizione dell'articolo:

«È proibita la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del partito fascista».

(È approvata all'unanimità).

Fa presente che l'articolo risulta definitivamente così formulato:

«Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente in partiti politici, allo scopo di concorrere democraticamente a determinare la politica del paese.

È proibita la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del partito fascista».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti