[Il 20 settembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, dopo aver discusso relativamente alla prima convocazione della Camera (vedi articolo 61), tratta il tema delle successive convocazioni.]

Presidente Terracini [...] Poiché si è in tema di convocazione, pensa che possa essere affrontata la questione delle convocazioni successive, circa la quale l'onorevole Conti propone la seguente formula:

«Nel quadriennio si riunirà senza alcuna convocazione nella prima decade del marzo e dell'ottobre di ogni anno, e terrà le sedute che saranno necessarie allo svolgimento dell'opera legislativa».

Mette innanzitutto ai voti il principio della convocazione automatica, sul quale sono d'accordo ambedue i relatori.

(È approvato).

Circa la data delle due convocazioni annuali, avverte che per la prima sia l'onorevole Mortati che l'onorevole Conti convengono di fissarla in marzo; mentre per l'altra è questione se debba avvenire in ottobre o a novembre.

Mortati, Relatore, ritiene che la data della seconda convocazione debba mettersi in relazione con la presentazione dei bilanci preventivi e consuntivi, e perciò propone che avvenga in novembre.

Conti, Relatore, Nobile e Zuccarini propenderebbero per l'ottobre, perché in tal mese comincia un nuovo trimestre.

Il Presidente Terracini mette ai voti la proposta che la seconda convocazione della Camera avvenga nel mese di ottobre.

(È approvata).

Codacci Pisanelli propone che si fissi il primo giorno non festivo del mese.

Il Presidente Terracini ritiene accettabile questa proposta e crede che la disposizione potrebbe essere così formulata:

«La Camera si riunisce di pieno diritto, senza uopo di convocazione, il primo giorno [non][i] festivo del mese di marzo e di ottobre di ogni anno».

La pone ai voti.

(È approvata).

Passando all'argomento della possibilità di altre convocazioni, oltre quelle automatiche, avverte che l'onorevole Mortati propone un'aggiunta al comma ora approvato, così concepita: «Deve altresì essere convocata dal suo Presidente quando lo richiedano il Presidente del Consiglio dei Ministri o un quarto dei suoi membri con istanza motivata».

Invece l'onorevole Conti aveva proposto la seguente formula: «Può essere convocata in via straordinaria dal Presidente della Repubblica, con messaggio motivato al Presidente della Camera, dalla sua Presidenza, o da questa a richiesta motivata del Capo del Governo.

«La convocazione a richiesta di Deputati deve essere fatta su domanda di un decimo dei componenti la Camera».

Osserva che con la formula dell'onorevole Conti viene affrontata, per la prima volta, la questione dei poteri del Capo dello Stato.

Mortati, Relatore, ritiene che su questo punto sarebbe necessaria una sospensiva, perché la Sottocommissione non è ancora entrata nel merito dei poteri del Presidente della Repubblica e del Capo del Governo.

Il Presidente Terracini crede che intanto potrebbe esaminarsi l'ipotesi della autoconvocazione, relativamente alla quale fra le due proposte v'è una differenza notevole, in quanto l'onorevole Mortati propone un quarto dei membri della Camera, mentre l'onorevole Conti un decimo.

Poiché ritiene che possa considerarsi tacitamente accolto il principio di autoconvocazione dell'Assemblea, apre la discussione sulla determinazione del numero dei richiedenti necessario per ottenere la suddetta convocazione.

Di Giovanni è del parere che sia sufficiente un decimo e che un quarto sia difficilmente raggiungibile.

Mortati, Relatore, giustifica la maggiore rigidità della sua proposta con la considerazione che la convocazione della Camera è un evento di notevole importanza, che implica anche uno spostamento dell'ordinaria attività del governo. Un decimo dei componenti la Camera, con la composizione prevista di questa, significherebbe circa 40 deputati, che gli sembrano troppo pochi.

Conti, Relatore, sostiene la necessità di mantenere bassa la percentuale anche per il criterio della tutela delle minoranze.

Perassi crede che sarebbe opportuno limitarsi per il momento a fissare il principio dell'autoconvocazione, salvo a determinare successivamente la percentuale di deputati necessaria. Ricorda che il problema in passato è stato affrontato in sede regolamentare e potrebbe essere utile consultare i precedenti.

Patricolo non approva il criterio di rinviare la materia al regolamento della Camera. Se si ritiene che la Costituzione debba effettivamente fissare le garanzie democratiche nel paese, non si può non volere che contenga anche la determinazione di questa percentuale che rappresenta appunto una garanzia per le minoranze.

Nobile è sostanzialmente d'accordo sull'opportunità di fissare questa percentuale, e ritiene che, se il numero minimo di deputati richiesti per l'autoconvocazione sarà basso, non per questo si dovrà temere qualche inconveniente. Se anche un piccolo gruppo di deputati invitasse i colleghi a mettersi al lavoro nell'interesse del Paese, l'invito dovrebbe essere sempre accettato volentieri.

Il Presidente Terracini osserva, e non per semplice amore della transazione, che tra le due proposte c'è una sensibile differenza, onde si potrebbero contemperare le varie esigenze.

Personalmente ritiene che sia necessario dare, attraverso al diritto di autoconvocazione, una garanzia alle minoranze, che tuttavia debbono essere considerate in rapporto alla loro efficienza e al loro reale valore politico, perché anche un uomo solo in una assemblea potrebbe, a volte, costituire una minoranza. Nel quadro di una società nazionale che va sempre più organizzandosi sulla base dei partiti, bisogna tener conto del fatto che non sarà una persona e neanche piccoli gruppi di persone che potranno avere un peso decisivo. Non condivide la opinione dell'onorevole Nobile che bisogna sempre accogliere benevolmente gli inviti al lavoro: se v'è una richiesta di convocazione della Camera fuori della sessione ordinaria, ciò vuol dire che v'è una crisi politica o si intende di provocarla. Ora, le crisi possono essere necessarie, ma in linea generale bisognerebbe evitare di facilitarle, soprattutto se non sono espressione di una forza politica notevole. Più volte si è parlato della necessità di dare una certa garanzia di stabilità al Governo ed è evidente che l'autoconvocazione della Camera in tal caso gioca in senso contrario. Personalmente non è tra coloro che richiedono in maniera assoluta garanzie di stabilità al Governo tali da impedire che le giuste esigenze delle minoranze siano fatte valere; ma ritiene che deve trattarsi di minoranze che rappresentino un qualche cosa di concreto. In una Assemblea di circa 420 membri, 40 deputati non rappresentano una forza che possa pesare in modo decisivo sopra la vita politica del Paese. D'altra parte pensa che sia esagerato richiedere la percentuale di un quarto dei componenti l'Assemblea. Sarebbe sempre difficile arrivarci e dovrebbe entrare in gioco la maggioranza.

Ritiene quindi che si potrebbe fissare una cifra intermedia, tale da soddisfare la necessità di una tutela alle minoranze efficienti e, nello stesso tempo, di una convocazione che si faccia quando la situazione politica realmente la richieda.

Nobile obietta che una piccola minoranza non potrebbe provocare una crisi, onde la preoccupazione cui ha accennato il Presidente non è fondata.

Mortati, Relatore, chiarisce che, a parte la possibilità di provocare una crisi, bisogna evitare che questo istituto possa diventare un mezzo con cui le minoranze insoddisfatte riescano a turbare l'ordinario svolgimento della attività del Governo attraverso una convocazione della Camera che non risponda ad una esigenza effettivamente sentita nel Paese.

Laconi propone la percentuale di un quinto che rappresenterebbe circa ottanta deputati.

Mortati, Relatore, si associa alla proposta dell'onorevole Laconi, richiamando l'attenzione sul fatto che la maggior parte delle legislazioni, anche le più liberali (come la tedesca del 1919 e la ceco-slovacca) contemplano percentuali varianti dal quinto al sesto. Ove la Sottocommissione non accettasse il quinto, potrebbe adottare il sesto.

Il Presidente Terracini pone ai voti la proposta di fissare la percentuale necessaria per la convocazione ad un quinto dei componenti la Camera.

(Non è approvata).

Pone ai voti la percentuale di un sesto dei deputati.

(È approvata).

Avverte che quest'altra disposizione rimane quindi così formulata:

«La convocazione a richiesta di Deputati deve essere fatta su domanda di un sesto dei componenti la Camera».

Mortati, Relatore, sottopone all'attenzione dei colleghi un altro argomento di discussione: se, cioè, la Presidenza della Camera possa, indipendentemente dalla richiesta di un sesto dei deputati, procedere di sua iniziativa alla convocazione. Una proposta in tal senso è contenuta nella formula dell'onorevole Conti.

Fabbri dichiara di esservi favorevole.

Il Presidente Terracini invita l'onorevole Conti ad illustrare i motivi per cui ha voluto si riconoscesse questo diritto alla Presidenza. Personalmente è d'avviso che, se neppure una modesta percentuale dei deputati ha ritenuto che si debba procedere alla convocazione, non possano esserci seri motivi che stimolino la Presidenza — la quale dovrebbe essere interprete della volontà dell'Assemblea — a prenderne l'iniziativa.

Conti, Relatore, precisa che, a suo avviso, l'iniziativa della Presidenza dovrebbe sostituirsi all'inerzia della percentuale fissata di deputati, così come l'iniziativa di un sesto dei deputati può sostituirsi all'inerzia della Presidenza. In sostanza questa, in certi momenti potrebbe ritenere, di fronte ad un Governo inerte ed a deputati insensibili al loro dovere di dover provvedere direttamente.

Mortati, Relatore, è contrario, perché, o il Presidente è interprete della volontà della maggioranza — come dovrebbe esserlo, in quanto espressione di gruppi di maggioranza — e allora raccoglierà facilmente quel sesto che occorre per ottenere la convocazione, o non è interprete della maggioranza ed attua una sua iniziativa personale, ed allora questo suo giudizio non dovrebbe sovrapporsi a quello dei componenti l'Assemblea.

Fabbri si associa alle considerazioni dell'onorevole Conti, facendo presente che la raccolta di circa 70 firme dovrebbe essere fatta a Camera chiusa, il che potrebbe risultare difficile. Viceversa al Presidente possono pervenire delle richieste anche in forma non ufficiale, oppure egli può avere la sensazione che una notevole frazione della Camera desideri la convocazione, e nessuno più di lui dovrebbe avere l'autorità e la veste per farlo.

Conti, Relatore, non accetta l'interpretazione dell'onorevole Mortati, secondo la quale il Presidente è eletto da una maggioranza. Conviene che effettivamente egli è eletto dalla maggioranza, ma, dal momento in cui sale al banco della Presidenza, diventa l'eletto dalla Camera e deve svestirsi della sua qualità di uomo di parte, elevandosi al di sopra di tutti i gruppi, poiché altrimenti non sarebbe più il Presidente dell'Assemblea, ma un rappresentante di partito, il che è inconcepibile, malgrado la tendenza che oggi si riscontra verso la supremazia dei partiti.

Laconi osserva che nulla vieta che si pongano dei limiti all'iniziativa del Presidente: si potrebbe dire, ad esempio: «sentiti i Presidenti dei gruppi parlamentari».

Mannironi ha l'impressione che il concedere al Presidente della Camera questa facoltà contrasterebbe col criterio già approvato di riconoscere ad una aliquota di deputati il diritto di provocare la convocazione della Camera. Potrebbe infatti verificarsi che il Presidente, anche su richiesta di un ristrettissimo numero di deputati, convocasse l'Assemblea, mentre si è affermato il principio che essa non può essere convocata se non per ragioni veramente importanti, così da non turbare la normalità del lavoro del potere esecutivo.

Conti, Relatore, dichiara di essere un sostenitore della tesi del libero sviluppo delle idee nelle Assemblee e ritiene che il buon funzionamento di un organo è possibile solo in quanto ci sia una buona direzione. La Camera è diretta dal Presidente e questo deve avere ampia facoltà di azione come interprete dei pensieri, dei desideri e dei doveri dei rappresentanti del paese.

Perassi nota che, nonostante i dubbi che ci potevano essere sulla opportunità di prevedere nella Costituzione la convocazione della Camera su richiesta di un certo numero di deputati, la questione è stata risolta in senso affermativo allo scopo di garantire la protezione delle minoranze. Ora, per quel che riguarda la possibilità di convocazione ad iniziativa del Presidente, invita la Sottocommissione a considerare se sia proprio indispensabile introdurre anche questa norma nella Costituzione o se non sia preferibile lasciare che questa possibilità sia disciplinata dal regolamento della Camera, senza pregiudicare la questione.

Leone Giovanni ritiene che il problema debba essere risolto in questa sede. Posto che la Carta costituzionale ha stabilito la possibilità di convocazione dell'Assemblea ad iniziativa di un certo numero di deputati, il fatto di non stabilire nulla circa il potere del Presidente di fare altrettanto, potrebbe apparire come una esclusione, soprattutto considerato l'aspetto rigido che si vuol dare alla nuova Costituzione.

Quanto al merito, è favorevole al criterio di concedere al Presidente, per la sua funzione direttiva, la facoltà di convocazione dell'Assemblea.

Il Presidente Terracini è contrario alla proposta perché, se è vero che il Presidente dirige i lavori dell'Assemblea e la rappresenta nei suoi rapporti con l'esterno, e che si incarnano in lui i poteri e i valori dell'Assemblea, è anche vero che una facoltà o spetta al Presidente quale interprete della volontà dell'Assemblea o spetta all'Assemblea stessa.

Il diritto di autoconvocazione della Camera non ha due soggetti, bensì uno solo, e se lo si riconosce all'Assemblea, nel suo complesso, o attraverso ad una percentuale di deputati, non lo si può riconoscere anche al Presidente. Ove avesse questo potere, il Presidente potrebbe usarne non interpretando la volontà dell'Assemblea, se pure in perfetta buona fede, ma sostituendo una propria valutazione e una propria volontà a quella dell'Assemblea.

Non crede neppure che possano farsi valere le invocate ragioni di ordine pratico. Si è detto che, nel momento in cui la convocazione è sentita come necessaria, può esser difficile raccogliere le firme di settanta deputati. Ma l'eventualità di una richiesta di convocazione straordinaria presuppone una situazione politica tesa ed agitata, nella quale il venire a Roma o spedire un telegramma o una lettera non costituiscono una difficoltà. E se tali espressioni non raggiungono la percentuale del sesto, non si vede perché il Presidente dovrebbe sostituirsi ad esse.

Fatte queste dichiarazioni personali, pone ai voti la proposta di concedere anche al Presidente la facoltà di convocare l'Assemblea fuori delle sessioni ordinarie.

(È approvata).

Crede che si debba accogliere la proposta dell'onorevole Mortati di sospendere ogni decisione circa la convocazione da parte del Capo dello Stato o del Capo del Governo.

(Così rimane stabilito).


 

[i] Il resoconto sommario della seduta riporta erroneamente la frase «il primo giorno festivo». Che sia un errore è dimostrato dal fatto che il resoconto dei testi approvati dalla Commissione che riporta manoscritta la data del 25.9.46 (Archivio Storico della Camera dei Deputati, unità archivistica ITCD.00200.00040.00006.00004.00003) e gli altri documenti (così pure il contesto della discussione dalla quale scaturisce l'articolo) confermano che si tratta del «primo giorno non festivo».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti