[Il 19 dicembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione discute sul coordinamento degli articoli sul potere legislativo.]

Il Presidente Terracini comunica che la Sottocommissione deve pronunciarsi sugli articoli relativi al potere legislativo, quali risultano dal lavoro del Comitato di coordinamento, il quale ha proposto anche qualche emendamento.

Apre la discussione sull'articolo 1:

«Il Parlamento si compone della Camera dei Deputati e del Senato».

Osserva che non vi è più ragione di usare la vecchia terminologia di «Senato», perché la seconda Camera che ora si crea non ha nulla a che fare col soppresso Senato, né per il modo di formazione, né per il modo di funzionamento. Inoltre pensa che di fronte alle masse popolari questa denominazione non potrebbe non richiamare alla mente il ricordo di un triste periodo di asservimento politico che non potrà essere cancellato.

Mortati, Relatore, insiste nella proposta di mantenere alla seconda Camera l'antico nome di Senato, sia per ragioni storiche, sia perché non ritiene che nelle responsabilità spettanti ai vecchi corpi rappresentativi per l'avvento e la perpetuazione del regime fascista quella gravante sul Senato sia maggiore dell'altra spettante alla Camera dei Deputati, alla quale nessuno pensa di mutare il nome. Anche se il Senato diviene oggi elettivo, ha pur sempre le stesse funzioni del vecchio istituto e per l'ammissione ad esso continua ad essere richiesta un'età maggiore che non per la prima Camera; sicché non trova serie ragioni perché si debba rinunziare ad un nome a cui sono legati tanti ricordi di saggezza e di benemerenza.

Lussu propone che il nome di «Senato» sia cambiato in via definitiva con quello di «Seconda Camera», che gli sembra bene appropriato dal punto di vista politico e letterario.

Riprendendo gli argomenti addotti dall'onorevole Mortati, che ha messo a confronto le responsabilità delle due Camere durante il periodo fascista, nota come il Senato si sia dimostrato un organismo politico veramente incapace di rappresentare la dignità e la fierezza di un corpo già così illustre: a poco a poco esso era divenuto una raccolta di vecchi funzionari, di uomini della reazione totalmente asserviti al regime fascista. Per questo il Senato è stato soppresso e crede che non si possa ridare al nuovo istituto che sorge, da quello tanto diverso, un nome che lo ricordi.

Einaudi ricorda che nella vecchia Costituzione vi era una Camera dei Deputati e una Camera dei Senatori, che voleva dire semplicemente più anziani. Poiché il principio di una età maggiore è consacrato anche nel progetto in esame, non vedrebbe difficoltà a che si usasse il termine di «Camera dei Senatori».

Il Presidente Terracini esprime la sua opinione personale che i due rami del Parlamento si debbano chiamare «prima e seconda Camera» ed i membri, così dell'una come dell'altra, debbano prendere il nome di Deputati. In tal modo essi potranno sedere con lo stesso titolo, quando il Parlamento dovrà adunarsi in Assemblea nazionale. Rileva poi che, mentre vi è un atto formale di soppressione del Senato, che costituisce uno stato di diritto, non vi è nulla di simile per la Camera dei Deputati, la quale ha trovato, si può dire, la sua continuità nell'Assemblea Costituente.

Fabbri osserva che non si può parlare di stato di diritto di fronte ad un atto giuridicamente illegale, come quello della soppressione del Senato, perché indubbiamente la materia non era di competenza del Governo. Oggi la Costituente è sovrana e può decidere quello che vuole; ma la sua decisione non può essere pregiudicata da una illegale deliberazione governativa.

Codacci Pisanelli non ritiene probante l'argomento della mancata soppressione della Camera dei Deputati, di fronte alla soppressione del Senato. Ciò è avvenuto perché di Deputati non ve ne erano più, mentre vi erano ancora dei Senatori. Se si fa questione di maggiore o minor demerito del Senato in confronto della Camera dei Deputati, afferma che esso ha demeritato meno, per la netta e coraggiosa opposizione di parecchi suoi membri alla tirannia fascista. Ritiene che il provvedimento di soppressione sia stato determinato non da questo motivo, ma dal fatto che, abolita la monarchia, non doveva più sussistere una Camera di nomina regia. Non crede si debba far questione di parole per rinunziare ad un nome storico: in sostanza si costituisce una nuova Assemblea con persone di età maggiore di quelle della prima Camera, si ricostituisce cioè una condizione di cose molto simile a quella precedente. Si dichiara perciò favorevole al mantenimento del nome di Senato, come si sono conservati i nomi di altri vecchi istituti.

