[Il 27 gennaio 1947 la Commissione per la Costituzione in seduta plenaria discute sull'elezione della Camera dei Senatori.]

Il Presidente Ruini avverte che la Commissione è chiamata ad esaminare il terzo comma dell'articolo relativo alla elezione della Camera dei Senatori.

Il testo del comma approvato dal Comitato di redazione è del seguente tenore:

«I Senatori sono eletti per un terzo dai membri del Consiglio regionale e per due terzi dai consiglieri comunali della Regione».

Vari emendamenti sono stati presentati a questa norma. L'onorevole Fuschini ha proposto il seguente:

«I Senatori sono eletti per la metà dai membri delle Assemblee regionali e dai consiglieri comunali dei comuni superiori a 10.000 abitanti e per l'altra metà dai consiglieri comunali dei comuni inferiori a 10.000 abitanti».

Seguono poi altre proposte:

Proposta Ambrosini: «I Senatori sono eletti per un terzo dai membri delle Assemblee regionali, per un terzo dai consiglieri comunali dei comuni inferiori a 30.000 abitanti e per il rimanente terzo dai consiglieri comunali dei comuni superiori a 30.000 abitanti».

Proposta Tosato, Piccioni, Fuschini: «La quota fissa dei Senatori assegnati ad ogni Regione è eletta dalle rispettive Assemblee regionali. La rimanente quota, nella proporzione di un Senatore per ogni 200.000 abitanti, è eletta dai consiglieri comunali della Regione divisi in tre gruppi: dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti; con popolazione superiore a 5.000 abitanti e inferiore ai 30 mila; con popolazione superiore ai 30.000. Ciascuno dei tre gruppi elegge un numero di Senatori proporzionale alla popolazione».

Proposta Rossi Paolo, Targetti: «I Deputati alla seconda Camera sono eletti, Regione per Regione, da un collegio composto da tutti i consiglieri regionali e da un numero doppio di delegati, all'uopo nominati a suffragio universale».

Altra proposta Targetti, Rossi Paolo: «La seconda Camera è eletta per un terzo dai Consigli regionali e per due terzi con suffragio universale, diretto e segreto».

Proposta Nobile: «L'elezione dei membri della seconda Camera ha luogo a suffragio universale, diretto e segreto da parte di tutti i cittadini aventi diritto al voto che abbiano superato l'ennesimo (n = un numero intero compreso fra 22 e 26 anni) anno di età».

Proposta Laconi: «La seconda Camera è eletta da collegi regionali a suffragio universale indiretto, secondo le modalità stabilite dalla legge. (Formula francese)».

Proposta Perassi: «Un terzo dei Senatori è eletto dal Consiglio regionale ed il resto da delegati eletti a suffragio universale dai Comuni di ciascun mandamento della Regione, fra gli elettori iscritti nei Comuni del mandamento, in proporzione degli abitanti secondo le modalità stabilite dalla legge».

La questione si presenta, dunque, così complessa che sarà opportuno ascoltare i proponenti delle varie proposte per poi venire alla decisione in merito.

Poiché l'onorevole Perassi non è per il momento presente, propone che l'esame dell'argomento sia rinviato al pomeriggio.

(Così rimane stabilito).

[...]

Presidente Ruini. [...] Il terzo comma dell'articolo relativo alla elezione della Camera dei Senatori è così formulato:

«Sono eleggibili a Senatori gli elettori, nati o domiciliati nella Regione, che hanno compiuto trentacinque anni di età, ecc.».

L'onorevole Tupini ha proposto che siano soppresse le parole: «nati o domiciliati» almeno per la categoria degli ex Presidenti della Repubblica, Ministri o Sottosegretari di Stato, Deputati all'Assemblea Costituente o alla Camera dei Deputati, avvertendo che non si richiede, per il Presidente dell'Assemblea regionale, che sia nato o domiciliato nella Regione.

Terracini osserva che se non si chiede tale requisito per il Presidente dell'Assemblea regionale, ciò suppone sia dovuto al fatto che si è trascurato di esaminare il problema, oppure al fatto che si è considerato che la soluzione si presentava talmente chiara in senso contrario che non era necessario parlarne, o ancora, che siccome vi sarà una legge elettorale che definirà i modi delle elezioni dell'Assemblea regionale, si è pensato che questa legge elettorale avrebbe risolto il problema nel senso di subordinare la presenza o la nascita nella Regione alla possibilità di assumere la carica di Presidente dell'Assemblea regionale. Pensa che tutto quello che è stato detto debba portare alla conclusione che non è pensabile che vi sia nell'Assemblea regionale, oppure che si possa eleggere dall'Assemblea regionale come rappresentanza della Regione nella seconda Camera, qualcuno che non sia direttamente legato alla vita della Regione o per la nascita, o per l'attività che vi ha svolto.

De Vita si associa alle dichiarazioni dell'onorevole Terracini.

Fabbri ritiene che, nei casi dell'abbandono della città natale, sia sufficiente il requisito della nascita per essere eletto.

Tupini ritiene eccessiva la restrizione ad una manifestazione tipica della volontà del corpo elettorale, nel senso che non possa essere eletta una persona che, in talune circostanze, può anche costituire una ragione di prestigio e risonanza dello stesso corpo elettorale.

Sottopone soltanto questo elemento di valutazione, ben lieto se sarà condiviso dalla Commissione.

Moro osserva che, conservando le parole: «nati o domiciliati nella Regione», si viene a creare una specie di cittadinanza regionale, accentuando ancora di più quella distinzione fra Regioni, che può ledere l'unità nazionale. Si rischia di dividere in compartimenti stagni il complesso della vita nazionale.

D'altra parte, i rappresentanti della seconda Camera saranno rappresentanti nazionali, come tutti i Deputati.

È inoltre da rilevare che nella struttura della seconda Camera non è così accentuata la rappresentanza regionale da giustificare le condizioni di cui si discute; tanto più che il requisito della nascita può essere puramente casuale, mentre vi possono essere altre ragioni che prescindono sia dalla nascita, che dal domicilio; prescrizione questa che si può eludere facilmente attraverso una iscrizione frettolosa alla vigilia delle elezioni.

Targetti, a nome anche dei colleghi onorevoli Bocconi e Lami Starnuti, dichiara di associarsi alla proposta di soppressione delle parole «nati o domiciliati».

Grassi è dolente di essere contrario alla proposta dell'onorevole Tupini. Pur ritenendo che le ragioni esposte così lucidamente dall'onorevole Terracini siano sufficienti, desidera rilevare che la struttura dello Stato si fonda, a suo parere, sul carattere distintivo che si intende dare alle due Camere, nel senso che si vuole che la Camera dei Senatori abbia il fondamento nella Regione. Se non si richiede per i Senatori un legame alla Regione rappresentata, attraverso la nascita o il domicilio, si viene a creare un duplicato della Camera dei Deputati.

D'altra parte vi è la possibilità di sanare qualche particolare situazione col cambio del domicilio, che dovrà essere circondato da opportune cautele.

Mannironi è anch'egli del parere che questa condizione per la eleggibilità a Senatore debba essere mantenuta, dolente di dover dissentire dalle argomentazioni esposte dall'onorevole Tupini.

In sede di seconda Sottocommissione, si è sostenuto che la seconda Camera debba essere veramente ed effettivamente espressione della vita delle Regioni.

Ora, in omaggio a questo principio, si è ritenuto che non possano rappresentare gli interessi della Regione se non coloro che in qualche modo vi siano legati.

Lucifero dichiara di essere contrario alla proposta Tupini. Se la seconda Camera deve rappresentare effettivamente la nuova organizzazione regionale del Paese, i Senatori devono essere legati alle Regioni che rappresentano. Ritiene, anzi, che il requisito della «nascita» non è di per sé sufficiente: vi sono persone nate casualmente in una data Regione. A suo parere anche il requisito del «domicilio» è essenziale.

Mastrojanni è favorevole alla proposta dell'onorevole Tupini, perché pensa che volere identificare le Regioni negli uomini significhi esasperare il campanilismo, ormai sorpassato.

Qualunque italiano, che conosca la vita, l'attività economica, il sentimento, l'orientamento di una Regione, può benissimo rappresentarne gli interessi.

Obbligare l'elettore a scegliere esclusivamente come rappresentanti uomini della propria Regione significa, a suo parere, coartarne la volontà. Le argomentazioni dell'onorevole Tupini non possono essere disconosciute: vi possono essere legami sentimentali e familiari, che prescindono dalla nascita e dal domicilio.

Conti dichiara di essere contrario alla proposta.

Nobile. La logica stringente dell'onorevole Terracini dovrebbe convincere gli entusiasti fautori dell'ordinamento regionale a votare contro la proposta Tupini. Egli, che non è tra costoro, voterà, invece, favorevolmente.

In verità, questa seconda Camera — che si vuol chiamare Camera dei Senatori — di regionale ha molto poco; forse le rimane quel terzo di rappresentanti eletti dalle Assemblee regionali. Se mai, si potrebbe ammettere per questa quota la limitazione della nascita e del domicilio; ma non per gli altri due terzi, che sono eletti, direttamente o indirettamente, dal corpo elettorale.

Associandosi, quindi, alle ragioni esposte dall'onorevole Moro, dichiara che voterà favorevolmente alla proposta Tupini.

Il Presidente Ruini pone ai voti la proposta di sopprimere dal testo le parole: «nati o domiciliati».

(La Commissione non approva).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti