[L'8 ottobre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Parlamento».]

Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, ricordo che stamane abbiamo approvato il primo comma dell'emendamento sostitutivo dell'articolo 55, proposto dall'onorevole Mortati.

Il secondo comma dell'articolo 55 nel testo della Commissione pone, anzitutto, il problema dell'assegnazione di un numero fisso di senatori ad ogni Regione.

In secondo luogo, stabilisce il quoziente per l'elezione dei senatori, senza indicare se questo quoziente debba intervenire o meno nella determinazione del modo di elezione del numero fisso di senatori di cui al primo comma.

Il problema è ripreso anche nell'emendamento dell'onorevole Mortati, il quale però trasforma il numero fisso in un minimo di senatori per ogni Regione.

Sono due diversi modi di presentazione di un problema.

A proposito del numero fisso dei senatori, quasi tutti gli emendamenti proposti, oltre a quello dell'onorevole Mortati, sono contrari. Così gli emendamenti presentati dagli onorevoli Lami Starnuti, Preti, Targetti, Laconi, Caronia. Invece, l'emendamento dell'onorevole Nitti propone per l'appunto che ogni Regione abbia un numero fisso di senatori, oltre a quelli che devono esserle riconosciuti a seconda del quoziente.

Vi sono, dunque, tre possibilità: assegnare alla Regione null'altro che il numero di senatori discendente dal rapporto tra il quoziente e gli abitanti; oppure un numero di senatori minimo, assicurato indipendentemente dal rapporto tra quoziente e numero degli abitanti; e infine, vi è la terza possibilità, di assegnare ad ogni Regione un numero fisso di senatori, un numero base, al quale si aggiungerà quell'altro numero variabile che discende dal solito rapporto tra il quoziente e il numero degli abitanti. Tre possibilità, dunque, due delle quali si diversificano dalle proposte contenute nell'articolo della Commissione; per l'appunto quella che trasforma il numero fisso in numero minimo e quella che esclude sia il numero fisso che il numero minimo.

Quali di queste due proposte si allontani di più dal testo della Commissione è un po' difficile determinare. Comunque, le porremo alla prova della votazione, poiché essendo gli emendamenti già stati svolti, in questo momento non si tratta d'altro che di decidere. Anche nelle discussioni che si sono svolte ieri e questa mattina è del resto stata trattata questa questione, per cui credo che essa possa considerarsi matura a conclusione.

Se, tuttavia, qualche onorevole collega desiderasse ancora prendere la parola su questo argomento, noi lo ascolteremo. Ciò però che più importa mi pare sia il tener presenti le conseguenze delle votazioni che ci apprestiamo a fare. E certamente la principale sarà che, ammettendo sia un numero minimo che un numero fisso base a cui vengano poi ad aggiungersi gli eletti nel numero stabilito dal rapporto tra il quoziente e la popolazione, i senatori verrebbero a rappresentare masse diverse di popolazione dall'una e all'altra Regione.

L'onorevole Mortati ha facoltà di svolgere la seconda parte del suo emendamento presentato stamane:

«Il numero dei senatori è determinato in ragione di uno ogni 250 mila abitanti, attribuendosi però a ciascuna Regione un numero minimo di sei senatori».

Mortati. Il mio emendamento riguarda due punti; il primo è quello della percentuale di senatori a seconda della popolazione, la quale percentuale propongo sia elevata da 200 a 250 mila abitanti e ciò per fare del Senato un organo che meglio si differenzi dalla Camera dei deputati. Se di questa, con l'aumento del numero dei membri, rispetto a quanto era stato proposto dal progetto, si è voluto fare una espressione analitica della volontà popolare, appare opportuno che invece il Senato adempia alla funzione di una rappresentanza più sintetica di grandi nuclei regionali.

La proposta, quindi, relativa all'elevazione del numero dei senatori si basa su questa prima considerazione. Ma se ne può aggiungere una seconda, quella cioè desumibile dall'esigenza di fare del Senato un corpo che sia il più possibile selezionato qualitativamente, soprattutto ai fini di una migliore elaborazione delle leggi; al che può giovare il non elevarne eccessivamente il numero, così come gioverà il limitare la scelta degli eleggibili in determinate categorie, secondo una proposta che dovrà essere discussa in seguito.

Si può trovare conforto nella tesi sostenuta nell'esempio offerto dalle Costituzioni di non poche fra le maggiori altre Nazioni, le quali appunto presentano una tendenza alla riduzione del numero dei membri del Senato, della seconda Camera rispetto a quello dei membri della Camera dei deputati. Si può in proposito ricordare che il Senato degli Stati Uniti è composto di appena 96 membri su 130 milioni di abitanti; la seconda Camera russa conta 570 membri su ben 170 milioni di abitanti; la Camera alta del Brasile risulta composta di appena 42 membri su 44 milioni di abitanti; così ancora l'Australia, la quale non ha anch'essa che 30 senatori su 12 milioni di abitanti. Ma v'è poi l'altro punto, quello cioè che si riferisce alla sostituzione del limite minimo al posto del numero fisso.

I due sistemi pur differendo fra loro, hanno una radice comune, nella comune finalità di rafforzare il peso politico delle piccole Regioni di fronte alle grandi.

Sono state fatte delle obiezioni al riguardo. Si è detto che questo premio dato alle piccole Regioni potrebbe essere un incitamento alla moltiplicazione delle stesse, e quindi potrebbe portare al sorgere artificioso di movimenti regionali, diretti alla costituzione di nuove piccole Regioni, allo scopo appunto di aumentare il peso della loro rappresentanza politica al Senato. Si può, però, osservare che la formazione delle nuove Regioni secondo il progetto in esame non è sottoposta all'arbitrio delle popolazioni interessate, ma alla legge costituzionale; e quindi vi è la garanzia data dall'intervento di tutte le forze politiche dello Stato, che possono neutralizzare le tendenze particolari delle Regioni che aspirino ad un ampliamento artificioso del numero dei rappresentanti al Senato.

Quindi, non mi pare che vi siano obiezioni serie, dal punto di vista pratico, all'accoglimento del principio di attenuare il criterio della determinazione del numero dei senatori in modo rigidamente proporzionale alla popolazione.

D'altra parte, faccio osservare che le proposte di modificare questa proporzione sono contenute in limiti così modesti, che portano a spostamenti minimi. Per esempio, della mia proposta di dare un numero minimo di sei senatori per ogni Regione — tenuto conto delle Regioni storiche e del Friuli (la cui costituzione come Regione autonoma è stata decisa) — verrebbero, in sostanza, a beneficiare cinque Regioni e la composizione totale del Senato verrebbe aumentata solo di poche unità. Il che non mi pare determini un turbamento notevole nella composizione politica del Senato, mentre, d'altra parte, rappresenta un riconoscimento di quella che può essere l'esigenza delle piccole Regioni, e specialmente delle piccole Regioni del Sud, ad avere un potenziamento, sia pure modesto e più simbolico che sostanziale, della loro influenza politica in questo Senato che, per quanto ridotto nel suo aspetto regionalistico, pur tuttavia conserva un legame con la struttura regionale, e quindi è il rappresentante di questo nuovo ente che abbiamo costituito.

A me pare, perciò, che sia l'una che l'altra proposta meritino di essere accolte.

Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, passiamo alla votazione. Mi pare che, essendo la questione ripresa da numerosi emendamenti, sia pure in vari contesti, la miglior cosa sia di votare la questione in sé, e cioè: deve darsi un numero minimo di senatori per ogni Regione? A risposta affermativa, voteremo poi se debbano essere i sei proposti dall'onorevole Mortati e dagli altri colleghi, oppure in altro numero.

Non passando invece la proposta di principio, voteremo se si debba dare un numero di senatori fisso di base, al quale si aggiungano poi i senatori eletti in rapporto al quoziente della popolazione. Questa mi pare debba essere la successione dei voti. Importante per ora non è la formulazione letteraria, ma il quesito in sé.

Lussu. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lussu. Noi stessi, che abbiamo lungamente discusso questo problema nella seconda Sottocommissione, abbiamo una certa perplessità e penso che, a maggior ragione, i colleghi che devono adesso affrontare la votazione abbiano bisogno di essere maggiormente illuminati.

Qual è lo scopo di questa proposta per cui si è fissato un numero minimo di senatori per ogni regione? Evidentemente per avvantaggiare alcune Regioni. Quali Regioni?

Presidente Terracini. L'ha detto l'onorevole Mortati proprio adesso.

Lussu. Ma quali sono? Sono parecchie? Sono quattro?

Presidente Terracini. Onorevole Mortati, le precisi, lei che ha esposto il concetto.

Mortati. Venezia Tridentina, Friuli, Lucania, Umbria e Sardegna.

Poiché ho la parola, vorrei pregare di tener presente che nel mio emendamento è stato omesso, per un errore materiale, di tener conto delle frazioni, ma è implicito che le frazioni di 125 mila abitanti dovevano essere incluse.

Laconi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. Mi parrebbe logico che noi alterassimo un po' l'ordine di votazione che la Presidenza ha proposto in questo momento, e cioè che votassimo prima il quoziente e poi eventualmente il numero fisso, in modo che l'Assemblea si possa render conto del beneficio che dà a determinate Regioni.

Presidente Terracini. Io sono tenuto a seguire l'ordine della materia come risulta dal testo della Commissione. Qualche collega può comunque parlare ed esporci in forma di esemplificazione quali sarebbero le conseguenze del voto, a seconda che l'Assemblea accetti l'uno o l'altro dei quozienti proposti. I quozienti sono quelli di 200 mila da parte della Commissione, di 120 mila da parte dell'onorevole Lami Starnuti, di 150 mila da parte dell'onorevole Targetti, di 250 mila da parte dell'onorevole Mortati.

Laconi. Permetta, signor Presidente, mi sembra logico che l'Assemblea debba far dipendere la sua votazione sul numero fisso da quella sul quoziente e non viceversa, e cioè che possano variare le opinioni sul numero minimo fisso in relazione alla decisione che sarà presa per il quoziente.

Presidente Terracini. Io non contesto questa sua tesi, ma ho detto che lei potrà renderla evidente esponendo quali sarebbero i risultati a seconda dei quozienti che si accettano. D'altra parte, ieri, attraverso gli interventi di vari colleghi, abbiamo appreso che questa affermazione del numero minimo o del numero fisso ha uno scopo che valica — direi — il dato quantitativo dei senatori che verrebbero eletti, ma mira ad affermare, attraverso un certo accorgimento, il carattere regionale del Senato. Comunque, ho dinanzi a me il testo della Commissione, che dice:

«A ciascuna Regione è attribuito, oltre ad un numero fisso di cinque senatori, un senatore per 200 mila abitanti o per frazione superiore a centomila».

Esso quindi propone prima questo problema.

Laconi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. Il numero fisso previsto nel progetto era un'altra cosa. La Commissione non faceva cenno di un numero minimo fisso, ma parlava di un numero fisso aggiuntivo. Comprendo le difficoltà procedurali dinanzi alle quali si trova il Presidente in questo momento, ma penso che, se i diversi Gruppi dell'Assemblea non hanno difficoltà, si può procedere a stabilire il quoziente.

Presidente Terracini. I colleghi hanno udito la proposta dell'onorevole Laconi. Se non si presentano argomentazioni contrarie, posso aderirvi. Perché tutti abbiamo in mente già quello che intendiamo fare e qual è il modo in cui desideriamo sia risolto il problema, non muteremo il nostro atteggiamento solo perché muta l'ordine della votazione.

Moro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Noi non abbiamo obiezioni da fare, quindi accettiamo la proposta dell'onorevole Laconi.

Presidente Terracini. Sta bene. E allora per prima cosa votiamo sul quoziente che deve regolare il rapporto fra la popolazione e il numero dei senatori eletti.

Vi è la proposta della Commissione, che il quoziente sia stabilito in 200 mila abitanti. E poi vi sono le proposte: dell'onorevole Lami Starnuti per un quoziente di 120 mila; dell'onorevole Targetti per un quoziente di 150 mila e dell'onorevole Mortati per un quoziente di 250 mila.

Quella che si allontana di più dal testo della Commissione è la proposta dell'onorevole Lami Starnuti per un quoziente di 120 mila. La pongo in votazione per prima.

(Non è approvata).

Pongo in votazione la proposta dell'onorevole Targetti per il quoziente di 150 mila abitanti.

(Dopo prova e controprova, la proposta non è approvata).

Ora dovrei porre in votazione la proposta dell'onorevole Mortati.

Mortati. Ritiro la proposta di 250.000 ed accetto quella della Commissione.

Presidente Terracini. Pongo in votazione la proposta della Commissione che il quoziente sia fissato nella cifra di 200.000 abitanti o per frazione superiore a centomila.

(È approvata).

Onorevole Laconi, abbiamo risolto la questione pregiudiziale. Si tratta adesso di passare alla seconda questione, quella del numero fisso o del numero minimo. La Commissione propone il numero fisso, l'emendamento dell'onorevole Mortati propone il numero minimo. Voteremo quindi sull'emendamento dell'onorevole Mortati. La proposta dell'onorevole Mortati è di attribuire a ciascuna Regione un numero minimo di sei senatori.

Nobile. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nobile. Io vorrei conoscere quali siano i motivi che inducono a favorire le piccole Regioni, perché realmente io non mi spiego perché si voglia fare questo trattamento particolare e favorire così il frazionamento del nostro Paese.

Bordon. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Bordon. Questa mattina io ho fatto un'aggiunta all'emendamento dell'onorevole Mortati e desidero quindi che esso sia riportato nella sua completezza.

Presidente Terracini. Onorevole Bordon, non c'è un deputato nell'Assemblea, per quanto appassionato per le Regioni, che intenda dare sei senatori alla Val d'Aosta.

Bordon. Non sappiamo cosà farcene.

Presidente Terracini. Non c'è infatti nessun emendamento in tal senso al testo della Commissione che propone un senatore. È sufficiente.

Corbino. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Corbino. Vorrei domandare al collega Mortati se egli si è basato, nel determinare il numero minimo, sul quoziente di 250.000 e quali variazioni porta all'elenco delle Regioni, che ha già comunicato, l'avere abbassato il quoziente a 200.000.

Mortati. Nessuna.

Presidente Terracini. L'onorevole Conti ha proposto di modificare l'emendamento principale dell'onorevole Mortati, nel senso di attribuire ad ogni Regione un numero minimo di quattro senatori. Pongo in votazione la proposta.

(Non è approvata).

Pongo in votazione la proposta dell'onorevole Mortati, che ad ogni Regione si attribuisca un numero minimo di sei senatori.

(È approvata).

È stato dunque stabilito fino ad ora che il quoziente per l'elezione dei senatori sia di 200 mila e che ogni Regione abbia assicurato un minimo di sei senatori. Resta adesso a decidere ancora, sempre in tema di articolo 55, che la Val d'Aosta abbia un solo Senatore.

Lucifero. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lucifero. È bene che sia chiarito, visto che abbiamo votato il testo dell'articolo, che l'onorevole Mortati ha fatto presente che aveva dimenticato di mettere la frazione di 200 mila, altrimenti si potrebbero domani sollevare obiezioni.

Presidente Terracini. L'onorevole Mortati ha detto di accettare la proposta della Commissione in cui si dice: «un senatore per duecento mila abitanti o per frazione superiore a centomila». Pongo ora in votazione la seguente proposizione:

«La Valle d'Aosta ha un solo senatore».

(È approvata).

Passiamo ora all'ultimo periodo del secondo comma del testo della Commissione:

«Nessuna Regione può avere un numero di senatori maggiore di quello dei deputati che manda all'altra Camera».

Vi è un emendamento di carattere formale, presentato dall'onorevole Colitto, il quale propone di togliere l'ultimo inciso «che manda all'altra Camera».

Gli onorevoli Mortati, Fuschini, Ferrarese, De Palma, Sullo, Dominedò, Carignani, Bubbio, Balduzzi, Salizzoni, Viale, propongono la soppressione di questo periodo.

Ma questo emendamento opera, in quanto, posta in votazione la formulazione, questa venga respinta.

Moro. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Dichiaro che noi voteremo contro questa parte dell'articolo essendo favorevoli alla soppressione proposta dall'onorevole Mortati.

Lucifero. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lucifero. Ritengo che, nella nuova composizione del Senato, questo articolo non abbia ragion d'essere, perché abbiamo creato un sistema autolimitato. Quella aggiunta valeva, quando il sistema era organizzato diversamente. Oggi sarebbe in contraddizione col sistema. Quindi, io voterò contro.

Lussu. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lussu. A me pare che questo sistema sia irrazionale. Si pongono i deputati, in certe Regioni, quasi in uno stato di inferiorità, come espressione di sovranità popolare, di fronte ai senatori.

Io trovo che il ragionamento logico, conclusivo delle premesse della discussione nostra era questo emendamento presentato dall'onorevole Mortati. Non capisco perché adesso, all'ultimo momento, quell'emendamento sia ritirato, quando tutti eravamo d'accordo.

Pertanto, io prego che sia ripresentato l'emendamento il quale è stato riconosciuto come un'esigenza di rappresentanza politica.

Laconi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. Vorrei far notare all'Assemblea quale efficacia può avere oggi la clausola introdotta dall'onorevole Lussu a suo tempo. Influirebbe soltanto sulla rappresentanza di una regione, il Molise, la cui costituzione è ancora incerta; in quanto verrebbe a limitare la rappresentanza dei senatori soltanto per quelle regioni, che abbiano una popolazione inferiore ai 480.000 abitanti.

Fabbri. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Fabbri. Desidero osservare che ormai, stabilito che si avrà un deputato per ogni ottantamila abitanti, e un senatore ogni duecentomila, non sussiste più la possibilità di un numero di senatori superiore a quello dei deputati per ogni Regione.

Presidente Terracini. Mi pare che, a questo proposito, questa norma, se sarà approvata, gioverà a tutte le Regioni, le quali abbiano meno di 600.000 abitanti.

Comunque, l'Assemblea deciderà. Pongo in votazione la formulazione:

«Nessuna Regione può avere un numero di senatori maggiore di quello dei deputati che manda all'altra Camera»,

con l'emendamento formale proposto dall'onorevole Colitto, cioè di sopprimere l'inciso «che manda all'altra Camera».

(Non è approvata).

[...]

L'articolo 55 risulta, nel suo complesso, così approvato:

«Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale.

«Il numero dei senatori è determinato in ragione di uno ogni 200 mila abitanti, o frazione superiore ai 100 mila, attribuendosi però a ciascuna Regione un numero minimo di sei senatori.

«La Valle d'Aosta ha un solo senatore.

«I senatori sono eletti a suffragio universale diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età».

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Io non sono mai intervenuto perché nella sostanza delle questioni il Comitato è in disaccordo interno, ed è una vera disgrazia. Ma osservo che, come pura forma, sarebbe opportuno dare un'altra espressione.

Presidente Terracini. Io ho riletto il testo risultante dalle varie votazioni perché tutti i colleghi conoscano con precisione il frutto del lavoro di questi giorni. Non la forma, ma il contenuto è necessario richiamare ora alla mente. Il Comitato di redazione, da parte sua, darà poi la forma che riterrà più adeguata.

Perassi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Perassi. Se non erro, per quanto riguarda questo secondo comma, l'onorevole Presidente ha sottoposto successivamente le questioni di principio, e si sono votate successivamente le diverse proposte; ma non è stato mai letto un testo completo del secondo comma. Ora, faccio presente che il testo della Commissione è formulato un po' diversamente da come è stato letto ultimamente.

Presidente Terracini. L'onorevole Perassi ha sollevato l'obiezione che il testo del quale ho dato lettura, dopo di aver ricucito accuratamente assieme tutte le votazioni che abbiamo eseguito, non corrisponderebbe alle votazioni stesse. Desidero far osservare all'onorevole Perassi che l'Assemblea non ha votato sul testo della Commissione, ma sugli emendamenti, ed è cosa abbastanza elementare che nel testo che io ho letto abbia ripresi letteralmente gli emendamenti votati.

Onorevole Perassi, nell'emendamento dell'onorevole Mortati, attorno al quale si è svolta tutta la discussione, si dice appunto «attribuendosi a ciascuna regione un numero minimo di sei senatori». Lei ha rilevato che nel testo definitivo non avrei ripresa l'espressione. Ma il testo che ho letto dice così: «attribuendosi però a ciascuna regione un numero minimo di sei senatori».

Sarei veramente curioso di sapere in che cosa il testo che ho letto differisce dal testo votato e il testo votato da quello proposto dall'onorevole Mortati.

Prego i colleghi prima di sollevare questioni, di essere sicuri di quello che dicono.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti