[Il 22 maggio 1947 l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo quarto della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti politici».]

Presidente Terracini. [...] Passiamo all'articolo 49:

«La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.

«Il servizio militare è obbligatorio. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l'esercizio dei diritti politici.

«L'ordinamento dell'esercito si informa allo spirito democratico della Repubblica italiana».

Gli onorevoli Cairo, Chiaramello, Calosso, Di Gloria, Vigorelli e Taddia hanno presentato il seguente emendamento, già svolto, in sede di discussione generale dall'onorevole Calosso:

«Sostituirlo col seguente:

«La difesa della Patria è dovere di tutti i cittadini.

«Il servizio militare non è obbligatorio.

«La Repubblica, nell'ambito delle convenzioni internazionali, attuerà la neutralità perpetua».

Segue l'emendamento dell'onorevole Bosco-Lucarelli:

«Sostituirlo col seguente:

«La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.

«Il servizio militare è obbligatorio in conformità delle leggi».

Poiché l'onorevole Bosco-Lucarelli non è presente, si intende che abbia rinunziato a svolgerlo.

Segue l'emendamento dell'onorevole Caroleo:

«Al primo comma, aggiungere: e gli atti di valore danno diritto a particolare riconoscimento della Repubblica».

L'onorevole Caroleo ha facoltà di svolgerlo.

Caroleo. Onorevoli colleghi, durante il ventennio fascista molti italiani si macchiarono di disonore e profittarono, ai danni della Patria; ma molti altri andarono a servire l'Italia senza sapere di servire la tirannide ed immolarono la loro vita per l'onore della Nazione. Avvenne però che durante un doloroso periodo, che tutti abbiamo intensamente vissuto e per il quale io non intendo fare in quest'Aula niente di più che un'amara constatazione, avvenne, dico, che anche per gli eroi della Patria ebbe a verificarsi una specie di epurazione, ed accadde, in un certo momento, che dal centro si diramassero circolari, norme ed istruzioni perché alcune scritte e alcuni segni, che ricordavano dei nomi scolpiti nei cuori dei conterranei e di tutti gli italiani, venissero rimossi dalle sedi di Municipi e di edifici pubblici in genere. Qualcuna di queste circolari dovette essere eseguita, qualche altra, per merito di sindaci pervasi da patriottismo, fu anche cestinata. Ora, voi sapete che i profittatori, i veri profittatori del fascismo sono stati amnistiati, ma per questi eroi della Patria, per i quali si è celebrato un ingiusto silenzioso processo, è venuto, io penso, il momento che si restituisca loro il diritto alla riconoscenza ed all'onore della Repubblica italiana.

Ed è perciò che io vi propongo questo emendamento aggiuntivo all'articolo 49. In questa Carta costituzionale ad ogni dovere del cittadino abbiamo avuto la cura e la premura di far corrispondere un diritto. Mai come questa volta io credo che accanto al dovere sacro di difendere la Patria si imponga anche l'approvazione del diritto, per chi l'ha difesa con sacrificio della propria vita, al particolare riconoscimento dello Stato. (Applausi).

Presidente Terracini. Il seguente emendamento dell'onorevole Bencivenga è stato già svolto:

«Dopo il primo comma, inserire il seguente:

«La Repubblica onora il sacrificio ed il valore e, mediante adeguati istituti giuridicamente ordinati, provvede alle minorazioni subite nella persona, nella famiglia, nei beni».

Segue l'emendamento dell'onorevole Giua, De Michelis, Mariani:

«Sostituire il secondo e terzo comma col seguente:

«La Repubblica provvede all'ordinamento dell'esercito in vista della difesa nazionale, senza violare le disposizioni dell'articolo 6 della Costituzione».

L'onorevole Giua ha facoltà di svolgerlo.

Giua. In relazione all'articolo 49, per quanto riguarda il secondo e terzo comma, devo fare alcune considerazioni sui motivi che mi hanno indotto a sostituirli con l'emendamento ora letto. Io ho sentito nella discussione generale i tecnici competenti in questioni militari fare delle osservazioni sull'articolo 49 e mi sono accorto che il problema è stato impostato riportandosi all'esercito quale esisteva prima della sconfitta, e volendo ricondurre la posizione dell'esercito alle condizioni di una Nazione che si trovi nella possibilità di riorganizzarlo non solo dal punto di vista numerico, ma anche dal punto di vista tecnico. Se io, come socialista, venissi qui a fare delle dichiarazioni generiche sulle nostre aspirazioni dal punto di vista del pacifismo, mi metterei fuori della storia; quindi queste affermazioni non hanno senso e sono state superate oramai da tutto il movimento socialista internazionale. Ma, se esamino il problema della organizzazione militare in Italia dopo la sconfitta, debbo giungere a queste conclusioni: che anche nell'interesse delle forze evolutive della Nazione non socialiste e non operaie, è necessario prendere in esame la possibilità di riorganizzare l'esercito in relazione con la disponibilità di materie prime che il Paese ha.

Ora lo sviluppo della guerra moderna ci ha dimostrato che le guerre le possono fare soltanto quei paesi che hanno determinate materie prime, che non sono solamente quelle fondamentali, come il carbone ed il petrolio, ma sono anche quelle inerenti a varie industrie che si sviluppano utilizzando queste ed altre materie prime. Le condizioni dell'Italia sono queste: noi manchiamo di petrolio e di carbone fossile e anche di quelle industrie che possono permetterci di armare un esercito in senso moderno. Se prendiamo in esame lo sviluppo più recente della tecnica militare, l'impiego vale a dire dell'energia atomica, anche da questo lato noi ci troviamo in condizioni deficitarie; vale a dire che il nostro Paese, anche se la futura guerra prendesse uno sviluppo in relazione con l'impiego dell'energia atomica, non potrebbe impiegare questa energia. Ed allora il problema tecnico militare, non dal punto di vista socialista, ma dal punto di vista dell'interesse di tutte le classi produttrici è questo: che l'Italia non potrà mai fare una guerra moderna; che l'Italia potrà avere un esercito, è vero, ma che per armare questo esercito si deve approvvigionare dall'estero.

Una disamina di tutte le materie prime che servono alla guerra moderna e delle industrie che si sviluppano in relazione all'impiego di queste materie prime, mi porterebbe lontano, ed io non farei che far perdere del tempo a questa Assemblea; ma chiunque esamini questo problema e si ponga il quesito delle ragioni della vittoria da parte dei paesi vincitori nell'ultima guerra mondiale, deve giungere a questa conclusione: che la guerra l'hanno vinta non quelle Nazioni che disponevano di uomini, ma quelle che disponevano di materie prime. Vale a dire che, per vincere una guerra, è necessario avere a disposizione soprattutto le materie prime.

Il problema quale è stato impostato non dico dal fascismo, ma da tutto l'ordinamento militare, è un problema che non poteva condurci ad altro che alla disfatta, appunto perché l'Italia si trovava nella impossibilità di condurre una guerra lunga. Forse, come la Germania, poteva trovarsi nella condizione di vincere un «Blitzkrieg», ma non poteva, né potrà in avvenire, essere in condizioni di vincere guerre di lunga durata.

In questa condizione si impone quindi che gli uomini politici che hanno senso di responsabilità esaminino questo problema e lo adeguino in funzione della sola difesa nazionale.

Noi non diciamo di giungere al disarmo, non ci poniamo dal punto di vista tolstoiano della non resistenza al male. I socialisti hanno da tempo impostato il problema diversamente. Se ci trovassimo in Italia nella identica situazione in cui si trova l'Unione Sovietica, avendo a disposizione materie prime, potrebbe anche darsi che la soluzione del problema militare, in una Italia socialista, non sarebbe molto diverso da quella sovietica. Ma, invece, ci troviamo in una situazione deficitaria di materie prime e non è possibile pensare ad armare il nostro esercito.

In queste condizioni, è necessario che l'esercito futuro non solo sia organizzato in senso democratico, ma che sia organizzato esclusivamente nel senso della utilizzazione delle materie prime di cui disponiamo.

Quindi noi giungiamo a questa conclusione: che l'Italia, perché possa difendere i confini nazionali, deve volgersi verso il tipo di Nazione armata, precisato dal progetto già presentato dal gruppo parlamentare socialista nei primi decenni di questo secolo: progetto di Nazione armata che ha trovato una attuazione anche presso una piccola Nazione, nella Svizzera. Se noi esaminiamo le cause che hanno impedito le aggressioni alla Svizzera nel corso delle due guerre mondiali, dobbiamo trovare la ragione proprio nel fatto che la Svizzera aveva organizzato la Nazione armata, non nel senso — come si diceva — che la Svizzera non sarebbe stata invasa perché era una piccola Nazione: la Svizzera non è stata invasa perché la Germania aveva interesse a non invadere la Svizzera, in quanto si sarebbe trovata di fronte non un esercito ordinario, ma tutto il popolo armato.

Ecco perché il mio emendamento, riportandosi allo spirito dell'articolo 6 della Carta costituzionale, che noi non dobbiamo dimenticare nella sua vasta portata e che dice: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, e consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento internazionale, che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni», intende ricondurre il problema esclusivamente alla difesa nazionale.

Io, nel presentare questo emendamento — ripeto — mi sono posto nella condizione non di uomo di parte, ma di un italiano il quale prevedendo quale sarà l'avvenire dell'Italia, qualora si organizzi un esercito di tipo vecchio, è convinto che una tale soluzione, che non ha una base nella situazione industriale del Paese, non può che condurre a nuove sciagure.

Presidente Terracini. Segue un emendamento dell'onorevole Di Giovanni, già svolto:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«La prestazione del servizio militare è obbligatoria per i cittadini di sesso maschile: i termini e le modalità sono stabiliti dalla legge sul reclutamento.

«L'adempimento del servizio militare non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l'esercizio dei diritti politici».

Segue un emendamento dell'onorevole Selvaggi:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Il servizio militare è un dovere. La legge determina le modalità del suo adempimento; il quale non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l'esercizio dei diritti politici».

L'onorevole Selvaggi ha dichiarato di rinunciarvi, aderendo al seguente emendamento, presentato dagli onorevoli Laconi, Targetti, Gasparotto, Merlin Umberto, Ambrosini, Stampacchia, Vigna, Ravagnan e Gervasi:

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino né l'esercizio dei diritti politici.»

L'onorevole Laconi ha facoltà di svolgere l'emendamento.

Laconi. L'emendamento che porta, per primo, il mio nome risulta da un accordo intervenuto fra i rappresentanti di diverse correnti politiche e vuol venire incontro alla preoccupazione sollevata da qualche parte che il dire semplicemente che il servizio militare è obbligatorio non significhi da un lato escludere certe forme di volontariato e, dall'altro, escludere qualsiasi eccezione al servizio militare stesso.

Dato invece che non era evidentemente questa l'intenzione di coloro che hanno redatto il testo del comma noi abbiamo pensato di proporre la seguente aggiunta: «... nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge».

Anche nei confronti di questa nostra formulazione però è stata sollevata qualche eccezione da parte di alcuni colleghi. L'onorevole Chatrian, l'altra sera, ha osservato che una dizione siffatta farebbe anch'essa escludere il volontariato.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ma ora l'onorevole Chatrian ha aderito.

Laconi. Tanto meglio. Allora non ho altro da dire; le ragioni del mio emendamento sono unicamente quelle che ho esposto.

Presidente Terracini. Segue un emendamento dell'onorevole Azzi, già svolto:

«Sostituire il primo periodo del secondo comma col seguente: La prestazione del servizio militare è regolata dalla legge».

Gli onorevoli Gasparotto, Chatrian, Moranino, Stampacchia, Brusasca, hanno presentato il seguente emendamento già svolto:

«Al secondo comma, sostituire alle parole: Il servizio militare è obbligatorio, le seguenti: La prestazione del servizio militare è obbligatoria: le modalità sono stabilite dalla legge».

Seguono due emendamenti a firma dell'onorevole Coppa:

«Al secondo comma, aggiungere alla parola: obbligatorio, le seguenti: per i cittadini di sesso maschile».

«Sopprimere il terzo comma».

L'onorevole Coppa ha facoltà di svolgerli.

Coppa. Il mio primo emendamento potrebbe inserirsi in quello testé svolto dall'onorevole Laconi, che andrebbe quindi così formulato: «Il servizio militare è obbligatorio per i cittadini di sesso maschile, nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge».

L'altro giorno, l'onorevole Bencivenga, riferendosi al mio emendamento, ha mostrato di preoccuparsene e ha detto che forse tale mio emendamento è dettato da un senso di cavalleria, ma che non è però conveniente ipotecare l'avvenire, in vista di una vera e propria mobilitazione civile parallela a quella militare, da cui non si dovrebbe escludere il sesso femminile.

Se non che il mio emendamento è dettato anzitutto da considerazioni di ordine biologico o meglio fisiologico: la donna non deve essere distolta dai compiti che madre natura ha affidato ad essa. Ritengo per conseguenza necessaria la mia precisazione: in effetti quando si parla di cittadino, questa parola è usata in senso equivoco — dico «equivoco» nell'accezione etimologica del termine — perché in tutti gli altri articoli la parola «cittadino» è usata indifferentemente per indicare gli uomini e le donne, come, per esempio, ove è detto: «Ogni cittadino ha il diritto di rivolgere petizioni al Parlamento», ecc.

Quindi, quando si parla del cittadino che ha il sacro dovere di difendere la Patria, è logico che si comprendano anche le donne. Ma quando si parla di servizio militare obbligatorio, credo sia doveroso precisare, e l'Assemblea deve dire se vuole includere o no le donne nella obbligatorietà del servizio militare. Mi si può obiettare che all'ultima guerra la donna ha partecipato egregiamente — e questo è esatto — attraverso i servizi ausiliari. Ma allora è tutt'un'altra cosa; non solo, ma tenendo presenti precisamente le capacità della donna, noi potremmo auspicare una preparazione delle donne ai compiti che in tempo di guerra possono essere loro specificatamente affidati. Del resto, noi già abbiamo la caratteristica organizzazione della Croce Rossa che, avendo un carattere anche professionale in tempo di pace, è certamente preziosissima in tempo di guerra.

Dovrei ora svolgere l'altro mio emendamento, circa la soppressione del terzo comma di questo articolo 49, ma siccome lo condivide l'onorevole Colitto, io cedo a lui la parola per dar ragione di questo emendamento soppressivo.

Presidente Terracini. L'onorevole Perugi ha presentato il seguente emendamento:

«Al secondo comma, dopo la parola: obbligatorio, aggiungere: con i temperamenti stabiliti dalla legge».

Ha facoltà di svolgerlo.

Perugi. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, altri colleghi, in fase di discussione generale del Titolo IV del progetto di Costituzione, hanno sommariamente esaminato il contenuto dell'articolo 49, sostenendo o meno l'obbligatorietà del servizio militare. Nessuna ripetizione, da parte mia, di concetti già esposti; ma solo esposizione schematica dei motivi, soprattutto di carattere tecnico, che impongono di mantenere il servizio militare obbligatorio. Non entro quindi nell'esame politico della questione, poiché le esigenze della difesa della Patria sovrastano sempre ogni considerazione di carattere politico.

L'obbligatorietà del servizio militare è la naturale conseguenza della premessa contenuta nell'articolo 49 che stabilisce essere la difesa della Patria sacro dovere del cittadino; dovere comune a tutti quando il pericolo si presenta minaccioso.

Per quanto l'organizzazione democratica dell'Italia repubblicana escluda ogni tendenza di guerra offensiva, tuttavia la difesa del suolo patrio non può basarsi sul volontariato per le seguenti ragioni: il tecnicismo della guerra moderna impone l'impiego di mezzi numerosi e complessi, la conoscenza dei quali, che implica tempo ed esercizio, deve essere estesa alla quasi totalità dei cittadini.

In seguito alle limitazioni imposteci dal Trattato di pace, le nostre frontiere terrestri e marittime non possono essere fortificate. La posizione geografica della penisola con le sue due isole maggiori, a cavallo del bacino del Mediterraneo, costituisce un importante obiettivo per un invasore che, volendo dominare quel mare, tenda a crearvi basi aeree e marittime. Lo sviluppo di circa 8.000 chilometri di coste impone, per difenderle, larga disponibilità di uomini e di mezzi. Il volontariato limita nel tempo la preparazione degli uomini, così che quando fossimo chiamati a difendere l'integrità del territorio disporremmo di personale privo di addestramento e senza possibilità di tempo e di mezzi per fronteggiare le esigenze contingenti; il reclutamento dei volontari riuscirebbe assai più costoso di quello di un numero di forze uguali, basate sul servizio obbligatorio, col danno, già accennato, di non poter disporre di riserve istruite in quantità adeguate alle esigenze della guerra. A prescindere dagli inconvenienti d'ordine tecnico, è da tener presente che, cambiato sistema di reclutamento, riuscirebbe assai difficile, per ovvie ragioni, tornare al sistema attuale, se il volontariato si fosse dimostrato difettoso.

E poiché la Carta costituzionale fissa i principî generali ai quali il legislatore dovrà informare la propria azione, ritengo necessario di mantenere l'obbligatorietà del servizio militare, salvo a temperare tale dovere con provvedimenti che si riterrà di attuare di volta in volta negli interessi dei cittadini e della difesa del territorio italiano.

Avendo trattato l'emendamento al secondo capoverso dell'articolo 49, prego l'onorevole Presidente di autorizzarmi a specificare le ragioni per le quali ho anche proposto di aggiungere, dopo il terzo, il seguente comma:

«Le spese per le Forze armate saranno improntate a concetti di rigida economia e messe in relazione alla politica militare che intenderà svolgere la Repubblica».

Presidente Terracini. Ella ha facoltà di svolgere anche questo emendamento.

Perugi. Sono stato indotto a questa proposta dall'emendamento di altri colleghi col quale si stabilisce, in linea di massima, che le spese per le Forze armate non debbano superare quelle per la pubblica istruzione.

A titolo informativo pei colleghi segnalo che le spese per le Forze armate ammontano:

per l'esercizio in corso a 166 miliardi, dei quali 74 spesi per ragioni estranee alle Forze armate;

per l'esercizio prossimo si sale a 183 miliardi, di cui 66 miliardi e 30 milioni per esigenze estranee alle Forze armate.

Volendo distinguere, le spese per l'esercito sono per l'esercizio in corso 107 miliardi, per l'esercizio prossimo 115 miliardi; per la marina, per l'esercizio in corso, 37 miliardi e per l'esercizio prossimo 39 miliardi e 200 milioni; per l'aeronautica 22 miliardi e 55 milioni per l'esercizio in corso, 28 miliardi e 800 milioni per l'esercizio prossimo.

Nel prossimo esercizio il 40 per cento circa delle spese del bilancio dell'esercito grava per esigenze che non interessano la vita e l'efficienza dell'esercito stesso. Le spese maggiori si riferiscono ai carabinieri per 27 miliardi e 200 milioni; alla bonifica di campi minati per 4 miliardi e 2 milioni; a spese residuali di guerra per 2 miliardi e 4 milioni; ad assegni al personale civile esuberante non di ruolo e salariato per un miliardo e tre milioni.

Non ritengo che per l'avvenire possano stabilirsi dei limiti fissi al bilancio delle Forze armate; ma basterà solo enunciare il principio di contenere le spese dei Ministeri militari in un ambito assai ristretto senza riferirsi a bilanci di altri Ministeri, le esigenze dei quali, quali quelle delle Forze armate, variano in relazione a tante altre esigenze. È la politica estera di uno Stato che orienta e regola la politica militare, che può paragonarsi ad una parabola le cui ordinate sono subordinate ad esigenze imprevedibili.

Se vogliamo avere Forze armate che garantiscano il nostro territorio occorre dare ad esse, pur nel modesto quantitativo, quella efficienza che assicuri la nostra difesa; in caso contrario spenderemo denaro, non sarà garantita la nostra sicurezza e, purtroppo, i sacrifici imposti, per il loro carattere di insufficienza perché limitati dalla inflessibilità della Costituzione, potranno risultare inutili.

Rispondendo poi a quello che ha detto l'onorevole Giua, del quale condivido pienamente le idee, mi permetto solo di osservare che egli forse ha considerato la guerra difensiva da un punto di vista unilaterale, cioè che sia soltanto l'Italia che debba condurla. In questo caso siamo d'accordo: non possiamo immaginare che l'Italia, in tanta povertà di mezzi e di materie prime, possa provvedere alla difesa del territorio. (Approvazioni).

Presidente Terracini. I seguenti emendamenti sono stati già svolti:

«Sostituire il secondo periodo dello stesso comma col seguente:

«L'adempimento del servizio militare obbligatorio non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l'esercizio dei diritti politici.

«Azzi».

«Aggiungere al secondo comma, le parole:

«Sono esenti dal portare le armi coloro i quali vi obiettino ragioni filosofiche e religiose di coscienza.

«Caporali».

L'onorevole Colitto ha proposto, come l'onorevole Coppa, la soppressione del terzo comma. Egli ha facoltà di svolgere questo emendamento.

Colitto. Mi permetto di insistere sulla proposta di soppressione del terzo comma dell'articolo 49, così redatto: «L'ordinamento dell'esercito si informa allo spirito democratico della Repubblica italiana».

Insisto per la soppressione specialmente dopo aver ieri sentito gli argomenti che, conforto indiretto del mio emendamento, sono stati prospettati da altri colleghi dell'Assemblea: l'onorevole Sullo, l'onorevole Azzi e l'onorevole Nobile.

Insisto perché, per la verità, nonostante ogni sforzo da me compiuto, non sono riuscito a comprendere il significato della frase innanzi ricordata, che dovrebbe costituire nientemeno che una norma costituzionale. L'ordinamento dell'esercito è quello che è. E parlare di spirito democratico a proposito dell'ordinamento dell'esercito significa dire una cosa, me lo si consenta, vuota di senso, così come vuota di senso apparirebbe questa frase, se la si ripetesse a proposito dell'ordinamento della Magistratura, dei Ministeri, della polizia, ecc.

Che cosa significherebbe dire che l'ordinamento della Magistratura si informa allo spirito democratico della Repubblica italiana? E così che cosa significherebbe dire che l'ordinamento dei Ministeri o della polizia si informa allo spirito democratico della Repubblica italiana?

Ho fatto delle ricerche e ho chiesto eventuali chiarimenti alla relazione dell'onorevole Ruini, che pure è un documento così pregevole per chiarezza, per precisione stilistica e giuridica, di forma e di sostanza. Ma nella relazione dell'onorevole Ruini non ho trovato nulla. Sono andato alla ricerca di chiarimenti nei lavori preparatori della prima Sottocommissione. Ma, per verità, anche lì la mia fatica non è stata coronata da successo.

Ho trovato soltanto, a pagina 397, queste parole, che non vorrei dire di colore piuttosto oscuro, dell'onorevole Moro.

«La norma» egli disse «ha lo scopo di garantire che lo spirito democratico del Paese entri nell'esercito compatibilmente con la struttura dell'esercito stesso». Non lo vorrei offendere, se gli confesso che fra me e me ho detto: Obscurum per obscurius. Che non si voglia introdurre nell'esercito lo spirito politico del Paese? Mai più! Se questo fosse, si dovrebbe a maggior ragione sopprimere questo capoverso. Perché, lo sappiamo tutti, l'esercito è fatto per difendere la Patria; e la Patria si difende sotto qualsiasi regime e con qualsiasi orientamento politico.

L'onorevole Merlin ieri mi ha tranquillizzato, quando con la sua suadente parola ha detto: «Mai abbiamo avuto di mira di introdurre lo spirito politico nell'esercito». Mi attendevo però da lui una chiarificazione della frase, che dovrebbe divenire una norma costituzionale. Egli si è, invece, limitato a dire così: «È bene che l'esercito si informi allo stato di diritto, non di fatto, del Paese». La spiegazione evidentemente non ha quei pregi di chiarezza, che hanno tutte le spiegazioni dell'onorevole Relatore.

Mi si consenta di dire un'altra cosa. Mi è parso che l'onorevole Merlin sia caduto in una piccola contraddizione, perché, a proposito della obbligatorietà della coscrizione, egli ha pronunziato una frase, che giova molto alla tesi che sostengo. Ricordando, mi pare, un autore francese, egli ha detto: «La coscrizione obbligatoria è segno di democrazia». Ed allora io dico: se nel capoverso sta scritto che la coscrizione è obbligatoria, basta affermare questo per dire che l'esercito è democratico. Basta affermare la obbligatorietà della coscrizione, perché senz'altro possa dirsi anche affermato il principio della democraticità dell'esercito. È perciò che io insisto nel mio emendamento soppressivo. (Applausi a destra).

Presidente Terracini. Anche gli onorevoli Rodi e Sullo hanno proposto la soppressione del terzo comma e hanno svolto l'emendamento.

L'onorevole Selvaggi ha presentato la stessa proposta. Non essendo presente, si intende che abbia rinunziato a svolgerla.

I seguenti emendamenti sono stati già svolti:

«Al terzo comma, sostituire alle parole: dell'esercito, le parole: delle Forze armate.

«Azzi».

«Al terzo comma, sostituire alle parole: dell'esercito, le seguenti: delle Forze armate.

«Gasparotto, Chatrian, Moranino, Stampacchia, Brusasca».

«Al terzo comma, alle parole: dell'esercito, sostituire le altre: delle Forze armate.

«Di Giovanni».

Gli onorevoli Calosso, De Mercurio, Bianchi Bianca, Matteotti Matteo, Zagari, Bocconi, Zappelli, Canepa, Longhena, Pera, Zuccarini, Vischioni, Persico, Montemartini, Chiaramello, Azzi, Binni, Nasi, Bernini, Paolucci, Veroni, D'Aragona, Mastino Pietro, Valiani, Conti, Camangi, Bellusci, Gullo Rocco, Pertini e Lami Starnuti hanno presentato il seguente emendamento, già svolto:

«Aggiungere, in fine, il seguente comma:

«Nel bilancio dello Stato, le spese per le Forze armate non potranno superare le spese per la pubblica istruzione, salva legge del Parlamento di durata non superiore a un anno».

L'onorevole Giacchero ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere, dopo il terzo, il seguente comma:

«I cittadini ufficiali e sottufficiali dell'esercito in servizio permanente non possono essere iscritti a partiti politici né svolgere attività politica».

Ha facoltà di svolgerlo.

Giacchero. Può forse sembrare a qualcuno che il comma aggiuntivo all'articolo 49, da me proposto, sia da collocare piuttosto in un regolamento di disciplina che non nella Costituzione.

Ma così non è ed io cercherò di esporre le ragioni brevemente e, comunque, entro i limiti consentitimi.

È vero che nel vecchio regolamento di disciplina dell'esercito, approvato con decreto del luglio 1907, vi era un articolo che aveva lo stesso sapore di questo mio comma aggiuntivo, ma è anche vero che la semplice modificazione operata dal fascismo con decreto del giugno 1929 permise quello sgretolamento morale dell'esercito, che si iniziò con le circolari del 1933 ai generali e colonnelli per l'iscrizione al partito fascista e finì con l'infausto 8 settembre 1943.

Ora poiché la Costituzione deve essere garanzia non soltanto dei diritti e dei doveri dei cittadini, ma anche della saldezza degli istituti che formano la difesa dello Stato, sia verso forze antidemocratiche interne che verso aggressori dell'esterno, noi dobbiamo affermare nella Costituzione un principio che garantisca quella saldezza e faccia dell'esercito una pura e semplice arma, che noi non vogliamo certo adoperare per offesa e che fervidamente ci auguriamo di non dover neppure adoperare per difesa.

Poiché questo soltanto deve essere l'esercito: un'arma sicura di difesa nelle mani dei poteri legalmente e democraticamente costituiti.

Come una qualsiasi arma nelle mani di un agente di pubblica sicurezza o di un carabiniere è una difesa della legalità e della democrazia, mentre la stessa arma nelle mani di un bandito o di un violento può diventare una offesa alla legalità ed alla democrazia, così l'esercito sarà un'arma democratica non per il fatto che nei cortili delle caserme si discutono in più o meno rumorosi comizi gli ordini del colonnello o la gestione dello spaccio truppa, né per il fatto che il militare si senta autorizzato a trattare confidenzialmente un superiore, ma, in tanto l'esercito sarà democratico, in quanto sarà amministrato e impiegato da chi è legalmente e democraticamente autorizzato a farlo, nei modi e per i fini, che i principî e i diritti democratici impongono.

Per ottenere questo, ossia per ottenere che questa sia una semplice arma, che non spari magari inavvertitamente o improvvisamente, è necessario che coloro i quali formano i quadri permanenti dell'esercito non siano parte evidente ed attiva di partiti. E questo per parecchi ordini di ragioni:

1°) perché la missione di coloro i quali abbracciano la carriera militare è quella di servire il Paese al disopra e al di fuori di interessi, sia pure nobilissimi, di partito;

2°) perché l'impostazione attuale dei partiti, in particolare di quelli di massa, è basata su una disciplina e su una gerarchia, che, a volte, potrebbe non essere nello stesso senso di quella corrispondente ai posti occupati nell'esercito, e se non si provvedesse, si creerebbero interferenze e situazioni che, nella migliore ipotesi, si possono definire incresciose;

3°) perché si deve evitare che favoritismi, a mezzo di influenze politiche, possano turbare la necessaria tranquillità di coloro che attendono all'alta missione di formare la forza militare della Nazione, ed originare malcontento e corruzione;

4°) perché (scusate se faccio un'ipotesi estrema, ma per difendersi dai pericoli bisogna avere quel minimo di fantasia necessaria per immaginarli prima che essi si presentino), perché infine noi abbiamo votato un articolo 13, dove è detto che sono vietate le associazioni che perseguono scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.

Ora, voi immaginate per un momento un reggimento o altra unità militare dove gli ufficiali, e sottufficiali, dal comandante all'ultimo sergente, vengano abilmente inquadrati nella organizzazione di un partito particolarmente attivo, ed eccovi fatta l'organizzazione non soltanto di carattere, ma di autentica struttura militare la quale potrebbe essere a disposizione di quel partito per i suoi scopi.

Caso estremo! D'accordo. Però io penso che non sia eccessiva prudenza, ma semplicemente buona norma riconfermare ciò che i nostri vecchi avevano con saggezza stabilito. I militari di carriera non si occupino di politica. Diventeranno sufficientemente democratici se la Nazione lo sarà, non solo a parole, ma nel modo di comportarsi e di vivere socialmente dei singoli cittadini.

La democrazia deve venire dal popolo, deve essere negli uomini che compongono gli organismi sociali ed in coloro, legislatori o ministri o comandanti, che ordineranno il nuovo esercito e che ne determineranno l'azione. Ma ora noi dobbiamo creare la premessa per cui l'Esercito, tornando alle sue gloriose tradizioni prefasciste, diventi soltanto l'Esercito italiano, ossia l'arma che non serve altra bandiera che il nostro tricolore, l'arma che non può trovare più nobile compito e più sacro ideale se non quello di tutelare la libertà dei cittadini, il rispetto delle istituzioni e l'onore della Patria! (Applausi).

Presidente Terracini. Gli onorevoli Nobile, Bitossi, Chatrian, Togliatti, De Filpo, Laconi, Ravagnan, Massola, Musolino, Di Vittorio e Colombi hanno presentato il seguente emendamento aggiuntivo: «Gli ufficiali e sottufficiali delle Forze armate in servizio attivo permanente, che per mutilazioni riportate in difesa della Patria siano fisicamente menomati, continueranno ad essere mantenuti in servizio, in speciali ruoli di onore, che verranno regolati dalla legge».

L'onorevole Nobile ha facoltà di svolgerlo.

Nobile. Il mio emendamento si ricollega ad una proposta che presentai alla Commissione dei settantacinque, la quale, accogliendone il concetto informatore, risolse all'unanimità di farne oggetto di raccomandazione al Governo. Successivamente, parlando in sede di dichiarazioni del Governo, richiamai sull'argomento l'attenzione di quest'Assemblea; ed in quella occasione presentai un ordine del giorno, firmato da molti altri colleghi, che presso a poco diceva le medesime cose che ora sono ripetute in questo emendamento.

Non occorre, perciò, che mi dilunghi a dar ragione dell'aggiunta che propongo di fare all'articolo 49. Il dovere dello Stato di non abbandonare a se stessi gli ufficiali e sottufficiali in S.P.E. che, per mutilazioni riportate in guerra, siano dichiarati non idonei al servizio attivo, è evidente. È verissimo, d'altra parte, che su questa materia vi sono già ampie provvidenze governative, ma mi riferisco in modo particolare ai più giovani ufficiali e sottufficiali che, se riconosciuti invalidi per ferite riportate in guerra, vengono inviati a casa con la sola pensione privilegiata di guerra che è assolutamente inadeguata ai bisogni più elementari dell'esistenza. Come già informai l'Assemblea per un capitano, ad esempio, invalido per l'ottanta per cento, essa è di appena 4.584 lire mensili. Ciò vuol dire che praticamente quei giovani ufficiali, dopo aver fatto il loro dovere in guerra e riportato a causa di essa delle gravi menomazioni fisiche, vengono messi sul lastrico, perché non sempre riescono a trovare nella vita civile una occupazione adeguata.

È un dovere sacrosanto da parte dello Stato provvedere a questa speciale categoria di mutilati. Di qui l'emendamento aggiuntivo da noi proposto.

A tale emendamento si possono fare due obiezioni. La prima — quella, forse, che tra breve ci sarà ripetuta dal Presidente della Commissione — è che non si tratta di materia strettamente costituzionale. Si può consentire in questo; ma faccio osservare che nella nostra Costituzione vi sono già tante altre disposizioni non rigorosamente costituzionali! Del resto, quello che vorrei vedere affermato è soltanto il principio, rinviando l'applicazione di esso alla legge, la quale stabilirà in che modo e con quali limitazioni gli ufficiali e sottufficiali invalidi di guerra, in servizio permanente effettivo, possano continuare a essere mantenuti in servizio in speciali ruoli d'onore. Questi ruoli, per altro, non sono una novità, perché la Marina italiana già li aveva dopo la prima guerra mondiale. Oggi non esistono più. Bisogna riconoscere che il regime passato aveva provveduto largamente nei riguardi dei mutilati ed invalidi di guerra, ed io penso che la Repubblica non possa e non debba essere meno generosa di quello che fu il Governo fascista.

Paris. Si trattava di imperialismo!

Nobile. Non c'entra l'imperialismo qui. Si tratta di ufficiali e sottufficiali che non possono esser messi sul lastrico dopo che hanno servito il loro Paese. È questione di coscienza.

Non si possono abbandonare a se stessi in questo modo dei giovani ufficiali e sottufficiali nel fiore degli anni. Ne conosco molti in questa condizione. Un tenente di vascello, che fu gravemente ferito alla testa, in guerra, va ora in giro con una parte del cranio scoperta; né la cicatrice può venir protetta con una placca di argento, perché l'applicazione di questa richiederebbe un'operazione estremamente rischiosa. A questo ufficiale è stata riconosciuta un'invalidità dell'ottanta per cento; ma la marina, fino ad ora, generosamente finge di ignorarla. Il giorno in cui non potrà più farlo, essa sarà costretta a mandare a casa quel giovine ufficiale senz'altra pensione che quella d'invalido di guerra ammontante, come vi dicevo poc'anzi, a 4.584 lire mensili.

L'altra obiezione che si potrebbe muovere al mio emendamento è che i ruoli di onore, di cui parlo, inciderebbero sugli organici di ufficiali e sottufficiali consentitici dal trattato di pace.

Fabriani. E perché occuparsi solo di quelle categorie, e non di tutte?

Nobile. Vi è in proposito un emendamento Bencivenga che io accetto e voterò. Ma, tornando al mio emendamento, faccio osservare che il trattato di pace non parla di ruoli, ma di effettivi. Quindi nessuna difficoltà può esservi, da questo lato, a stabilire dei ruoli speciali per ufficiali e sottufficiali in S.P.E. invalidi di guerra, a lato degli organici ordinati. Mi pare, dunque, che la sola obiezione che si potrebbe ragionevolmente muovere al mio emendamento aggiuntivo cada e perciò, onorevoli colleghi, raccomando caldamente di accettarlo, tanto più che esso ha già riportato il consenso di numerosi colleghi, di ogni settore dell'Assemblea.

Presidente Terracini. Chiedo all'onorevole Relatore di esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti.

Merlin Umberto, Relatore. Risponderò brevemente nella speranza di contribuire ad una rapida conclusione della discussione. Comincio dal penultimo emendamento proposto dall'onorevole Giacchero. Dato l'argomento che tratta il collega, io penso che si possa svolgere questo emendamento assieme a quello dell'onorevole Clerici e rinviarlo a domani, in modo che siano trattati tutti e due assieme. Dichiaro poi che la Commissione, dei numerosi emendamenti presentati, accetta soltanto quello proposto degli onorevoli Laconi, Targetti, Gasparotto, Ambrosini ed altri, ed accetta anche quello proposto dall'onorevole Azzi e dall'onorevole Gasparotto, con cui si propone di sostituire alle parole: «dell'esercito» le parole: «delle Forze armate». Gli altri emendamenti non possiamo accettarli: quello proposto dall'onorevole Cairo non può essere accettato per le ragioni che ho detto, perché esso si oppone al servizio obbligatorio, mentre la Commissione pensa che il principio della obbligatorietà del servizio militare vada confermato.

L'onorevole Bosco Lucarelli che ha presentato un altro emendamento non c'è, quindi è inutile parlarne. Per gli emendamenti dell'onorevole Caroleo, e dell'onorevole Bencivenga, e per l'ultimo svolto ora dall'onorevole Nobile, io vorrei fare ai colleghi questa proposta: gli argomenti toccati sono di tale importanza, e soprattutto sono sentiti in modo così unanime dall'Assemblea — ne sono sicuro — che pregherei di convertirli in un ordine del giorno che, io sono certo, potrebbe essere approvato all'unanimità dell'Assemblea; ma non credo sia opportuno includere tali proposte nella Costituzione. Innanzitutto, perché mi pare che sia superfluo, e poi perché in realtà la Repubblica fa tutto quello che può per queste povere vittime della guerra, e la Repubblica non ha fatto mai e non fa eccezioni per i suoi figli che abbiano servito sotto un regime o sotto un altro: li tratta tutti allo stesso modo e riconosce a tutti il loro sacrificio. Questa mia proposta, di convertire gli emendamenti in un ordine del giorno unico spero sia accettata dai colleghi Nobile, Bencivenga e Caroleo.

L'emendamento proposto dall'onorevole Giua mi pare superfluo, me lo perdoni il collega. Non è possibile, giunti all'articolo 49, dire che vogliamo «organizzare l'esercito in vista della difesa nazionale, senza violare le disposizioni dell'articolo 6 della Costituzione». E questo mi sembra intuitivo, una volta che l'Assemblea ha approvato l'articolo 6 il quale dice: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, e consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento internazionale, che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni». È chiaro che non possiamo metterci in contraddizione con noi stessi; non possiamo dichiarare quanto propone l'onorevole Giua, senza aver l'aria di voler mettere in dubbio la serietà di quanto abbiamo votato. Prego perciò il collega Giua di non insistere nel suo emendamento.

L'emendamento Laconi lo accettiamo, e con questo sono venuto incontro a tutte le proposte degli onorevoli Gasparotto, Chatrian ed altri che hanno firmato ed accettato questo emendamento, ed anche dell'onorevole Azzi che spero sarà soddisfatto dell'emendamento accolto dalla Commissione, che accetta in sostanza anche i suoi principî.

Per quanto riguarda l'emendamento dell'onorevole Coppa non lo possiamo accettare. Ma non lo accettano neanche le donne, perché siccome esse reclamano la parità in tutto, vogliono la parità anche in questo servizio militare. La Commissione ha già detto che vuole accontentarle. Naturalmente, l'ordinamento dell'esercito stabilirà quelli che sono i compiti di assistenza particolare a cui l'animo e la gentilezza femminile sono più adatti.

Per quanto riguarda l'emendamento Perugi, pregherei il collega di ritirarlo, perché mi pare che il suo concetto sia stato già accolto.

Per quanto riguarda l'emendamento dell'onorevole Caporali, dichiaro che non lo possiamo accettare perché in Italia una setta di obiettori di coscienza, come quella che esiste in Inghilterra per coloro che non vogliono portare le armi non esiste, e non vedo perché dobbiamo stabilire il principio che l'onorevole Caporali propone. Rispettabile è lo scrupolo di coscienza e già le nostre leggi ne tengono conto per i sacerdoti, ma non bisogna generalizzarlo o scriverlo nello Statuto per non arrivare a conseguenze assai pericolose.

Per quanto riguarda la soppressione del terzo comma, io pregherei i colleghi Coppa, Colitto, Rodi, Sullo e Selvaggi di ritirare la proposta di soppressione e di rimanere soddisfatti delle ragioni che ho detto ieri con sufficiente chiarezza, e che mi dispiace non abbiano persuaso l'onorevole Colitto, ma che spero possano persuadere l'Assemblea.

Per quanto riguarda l'emendamento dell'onorevole Calosso ho già detto, nelle dichiarazioni di ieri, che non posso accettarlo.

Per quanto riguarda infine l'ultimo emendamento Perugi, mi pare di aver già risposto: è chiaro che questa povera Italia farà la politica che potrà, ma essa, come politica militare, non ha altra politica che quella che è fissata dall'articolo 6 della Costituzione. Quindi pregherei il collega Perugi di ritirare questo suo emendamento.

Presidente Terracini. Dopo i chiarimenti dell'onorevole Merlin, chiedo ai presentatori di emendamenti se li mantengono.

Onorevole Cairo, mantiene il suo emendamento?

Cairo. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Non essendo presente l'onorevole Bosco Lucarelli, il suo emendamento si intende decaduto.

Onorevole Caroleo, mantiene il suo emendamento?

Caroleo. Per semplificare, io aderisco all'emendamento dell'onorevole Bencivenga e ritiro il mio.

Presidente Terracini. Onorevole Bencivenga, mantiene il suo emendamento?

Bencivenga. Dopo i chiarimenti dell'onorevole Merlin, lo trasformo in ordine del giorno.

Presidente Terracini. Onorevole Giua, mantiene il suo emendamento?

Giua. Lo ritiro.

Presidente Terracini. Non essendo presente l'onorevole Di Giovanni, il suo emendamento si intende decaduto.

Onorevole Laconi, mantiene il suo emendamento?

Laconi. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Azzi, mantiene i suoi emendamenti?

Azzi. Mantengo il primo e il secondo; la Commissione ha accettato il terzo.

Presidente Terracini. Onorevole Gasparotto, mantiene l'emendamento?

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Comunico che l'onorevole Gasparotto mi ha dichiarato di ritirare l'emendamento, avendo firmato quello Laconi.

Presidente Terracini. Onorevole Coppa, mantiene l'emendamento?

Coppa. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Perugi, mantiene i suoi emendamenti?

Perugi. Ritiro il primo e mantengo il secondo.

Presidente Terracini. Onorevole Caporali, mantiene l'emendamento?

Caporali. Lo mantengo e protesto contro l'affermazione che ebbe a fare l'onorevole Merlin. Ricordo all'onorevole Merlin che la obiezione da lui fatta riguarda una questione ormai accettata, in quanto i cappellani militari sono esenti dal portare le armi.

Presidente Terracini. L'onorevole Colitto mantiene il suo emendamento?

Colitto. Dichiaro di mantenere l'emendamento.

Presidente Terracini. Non essendo presenti gli onorevoli Rodi, Sullo e Selvaggi, i loro emendamenti si intendono decaduti.

Gli emendamenti degli onorevoli Azzi, Gasparotto e Di Giovanni per la sostituzione delle parole: «delle forze armate» alle altre: «dell'esercito» sono stati accettati dalla Commissione.

Onorevole Calosso, mantiene l'emendamento?

Calosso. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Perugi, mantiene l'emendamento?

Perugi. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Giacchero, mantiene l'emendamento?

Giacchero. Gradirei conoscere l'opinione del Relatore.

Presidente Terracini. Il Relatore ha espresso il parere che l'emendamento possa essere rinviato analogamente a quanto è stato fatto per l'altro, proposto dall'onorevole Clerici.

Giacchero. Sta bene; aderisco.

Presidente Terracini. Onorevole Nobile, mantiene l'emendamento?

Nobile. Aderisco alla richiesta di trasformarlo in un ordine del giorno.

Presidente Terracini. Sarà opportuno, onorevole Nobile, che si metta d'accordo con l'onorevole Bencivenga che deve pure presentare un ordine del giorno.

Passiamo ora alla votazione dell'articolo 49. Il primo comma è così formulato:

«La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino».

Su questo primo comma, il solo emendamento implicito è contenuto nella proposta dell'onorevole Cairo, di sostituire il comma col seguente:

«La difesa della Patria è dovere di tutti i cittadini».

Cairo. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Cairo. Mi pareva che il dovere della difesa della Patria non esigesse la necessità di alcun aggettivo rafforzativo, in quanto la difesa della Patria è sacra di per sé, senza aiuto di rafforzativi, che per me diminuiscono invece il concetto e la sostanza del dovere. Comunque, posso anche rinunciare e rinunzio alla mia formula.

Presidente Terracini. Pongo in votazione il primo comma dell'articolo 49:

«La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino».

(È approvato).

Per la prima parte del secondo comma la Commissione ha dichiarato di aderire alla formulazione proposta dagli onorevoli Laconi, Targetti, Gasparotto, ed altri:

«Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge».

L'onorevole Cairo ha proposto il seguente emendamento sostitutivo: «Il servizio militare non è obbligatorio». Su questo emendamento è stata richiesta la votazione per appello nominale dagli onorevoli Chiaramello, Morini, Calosso, Momigliano, Filippini, Persico, Caporali, Canevari, Longhena, Pera, Carestia, Cairo, Labriola, e Villani. (Commenti).

Corbino. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Corbino. Noi votiamo per la formula del servizio militare obbligatorio, perché riteniamo che in questo momento, date le condizioni generali della finanza e del Paese, non si possa adottare l'organizzazione delle Forze armate su base volontaria.

Gasparotto. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gasparotto. Il problema del volontariato l'ho sollevato per primo io; sono io, quindi, il responsabile maggiore di questo dibattito. Io ho detto però — e l'ho affermato in comunicati stampa e nel mio discorso alla Costituente — che, pur essendo, in principio, favorevole al volontariato, riconoscevo che a questo non si poteva arrivare che gradualmente, perché nel momento attuale non sarebbe applicabile. Perciò ho proposto coi colleghi Sottosegretari al Ministero della difesa e poi con gli onorevoli Laconi e Targetti un emendamento, consacrante il principio dell'obbligo generale dei cittadini di servire la Patria, «nelle forme e con le modalità e i limiti da stabilirsi con leggi speciali».

Con questo intendevo ed intendo non chiudere le porte al volontariato che, gradualmente e fatalmente, dovrà andare in applicazione, in relazione ai nuovi compiti imposti alle milizie, ma nel tempo stesso affermare il dovere dei cittadini alla prestazione militare. Per questi chiari principî, che non contraddicono affatto il voto che ho per primo enunciato, dichiaro di votare contro l'emendamento Cairo, inteso a sopprimere sotto qualsiasi forma l'obbligatorietà del servizio militare.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Devo fare una semplice dichiarazione a conferma di quanto ha detto il collega Merlin. Abbiamo cercato di formulare la dizione proposta la quale, mentre apre la porta ad una adozione sempre più larga del volontariato, non stabilisce il divieto del servizio militare obbligatorio. Perché, onorevoli colleghi, se noi dichiarassimo nella Costituzione che il servizio militare non è obbligatorio, se domani — non voglia il cielo! — una guerra ci costringesse a fare il servizio obbligatorio, non lo potremmo fare perché è scritto nella Costituzione.

La cosa è di una tale gravità che, se i colleghi ci pensano, dovrebbero aderire alla formula adottata che, mentre toglie rigidità al servizio obbligatorio, non va incontro a questo inconveniente che, per me, sarebbe un assurdo. (Applausi).

Colitto. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Colitto. Dichiariamo di votare in favore dell'obbligatorietà del servizio militare. La coscrizione obbligatoria è il miglior mezzo per introdurre nell'esercito, come si vuole dalla Commissione, lo spirito democratico. Facciamo anche nostre le ragioni indicate dall'onorevole Corbino. Voteremo contro la proposta dell'onorevole Cairo.

Cairo. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Cairo. Desidero dire che noi proponenti dell'emendamento — ed io incrollabilmente — siamo fedeli al principio dell'abolizione del servizio militare obbligatorio. Si è ripetuto qui l'antico e vieto sofisma che sta a fondamento ed a giustificazione, errata ed artificiosa di tutte le guerre di aggressione: Si vis pacem para bellum. (Rumori).

Ora, io credo fermamente che il nostro emendamento racchiuda una verità alla quale noi ci accostiamo con molta, con troppa trepidazione: e la verità è che questo mondo è stanco di guerre. (Rumori). Ora, è stato detto da certi settori che questo è fare della cattiva poesia; io affermo invece che questo è fare dell'ottima prosa, che questo è parlare di una realtà storica concreta, poiché soltanto abolendo lo strumento della guerra che è l'esercito noi potremo affermare la nostra sincera volontà di pace. (Applausi a sinistra Commenti Rumori).

Mi si potrebbe tacciare di retorica se, a cagione della retorica della guerra, l'Italia non fosse ancora esulcerata da un complesso di ferite e di sciagure senza nome.

Presidente Terracini. Onorevole Cairo, non svolga un'altra volta il suo emendamento, per favore.

Cairo. Poiché dunque non posso svolgere nuovamente il mio emendamento, questa non sarebbe la sede, io dico a coloro che qui in quest'Aula manifestano lo stesso sentimento pacifista che è nel mio animo, ma poi si dispongono a votare contro il mio emendamento, che noi abbiamo il coraggio delle nostre opinioni. (Rumori Proteste).

Presidente Terracini. Indico la votazione per appello nominale sull'emendamento presentato dall'onorevole Cairo, che è del seguente tenore:

«Il servizio militare non è obbligatorio».

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

Comincerà dall'onorevole Gullo Rocco.

Si faccia la chiama.

Presidenza del vicepresidente Targetti

Schiratti, Segretario, fa la chiama.

Rispondono sì:

Bianchi Bianca, Bocconi.

Cairo, Calamandrei, Calosso, Canepa, Canevari, Caporali, Carboni, Cartia, Chiaramello, Corsi.

Damiani, Di Gloria.

Fietta, Filippini.

Lami Starnuti, Longhena.

Mastino Pietro, Momigliano, Montemartini, Morini.

Paris, Pera, Persico, Piemonte, Pieri Gino.

Rossi Paolo, Ruggiero Carlo.

Segala, Simonini.

Villani.

Zanardi.

Rispondono no:

Abozzi, Adonnino, Alberti, Aldisio, Allegato, Amadei, Ambrosini, Andreotti, Angelini, Angelucci, Arcaini, Arcangeli, Assennato, Azzi.

Bacciconi, Badini Confalonieri, Baldassari, Balduzzi, Baracco, Barbareschi, Bardini, Barontini Anelito, Barontini Ilio, Bassano, Basso, Bastianetto, Bellato, Bellavista, Bellusci, Belotti, Bencivenga, Benedetti, Benvenuti, Bergamini, Bernamonti, Bertini Giovanni, Bertola, Bertone, Bettiol, Biagioni, Bianchi Bruno, Bianchini Laura, Bibolotti, Bitossi, Boldrini, Bonomelli, Bosco Lucarelli, Bovetti, Braschi, Bruni, Brusasca, Bubbio, Bucci, Bulloni Pietro, Burato.

Cacciatore, Caccuri, Caiati, Caldera, Camangi, Camposarcuno, Cappa Paolo, Cappelletti, Cappi Giuseppe, Caprani, Capua, Carbonari, Caristia, Carmagnola, Caroleo, Caronia, Carpano Maglioli, Caso, Cassiani, Castelli Edgardo, Castelli Avolio, Cavallari, Cavalli, Cavallotti, Cevolotto, Chatrian, Chieffi, Ciampitti, Ciccolungo, Cifaldi, Cimenti, Clerici, Codacci Pisanelli, Colitto, Colombi Arturo, Colombo Emilio, Conci Elisabetta, Condorelli, Conti, Coppa Ezio, Coppi Alessandro, Corbino, Corsanego, Costa, Costantini, Cotellessa, Cremaschi Carlo, Cremaschi Olindo, Crispo.

D'Amico, Diego, De Caro Gerardo, De Falco, De Filpo, De Gasperi, Del Curto, Della Seta, Delli Castelli Filomena, De Maria, De Martino, De Mercurio, De Michele Luigi, De Michelis Paolo, De Palma, De Unterrichter Maria, Di Fausto, Di Vittorio, Dominedò, Dugoni.

Ermini.

Fabbri, Fabriani, Faccio, Fanfani, Fantuzzi, Farini Carlo, Fedeli Aldo, Fedeli Armando, Ferrarese, Ferrario Celestino, Ferreri, Fiore, Fiorentino, Fioritto, Firrao, Flecchia, Fogagnolo, Foresi, Franceschini, Fresa, Froggio, Fuschini.

Gabrieli, Galati, Garlato, Gasparotto, Gatta, Germano, Gervasi, Geuna, Ghidetti, Ghislandi, Giacchero, Giannini, Giolitti, Giordani, Giua, Gonella, Gortani, Gotelli Angela, Grassi, Grazi Enrico, Grieco, Gronchi, Guariento, Guerrieri Emanuele, Guerrieri Filippo, Gui, Gullo Fausto.

Iotti Leonilde.

Jacini, Jacometti, Jervolino.

Labriola, Laconi, Lagravinese Pasquale, La Malfa, Landi, La Rocca, Lazzati, Lettieri, Lizier, Lucifero.

Maffi, Maffioli, Magnani, Magrini, Malagugini, Maltagliati, Malvestiti, Mancini, Mannironi, Marazza, Marconi, Mariani Enrico, Mariani Francesco, Marinaro, Martinelli, Martino Enrico, Marzarotto, Massola, Mastino Gesumino, Mattarella, Mattei Teresa, Meda Luigi, Merlin Angelina, Merlin Umberto, Miccolis, Micheli, Minio, Molè, Molinelli, Monterisi, Montini, Morelli Renato, Mortati, Murdaca, Murgia, Musolino, Musotto.

Negro, Nenni, Nicotra Maria, Nobile Umberto, Nobili Tito Oro, Noce Teresa, Notarianni, Numeroso.

Orlando Camillo.

Pacciardi, Pajetta Gian Carlo, Pajetta Giuliano, Pallastrelli, Paolucci, Paratore, Parri, Pastore Raffaele, Pat, Patricolo, Pecorari, Pella, Pellegrini, Penna Ottavia, Perassi, Perugi, Petrilli, Piccioni, Pignedoli, Pistoia, Platone, Ponti, Pressinotti, Preziosi, Priolo, Proia, Pucci.

Quintieri Adolfo.

Raimondi, Reale Vito, Recca, Restagno, Ricci Giuseppe, Riccio Stefano, Rivera, Rodi, Rodinò Ugo, Rognoni, Romano, Romita, Roselli, Roveda, Rubilli, Ruggeri Luigi, Ruini, Rumor, Russo Perez.

Saccenti, Saggin, Salizzoni, Sampietro, Sansone, Sardiello, Sartor, Scalfaro, Scelba, Schiratti, Scoccimarro, Scotti Alessandro, Scotti Francesco, Secchia, Segni, Siles, Silipo, Spallicci, Stella, Storchi, Sullo Fiorentino.

Tambroni Armaroli, Targetti, Tega, Terranova, Titomanlio Vittoria, Togliatti, Togni, Tomba, Tonello, Tosato, Tosi, Tozzi Condivi, Trimarchi, Tumminelli, Tupini, Turco.

Uberti.

Valenti, Vallone, Valmarana, Vernocchi, Veroni, Viale, Vicentini, Vigna, Vigo, Villabruna, Vinciguerra, Vischioni, Volpe.

Zotta.

Si sono astenuti:

Moro.

Pastore Giulio.

Zaccagnini.

Sono in congedo:

Bargagna, Benvenuti, Bernardi.

Cingolani Mario.

Di Giovanni.

Ghidini, Guidi Angela, Gullo Rocco.

La Pira, Lombardo Ivan Matteo.

Merighi, Morelli Luigi.

Pignatari.

Rapelli, Rescigno.

Zerbi.

Presidente Targetti. Dichiaro chiusa la votazione nominale e invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei voti.

(Gli onorevoli Segretari procedono al computo dei voti).

Presidenza del Presidente Terracini

Presidente Terracini. Comunico il risultato della votazione sull'emendamento Cairo:

Presenti.......................... 368
Votanti...................... 365
Astenuti......................... 3
Maggioranza.............. 183
Hanno risposto ......... 33
Hanno risposto no..... 332

(L'Assemblea non approva).

Presidente Terracini. Passiamo all'emendamento sostitutivo presentato dall'onorevole Azzi, che lascia indeterminata la questione dell'obbligatorietà o meno del servizio militare:

«La prestazione del servizio militare è regolata dalla legge».

Lo pongo in votazione.

(Non è approvato).

Passiamo all'emendamento Coppa, non accettato dalla Commissione, tendente ad aggiungere dopo la parola: «obbligatorio» le seguenti:

«per i cittadini di sesso maschile».

Moro. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Voterò a favore per togliere ogni possibile equivoco circa l'estensione del servizio militare.

Tonello. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Tonello. Dichiaro che voterò contro per non recare offesa al sesso femminile. (Si ride Commenti).

Presidente Terracini. Pongo ai voti l'emendamento Coppa.

(Non è approvato).

Pongo in votazione la prima parte del testo proposto dalla Commissione:

«Il servizio è obbligatorio nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge».

(È approvata).

Pongo in votazione la seconda parte del comma:

«Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino né l'esercizio dei diritti politici».

(È approvata).

Si intende così assorbito l'emendamento sostitutivo dell'onorevole Azzi.

Si deve ora votare l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Caporali:

«Sono esenti dal portare le armi coloro i quali vi obbiettino ragioni filosofiche e religiose di coscienza».

Rossi Paolo. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Rossi Paolo. Volevo dire che l'onorevole Caporali avrà almeno un soldato, che sono io, nel votare questo emendamento.

Mi pare che l'onorevole Relatore non abbia capito in pieno l'enorme importanza dell'argomento quando lo ha sottovalutato come una questione che possa interessare soltanto alcune sette ignorate nel nostro Paese come quella dei quaccheri. Basta che egli abbia la bontà di rileggere le discussioni antiche e recenti che si sono svolte su questo argomento nel Parlamento inglese, e che una volta di più hanno riaffermato il diritto degli obiettori di coscienza, per vedere che proprio in questa materia si era giunti, in un paese civile e di antiche tradizioni parlamentari, all'apice dell'eticità.

Né si dica che l'obiezione di coscienza apre una comoda porta alla codardia.

Soprattutto nella guerra moderna sono concepibili impieghi militari difensivi altrettanto rischiosi, se non ancor più rischiosi dell'impugnare le armi. Basta pensare ai servizi di addestramento antigas, ai servizi antiaerei, per vedere che un uomo, al quale per ragioni di alta coscienza ripugni di portare le armi contro il prossimo, può ugualmente, e con maggior nobiltà, morire per il proprio Paese. Voterò per l'emendamento Caporali.

Presidente Terracini. Pongo ai voti l'emendamento Caporali.

(Non è approvato).

Passiamo al terzo comma che nel testo della Commissione è così formulato:

«L'ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica italiana».

L'onorevole Colitto ha proposto di sopprimere il comma. Su questo emendamento è stata chiesta la votazione per scrutinio segreto dagli onorevoli Colitto, Sullo, Maffioli, Rodi, Corbino, Rognoni, Corsini, Abozzi, Caso, Bencivenga, Lucifero, Russo Perez, Coppa, Miccolis, De Falco, Caroleo, Siles, Bellavista, Giacchero, Lagravinese Pasquale.

Procedo all'appello dei firmatari della richiesta.

(Segue l'appello).

Sono presenti gli onorevoli: Colitto, Sullo, Maffioli, Corbino, Abozzi, Bencivenga, Cappa, Caroleo, Bellavista, Giacchero, Rognoni, Rodi, Russo Perez e Lagravinese Pasquale.

Non sono presenti gli onorevoli Corsini, Caso, Lucifero, Miccolis, De Falco e Siles.

Poiché risultano presenti soltanto quattordici firmatari, la richiesta di votazione per scrutinio segreto non può avere corso.

Pongo in votazione la proposta di soppressione del terzo comma.

(Non è approvata).

Pongo in votazione il terzo comma:

«L'ordinamento dell'esercito si informa allo spirito democratico della Repubblica italiana».

(È approvato).

Pongo in votazione il comma aggiuntivo presentato dall'onorevole Cairo:

«La Repubblica, nell'ambito delle convenzioni internazionali, attuerà la neutralità perpetua».

(Non è approvato).

Pongo in votazione il comma aggiuntivo proposto dall'onorevole Calosso:

«Nel bilancio dello Stato, le spese per le Forze armate non potranno superare le spese per la pubblica istruzione, salva legge del Parlamento di durata non superiore a un anno».

È stata presentata la domanda di votazione per appello nominale su questo emendamento dagli onorevoli Cairo, Chiaramello, Calosso, Canevari, Bassano, Filippini, Magrini, Longhena, Pera, Labriola, Mastino Pietro, Calamandrei, Momigliano, Caporali, Nasi e Cevolotto.

Procedo all'appello dei firmatari della richiesta.

(Segue l'appello).

Poiché risulta assente soltanto l'onorevole Calamandrei, l'appello nominale può aver corso.

Gasparotto. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gasparotto. A mio avviso l'emendamento Calosso, che propone di pareggiare il bilancio della difesa con quella della pubblica istruzione, non è materia di Costituzione. Se si trattasse di esprimere un voto, il voto che il bilancio della pubblica istruzione sia elevato di molto, raddoppiato puranco, potremmo essere tutti concordi; ove invece si tratti, come ci si propone con l'emendamento, di fissare questo voto nella realtà legislativa, e nelle tavole della Costituzione, non mi potrei dichiarare concorde, perché i due bilanci, della difesa militare del Paese e della pubblica istruzione, non sono conformi, non sono paralleli, non sono omogenei. Il bilancio della pubblica istruzione è essenzialmente un bilancio di assegni al personale, mentre il bilancio delle Forze armate è gravato da una fortissima aliquota di spese per armi, per materiale vario, dalle navi agli aeroplani, per dotazioni e per consumo delle attrezzature militari.

Quando poi si passi a mettere in rilievo i diversi compiti assegnati ai due Dicasteri, la differenza si dilata e si sostanzia in questo: che allo scoppio delle ostilità il Ministero della pubblica istruzione potrebbe addirittura chiudere o quanto meno limitare di molto la sua attività, mentre il Dicastero della difesa dovrebbe moltiplicarla, addirittura. Comunque, valgano le cifre seguenti, che sono quanto mai espressive. Il bilancio del Ministero della difesa, il bilancio di previsione per il 1946-1947, cioè per l'esercizio che sta chiudendosi, è di 73 miliardi, ma, considerando la sola parte assegnata al personale, questa cifra si riduce a 36 miliardi.

Il Ministero della difesa dispone di un personale di 290 mila unità, con la spesa per il personale dei 36 miliardi e 820 milioni già accennata.

Qualora però questa cifra, elevata indubbiamente, venga depurata degli assegni relativi al personale civile esuberante, che dobbiamo mantenere per ragioni di alta opportunità, per non dire di necessità politica, ai militari trattenuti alle armi perché residenti in territori inaccessibili e agli assegni da darsi agli sfollandi, la cifra per il personale si riduce a 26 miliardi e 826 milioni di lire.

Ora il bilancio 1946-1947 della pubblica istruzione, con un personale notevolmente inferiore, cioè di 190 mila unità, ha una spesa in passivo di 26 miliardi e 353 milioni.

Come si vede, adunque, la somma per unità spesa dalla pubblica istruzione è superiore a quella della difesa.

Comunque, per entrare in un argomento di scottante attualità, poiché il Presidente del Consiglio nel suo ultimo discorso alla radio ha già annunciato la cifra fissata dal Ministero del tesoro per il bilancio di previsione delle Forze armate per l'esercizio che sta per aprirsi, 1947-1948, è bene che questa cifra sia precisata e chiarita: sono 155 miliardi 296 milioni 287 mila lire.

Però, va pur detto, perché non sia tutti i giorni diffamato questo povero bilancio, qualora si tenga conto della svalutazione della moneta, le spese preventivate per il nuovo esercizio sono di molto inferiori a quelle dell'esercizio precedente.

Inoltre, va osservato che, per quanto riguarda l'esercito, nel bilancio attuale, di 103 miliardi che gli sono assegnati sono compresi, notate bene, 22 miliardi e 178 milioni per l'arma dei carabinieri, sono compresi 2 miliardi e 976 milioni per il personale civile non di ruolo e salariato esuberante alle necessità dell'esercito. Sono compresi altresì 3.450 milioni per la bonifica dei campi minati (tutte spese che non si possono cancellare) sono compresi 5.500 milioni di spese per i prigionieri di guerra; sono compresi due miliardi per spese residuali della guerra; tutte cifre che non incidono sull'efficienza delle forze militari, che sono, in un certo senso, peso morto e che non riguardano direttamente il bilancio della difesa. Ad esempio, le spese, che sono 22.178 milioni per i carabinieri, potrebbero essere accollate comodamente al bilancio del Ministero dell'interno. Si conclude che, per quanto riguarda l'esercito, le spese estranee alla difesa gravano su quel bilancio per il 45,08 per cento.

Per quanto riguarda la marina, abbiamo la spesa di 4.500 milioni per i salariati eccedenti ai suoi bisogni; abbiamo 2 miliardi e 450 milioni per spese di dragaggio, per riparazioni di navi e per rate di saldo e pagamento di dragamine; abbiamo spese di guerra e straordinarie che non riguardano le esigenze della difesa, ma che incidono sul bilancio per 3.620 milioni. Per l'aeronautica abbiamo in bilancio per la sistemazione di aeroporti 470 milioni, per spese di guerra e assegni ai prigionieri un miliardo e 210 milioni, per pensioni e assegni al personale sfollante 2.923 milioni e via dicendo. Di conseguenza questi due bilanci — Difesa e Pubblica istruzione — sono sostanzialmente e profondamente diversi tanto che non si possono mettere in raffronto, mancando in essi l'elemento della parallelità. Io che ho esordito nella vita come maestro elementare e sento per la scuola una immensa passione, posso augurare, come Calosso e forse più di Calosso, che il bilancio del Ministro Gonella possa essere fin da quest'anno raddoppiato, ma prego — per l'evidenza delle cose che ho detto e che sono documentate da cifre eloquenti — di non insistere in un emendamento che, messo ai voti, potrebbe tornare a nostro danno. Se si tratti di esprimere in un ordine del giorno questo voto dell'Assemblea perché sia rafforzata ed elevata la situazione della pubblica istruzione in Italia, ci troverete tutti concordi, ma non potrete averci concordi in un voto che potrebbe ferire profondamente quelle che sono le ragioni di vita dell'esercito italiano e compromettere la forza difensiva del nostro Paese. (Applausi).

Calosso. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Calosso. Se l'acustica di quest'Aula fosse migliore, avremmo avuto il piacere di sentire l'autorevole discorso dell'onorevole Gasparotto, il quale ha risposto molto bene, ma a domande che non avevamo fatto noi, nel nostro ordine del giorno, che è l'ordine del giorno del Gruppo socialista dei lavoratori italiani e di deputati di altri partiti, compresi alcuni democristiani.

L'onorevole Gasparotto ha elencato quali sono le spese militari attuali: dragare le mine e fare tante altre cose; ma ha detto che il bilancio 1947-1948 sarà, per il Ministero della difesa di 155 miliardi, mentre quello della istruzione è di 26 miliardi. Ora che cosa dicevamo noi? Non negavamo che per le spese militari ci fosse da dragare le mine e da fare tante altre cose, perché non crediamo che le spese militari siano necessarie soltanto per infilare con le baionette dei disgraziati. Anche per dragare le mine occorrono le spese militari, così come una volta occorreva dare ai bersaglieri dei bei cappelli piumati. Noi abbiamo detto che non è il Ministro della guerra, non sono i generali o i tecnici, che debbono dire quanto ci vuole per l'esercito. Perché un onesto tecnico possa rispondere alle necessità della difesa, è necessario che abbia un esercito almeno superiore al più grande esercito del mondo (Commenti). Io penso che la sicurezza non è affatto un elemento da mettere in gioco. È il politico che deve stabilire quanto si possa dare per le spese militari, qualunque sia la situazione.

Presidente Terracini. La prego, onorevole Calosso; rammento tutte le osservazioni che lei ha già fatte.

Calosso. Però mi sembra che queste osservazioni non siano state udite. Infatti le belle ragioni esposte dall'amico Gasparotto non hanno a che fare con la nostra tesi. Tocca a noi, Assemblea politica, dire quanto si debba dare all'esercito per le spese militari. Abbiamo un Paese analfabeta, che ha pochi operai qualificati e un deficiente sport scolastico: è evidente che manchiamo delle basi nazionali per formare l'esercito. Noi diciamo una cifra e non si deve superare quella cifra. Come la spendano i tecnici non ci riguarda: se vorranno dragare delle mine lo facciano pure. (Si ride Commenti).

Presidente Terracini. Onorevole Calosso, la prego, risponda a questa mia domanda: conserva il suo emendamento?

Calosso. Sì, certamente.

Gronchi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gronchi. Credo che sia superfluo, in questo dibattito sull'emendamento proposto dall'onorevole Calosso, di affermare che il voto contrario che noi diamo non ha alcun significato politico. La nostra contrarietà alla guerra va intesa in un senso più profondo e spirituale di quello di un semplice indirizzo politico. Non ci pare possibile introdurre una simile proposta in un articolo di Costituzione. L'onorevole Calosso e i suoi colleghi sono stati perfino obbligati a decretare che l'eventuale guerra non possa durare più di un anno. (Si ride).

Rispondo con una piacevolezza alle molte che l'onorevole Calosso ha detto, per dire che non è certo possibile in una Costituzione enunciare un principio del genere di quello che l'emendamento contiene. Perciò, spogliandolo, come deve essere per serietà, di ogni valore di indirizzo politico, noi voteremo contro l'emendamento.

Corbino. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Corbino. Se vi sono delle ragioni a favore dell'emendamento Calosso dal punto di vista spirituale, dal punto di vista pratico tale emendamento non serve a niente. Io sfiderei chiunque a determinare con esattezza quale sia oggi la spesa per la pubblica istruzione e quali siano le spese militari, perché per la pubblica istruzione e per le Forze armate spendono Stato, Comuni e province; domani poi avremo anche le regioni e probabilmente anche ad esse appiopperemo oneri per l'istruzione. Come fare il confronto? Eppoi, caro Calosso, non è bastato il trattato di Versaglia ad impedire alla Germania di spendere diecine di miliardi di marchi (marchi buoni) per armamenti che non erano contemplati dalle clausole del trattato. Potremmo illuderci che con le leggi di contabilità di Stato riusciremmo ad impedire che per l'esercito — quando se ne riconosca la necessità — si debba spendere più o meno di quello che si spende per l'istruzione?

Ecco perché, pur ammettendo che l'istruzione debba passare avanti alle spese militari in tempi normali, quando si presenteranno tempi brutti, le Assemblee e i governi troveranno sempre la maniera di ingannare la Costituzione e le leggi sulla contabilità dello Stato. Per questa ragione noi voteremo contro l'emendamento.

Targetti. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Targetti. È superfluo dire che il Partito socialista è fermamente convinto della necessità che ci sia una determinata proporzione tra le spese militari e le altre spese. In tutta la sua storia ha combattuto, e, purtroppo per il Paese, con poca fortuna, una continua battaglia per la riduzione delle spese militari, sostenendo, eppoi constatando, che quello che l'Italia anche prima del fascismo spendeva per la marina e per la guerra, specialmente nei momenti nei quali fu presa da un'infatuazione imperialistica che le fu inoculata per motivi di politica interna, fu la causa più grave, che le impedì di soddisfare ai bisogni della nuova civiltà. Ma questo non può esercitare nessuna tentazione verso un eventuale accoglimento dell'emendamento Calosso, perché ci sembra intuitivo — io non voglio criticare la proposta in una forma che possa sembrare poco rispettosa per i proponenti — che, se c'è un emendamento non dico non attinente, ma addirittura estraneo alla Carta costituzionale, anche alla più diffusa che immaginare si possa, è proprio questo che consiste nella determinazione di un rapporto fisso fra le spese di un bilancio e le spese di un altro.

Calosso. Sì, tecnicamente; ma vi sono anche diverse firme del Partito socialista italiano a questo emendamento, firme di autentici socialisti (Commenti).

Targetti. Ella mi insegna che non è certo una firma che può far cambiare la consistenza di un emendamento. Il fatto che qualche nostro collega abbia ritenuto di sottoscrivere l'emendamento in discussione, significa soltanto che egli era di opinione diversa da tutto il resto del suo Gruppo, anche se non si voglia osservare che chi ha posto quella firma, l'ha forse posta per un impulso dell'animo, dal quale tutti noi saremmo tentati di lasciarci guidare, se non considerassimo la natura e la portata della norma proposta, inconciliabile con il carattere e la portata che devono avere norme costituzionali.

Per concludere, onorevoli colleghi, noi non abbiamo nessuna autorità per fare alcun invito all'onorevole Calosso e agli altri suoi colleghi. Ma se questa autorità avessimo, l'adopereremmo per dir loro: persuadetevi che se votiamo contro non è perché si sia in uno stato d'animo diverso dal vostro. Voi dovete riconoscerlo. Ed allora perché insistervi? Voi farete tutto il possibile, ma credete pure che tutto il possibile faremo anche noi, oggi domani e sempre per impedire che le spese militari ostacolino le opere di civiltà, di pace, da cui dipende la resurrezione del nostro Paese! (Interruzione dell'onorevole Calosso).

Presidente Terracini. Onorevole Targetti, la prego di concludere.

Targetti. Avrei già concluso, ma le interruzioni suggeriscono spesso nuovi argomenti.

Un'ultima osservazione: questo emendamento stabilisce un rapporto fisso tra il bilancio delle Forze armate e quello dell'istruzione. Perché allora non stabilire un altro rapporto tra il bilancio delle forze armate e il bilancio della giustizia, dell'agricoltura ed altri bilanci che esigono larghe previsioni? Queste modestissime osservazioni dovrebbero persuadere i proponenti che il loro emendamento vorrebbe regolare e regola, comunque, male una materia del tutto estranea alla Carta costituzionale.

Laconi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. Dichiaro che noi non voteremo l'emendamento proposto dall'onorevole Calosso. Ci pare assurdo che in un momento in cui sulla Nazione pesa l'onere di un trattato di pace, che limita le nostre spese militari, in questo momento si debba fare un'affermazione di questo genere. Un Paese che non difende la sua indipendenza — questo vorrei dire all'onorevole Calosso, se entrassi nel merito della questione — non può neanche difendere la propria cultura (Interruzione dell'onorevole Calosso). Non si può, quindi, regolare questa materia con un riferimento puramente aritmetico e farla oggetto di affermazioni vuote e prive di qualsiasi contenuto, se non dell'unico contenuto demagogico che intendono avere e che hanno. (Applausi).

Se poi dovessi scendere all'esame dell'articolo...

Presidente Terracini. No, non vi scenda.

Laconi. ...vorrei aggiungere qualcosa a quanto ha detto l'onorevole Corbino sulla vanità di questo articolo. Vorrei far rilevare che, in sostanza, questo articolo mirerebbe unicamente a determinare un controllo dell'Assemblea legislativa, sui suoi propri atti, in quanto è sempre permesso all'Assemblea legislativa di domani di aumentare il bilancio delle Forze armate al di sopra dei limiti stabiliti per quelli della Pubblica istruzione, facendo unicamente una legge ad hoc.

Calosso. Annuale.

Laconi. Appunto: questa considerazione annuale della questione, da parte dell'Assemblea legislativa, è già prevista, in quanto essa deve annualmente approvare con legge i bilanci. Evidentemente, questo non è altro che un giro vuoto di parole. (Applausi).

Russo Perez. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Russo Perez. Vorrei unirmi alle preghiere dei colleghi affinché l'onorevole Calosso ritiri la sua proposta. Se si voterà, io voterò contro.

Ricordo, negli anni durissimi, di aver ascoltato alla radio la voce lontana dell'onorevole Calosso e trovai che è un uomo di spirito. Ed egli ne ha voluto dare conferma in questo emendamento. È riuscito allo scopo. (Si ride Applausi).

Se sfogliamo tutti quei numerosi libri che ci ha mandato gratis il Ministero della Costituente, nelle numerosissime Costituzioni di ogni parte del globo non ne troviamo una sola in cui vi sia una disposizione di questo genere. Quindi, non è una disposizione di indole costituzionale. Per queste ragioni credo che si debba votare contro.

Che se poi si vuole prendere la disposizione come un voto platonico o demagogico, come ha detto l'onorevole Laconi, contro la guerra, abbiamo già votato l'articolo 4, che dice: «L'Italia rinuncia alla guerra come strumento di conquista»; ed io aggiunsi anche: «come mezzo di riconquista». Quindi, basta questo perché non si approvi l'articolo.

Calosso. Chiedo di parlare per fatto personale.

Presidente Terracini. Onorevole Calosso, ogni volta che si fanno delle proposte si costituisce un fatto personale che permane fino a quando la proposta non è superata. Comunque, parli.

Calosso. Di tutti questi discorsi, una sola parola mi pare possa ritenersi personale: quella che ha pronunciato l'onorevole Laconi, il quale ha parlato di demagogia. (Commenti). Ora, è proprio questo che esula dalla nostra proposta perché, se noi ragioniamo con quella calma, con quella semplicità e con quella oratoria che non merita l'accusa di demagogia, si vedrà facilmente come il proposito che ci ha mosso nel presentare questo emendamento sia soprattutto un calcolo, che sarà sbagliato, che potrà essere sbagliato, ma che è quello di non perdere una terza volta, in una terza guerra mondiale. (Commenti).

E abbiamo anche spiegato i motivi psicologici che garantiscono che questo è il nostro intendimento. (Commenti). Io ho persino riguardato la mia situazione familiare: la mia famiglia è quella di un militare effettivo. (Rumori Commenti).

Dopo una sconfitta come quella che abbiamo avuto, questo è un problema profondamente serio da affrontare: possiamo aver ragione o aver torto, ma essere seri bisogna, profondamente seri. (Commenti Si ride).

Io credo che sia una prova di serietà quella di credere che non ci sia in alcuno qui un perverso proposito antipatriottico; ma se io offendo l'Assemblea quando mi rivolgo alla sua serietà, allora domando scusa e prometto che mi rivolgerò alla sua non serietà.

Presidente Terracini. Onorevole Calosso, ci dica se mantiene la richiesta di votazione per appello nominale.

Calosso. Lo scopo che ci proponevamo era quello di porre il problema alla coscienza del Paese, ma l'atmosfera che si è creata nell'Assemblea ci dimostra che è un problema che non è ancora maturo per essere impostato. (Commenti).

Ritiro pertanto la proposta di votazione per appello nominale, unicamente perché noi non vogliamo fare ostruzionismo, ma vogliamo che ci sia qui la maggior possibile atmosfera di cordialità. (Applausi).

Presidente Terracini. Pongo in votazione il comma aggiuntivo presentato dall'onorevole Calosso e da numerosi altri colleghi:

«Nel bilancio dello Stato, le spese per le Forze armate non potranno superare le spese per la pubblica istruzione, salva legge del Parlamento di durata non superiore a un anno».

(Non è approvato).

Debbo porre ora in votazione l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Perugi:

«Le spese per le Forze armate saranno improntate a concetti di rigida economia e messe in relazione alla politica militare che intenderà svolgere la Repubblica».

Perugi. Lo ritiro.

Presidente Terracini. Sta bene. Allora l'articolo 49 risulta, nel suo complesso, così approvato:

«La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.

«Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino né l'esercizio dei diritti politici.

«L'ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica italiana».

È stato presentato il seguente ordine del giorno nel quale gli onorevoli Nobile e Bencivenga hanno trasfuso i loro emendamenti, con l'adesione anche degli onorevoli Chatrian, Togliatti, Malagugini, Basso, Tonello, Rossi Paolo e Caroleo:

«L'Assemblea Costituente,

affermato il dovere della Repubblica di onorare il sacrificio e il valore dei cittadini che hanno difeso la Patria;

ritiene che una speciale legge debba provvedere alla creazione di appositi istituti di assistenza per i mutilati ed invalidi di guerra, sia militari che civili;

ritiene altresì che gli ufficiali e sottufficiali in servizio permanente effettivo, mutilati di guerra, debbano, quando ne facciano domanda, essere mantenuti in servizio in speciali ruoli di onore da istituirsi con legge».

Lo pongo in votazione.

(È approvato all'unanimità — Vivissimi, generali, prolungati applausi).

 

PrecedenteSuccessiva

Home

 

 

A cura di Fabrizio Calzaretti