Il Presidente Terracini pone ai voti la proposta di conservare il nome di «Senato» alla Seconda Camera.

(Con 12 voti favorevoli e 14 contrari, non è approvata).

Bozzi propone che si dica «Camera dei Senatori».

Il Presidente Terracini pone ai voti questa proposta.

(Non è approvata).

Ricorda che l'onorevole Nobile ha proposto la formula: «Il Parlamento si compone di due Camere dei Deputati la prima e la seconda».

Lussu propone che si dica:

«Il Parlamento si compone della Camera dei Deputati e della seconda Camera»,

per marcare la differenza che, malgrado l'eguaglianza del potere, esiste fra le due Camere.

Il Presidente Terracini pone ai voti la proposta dell'onorevole Lussu.

Grieco voterà favorevolmente a questa proposta, con riserva di scelta per una migliore denominazione.

(Non è approvata).

Cappi propone che la seconda Camera sia chiamata «Camera delle Regioni».

Il Presidente Terracini pone ai voti questa proposta dell'onorevole Cappi.

(Con 12 voti favorevoli e 12 contrari, non è approvata).

Nobile, raccogliendo un suggerimento implicitamente fatto dall'onorevole Einaudi, ritiene che la seconda Camera si possa chiamare «Camera degli anziani».

Il Presidente Terracini ritiene opportuno continuare intanto nella discussione degli articoli sul potere legislativo, con riserva di proporre altre denominazioni per la seconda Camera.

(Così rimane stabilito).

Pone in discussione l'articolo 1-bis.

«Le due Camere si riuniscono in Assemblea nazionale nei casi preveduti dalla Costituzione.

La Presidenza dell'Assemblea nazionale è affidata, per la durata di un anno, alternativamente al Presidente della Camera dei Deputati e al Presidente del Senato.

L'Assemblea nazionale delibera il proprio regolamento. Essa è convocata dal suo Presidente, anche a richiesta del Presidente della Repubblica o di chi lo supplisce».

Pone in votazione il primo comma.

(È approvato).

Codacci Pisanelli, sul secondo comma, ritiene poco chiaro il significato del termine «alternativamente», che può prestarsi a varie interpretazioni.

Lussu propone che al secondo comma sia sostituito il seguente:

«La Presidenza dell'Assemblea nazionale è affidata al Presidente della Camera dei Deputati».

Il Presidente Terracini è personalmente favorevole alla proposta Lussu, che ha anche una portata riequilibratrice dei poteri concessi in misura superiore alla seconda Camera quando si stabilì di rimettere a questa la decisione sull'eventuale lesione di interessi nazionali.

Pone in votazione la proposta dell'onorevole Lussu.

(È approvata).

Riguardo al terzo comma, chiede al Relatore di specificare i casi e i motivi per i quali il Presidente della Repubblica può chiedere la convocazione dell'Assemblea nazionale; cioè in quali di quelle occasioni in cui, secondo la Costituzione, solo l'Assemblea nazionale può decidere, debba e possa affidarsi al Presidente della Repubblica l'iniziativa che spetta alla stessa Assemblea. Lo chiede perché, a suo avviso, il Capo dello Stato non deve essere considerato un puro fantasma e quindi ci si deve preoccupare di mettere dei limiti al suo potere nella materia in esame.

Mortati, Relatore, risponde che si tratta di tutti i casi in cui funziona l'iniziativa del potere esecutivo: amnistia, entrata in guerra, mobilitazione generale, ecc. Emerge del resto dalla proposta, che la convocazione dell'Assemblea nazionale non è fatta se non dal suo Presidente: gli altri organi fanno delle richieste, che sono subordinate al sindacato di chi convoca, ed il Presidente non convoca se non per un caso previsto dalla Costituzione su richiesta motivata.

Lussu ritiene che l'onorevole Mortati sia disposto a modificare la dizione dell'articolo, nel senso che la richiesta sia «motivata». Ciò a suo parere significa che tale richiesta debba esser presa in considerazione, anche nel merito, dal Presidente dell'Assemblea nazionale, perché se egli la ritenesse non sufficientemente motivata, non accetterebbe il parere del Presidente della Repubblica. Crede quindi opportuno specificare che occorre anche l'intervento del Presidente dell'Assemblea nazionale.

Fabbri non è d'accordo sul significato che ha dato alla disposizione in esame l'onorevole Mortati secondo l'interpretazione dell'onorevole Lussu. Esclude che il Presidente dell'Assemblea nazionale possa non accettare la richiesta di convocazione dell'Assemblea fatta dal Presidente della Repubblica. Crede perciò che l'articolo debba essere votato quale è, a meno che non si voglia ritenere che vi debba essere un Governo di Assemblea invece di un Governo con un Capo dello Stato. Ma su ciò ritiene sia necessario pronunciarsi chiaramente.

Mortati, Relatore, a chiarimento dei dubbi sorti, osserva che non si tratta di una facoltà discrezionale, perché i casi di convocazione sono tassativi; e quando il Presidente della Repubblica indica uno di questi motivi — non suscettibile di apprezzamenti discrezionali — il Presidente dell'Assemblea non può fare alcuna valutazione al riguardo: se invece il Presidente della Repubblica convocasse la Camera per una materia che non è affidata alla competenza dell'Assemblea Nazionale, il Presidente dell'Assemblea potrebbe opporsi, appunto perché non ricorrerebbe alcuno dei determinati, tassativi motivi di convocazione.

Tosato osserva che tutti i casi in cui l'Assemblea Nazionale può essere convocata sono evidentemente di iniziativa governativa. Propone quindi di sopprimere la parola «anche» e dire: «è convocata a richiesta del Presidente della Repubblica».

Il Presidente Terracini mette intanto ai voti la prima parte del terzo comma:

«L'Assemblea Nazionale delibera il proprio regolamento».

(È approvata).

Mette ai voti la seconda parte:

«Essa è convocata dal suo Presidente».

(È approvata).

Ritiene ora opportuno che si debba aggiungere «nei casi previsti dalla Costituzione», formula che comprende quei casi che danno motivo alla richiesta del Presidente della Repubblica ed eventualmente anche all'iniziativa di un certo numero di membri delle due Assemblee.

Mortati, Relatore, accetterebbe tale proposta, a condizione che non si escludesse il seguito del comma.

Il Presidente Terracini precisa che la sua intenzione era appunto quella di escludere il seguito del comma, mentre vi sarebbe inclusa l'iniziativa delle due Camere.

Pone ai voti la formula:

«...nei casi previsti dalla Costituzione».

(Non è approvata).

Lussu nella formulazione proposta dall'onorevole Mortati («anche a richiesta motivata del Presidente della Repubblica o di chi lo supplisce») propone di sopprimere l'inciso «o di chi lo supplisce».

Bozzi propone di sopprimere la parola «motivata».

Il Presidente Terracini mette intanto ai voti la formulazione:

«anche a richiesta del Presidente della Repubblica»,

salvo a decidere poi sulle altre parole.

(È approvata).

Pone ai voti l'aggettivo «motivata» da aggiungere a «richiesta».

(Non è approvato).

Pone ai voti la soppressione dell'ultimo inciso «o di chi lo supplisce» proposta dall'onorevole Lussu.

Mortati, Relatore, accetta la proposta dell'onorevole Lussu.

(È approvata).

Il Presidente Terracini fa rilevare che la formulazione proposta dall'onorevole Tosato, alla quale il proponente dava carattere esclusivo («essa è convocata dal suo Presidente su richiesta del Presidente della Repubblica») deve intendersi non approvata, in seguito all'esito della votazione.

Avverte che il terzo comma dell'articolo 1-bis resta così formulato:

«L'Assemblea Nazionale delibera il proprio regolamento. Essa è convocata dal suo Presidente anche a richiesta del Presidente della Repubblica».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti