[Il 24 ottobre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente riprende l'esame degli emendamenti ad alcuni articoli precedentemente rinviati.]

Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, riprendiamo l'esame del secondo comma dell'articolo 52, nel quale, per la prima volta nel progetto di Costituzione, si parla dell'Assemblea Nazionale. Nel testo del progetto esso è di questo tenore:

«Le Camere si riuniscono in Assemblea Nazionale nei casi preveduti dalla Costituzione».

L'onorevole Perassi ha proposto il seguente emendamento sostitutivo:

«Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei casi stabiliti dalla Costituzione».

Gli onorevoli Bozzi e Nitti avevano proposto il seguente emendamento:

«Nei soli casi preveduti dalla Costituzione le due Camere deliberano congiuntamente».

Onorevole Bozzi, mantiene l'emendamento?

Bozzi. Lo mantengo senza svolgerlo.

Presidente Terracini. L'onorevole Corbino aveva presentato, insieme agli onorevoli Condorelli e Russo Perez, il seguente emendamento sostitutivo:

«Il Parlamento si riunisce in seduta plenaria nei casi stabiliti dalla Costituzione».

Onorevole Corbino, mantiene il suo emendamento?

Corbino. Aderisco al testo proposto dall'onorevole Perassi.

Presidente Terracini. L'onorevole Macrelli aveva presentato il seguente emendamento sostitutivo:

«Le due Camere si riuniscono in seduta plenaria nei casi stabiliti dalla Costituzione».

Non essendo l'onorevole Macrelli presente, il suo emendamento si intende decaduto.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Se vi ricordate, onorevoli colleghi, avevamo soprasseduto all'esame di questo secondo comma dell'articolo 52 perché non sapevamo che cosa sarebbe stato della riunione in comune delle due Camere. Il concetto della riunione in comune delle due Camere è ormai affermato, sia pure in casi limitati; come l'elezione del Capo dello Stato, e la sua messa in accusa. La riunione delle due Camere c'è; dobbiamo darle un nome? Vi è la proposta dell'anonimato, del nome x; e si informa a tale criterio l'emendamento Nitti-Bozzi, che parla di «deliberazioni» in comune delle due Camere; e come sostanza mi potrebbe bastare, anche perché si mette l'accento sulla «deliberazione» e si dà così alle due Camere riunite un contenuto che va al di là della semplice funzione elettorale o di accusa; e lascia aperte le porte all'avvenire, ad altri casi in cui con modifiche costituzionali si potrà richiedere la riunione delle due Camere.

Non vi ho nascosto, e vi ho detto altre volte, le ragioni per cui fui e sono favorevole a questo istituto, mentre sono nettamente contrario al monocameralismo. Le due Camere lavorano, normalmente, e per definizione, in modo separato; ma — posto che sono tutte due elettive ed a piena parità — nulla vieta che si possano riunire assieme, in date occasioni, per funzioni che possono meglio adempiere che se fossero separate. Con la nostra Costituzione non vogliamo fare salti nel buio; ma anche tentare qualche via nuova, con cautela e prudenza; e così si fa, rendendo possibili le riunioni comuni in casi che debbono essere stabiliti tassativamente dalla Costituzione. Mi sembra strano che siano proprio deputati d'estrema sinistra a non comprendere la portata dell'istituto; e ad aver paura della «terza Camera»; mentre vi è dall'opposta parte chi ha paura che ci si avvia, per siffatta strada, ad una Camera sola. Né una né tre; c'è una riunione, per dati casi, delle due Camere; e l'avete ammessa nella Costituzione: ed è bene che le diamo un nome.

Gli onorevoli Corbino e Perassi propongono di tirar fuori il nome glorioso e tradizionale di Parlamento per designare le riunioni dei membri delle due Camere. Niente di male; significherebbe per un certo aspetto dar maggiore rilievo all'istituto. Parlando di adunanze «plenarie» o «comuni», si sottolinea di più una certa unità e quasi normalità del Parlamento a Camere riunite. Ma può forse sorgere qualche incertezza ed equivoco sul nome di Parlamento; che è usato appunto tradizionalmente per designare le due Camere, quando lavorano separatamente; ora invece verrebbe spostato ad indicare più specificamente i casi — in realtà eccezionali — in cui le due Camere si riuniscono insieme. La dizione Perassi parla di riunione dei membri delle due Camere, e non di riunione delle due Camere; è una sottile distinzione; e può essere accettata, anche se non si chiama la riunione col nome di Parlamento.

Confesso che vorrei ritornare alla espressione originariamente proposta di Assemblea generale; che è adoperata spesso anche all'estero; e che comunque dà la più diretta impressione — meglio che adunanza plenaria o comune — di ciò che si ha, quando le due Camere si riuniscono assieme. La parola, che ha sollevato tante apprensioni e fobie, non le desta più, ora che tutti hanno accolto — seppure a scartamento ridotto, per ora (verranno poi le revisioni costituzionali) — l'istituto della riunione. Ma, qualunque nome si adotti, resta ormai la sostanza.

Presidente Terracini. L'onorevole Perassi ha facoltà di svolgere l'emendamento presentato:

«Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere solo nei casi stabiliti dalla Costituzione».

Perassi. Il Presidente della Commissione ha manifestato l'opinione che convenga mantenere la dizione: «Assemblea Nazionale» usata nel progetto per denominare la riunione delle due Camere. Io non avrei difficoltà, tuttavia mi pare che sia da considerare una soluzione anche più semplice.

Noi abbiamo nel progetto il Titolo: «Il Parlamento». Vi si dice anzitutto: «Il Parlamento è composto dalle due Camere». Poiché abbiamo determinato i casi in cui i componenti le due Camere si riuniscono insieme, si tratta ora di dare il nome a questa formazione.

Osservo anzitutto che la formula: «Camere riunite», che è stata da taluni proposta, dal punto di vista tecnico non sarebbe molto felice, perché in realtà non è che le Camere come tali si riuniscono; è che i componenti le due Camere formano insieme un collegio, che prende deliberazioni collegiali, distinte da quella che è la volontà delle singole Camere. La deliberazione di quel che si chiamerà il Parlamento o Assemblea Nazionale non è né un accordo né un atto collettivo, ma l'atto di un organo collegiale, i cui componenti sono individualmente i membri delle Camere. Volendo raffigurare le cose — direi quasi — cinematograficamente, supposto che si tenga in quest'Aula la riunione delle due Camere, è molto probabile che non si vedrebbe distinzione di seggi tra deputati e senatori.

Ora, una volta ben stabilito giuridicamente che questi atti, sia pure pochi (l'elezione, la messa in istato d'accusa e qualche altra elezione che forse verrà), sono di competenza di questo organo in tal modo costituito, si rende necessario di dargli un nome appropriato. Quale nome? Qui sorge la questione: quale scegliere? Se si consultano le Costituzioni dei diversi Stati esteri, nei quali esiste un istituto analogo, si ritrovano diverse denominazioni: Congresso, Assemblea Nazionale, Skupcina, Soviet supremo. Sono tutti nomi che indicano l'organo corrispondente a quello di cui stiamo parlando. Quale di queste diverse denominazioni scegliere? Mi pare che la parola «Parlamento» sia innanzitutto italianissima e poiché è già usata nel Titolo, mi pare convenga usarla anche in questo significato specifico, cioè per indicare il collegio formato con i componenti le due Camere.

Senza voler dare un peso particolare ad esempi stranieri, ricordo che la nuova Costituzione francese segue il medesimo sistema. Voi sapete che nella nuova Costituzione francese la prima Camera si chiama Assemblea Nazionale, la seconda Consiglio della Repubblica. Ora, la parola «Parlamento», nella nuova Costituzione francese, è usata precisamente per indicare l'organo collegiale risultante dall'insieme dei membri dell'Assemblea Nazionale e del Consiglio della Repubblica. Così si dice che l'elezione del Presidente della Repubblica è fatta dal Parlamento.

Per queste considerazioni, prendendo lo spunto dalla proposta fatta dall'onorevole Corbino, mi sono indotto a proporre la parola «Parlamento», formulando il testo nella seguente maniera: «Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere solo nei casi stabiliti dalla Costituzione». Dicendosi «solo» nei casi preveduti dalla Costituzione, si precisa rigorosamente quale è la competenza di quest'organo e si toglie quindi qualsiasi preoccupazione che possa essere affiorata nel corso della discussione.

Per queste considerazioni propongo che si adotti questa formula.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Io sono autorizzato a difendere, come Presidente della Commissione, la designazione di Assemblea Nazionale, che essa ha fin dall'inizio adottato. Non c'è ragione di accettare l'espressione di «Parlamento» proposta all'ultima parola. Con l'espressione «Parlamento» — ripeto — sembra che si vada più in là che con l'altra «Assemblea Nazionale»; che non è altro che il nome della riunione (eccezionale) delle due Camere; mentre invece, secondo la proposta testé fatta, si vuol parlare proprio di Parlamento in sua adunanza plenaria o comune; come se tale fosse funzione normale; e come se il Parlamento avesse ragione di essere proprio pel suo lavoro in comune. Ho detto perché preferisco «Assemblea generale», che dovrebbe spaventare meno gli ortodossi.

Ma le questioni di nomenclatura contano poco. Andiamo avanti.

Presidente Terracini. Pongo dapprima in votazione la formula degli onorevoli Bozzi e Nitti, che massimamente si allontana dal testo del progetto:

«Nei soli casi preveduti dalla Costituzione le due Camere deliberano congiuntamente».

(Dopo prova e controprova, non è approvata).

Pongo ora in votazione la formula proposta dall'onorevole Perassi:

«Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere soltanto nei casi stabiliti dalla Costituzione».

(Dopo prova e controprova, è approvata).

L'articolo 52 risulta nel suo complesso così approvato:

«Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

«Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere soltanto nei casi stabiliti dalla Costituzione».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti