[Il 22 maggio 1947 l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo quarto della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti politici».]

Presidente Terracini. [...] Passiamo ora all'articolo 47:

«Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».

L'onorevole Ruggiero Carlo ha presentato il seguente emendamento, già svolto:

«Sostituirlo col seguente:

«Tutti i cittadini hanno il diritto di organizzarsi in partiti che si formino e concorrano, attraverso il metodo democratico, alla determinazione della politica nazionale».

Segue l'emendamento dell'onorevole Mastino Pietro:

«Sostituirlo col seguente:

«Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente in partiti, per concorrere, nel rispetto delle libertà fondamentali e dei diritti garantiti dalla presente Costituzione, a determinare la politica nazionale».

L'onorevole Mastino Pietro ha facoltà di svolgerlo.

Mastino Pietro. La prima parte dell'articolo 47 così come è formulata nel progetto di Costituzione suona in questi termini: «Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente in partiti». Questa dizione non ha necessità di emendamenti, perché mi pare che il diritto dei cittadini ad organizzarsi liberamente in partiti, sia necessaria conseguenza del diritto di libertà affermato nella Costituzione, e che, in un certo senso, rappresenti anche un dovere del cittadino partecipare all'amministrazione pubblica e alla vita politica della Nazione.

L'emendamento che io ho presentato è stato determinato invece dalla dizione della seconda parte dello stesso articolo 47, così formulato: «per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».

Mi è parso che la frase: «con metodo democratico» potesse dar luogo ad equivoci, e nella opinione che il mio emendamento sia opportuno mi convincono gli emendamenti e le argomentazioni presentati da altri colleghi; in quanto gli emendamenti degli onorevoli Ruggiero e Mortati tendono a portare quel metodo democratico, di cui nell'articolo 47 si parla solo in rapporto al contributo che i partiti debbono portare nella politica nazionale, anche nell'organizzazione interna dei partiti stessi, e si dice che solo i partiti che si organizzano con metodo democratico hanno diritto di esistere. Nessuno pensi che io per un istante voglia difendere il diritto di esistenza di partiti antidemocratici. Intendo evitare, invece, che sotto il pretesto dell'affermato contenuto democratico taluni partiti, che democratici non sono, possano avere diritto di cittadinanza. Intendo col mio emendamento fare ricorso a statuizioni che rendano impossibile una eventualità del genere. Quando ad esempio in un disegno di legge, già presentato, si stabilì che non debba risorgere sotto nessuna forma il partito fascista, e quando con un altro (che credo sia decaduto con le dimissioni del Ministero) venne anche proposto che il partito monarchico non debba seguire metodi di violenza, nel tentativo di una resurrezione della monarchia, si è fatto ricorso soprattutto al fatto che un partito, il fascista, rinnegò qualunque libertà, e che l'altro, il monarchico, rinnegherebbe i principî di libertà ove seguisse metodi di violenza, vale a dire l'uno e l'altro disegno fecero riferimento non all'elastico principio del metodo democratico, ma all'obbligo di rispettare le libertà, all'obbligo di rispettare i diritti dei cittadini e, mi permetterei anche di aggiungere, l'ordinamento dello Stato. Sono questi i criteri ai quali noi ci dobbiamo riferire e sono questi i criteri che risorgono nella formulazione dell'emendamento da me proposto. Io voglio cioè evitare la possibilità che taluno dica che il suo partito è un partito democratico e neghi tale carattere a quel partito che, invece, sia democratico effettivamente.

Ed in materia ricordo — unicamente perché il mio ragionamento sia più chiaro, non perché vi sia una possibilità di riferimento fra il ricordo ed il mio enunciato — ricordo come, nel settembre del 1945, nel primo discorso da lui pronunciato come Presidente del Consiglio dei Ministri, l'onorevole Parri ebbe a suscitare proteste affermando che nessuno dei regimi anteriori al fascismo meritava la qualifica di democratico. Intervenne con la sua alta parola Benedetto Croce ed affermò che quelli erano stati non solo regimi liberali, ma anche democratici. Io porto questo esempio non perché calzi perfettamente all'attuale discussione, ma a dimostrare come, relativamente a quelli che sono i principî informatori della democrazia, anche in un campo ben più alto e diverso sorsero discussioni e dispute che stavano a dimostrare un divario assoluto di interpretazioni fra la tesi di Parri e la tesi di Benedetto Croce.

Questo pare, a mio avviso, che debba portare, onorevoli colleghi, all'accoglimento dell'emendamento da me formulato e che è in questi termini: «Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente in partiti per concorrere, nel rispetto delle libertà fondamentali e dei diritti garantiti dalla presente Costituzione, a determinare la politica nazionale». A dimostrazione o riprova della esattezza di quanto affermo, ricordo — e non credo di aver frainteso — quanto è stato ieri sera stranamente sostenuto dall'onorevole Ruggiero, perché dimostra la pericolosità della via in cui ci metteremmo ove ci riferissimo all'elastico criterio del metodo democratico. Ieri, l'onorevole Ruggiero ha detto che a decidere sulla eventuale democraticità di un partito debba essere niente di meno che il Governo.

Immaginate voi dove potrebbe andare a finire la democrazia di un partito nell'interpretazione di un Governo che per avventura non fosse democratico.

Queste le ragioni, onorevoli colleghi, per le quali credo che sia giustificato l'emendamento da me proposto.

Presidente Terracini. L'onorevole Mortati ha presentato il seguente emendamento:

«Tutti i cittadini hanno diritto di raggrupparsi liberamente in partiti ordinati in forma democratica, allo scopo di assicurare, con la organica espressione delle varie correnti della pubblica opinione ed il concorso di esse alla determinazione della politica nazionale, il regolare funzionamento delle istituzioni rappresentative.

«La legge può stabilire che ai partiti in possesso dei requisiti da essa fissati, ed accertati dalla Corte costituzionale, siano conferiti propri poteri in ordine alle elezioni o ad altre funzioni di pubblico interesse.

«Può inoltre essere imposto, con norme di carattere generale, che siano resi pubblici i bilanci dei partiti».

Ha facoltà di svolgerlo.

Mortati. Ritiro l'emendamento che ho presentato e lo sostituisco con un altro formulato d'accordo con l'onorevole Ruggiero, che ritira anche il suo perché concorda con il mio. Questo nuovo testo dice così: «Tutti i cittadini hanno diritto di riunirsi liberamente in partiti che si uniformino al metodo democratico nell'organizzazione interna e nell'azione diretta alla determinazione della politica nazionale».

Questo testo nella sostanza riproduce quello proposto dalla Commissione, limitandosi ad una più precisa esplicazione del concetto in esso implicito. Mentre infatti l'articolo 47, nella formulazione proposta dalla Commissione, parla di diritto di organizzarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, qui vi è invece una specificazione relativa alla democraticità dell'organizzazione interna dei partiti stessi.

Mi pare che tutti coloro che voteranno a favore dell'articolo 47 — e credo si tratti della maggioranza, perché non v'è alcuna proposta di soppressione di questo articolo — potranno facilmente indursi a dare anche il consenso a questa esplicazione che io propongo, nel senso della democraticità dell'organizzazione interna, la quale appare consona a tutto lo spirito della nostra Costituzione.

Noi abbiamo disposto infatti che questa democraticità si attui non solo nell'organizzazione dei poteri statali, bensì anche in tutti gli organismi inferiori di carattere non solo pubblico, ma anche privato. Abbiamo infatti stabilito l'obbligo della democratizzazione dei sindacati, delle aziende private, attraverso i consigli di gestione: abbiamo parlato di spirito democratico persino per l'esercito. Mi pare che sarebbe assai strano prescindere da questa esigenza di democratizzazione proprio nei riguardi dei partiti, che sono la base dello Stato democratico.

È nei partiti infatti che si preparano i cittadini alla vita politica e si dà modo ad essi di esprimere organicamente la loro volontà, è nei partiti che si selezionano gli uomini che rappresenteranno la nazione nel Parlamento. Mi pare quindi che non si possa prescindere anche per essi dall'esigere una organizzazione democratica.

Sorgono tuttavia dei dubbi; dubbi a cui ha fatto cenno l'onorevole Ruggiero: e che consistono nella preoccupazione che mediante la richiesta di un'organizzazione interna democratica si possa limitare la libertà di formazione dei partiti, a cagione dei necessari accertamenti che essa esige. Io penso che questi accertamenti non dovrebbero consistere in altro che nel deposito degli statuti e, per quanto riguarda il giudizio della conformità di questi statuti al metodo democratico, bisognerà organizzare delle garanzie tali da avere la sicurezza che si possa impedire la sopraffazione da parte dei partiti dominanti a danno delle minoranze. Io avevo proposto l'intervento della Corte costituzionale. Si potrebbe anche pensare a organismi formati dalle rappresentanze degli stessi partiti esistenti in condizione di pariteticità.

Insisto perciò sull'accoglimento di questo emendamento.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Sullo già svolto:

«Sostituire l'articolo 47 col seguente:

«Hanno diritto al riconoscimento giuridico tutti i partiti, democraticamente costituiti, mediante i quali i cittadini intendano con il metodo della libertà concorrere a determinare la politica del Paese».

Segue un emendamento dell'onorevole Di Giovanni, già svolto:

«Sostituire la particella: per, con la congiunzione: e».

Segue un emendamento dell'onorevole Bellavista:

«Aggiungere il seguente comma:

«Le leggi della Repubblica vietano la costituzione di partiti che abbiano come mira la instaurazione della dittatura di un uomo, di una classe o di un gruppo sociale, o che organizzino formazioni militari o paramilitari.

«Qualora l'emendamento non fosse approvato, aggiungere, nel testo attuale dell'articolo, dopo la parola: metodo, le parole: e programma».

L'onorevole Bellavista ha facoltà di svolgerlo.

Bellavista. Onorevoli colleghi, quale che sia la sorte dei vari emendamenti presentati, compreso quello che sto illustrando, appare certo sin da ora che la formulazione dell'articolo 47, così come sorge dal progetto di Costituzione, non sembra soddisfacente, se da diversi settori della Camera appunti e critiche si sono ad essa rivolti. Ed è subito facile rendersene conto, perché, nella giusta preoccupazione del progetto di assicurare le garanzie della democraticità ai partiti, si è unicamente volto il pensiero ad una funzione strumentale, ad una funzione di mezzo, nella quale un partito esercita nella lotta politica nazionale la sua attività; e si è invece per l'opposto trascurato completamente il fine che un partito, che un'organizzazione politica può proporsi.

Questo sorge evidente dalla parola «metodo», che attiene alla strumentalità della azione che il partito svolge nella lotta politica nazionale, ma non certamente attiene alla funzione teleologica, allo scopo che detto partito persegue. E anche dal punto di vista strumentale la formulazione è apparsa certamente imprecisa all'onorevole Ruggiero, che col suo emendamento — cui ha aderito anche l'onorevole Mortati — intendeva far rilevare questo appunto: che si può essere democratici ab extra, ma si può essere antidemocratici ab intra; un partito, cioè, può svolgere la sua attività nell'agone politico nazionale democraticamente, rispettoso, ligio alle regole della democrazia, ma può nel suo interno essere retto da un principio che capovolga il principio di Archimede della democrazia, che vada cioè non dal basso verso l'alto, ma che dall'alto discenda invece verso il basso. Ed è perciò che io porto una adesione generica a questa parte dell'emendamento dell'onorevole Ruggiero, nei riguardi del quale le critiche garbate rivolte dal collega onorevole Mastino non pare abbiano raggiunto il segno; perché, se non ho male inteso, secondo il collega onorevole Ruggiero, non già il Governo doveva essere giudice di questa strumentale democraticità di un partito, ma la Corte costituzionale che è prevista dal nostro stesso progetto di Costituzione.

Ma l'emendamento che io propongo, non tanto alla strumentalità del partito attiene, quanto alla sua funzione, al suo scopo. Noi non dobbiamo dimenticarci che alcuni partiti sono arrivati al potere in forma perfettamente democratica ma, una volta impadronitisi del potere, hanno instaurato la più feroce, la più durevole — purtroppo — delle dittature. È il caso di Hitler in Germania; è il caso di Mussolini in Italia. (Interruzione dell'onorevole Schiavetti).

Sì, è vero, le violenze purtroppo possono essere soltanto un dato sintomatico del partito; ma si distinguerà come al solito — e come si è distinto già — fra il fatto dei pochi e il fatto dei molti. Allora invece veramente si sarebbe rivelato — se fosse esistita una Costituzione quale quella che noi stiamo fabbricando — che il partito fascista era diretto alla dittatura, quando dalla violenza degli squadristi si cominciò ad esaltare il mito soreliano della violenza, si proclamò santa la violenza. Ora, è chiaro che un partito che fa le elezioni, ma che esalta il mito soreliano della violenza, è un partito nemico della democrazia e noi dobbiamo difenderci contro questo pericolo.

Del resto, non vale opporre che nella prima delle disposizioni finali sia prevista espressamente — in obbedienza anche ad una precisa norma del Trattato di pace — la proibizione della creazione, sotto qualsiasi forma, del partito fascista. Il legislatore deve essere presbite quanto più può e non miope, perché non si può prevedere quanti partiti possano sorgere e si propongano quale fine mediato o immediato la dittatura. Del resto, possono sorgere organizzazioni le quali abbiano come scopo la distruzione dello Stato: l'anarchismo, contro cui si difendono tutti gli Stati, rappresenta un partito che è certamente diretto contro la democrazia perché è diretto contro lo Stato democratico.

Ora, se è vero che la dolorosa esperienza ventennale passata — e per la quale ha versato lacrime e sangue la gran maggioranza innocente del popolo italiano — ci ha insegnato qualche cosa, noi dobbiamo premunirci contro il risorgere di una dittatura, la quale rievochi la formula ricordata dal Tasso degli «orli del vaso» cosparsi di «soave licor» da porgere all'«egro fanciul», ma che in fondo non muta l'amore e il tossico contenuti nel vaso. Noi dobbiamo premunirci contro il ritorno della dittatura ed essere espliciti non soltanto quanto alla strumentalità ma quanto alla finalità che un partito può proporsi.

Se noi avremo fatto questo noi avremo ascoltato nella democrazia la grande parola di Voltaire per la quale egli combatteva l'opinione contraria, ma combatteva fino alla morte perché il contraddittore avesse il diritto di dirla e di sostenerla. (Applausi a destra).

Presidente Terracini. L'onorevole Colitto ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere il seguente comma:

«Sono proibite le organizzazioni politiche, il cui scopo sia quello di privare il popolo dei suoi diritti democratici».

Ha facoltà di svolgerlo.

Colitto. Rinuncio al mio emendamento ed aderisco a quello dell'onorevole Bellavista, e, nel caso che questo non sia approvato, a quello dell'onorevole Mortati.

Presidente Terracini. È stato presentato un emendamento aggiuntivo da parte degli onorevoli Clerici, Pignedoli, Franceschini, Sullo, Codacci Pisanelli, Bovetti, Foresi, De Palma, Coppi, Benvenuti, Mastino Gesumino, del seguente tenore:

«La carriera di magistrato, di militare, di funzionario ed agente di polizia e di diplomatico, comporta la rinunzia alla iscrizione a partiti politici».

L'onorevole Clerici ha facoltà di svolgerlo.

Clerici. Onorevoli colleghi, dirò brevi parole. La disposizione che testé l'onorevole Presidente ha letto ha questo valore: stabilire chiaramente che per alcune categorie soltanto — ma, a mio modesto avviso, queste categorie debbono essere precisate dalla Costituzione — gli appartenenti ad esse debbono, durante la loro carriera e a ragione della loro carriera, essere esclusi od aver limitato il diritto di iscrizione a partiti politici. E queste categorie si riducono a quattro in tutto: i magistrati per primi; la disposizione è già nel progetto di Costituzione all'articolo 94, e ricordo alla Costituente che recenti manifestazioni di magistrati, attraverso Assemblee delle curie e perfino votazioni per referendum in proposito, hanno dato — per quel che risulta dai giornali — una strabocchevole maggioranza a favore dell'esclusione dei magistrati dall'appartenenza a partiti politici.

Credo che proprio il Ministro Ruini, con circolare 285 del 6 giugno 1944, mentre ancora ferveva la guerra in Italia, concesse e giustamente in quel momento, abolendo una disposizione fascista, il diritto ai magistrati di iscriversi ai partiti politici. Credo cioè che quella circolare rispondesse ad esigenze storiche spiegabili in quel momento, allorquando si era ancora nella guerra combattuta, ed allorquando si dovevano fare delle affermazioni ideali contro le disposizioni fasciste. Ma oggi, dal momento che è stato scritto l'articolo 94, e dal momento che una volontà restrittiva è stata confermata dalla stragrande maggioranza degli interessati, io credo che una limitazione sia opportuna, e che debba essere messa nella Carta costituzionale.

In secondo e terzo luogo gli agenti ed i funzionari di pubblica sicurezza ed i militari costituiscono due categorie che, quasi quotidianamente, devono prendere provvedimenti particolarmente rappresentativi dell'autorità dello Stato, e spiacenti ai cittadini che li subiscono. Essi perciò, come la moglie di Cesare, devono essere insospettabili. Si tratta certo di una limitazione di un loro diritto, si tratta di un sacrificio: ma la limitazione e la rinunzia sono necessarie, perché queste categorie di funzionari siano insospettabili nelle loro decisioni rispetto agli altri cittadini.

La quarta ed ultima categoria che mi sono permesso di indicare è quella dei diplomatici. S'intende, i diplomatici di carriera.

Infatti il testo dice: «carriera di magistrati, di militare, di funzionario ed agente di polizia e di diplomatico». Restano quindi esclusi dalla disposizione i magistrati onorari; i militari in servizio non permanente, fra gli altri gli ufficiali di complemento che rimangono ufficiali anche quando non prestano servizio; e quei diplomatici, che in via eccezionale sono presi dall'ambiente politico ed incaricati di missioni straordinarie. Ma io credo che nella carriera diplomatica ordinaria il rappresentante presso uno Stato estero o presso una comunità italiana all'estero debba necessariamente presentarsi non come il rappresentante di un partito politico ma soltanto come un funzionario dello Stato che lo invia in sua rappresentanza.

Ritengo quindi che con queste limitazioni la mia proposta possa essere accettata, in quanto non viene a ferire il principio dell'eguaglianza dei diritti di tutti i cittadini. Rimangono, infatti, fermi ed intatti, anche per queste quattro categorie di funzionari, tutti gli altri diritti; non soltanto per l'elettorato attivo ma anche per l'elettorato passivo. Il diritto di eleggibilità è conservato. Potranno i magistrati ed i militari di carriera essere elevati a cariche elettive nelle amministrazioni comunali, provinciali o regionali che siano, nel Parlamento nazionale, ma saranno eletti quali indipendenti come vi sono già oggi degli indipendenti tra i deputati di parecchi partiti anche di estrema sinistra.

Ritengo quindi che la disposizione possa essere accettata tranquillamente dalla democrazia di questa Camera. (Interruzioni).

Riconosco che il mio emendamento può essere suscettibile di modificazioni, soprattutto formali, ma il concetto che deve rimanere è questo: è proibita l'iscrizione ai partiti soltanto agli appartenenti alle indicate categorie di funzionari, il che significa che costoro restano liberi nella vita privata di seguire quelle idealità e quelle teorie che meglio rispondono alle loro convinzioni. (Applausi al centro).

Presidente Terracini. L'onorevole Relatore ha facoltà di esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti presentati.

Merlin Umberto, Relatore. Io devo difendere soltanto il testo come è stato presentato nella proposta di progetto di Costituzione. L'articolo dice così: «Tutti i cittadini hanno il diritto di organizzarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». Faccio osservare che è la prima volta che in una Carta statutaria entrano i partiti con una propria fisionomia, con una propria organizzazione e quindi con la possibilità domani che a questi partiti si affidino dei compiti costituzionali. La proposta era stata già presentata nel progetto della Costituzione francese, ma poi non è stata inclusa. Noi andiamo più in là: noi concediamo ai partiti tale possibilità. Faccio osservare ai colleghi che notevoli correnti di pensiero nel Paese si adombrano di questa introduzione dei partiti nella Costituzione, quindi è bene non esagerare e cominciare con la formula proposta.

La Commissione, di fronte alla realtà dei partiti, ha creduto che convenga riconoscerla, possibilmente disciplinarla e domani anche fissare i compiti costituzionali che a questi partiti saranno concessi. Già oggi qualche cosa è in atto; già oggi in quest'Assemblea noi siamo organizzati in Gruppi; già oggi è notevole l'influenza che nella vita politica del Paese i partiti esercitano soprattutto per esempio in periodo di crisi. Quindi noi non facciamo che riconoscere una realtà obiettiva che già esiste. Però la Commissione — ed io in questo momento esprimo il parere collettivo della Commissione — non ha voluto eccedere in questo suo riconoscimento, non ha voluto andare al di là di quelle che possono essere per il momento le concessioni da fare, non ha voluto cioè entrare a controllare la vita interna dei partiti. Ora, tanto l'emendamento del collega Ruggiero come l'emendamento del collega Mastino, come quello anche del collega Mortati e del collega Sullo e peggio ancora l'emendamento del collega Bellavista vogliono ottenere un controllo interno nella vita dei partiti, che sarebbe quanto meno eccessivo. Bisognerebbe chiederne gli statuti, conoscerne l'organizzazione, chiedere anche (come fu scritto in relazioni presentate al Ministero della Costituente) i bilanci dei partiti e conoscere i mezzi finanziari di cui essi dispongono. Ora, è possibile tutto questo? È lecito tutto questo? Quali pericoli presentano tali possibilità, e poi chi eserciterebbe questo controllo? Dovrebbero forse provvedere dei commissari nominati dal Governo? La questione è molto delicata ed io esorto l'Assemblea, per il desiderio del meglio, a non provocare il peggio, sollevando ostilità che indubbiamente una proposta di questo genere susciterebbe. Perché, come negli individui il delitto è punito quando si estrinsechi in atti concreti all'esterno e non si vanno a ricercare le intenzioni o a fare dei processi all'interno della mente di ogni individuo, così non è lecito dubitare, sospettare della vita dei partiti all'interno. Saranno colpiti e puniti se essi all'esterno compiranno degli atti contro le nostre istituzioni. Quindi non c'è bisogno di fissare questo principio. Se un partito si organizzerà militarmente come prevede uno degli emendamenti; se un partito farà quello che prevede l'onorevole Bellavista o altro partito farà quello che ha preveduto l'onorevole Mastino, potrà cadere sotto le disposizioni del Codice penale ed essere sciolto di autorità dal Governo.

Noi non dobbiamo qui preoccuparci di questo. Noi dobbiamo, la prima volta in cui veniamo a riconoscere l'esistenza giuridica del partito, col proposito di dare poi ad esso determinati compiti, limitarci soltanto a riconoscere che questo partito, all'esterno, con metodo democratico, concorra a determinare la politica nazionale. Nulla più di questo; e se chiedessimo di più, potremmo andare incontro a pericoli maggiori di quelli che vogliamo evitare.

Osservo, come ho detto ieri riassumendo la discussione generale, che ognuno di questi articoli esigerà una legge particolare. In quella sede potremo, eventualmente, discutere di tutto quello che sta a cuore dei colleghi su questo punto, ma oggi no.

E perciò io prego gli onorevoli colleghi di ritirare gli emendamenti e di votare il testo proposto dalla Commissione.

Non posso accettare nemmeno la modificazione proposta dall'onorevole Di Giovanni, che riguarda la particella «per», perché la Commissione ha voluto proprio quella particella, che è espressiva nel concetto logico che lega tutte le parole dell'articolo 47.

Presidente Terracini. Chiederò ai presentatori di emendamenti se intendano mantenerli.

Onorevole Mastino, mantiene il suo emendamento?

Mastino Pietro. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Mortati, mantiene il suo emendamento?

Mortati. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Sullo, mantiene il suo emendamento?

Sullo. Lo ritiro.

Presidente Terracini. Non essendo l'onorevole Di Giovanni presente, il suo emendamento si intende decaduto.

Onorevole Bellavista, mantiene il suo emendamento?

Bellavista. Lo mantengo.

Merlin Umberto, Relatore. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Merlin Umberto, Relatore. Mi sono dimenticato di rispondere al collega Clerici, per l'ultima parte dell'articolo 47.

Io prego il collega Clerici di ritirare il suo emendamento.

Per quel che riguarda i magistrati, ne riparleremo in sede opportuna, cioè all'articolo 94, terzo comma.

Per quel che riguarda le altre categorie di cittadini, la Commissione non crede di dovere imporre delle limitazioni, che colpirebbero diecine e forse centinaia di migliaia di persone.

Per i magistrati i quali, a parte la ristrettezza del numero, hanno un ufficio delicato, obiettivo ed impersonale, si potrà, a suo tempo, discutere la norma prevista; ma per tutte le altre categorie di cittadini — funzionari, militari e perfino agenti di polizia e diplomatici — la Commissione non ritiene di potere accettare l'emendamento proposto dall'onorevole Clerici.

Presidente Terracini. Onorevole Clerici, insiste nel suo emendamento?

Clerici. Insisto.

Presidente Terracini. La prima parte dell'articolo 47 nel testo proposto dalla Commissione è del seguente tenore:

«Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente in partiti».

Gli onorevoli Mortati e Ruggiero hanno proposto di sostituire alla parola: «organizzarsi», l'altra: «riunirsi». Pongo in votazione la formula:

«Tutti i cittadini hanno diritto di riunirsi liberamente in partiti».

(È approvata).

Passiamo alla seconda parte dell'articolo: «per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».

L'onorevole Mastino ha proposto la seguente formula: «per concorrere, nel rispetto delle libertà fondamentali e dei diritti garantiti dalla presente Costituzione, a determinare la politica nazionale».

Gli onorevoli Mortati e Ruggiero hanno proposto la seguente formula: «che si uniformino al metodo democratico nella organizzazione interna e nell'azione diretta alla determinazione della politica nazionale».

Targetti. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Targetti. Il mio Gruppo respingerà tutti gli emendamenti presentati a questo articolo, per attenersi al testo presentato dalla Commissione.

Come ha detto l'onorevole Merlin, è la prima volta che una Costituzione si occupa dei partiti; è la prima volta che i partiti entrano in una Carta costituzionale.

Aggiungeva l'onorevole collega che il desiderio di migliorare la norma ci fa correre il rischio di peggiorarla. Noi siamo persuasi di questa verità, trattandosi di una materia così difficile a essere regolamentata che rimane sempre il dubbio se non sarebbe stato meglio non regolamentarla in alcun modo.

In quanto poi al particolare emendamento presentato dal collega Clerici, noi siamo decisamente contrari al concetto che l'ispira.

Potremmo osservare anzitutto che la forma è tale che non esprime un concetto molto chiaro quando si tiene presente che siamo in tema di Costituzione. Perché dire che la carriera di magistrati, militari, ecc., importa la rinunzia alla iscrizione nei partiti politici non significa una proibizione di iscrizione di questi funzionari ai partiti politici, ma sembra più che altro adombrare, anziché un divieto legale, un divieto morale, spirituale, per il quale debba il magistrato rinunziare a questo diritto.

Ma a parte questo, la questione è per noi una questione di sostanza, che ha prevalenza sulla forma.

A noi ripugna di limitare per qualsiasi categoria di cittadini l'esercizio di un diritto fondamentale per un cittadino in regime di democrazia, cioè quello di partecipare alla vita politica.

Ed è per queste considerazioni che noi nell'elaborazione del progetto di Costituzione, nella parte relativa al potere giudiziario, fummo contrari a porre questo divieto al magistrato.

Moro. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Dichiaro che voteremo a favore dell'emendamento Mortati riguardante i partiti politici; e voteremo a favore, perché pensiamo che, dopo aver stabilito, come è stato fatto giustamente, il carattere democratico della vita interna dei sindacati, sia opportuno sancire eguale disposizione per quanto riguarda i partiti. Noi abbiamo presenti quelle preoccupazioni che sono state fatte valere, e cioè che sulla base di una norma relativa ai partiti si cominci un'attività tendente a limitarne l'opera nella vita politica del Paese.

Ed è per questa ragione che fin dal primo momento, in sede di Commissione, noi, d'accordo con altri colleghi, ci opponemmo a che fosse posta una norma relativa al cosiddetto carattere democratico delle mire perseguite dai partiti. Noi pensiamo che un richiamo alla democraticità della meta perseguita dai partiti sia cosa veramente pericolosa, in quanto il controllo che fosse stabilito potrebbe di volta in volta condurre ad impedire l'attività di determinati partiti sulla base del presunto carattere antidemocratico del loro programma.

E da questo punto di vista io rilevo che anche l'emendamento Mastino, contro il quale noi votiamo, non esclude questo pericolo, in quanto, parlando di diritti e di libertà fondamentali sanciti nella Costituzione, potrebbe per esempio indurre ad escludere dalla vita democratica del Paese partiti che propugnano una determinata struttura sociale la quale incida, per esempio, sul diritto di proprietà garantito dalla stessa Costituzione.

Per la stessa ragione siamo contrari all'emendamento Bellavista, in quanto anche qui si parla di mire, di programmi, e si sa quanto sia pericoloso un controllo stabilito sulle intenzioni e sui propositi.

Ma, poste da parte queste formulazioni, ci sembra che non si possa riscontrare alcun pericolo nel richiamo non solo al carattere democratico della prassi politica nella quale operano i partiti, ma anche al carattere democratico della loro struttura interna. Si tratta di organismi i quali devono operare con metodo democratico quale è universalmente riconosciuto, ed è evidente che, se non vi è una base di democrazia interna, i partiti non potrebbero trasfondere indirizzo democratico nell'ambito della vita politica del Paese.

Non credo che vi sia su questo punto alcun pericolo. Si tratta soltanto di stabilire che l'organizzazione interna debba ispirarsi a principî democratici, escluso ogni controllo intorno ai programmi e intorno alle mire remote dei partiti, cose queste che darebbero luogo veramente a pericoli che vogliamo evitare. Per questa ragione voteremo in favore dell'emendamento Mortati.

Laconi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. Nel chiarire le ragioni per cui il mio Gruppo voterà per il mantenimento della primitiva formulazione di questo articolo, io desidererei richiamare l'attenzione della Assemblea sull'estrema gravità degli emendamenti che sono stati proposti. Forse da parte di taluno dei presentatori si è potuto pensare che l'introduzione di un riferimento all'ordinamento democratico interno dei partiti possa rivolgersi contro l'uno o contro l'altro settore di questa Assemblea, o contro l'una o l'altra parte dello schieramento politico nazionale. In realtà si rivolge contro tutto lo schieramento politico ed in particolare contro quei partiti che in un determinato momento non si trovino al Governo. Io mi chiedo quale efficacia avrebbe un riferimento di questo genere se esso non comportasse un controllo sull'ordinamento interno dei partiti, ed allora noi dobbiamo chiedere in quale misura e attraverso quali organi questo controllo potrà essere domani esercitato dallo Stato. È evidente che organi di questo controllo potrebbero unicamente essere o il Governo o la Corte costituzionale. Tengo a far considerare all'Assemblea che accettare gli emendamenti proposti vorrebbe dire che domani la maggioranza parlamentare, di cui tanto il Governo quanto la Corte saranno espressione, potrebbe entrare nella vita interna dei partiti di minoranza.

Noi sappiamo bene a quanti abusi una cosa di questo genere si potrebbe prestare. Le preoccupazioni a questo riguardo non devono quindi sorgere nell'animo di una parte di noi, ma in tutti noi, in tutti i settori di questa Assemblea perché tutti abbiamo interesse a che le minoranze possano liberamente organizzarsi.

Non chiederemo dunque nessuna garanzia ai partiti per l'ordinamento interno? Ma una tale garanzia e un tale controllo vi sono di fatto e vi saranno sempre più, a mano a mano che si svilupperà la vita democratica del Paese, ed è il controllo che gli aderenti stessi esercitano nel proprio partito. Tutti i partiti, infatti, hanno statuti e norme sancite negli statuti alle quali gli aderenti possono sempre appellarsi. Questo è un controllo legittimo ed efficace. Io non credo che il modo migliore per controllare che un partito abbia un ordinamento democratico possa consistere nell'intervento di altri partiti o di organi da essi direttamente o indirettamente controllati. Credo, anzi, che questo si presti a qualsiasi possibilità di intervento illecito e di intromissione nella vita degli altri partiti, soprattutto se di minoranza. Per questo desidererei che l'Assemblea fosse unanime nel respingere gli emendamenti proposti in questo senso.

Una proposta ancora più avanzata mi è parsa quella formulata dall'onorevole Bellavista, il quale chiede non soltanto il controllo sull'organizzazione interna dei partiti, ma anche sulle intenzioni e sugli scopi che i partiti possono proporsi. È probabile che l'onorevole Bellavista abbia presentato questa proposta in quanto sapeva che sarebbe stata respinta, perché non è credibile che egli ritenga di appartenere ad un settore che possa essere immune da qualsiasi sospetto, riguardo alle intenzioni. Entrando in un processo alle intenzioni sarebbe, per il suo settore, difficile esentarsi dalle conseguenze della sua proposta.

Per le ragioni che ho esposte, dichiaro che il mio Gruppo voterà per il mantenimento della formulazione originaria e desidero far rilevare che l'approvazione di questi emendamenti sarebbe di enorme danno per lo sviluppo della democrazia italiana e per il libero svolgimento della vita interna dei partiti.

Codignola. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Codignola. Desidero richiamare l'attenzione di tutti i settori dell'Assemblea sulla gravità delle conseguenze che potrebbero derivare dall'accettazione dell'emendamento Mortati, e vorrei che l'Assemblea su questo emendamento evitasse di creare schieramenti che potrebbero essere artificiosi. Ho difatti l'impressione che in merito a questo emendamento vi sia da una parte dell'Assemblea l'intenzione di dare ad esso una interpretazione determinata, mentre, come giustamente ha indicato il collega Laconi, le preoccupazioni, che sono in alcuni di noi, dovrebbero essere condivise da tutti i colleghi di tutti i settori: poiché effettivamente, se passasse questo emendamento, noi verremmo a sopprimere una delle garanzie fondamentali della vita democratica del Paese; in quanto trasferiremmo il giudizio sulla democraticità interna dei partiti dalla sede costituzionale alla sede politica, e cioè alla maggioranza parlamentare, o peggio ancora al Governo, espressione di questa maggioranza parlamentare, che verrebbe in qualsiasi momento a disporre dei poteri di intervenire arbitrariamente nella vita democratica del paese e nella vita interna dei partiti di qualsiasi settore.

Io credo che nessun partito possa essere così sicuro di sé, anche se oggi è un partito di maggioranza, da poter accettare ad occhi chiusi una limitazione così grave per la democrazia del Paese. Se, in sede costituzionale, si dovesse entrare nel merito del problema che stiamo discutendo, allora la discussione dovrebbe essere molto più ampia, perché dovremmo stabilire i limiti di attività dei partiti e i loro poteri, dovremmo porre il problema del riconoscimento della loro personalità giuridica, e dovremmo affrontare tutta una serie di altre questioni di carattere costituzionale. Ma, se questo non si fa, l'unica soluzione accettabile è quella proposta dalla Commissione, che si astiene dall'entrare nel problema della organizzazione interna dei partiti. Invero, se noi entrassimo in questo problema senza chiarire quali saranno i poteri, quali gli organi che avranno facoltà di determinare se un partito sia nella sua organizzazione interna democratico o no, accetteremmo un principio assolutamente arbitrario. Penso quindi che il problema debba essere guardato con la massima obiettività da tutti i settori dell'Assemblea e che l'emendamento Mortati-Ruggiero debba essere respinto.

C'è poi un emendamento dell'onorevole Mastino Pietro, che non si discosta dalla formulazione proposta dalla Commissione se non per richiamare in modo particolare le condizioni generali di vita dei partiti nella realtà democratica, secondo i principî già affermati dalla Costituzione. L'onorevole Mastino ha tenuto a meglio precisare che la vita dei partiti deve essere subordinata al rispetto di quelle libertà fondamentali che sono state già riconosciute in sede costituzionale. Ritengo che l'emendamento Mastino, pur non contraddicendo alla formulazione della Commissione, abbia meglio determinato questo concetto; e perciò il nostro Gruppo voterà contro l'emendamento Mortati-Ruggiero e si dichiara favorevole all'emendamento dell'onorevole Mastino; ove poi cadesse l'emendamento Mastino, accetterà la formulazione della Commissione.

Bellavista. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Bellavista. Io dichiaro di rinunciare al mio emendamento, sia nella forma principale che in quella subordinata, e ciò dico perché me ne hanno fatto convinto, non tanto le osservazioni dell'onorevole Laconi (al quale per ricambiare gentilezza per gentilezza io debbo ricordare il broccardetto excusatio non petita) quanto le osservazioni più ponderate dell'onorevole Moro. Aderisco quindi, anche a nome del Gruppo cui appartengo, all'emendamento congiunto Mortati-Ruggiero.

Lucifero. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lucifero. Onorevoli colleghi, io ho ritenuto, insieme con i settori contrapposti della Camera, di non poter votare nemmeno la prima parte di questo articolo, perché confesso sinceramente che io quest'articolo non l'ho capito: non l'ho capito nella prima parte, né nelle fioriture di emendamenti che seguono questa prima parte. Il diritto dei cittadini di organizzarsi in partiti politici, onorevoli colleghi, è quel diritto di associazione che abbiamo già sancito e consacrato, ed io non vedo quale altra sanzione e quale altra garanzia dobbiamo dare a degli uomini liberi di associarsi, per perseguire fini comuni, se non quelle di consacrare il loro diritto di associarsi a qualunque fine che la legge consenta. Né abbiamo il diritto di stabilire limiti, a questa associazione, perché i limiti sono dati dalla legge. Se una associazione di cittadini, in campo politico, come in qualunque altro campo, viola quelle che sono le leggi che la Nazione si è data, la Nazione, attraverso i suoi strumenti, colpirà questa associazione, che non è più una associazione legale, ma illegittima. Ma se queste associazioni nelle loro azioni, nei fini che perseguono, nei loro metodi sono legittime e consone alle leggi del Paese, queste associazioni, per il solo diritto di associarsi, hanno diritto di cittadinanza e non hanno bisogno di altre garanzie.

Queste altre garanzie significano, per me, una sottrazione di garanzie; perché il voler fare una particolare menzione di partiti politici, in una particolare sede, con delle particolari definizioni, vuol dire porre a queste particolari associazioni politiche di liberi cittadini delle limitazioni, che sono limitazioni alla loro libertà. Ed io mi domando se ad un certo momento noi non ci troveremo di fronte ad uno «statuto tipo» imposto dalla maggioranza (e su questo concordo con l'onorevole Laconi) ai partiti di minoranza. Perché quando l'onorevole Merlin dice che per la prima volta un partito politico o i partiti politici assumono una forma costituzionale in un Paese, io debbo dirgli che, se non nella forma scritta, nella sostanza questo è già avvenuto, ed è avvenuto purtroppo anche da noi, appunto quando i partiti politici si sono prese determinate funzioni che non sono loro, perché funzioni costituzionali e non più di azione politica; le quali hanno condotto da noi, come negli altri Paesi, a situazioni che deprechiamo e che vogliamo non si ripetano più.

Dichiaro, pertanto, che ritengo tutto questo articolo una violazione di quella libertà di associazione che abbiamo già consacrata e che, come ho votato contro la prima parte, io voterò contro ogni emendamento, perché sono del parere che qualunque cittadino e gruppo di cittadini hanno il diritto di agire e di associarsi, nell'ambito delle leggi e della legalità, secondo le condizioni proprie, per il bene del Paese, senza il beneplacito, l'exequatur o il consenso di nessuna maggioranza.

Corsini. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Corsini. Dichiaro che voteremo a favore dell'emendamento Mortati-Ruggiero, e ciò per le ragioni già abbondantemente esposte da altri colleghi e che non starò a ripetere. A queste ragioni ne vorrei aggiungere altre due: la prima è che a noi, come partito che attualmente si trova in minoranza, non sembra di dover avere alcun timore di quanto è detto in questo emendamento, in quanto l'eventuale controllo che viene demandato alla Corte costituzionale ci garantisce la più assoluta imparzialità. La seconda ragione è che a noi sembra che il nostro Paese abbia molto bisogno di apprendere i metodi democratici, e che pertanto oltre alla palestra che si può fare nelle amministrazioni civiche, l'esercizio del sistema democratico, anche nell'interno dei partiti, potrà essere molto più utile a chi si dispone ad avviarsi alla carriera politica.

Presidente Terracini. Onorevole Mortati, mantiene il suo emendamento?

Mortati. Dichiaro di ritirarlo; faccio osservare però che il mio emendamento presentava, come ho già spiegato, un carattere semplicemente esplicativo di quella che è la formulazione del testo della Commissione. Il mio emendamento era stato anche ispirato dal consenso che mi pareva si fosse eloquentemente manifestato in questa Assemblea. (Commenti).

Ricordo che l'onorevole Calamandrei, parlando in sede di discussione generale, si è pronunciato nel senso di affermare l'esigenza che la Costituzione non ignori il fenomeno dei partiti. Inoltre l'onorevole Basso, il quale già in sede di Commissione aveva anch'esso sostenuto questo punto di vista, ha ribadito qui in Assemblea l'esigenza di una regolamentazione dell'ordinamento dei partiti. L'onorevole Saragat ha egli pure ribadito la stessa necessità, ed anzi si è spinto fino al punto di richiedere che, nei riguardi dei partiti, venga adottata quella stessa disposizione che noi abbiamo sancita per la stampa, quella cioè relativa al controllo o alla pubblicità dei bilanci.

Vi è stato quindi un coro di voci favorevoli a tale orientamento; ed appunto a questo coro di voci si era ispirato il mio emendamento. Poiché mi avvedo che questi consensi, che apparivano così chiari e concordanti, sono venuti meno, non desidero esporre ad un sicuro insuccesso la mia proposta, e quindi la ritiro, pur riaffermando il bisogno che uno Stato, il quale voglia poggiare su basi saldamente democratiche, non possa tollerare organismi politici che non si ispirino anche nella loro struttura interna a sistemi e a metodi di libertà.

Ruggiero Carlo. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruggiero Carlo. Mi associo alle dichiarazioni fatte dall'onorevole Mortati.

Presidente Terracini. Resterebbe pertanto solo l'emendamento presentato dall'onorevole Mastino Pietro.

Mastino Pietro. Dichiaro di ritirarlo.

Bellavista. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Bellavista. Io ho rinunciato al mio emendamento per ripiegare su quello presentato dagli onorevoli Mortati-Ruggiero; ora che essi lo ritirano, dichiaro di farlo mio. (Approvazioni).

Presidente Terracini. Sull'emendamento Mortati-Ruggiero, fatto proprio dall'onorevole Bellavista, è stata chiesta la votazione per appello nominale dagli onorevoli Laconi, Negro, Saccenti, Barontini Ilio, Sicignano, Secchia, Pellegrini, Bardini, Iotti Leonilde, Nobile, Minio, Molinelli, Togliatti, Cremaschi Olindo, Fantuzzi.

Chiedo ai presentatori della richiesta se la mantengono.

Laconi. La ritiriamo.

Presidente Terracini. Pongo in votazione l'emendamento Mortati Ruggiero fatto proprio dall'onorevole Bellavista:

«...che si uniformino al metodo democratico nella organizzazione interna e nell'azione diretta alla determinazione della politica nazionale».

(Non è approvato).

Pongo quindi in votazione il testo della Commissione:

«...per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».

(È approvato).

Passiamo all'emendamento aggiuntivo proposto dall'onorevole Clerici e altri:

«La carriera di magistrato, di militare, di funzionario ed agente di polizia e di diplomatico, comporta la rinunzia alla iscrizione a partiti politici».

A questo proposito ho ricevuto la seguente richiesta:

«I sottoscritti chiedono che la discussione dell'emendamento aggiuntivo all'articolo 47 presentato dall'onorevole Clerici sia rinviata a domani, secondo l'articolo 90 del Regolamento».

Schiavetti, Mastino Pietro, Codignola, Piemonte, Cianca, Lussu, Bonomelli, Pressinotti, Carpano, Fioritto, Nenni, Pistoia, Bennani, Filippini, Lombardi Riccardo.

In base al Regolamento, la discussione si intende pertanto rinviata a domani.

L'articolo 47 risulta, nel suo complesso, così approvato:

«Tutti i cittadini hanno diritto di riunirsi liberamente in partiti, per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti