[Il 9 ottobre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Parlamento». Sono in discussione gli emendamenti aggiuntivi all'articolo 55 del progetto di Costituzione.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 58 per il testo completo della discussione.]

Presidente Terracini. [...] Passiamo ora all'esame dell'articolo 56. Se ne dia lettura.

[...]

Nobili Tito Oro. [...] Sugli emendamenti da portare alle altre parti del testo sono invece pienamente d'accordo col collega Targetti. Noi non possiamo accettare la limitazione della eleggibilità in ragione di naturalità o di domicilio, nel senso di esigere che il candidato sia nato o domiciliato nella Regione che dovrebbe eleggerlo.

La nostra tradizione unitaria ha precedenti chiari: non gioverebbe ricercarla nelle disposizioni dello Statuto albertino riguardanti il Senato, perché esso contemplava un Senato di nomina regia.

Ma il principio dello Stato-Nazione, cioè dello stato unitario attraverso la rappresentanza estensiva degli interessi generali dell'intero Paese per parte di ogni singolo parlamentare, era ben definito nelle disposizioni riguardanti la Camera dei deputati. Era ivi espressamente dichiarato, mi pare all'articolo 41, che il deputato non rappresenta soltanto il collegio dal quale è stato eletto, ma la intiera Nazione. D'altra parte in nessuna delle leggi elettorali dello Stato italiano è stato mai prescritto che per la eleggibilità del deputato occorresse che egli fosse o nato o domiciliato entro l'ambito del collegio dove si fosse presentato candidato. Siffatta pretesa non trova del resto riscontro in alcuna altra Carta costituzionale, che non siano quelle di Paesi governati a sistema federale o a Federazione di stati. Ognuno comprende come questo non sia il caso nostro. Noi abbiamo continuamente riaffermato la decisa volontà del Paese di ispirarsi sempre a quell'indirizzo unitario al quale si è ispirato il nostro Risorgimento, rispetto al quale la nostra fede rappresenta un superamento, non un rinnegamento.

L'unità d'Italia, nel moto spontaneo dei popoli verso le grandi formazioni che sollecitano l'abbattimento delle «barriere scellerate» e la fratellanza di tutte le genti, ha una tradizione degna di epopea, costellata di lotte, di sacrifici, di martiriologio; e la convinzione della sua necessità formò il substrato etico e passionale delle lotte, delle rivolte insurrezionali che condussero alla costituzione dello Stato nazionale italiano. C'è qualcuno che si illuda di poter oggi, profittando della sciagura, dare il colpo di spugna alle conquiste che di tale movimento furono le conseguenze?

Di questo spirito, che le calamità mai non riuscirono a spegnere, è documento la Costituzione della Repubblica romana, che ammetteva alla propria Assemblea non i naturali soltanto del proprio territorio, ma i cittadini degli Stati tutti d'Italia che da sei mesi vi avessero preso stanza. Lo ricordino gli immemori!

Il Senato è uno dei due rami del Parlamento nazionale; e legifera, vigile tutore dell'interessi generali di tutto il Paese, sugli interessi medesimi; e attinge, nella formazione della propria Assemblea, a tutto il territorio nazionale, senza distinzioni territoriali: sotto tale riflesso tutti i cittadini devono poter partecipare all'Assemblea medesima, in qualunque parte del territorio siano nati, in qualunque parte siano stati proclamati candidati ed eletti. La limitazione della eleggibilità dei senatori in ragione della naturalità e del domicilio nell'ambito della Regione che dovrebbe eleggerlo, offende dunque la coscienza unitaria del Paese e le origini dello Stato italiano; essa può essere stata ispirata soltanto dalla esasperazione di quello spirito regionalista che mina ormai la compagine statale e che di recente faceva emettere in quest'Aula a un membro del Governo, una esclamazione di angoscia: «Nel 1947 si sono create le Regioni, e si è spenta l'Italia!». (Commenti).

Il grido non è mio, è di un membro di questo Governo; ma io sento tutta la portata di questa onesta preoccupazione.

È una preoccupazione alla quale bisogna reagire. Ma bisogna reagire anche alla infatuazione regionalista, come a un fenomeno patologico, di panico, di egoismo localistico, di incipiente disinteressamento per il risollevamento della Nazione nel mondo. Quando indicammo il pericolo, ci si rispose che la creazione dell'ente Regione era la conseguenza necessaria dell'accettato principio delle autonomie locali, l'applicazione pura e semplice di quel decentramento amministrativo che noi stessi avevamo invocato. Ma qui si rende più evidente che non si fosse visto fin'ora, che la riforma non vuole limitarsi a quel ragionevole decentramento che avrebbe potuto con successo svilupparsi sugli enti Provincia e Comune, ma arditamente si spinge sul terreno politico, tende a formare delle Regioni le circoscrizioni elettorali del Senato, dei Consigli regionali altrettanti grandi elettori di ben un terzo dei Senatori (e questo tentativo è fortunatamente naufragato), a imporre che questi siano scelti in seno ai nativi e ai domiciliati nella Regione stessa, e a considerarli come portatori in seno al Senato, della voce della Regione, come rappresentanti, in seno ad esso, degli interessi particolaristi di questa, anziché di quelli generali della Nazione. Di guisa che non potrebbe più parlarsi di semplice prefederalismo; si tratterebbe ormai di dar vita a un Senato in funzione di Camera Federale delle Regioni. Ecco perché è proprio necessario eliminare il sospetto che si tenda alla graduale distruzione dell'unità italiana a soddisfazione del tradizionale spirito guelfo. Ecco perché occorre eliminare la preoccupazione che i propositi dei sostenitori vadano molto al di là della lettera del progetto, come ha fatto dubitare l'onorevole Ambrosini, quando, a conclusione della sua dotta relazione orale, nella discussione generale sulle Regioni, ha ricordato il rimprovero fattogli dal suo Partito «di aver troppo contenuto la riforma».

Questa preoccupazione e quel sospetto noi non vogliamo che si diffonda, ma bisogna anche evitare che ad essi si dia esca in maniera da far credere che il nostro ordinamento si inoltri per la via del federalismo. La rappresentanza che si vuol dare ad interessi di Regione in una Assemblea a funzione e a fini nazionali, è completamente ingiustificata. Ingiustificata sotto tutti i rapporti, anche sotto quello della opportunità e dell'utilità. È logico che in ciascuna circoscrizione, sia ristretta, sia allargata, i Partiti prima, ed il popolo poi, il corpo elettorale in altri termini, abbiano sempre interesse di scegliere, per quanto possibile, gli elementi locali e di preferirli a quelli estranei. E ciò basta a far ritenere superflua e non necessaria la odiosa limitazione. Il peggio è che, per effetto di questa, il progetto preclude la via alle circoscrizioni di cercare i propri candidati in altre località, anche nel caso che una scelta soddisfacente ne sia stata impossibile nel proprio seno. Il vizio del progetto della tendenza maggioritaria è dunque individuato: essa antepone ai fini generali e unitari quelli particolaristici: così quando si batte per un Senato corporativo, a categorie d'interessi; così quando si batte per un Senato a rappresentanza d'interessi regionali; così quando, caduto il tentativo precedente, si batterà per un Senato aperto esclusivamente a limitate categorie culturali, economiche e sociali che non includono però le forze vive del lavoro. Per questi motivi noi ci batteremo contro questa prima parte dell'articolo 56 e sosterremo ad oltranza l'emendamento che abbiamo proposto.

[...]

Presidente Terracini. L'onorevole Donati ha presentato il seguente emendamento:

Dopo la parola: elettori, togliere l'inciso: nati o domiciliati nella Regione.

Ha facoltà di svolgerlo.

Donati. Onorevoli colleghi, non ho nulla da aggiungere a quanto è stato già a suo tempo esposto dall'onorevole Nitti ed ora dall'onorevole Nobili Oro in merito all'inopportunità di fare delle Regioni tanti compartimenti-stagni agli effetti dell'eleggibilità dei senatori. Voglio soltanto osservare, che, anche a voler tenere nella maggiore evidenza la base regionale, l'inciso di cui propongo la soppressione, non presenta alcuna utilità. Anzitutto è sempre inutile, e quindi dannosa una norma che può essere facilmente violata: tale è la norma proposta dalla Commissione perché, se il luogo di nascita non può essere cambiato, il domicilio può essere facilmente mutato, anche soltanto in vista delle elezioni.

D'altro canto, è frequente l'ipotesi di persone che hanno illustrato nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti o dell'attività industriale o nel campo della beneficienza la Regione dalla quale traggono origine, pur non essendovi nati perché, ad esempio, figli di impiegati che prestavano servizio fuori della Regione di origine e pure non essendovi neppure domiciliati. In tali casi, col testo della Commissione si preclude agli elettori di una regione la possibilità di elevare al Senato i suoi figli più degni.

Pertanto ritengo questo provvedimento dannoso ed insisto per la sua soppressione.

[...]

Presidente Terracini. [...] Gli onorevoli Codacci Pisanelli, Castelli Avolio, Chatrian, Cingolani, Ermini, Tupini, Tozzi Condivi, De Palma hanno presentato i seguenti emendamenti:

«Al primo comma sopprimere le parole: nati o domiciliati nella Regione».

«Nel caso che il detto emendamento soppressivo non fosse approvato dall'Assemblea, aggiungere, alla fine dell'articolo stesso, il seguente comma:

«Il requisito della nascita o del domicilio nella Regione, di cui alla prima parte del presente articolo, non si applica a coloro che siano stati, in uno dei collegi della Regione, deputati alla Costituente o alla Camera dei deputati».

L'onorevole Codacci Pisanelli ha facoltà di svolgerli.

Codacci Pisanelli. L'emendamento proposto ha bisogno appena di essere illustrato. Si riferisce in realtà al problema testé prospettato dall'oratore che mi ha preceduto, cioè quello di non esigere il requisito del domicilio, tanto più che il domicilio potrebbe essere eletto con tale facilità da non costituire garanzia di rapporto di particolare legame con la Regione o con la circoscrizione nella quale si aspira ad essere eletti. Non voglio dilungarmi su quanto è stato già illustrato dal collega. Ritengo che si possa fare a meno di porre i requisiti stabiliti nel progetto e quindi che questo emendamento possa essere accolto senza difficoltà, ove non si voglia escludere del tutto il requisito del domicilio.

Presidente Terracini. Gli onorevoli Bastianetto, Bazoli, Montini, Caso, Bettiol, Lizier, Corsanego, Martinelli, Spataro e Cotellessa hanno presentato il seguente emendamento:

«Dopo le parole: gli elettori, sopprimere: nati o domiciliati nella Regione».

Onorevole Bastianetto ha facoltà di svolgerlo.

Bastianetto. È già stato svolto dall'onorevole Donati alle cui conclusioni mi associo.

[...]

Presidente Terracini. [...] Invito l'onorevole Ruini a esprimere il pensiero della Commissione in ordine agli emendamenti svolti.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Onorevoli colleghi, riferirò su ciò che ha stabilito il Comitato, non sicuro però, per ripetute esperienze, che i colleghi i quali hanno votato in un modo nel Comitato voteranno nello stesso modo anche nell'Assemblea. Veniamo ai gruppi di emendamenti presentati. Abbiamo innanzitutto gli emendamenti degli onorevoli Targetti, e quelli degli onorevoli Nobili Tito Oro, Donati, Cifaldi, Nitti, ed altri e, in via subordinata, anche quello Codacci Pisanelli, che voglion sopprimere la condizione «nati e domiciliati nella Regione». A questo proposito, il Comitato ha tenuto presente che vi sono dei casi i quali dimostrano che la nascita o il domicilio nella Regione non assicurano il nesso di appartenenza diretta ed efficiente alla Regione stessa. Vi può essere un cittadino, figlio di un impiegato, il quale sia nato per combinazione in una Regione, ma non vi abbia più rimesso piede: questi potrebbe essere candidato. Viceversa vi possono essere altri, di genitori e di gente ab antiquo d'una Regione che sono nati fuori ed hanno domicilio altrove (un decisivo peso ha il domicilio legale), ma han conservato i vincoli più stretti, vi sono stati eletti deputati (l'amico Tupini ha citato il suo caso), e non potrebbero esservi nominati senatori.

Tutto sommato, il Comitato ha ritenuto a maggioranza che si debba togliere questa condizione, in quanto non raggiunge l'effetto voluto di imprimere un carattere di sicura regionalità.

[...]

Presidente Terracini. Gli onorevoli Gasparotto, Veroni, Villabruna, Bocconi, Lami Starnuti, Carboni Angelo, Filippini, Rossi Paolo, Arata, Bordon, hanno presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere, oltre alle parole: nati o domiciliati, anche le altre: o residenti».

L'onorevole Gasparotto ha facoltà di svolgerlo.

Gasparotto. Sono favorevole alla soppressione delle categorie, ma ove a questo non si addivenisse, io dico che bisogna parlare non soltanto del luogo di nascita e del domicilio, ma anche della residenza, la quale ha grande importanza nell'attività dell'individuo. Il domicilio si confonde quasi sempre col luogo di nascita, ed è mantenuto soprattutto per ragioni affettive. La residenza, per definizione data dal Codice civile, è la sede principale dei propri affari ed interessi, ed è nella residenza che si esplica la maggior parte dell'attività del cittadino. Dunque, si potrebbe eventualmente sopprimere la voce «domicilio», per sostituirla con «residenza»; ma, per non perderci in quisquilie, proponiamo semplicemente di aggiungere «o residenti».

Clerici. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Clerici. Chiedo all'onorevole Presidente che sia messo in votazione per divisione il punto dell'articolo 56, là dove dice: «nati o domiciliati nella Regione», perché — e faccio così anche una dichiarazione di voto — a me pare — ed il punto non è stato ancora rilevato dagli onorevoli colleghi — che con questa statuizione noi verremmo ad urtare il principio stabilito dall'articolo che voteremo tra poco, cioè dall'articolo 64 del progetto di Costituzione, il quale statuisce che «ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione».

Ricordo a me stesso che ciò è perfettamente conforme al moderno concetto di rappresentanza, in contrapposto a quello antico che stabiliva i cahiers, cioè mandato proprio e vincolativo. Oggi, adunque, al pari del deputato, il senatore rappresenta la Nazione. Per cui è assurdo che, poiché anche il Senato rappresenta la Nazione, debba porsi questa limitazione localistica.

Presidente Terracini. E allora, onorevoli colleghi, passiamo alla votazione che — secondo lo spirito della proposta dell'onorevole Arata, che l'Assemblea ha approvato — avverrà per divisione. Voteremo sul primo comma dell'articolo 56:

«Sono eleggibili a senatori gli elettori, nati o domiciliati nella Regione, che hanno compiuto trentacinque anni di età, e sono o sono stati».

Poiché, d'altra parte, sono stati presentati emendamenti a diverse parti di questo primo comma, e precisamente alla prima parte, dove si afferma il principio della nascita o del domicilio nella Regione; e alla seconda che si riferisce all'età; e, infine, alle categorie, procederemo alla votazione in tre parti distinte, votando prima l'inciso:

«Sono eleggibili a senatori gli elettori, nati o domiciliati nella Regione».

Faccio presente che hanno chiesto la soppressione dell'ultima parte di questo inciso «nati o domiciliati nella Regione» gli onorevoli Targetti, Donati, Nobili Tito Oro, Cifaldi, Codacci Pisanelli, Bastianetto.

Lussu. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lussu. Io voterò la dichiarazione contemplata nel primo comma: «Sono eleggibili a senatori gli elettori nati e domiciliati» e sono disposto anche a votare l'aggiunta introdotta dal collega Gasparotto, se sarà votata.

Dichiaro che voterò questo perché nessuna delle ragioni esposte dall'onorevole Ruini mi ha minimamente convinto e non mi ha neppure convinto l'ultima ragione espressa dall'onorevole Clerici. Sono tutte finzioni, falsi ragionamenti che non possono far dimenticare quello che inizialmente la Commissione aveva inteso affermare. È chiaro che ogni deputato ed ogni senatore rappresenta la Nazione. Questo avveniva anche nel periodo in cui il sistema di elezione era il collegio uninominale; era una questione teorica, ma era ovvio ed ammesso da tutti che il deputato rappresentasse la Nazione. Così può rappresentare perfettamente la Nazione, conciliando gli interessi della Regione con quelli dello Stato e della Nazione, chi sia senatore con il requisito voluto di essere nato e domiciliato nella determinata Regione dove ha presentato la propria candidatura.

Nobile. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nobile. Io voterò contro.

In un secolo in cui l'aeroplano ha raggiunto mille chilometri all'ora e l'automobile ha sorpassato i seicento, quando è possibile lavorare durante la giornata a Roma e dormire la notte a Milano, trovo assolutamente anacronistica ed assurda una tale disposizione nella nuova Costituzione della Repubblica.

Presidente Terracini. Passiamo ai voti.

Per necessità di chiarezza, metterò in votazione la formula:

«Sono eleggibili a senatore gli elettori».

(È approvata).

Pongo in votazione le parole:

«nati o domiciliati nella Regione».

(Non sono approvate).

Pertanto decade anche l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Gasparotto.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti