[Il 23 ottobre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sull'organizzazione costituzionale dello Stato. — Presidenza del Vicepresidente Conti.]

Mortati, Relatore, per quanto riguarda il funzionamento della seconda Camera, osserva che occorrerebbe adottare due distinte norme: una relativa al tempo, e l'altra ai modi dell'esercizio delle funzioni delle due Camere. Propone pertanto la seguente prima formula: «Le riunioni delle due Camere si iniziano e terminano contemporaneamente».

Einaudi osserva che la formula proposta dall'onorevole Mortati non può essere accettata per ciò che si riferisce alla fine delle riunioni delle due Camere, perché se, ad esempio, la prima Camera si aggiorna dopo aver approvato il bilancio dello Stato, può avvenire che la seconda non abbia più il tempo sufficiente per esaminarlo entro il 30 giugno.

Mortati, Relatore, fa presente che, secondo la vecchia formulazione, potrebbe essere ripristinata la parola «sessione», la quale, come è noto, può avere due significati e, nel senso di durata dei lavori di un'assemblea, potrebbe essere adottata.

Fabbri ricorda che, con una deliberazione già presa dalla Sottocommissione, si sono abolite le sessioni per ciò che si riferisce alla decadenza dei progetti di legge. Se le sessioni dovessero essere riammesse nel senso indicato dall'onorevole Mortati, ciò dovrebbe essere chiaramente stabilito.

Perassi ricorda che, secondo il principio del sistema bicamerale, le due Camere debbono funzionare contemporaneamente, non nel senso che una debba essere riunita quando è riunita l'altra, ma nel senso che entrambe debbano svolgere i propri lavori entro certi termini di tempo. Perciò anche in passato, dopo la chiusura della sessione, non poteva aver luogo una riunione di una delle due Camere: non si può ammettere, infatti, che una Camera possa riunirsi quando l'altra, essendo stata sciolta, abbia cessato di esistere.

Lussu osserva che in tal modo un principio che ha indotto alcuni membri della Sottocommissione a votare favorevolmente per il Senato come una Camera che non muoia mai, verrebbe a cadere.

Mortati, Relatore, ricorda che, con una deliberazione già presa dalla Sottocommissione, è stato approvato il criterio che la prima Camera possa autoconvocarsi in via straordinaria su richiesta di un sesto dei deputati o su iniziativa del Presidente. Sorge così il problema se la convocazione straordinaria della prima Camera debba provocare la convocazione della seconda. A suo avviso, sarebbe opportuno prendere una deliberazione in tal senso, ai fini del coordinamento dei lavori fra le due Camere. Può darsi il caso infatti che la prima Camera, autoconvocandosi, non possa compiere un lavoro definitivo se manca la convocazione della seconda.

Perassi fa osservare all'onorevole Mortati che, secondo le vecchie disposizioni, non esisteva alcun obbligo di convocazione per il Senato in caso di autoconvocazione della Camera dei Deputati.

Fuschini rileva che la convocazione straordinaria della prima Camera, già ammessa dalla Sottocommissione, può derivare, ad esempio, dalla necessità di richiamare l'attenzione del Governo su una data questione, indipendentemente dalla discussione di determinati disegni di legge. Si tratterebbe, in tal caso, di una questione essenzialmente politica che potrebbe risolversi anche in una crisi governativa. Ed allora v'è da domandarsi se sia necessario il voto di ambedue le assemblee, o basti quello di una sola. A suo avviso, nel caso anzidetto, bisognerebbe ammettere che una delle due Camere, autoconvocandosi, possa in qualche modo spingere l'altra a riunirsi, per far sì che questa possa prendere una sua decisione sulla stessa questione.

Perassi osserva che, per il caso prospettato dall'onorevole Fuschini, potrebbe essere esteso alla seconda Camera il principio della norma già approvata dalla Sottocommissione, per la quale la prima Camera può convocarsi in via straordinaria su richiesta di un sesto dei deputati o ad iniziativa del Presidente.

Fuschini non ritiene che l'accoglimento della proposta dell'onorevole Perassi possa risolvere la questione, specialmente nel caso di un conflitto fra le due Camere. L'autoconvocazione resterebbe infatti facoltativa e pertanto, se una delle due Camere si è autoconvocata, l'altra in contrapposizione potrebbe anche non riunirsi. In tal caso, a suo avviso, dovrebbe intervenire il Capo dello Stato.

Mortati, Relatore, fa presente all'onorevole Fuschini che quando la Sottocommissione approvò il principio dell'autoconvocazione della prima Camera, si fece astrazione dal potere di intervento del Capo dello Stato, perché si volle stabilire, rispetto al fatto della convocazione, la completa autonomia della prima Camera nei confronti della volontà del Capo dello Stato. Questi non avrebbe che un potere moderatore, che potrebbe anche non influire su tale autonomia.

In ogni modo per far sì che quando una Camera si autoconvochi, l'altra sia vincolata a farlo, sarebbe opportuno estendere innanzi tutto alla futura seconda Camera le disposizioni già approvate per la prima in materia di autoconvocazione e integrarle con un'altra così concepita:

«Quando un sesto dei componenti di ciascuna assemblea o il Presidente di una di essa formuli richiesta motivata di convocazione straordinaria, il Presidente della Repubblica ha l'obbligo di convocare le due Camere entro due settimane dal giorno in cui la richiesta è avvenuta.

«In caso di omissione, la convocazione avverrà nello stesso termine per iniziativa dei rispettivi Presidenti».

Perassi domanda se sia veramente necessario fare intervenire il Capo dello Stato. Osserva inoltre che, se si ammette l'obbligo per una delle due Camere di riunirsi nello stesso giorno in cui si è autoconvocata l'altra, la Camera che dovesse adempiere quest'obbligo non avrebbe nulla da mettere al suo ordine del giorno e si troverebbe quindi nell'impossibilità pratica di espletare un qualsiasi lavoro.

Fabbri dichiara di non essere favorevole alla proposta dell'onorevole Mortati. A suo avviso basterebbe estendere alla seconda Camera il principio della autoconvocazione già riconosciuto per la prima.

Bozzi è contrario a stabilire il collegamento automatico tra la convocazione straordinaria di una Camera e quella dell'altra e crede che basterebbe, sia per il caso di una proposta di legge, sia per il caso di una questione politica, estendere alla seconda Camera le disposizioni già stabilite per l'autoconvocazione della prima.

Tosato è favorevole alla proposta dell'onorevole Mortati, anche in considerazione del fatto che un eventuale obbligo di convocazione di una delle due Camere, quando l'altra sia autoconvocata, può costituire un incentivo all'abuso delle convocazioni straordinarie.

Fabbri dichiara che l'argomento addotto dall'onorevole Tosato, per giustificare l'obbligo di convocazione di una delle due Camere quando l'altra si sia autoconvocata, lo persuade proprio del contrario, perché ci si astiene quasi sempre dal prendere una iniziativa quando si ha timore che essa non sia seguita dagli altri. Se si vuole veramente evitare l'abuso delle convocazioni straordinarie, non si deve stabilire un collegamento automatico tra la convocazione straordinaria di una Camera e quella dell'altra.

Laconi ritiene che, se una delle due Camere si autoconvochi su istanza di un sesto dei suoi membri, l'altra Camera debba anche riunirsi; e, per assicurare che ciò avvenga, suggerisce di stabilire l'obbligo della convocazione quando una Camera, essendosi autoconvocata, richieda, con una votazione di almeno un terzo dei suoi componenti, la convocazione dell'altra.

Leone Giovanni concorda nel ritenere che la questione in esame debba essere risolta restando nell'ambito del principio dell'autoconvocazione e quindi facendo ricorso all'intervento del Presidente della Repubblica soltanto in casi estremi; ma crede che il problema dovrà essere affrontato e risolto quando si tratterà dei rapporti fra le due Camere. In ogni modo, dichiara di essere favorevole al principio a cui si ispira la proposta fatta dall'onorevole Mortati.

Fuschini condivide anch'egli il parere che l'intervento del Capo dello Stato debba aversi soltanto in casi estremi. Rileva inoltre che l'autoconvocazione di una delle due Camere può avvenire anche in opposizione al Governo; onde, se fosse lasciata soltanto al Capo dello Stato l'iniziativa di convocare l'altra Camera, potrebbe aversi l'inconveniente di prolungare la situazione di disagio politico di un Governo che rimanesse al potere pur non godendo più la fiducia della maggioranza parlamentare.

A suo avviso, per risolvere la questione, si dovrebbe adottare una soluzione intermedia, nel senso di stabilire che, quando una delle Camere si sia autoconvocata, essa possa, con una deliberazione di maggioranza, richiedere al Presidente della Repubblica l'immediata convocazione dell'altra.

Mortati, Relatore, fa presente che con l'istituto dell'autoconvocazione si è mirato ad assicurare una tutela delle minoranze, che era opportuno stabilire, data la formazione delle odierne assemblee, basate quasi sempre sulla rappresentanza di grandi partiti. Ammesso questo principio, sorge il problema in discussione. A suo avviso, per evitare conflitti tra le due Camere, sarebbe necessario stabilire che l'autoconvocazione dell'una debba importare la convocazione dell'altra.

Porzio osserva che i lavori della Sottocommissione avrebbero dovuto procedere diversamente. Quando, ad esempio, si venne a parlare della nuova forma dello Stato, si sarebbe dovuto fissare anche le funzioni e i poteri del Presidente della Repubblica. Lo stesso criterio doveva essere seguito quando si discusse il problema della prima Camera. Frattanto, poiché finora nello svolgimento dei lavori della Sottocommissione è stato adottato un criterio opposto, spesso si è verificato l'inconveniente di aver stabilito prima le funzioni e poi gli organi chiamati a compierle. Il che non è certo logico. Così nell'odierna discussione si è parlato di intervento del Capo dello Stato e di rapporti fra le due Camere, quando nulla ancora è stato deciso intorno alle prerogative del Presidente della Repubblica e al collegamento delle funzioni e dei poteri delle due Assemblee.

In ogni modo, quanto alla questione in esame, è da tener presente che l'autoconvocazione è un procedimento straordinario, che presuppone uno stato d'eccezione determinato da qualche avvenimento di rilievo, non potendosi presumere che 70 o 80 deputati vi facciano ricorso per futili motivi. E appunto perché si tratta di motivi di una grande importanza, una volta che per essi si è autoconvocata una Camera, non si può pensare che l'altra non debba anche convocarsi. Si dichiara pertanto favorevole, in via di principio, alla proposta dell'onorevole Mortati.

Nobile osserva che non si è stabilito ancora quali rapporti debbano intercorrere tra le due Camere. Ora, come possono i membri dell'una fissare l'ordine del giorno dell'altra? Perché in realtà a questo si arriverebbe, obbligando una delle due Camere a riunirsi quando l'altra si è autoconvocata. Indubbiamente possono verificarsi casi di emergenza in cui sia necessario che ambedue le Camere si riuniscano. Ma in tale evenienza non si potrebbe, forse, convocare l'Assemblea nazionale costituita dalle due Camere riunite insieme? La richiesta di tale convocazione potrebbe avvenire da parte di una minoranza, che dovrebbe però essere superiore ad un sesto dei deputati dell'una e dell'altra Camera. Rileva, in ogni modo, che un'eventuale discussione su tale proposta gli sembra prematura, perché anzitutto sarebbe necessario fissare i rapporti fra la prima e la seconda Camera nonché i poteri dell'Assemblea nazionale risultante dalle due Camere insieme riunite.

Piccioni ritiene che sarebbe meglio rinviare la soluzione del problema in esame a quando si dovranno discutere quelli dei rapporti fra le due Camere e dei poteri del Capo dello Stato.

La Rocca non crede che la questione sia così ardua come forse può sembrare. Quando una minoranza cospicua di una delle Camere chiederà la convocazione straordinaria dell'Assemblea, il Presidente della Camera che si è autoconvocata comunicherà al Presidente dell'altra l'ordine del giorno della discussione; e allora, se nell'altra Camera una minoranza chiederà la convocazione, anche l'altra Camera sarà convocata.

Perassi rileva che, secondo il concetto espresso dall'onorevole La Rocca, basterebbe estendere alla seconda Camera l'applicazione della norma, già approvata per la prima, sulla possibilità di autoconvocazione. Ma con ciò non si risolve la questione di una eventuale mancanza di convocazione da parte di una delle due Camere quando l'altra abbia già deciso di autoconvocarsi.

Zuccarini pensa che si potrebbe senz'altro affermare che la richiesta da parte della maggioranza di una delle due Camere debba comportare la convocazione dell'altra. Ma occorre estendere anzitutto alla seconda Camera le norme già approvate per la convocazione ordinaria della prima.

Propone pertanto la seguente formula:

«Quando una Camera si sia convocata a tenore del precedente articolo, l'altra Camera ha l'obbligo di convocarsi, se ciò sia richiesto dal voto della maggioranza della prima».

Il Presidente Conti ricorda che per la prima Camera, relativamente alla questione del termine fisso per la convocazione, fu approvata la seguente disposizione:

«La Camera si riunisce di pieno diritto senza uopo di convocazione, il primo giorno non festivo del mese di marzo e di ottobre di ogni anno».

Mette in votazione la proposta di adottare la stessa disposizione per la convocazione della seconda Camera.

(È approvata).

Richiama la deliberazione presa per la convocazione straordinaria della prima Camera:

«È approvato il criterio che la Camera possa essere convocata in via straordinaria su richiesta di un sesto dei deputati. La possibilità di convocazione straordinaria è concessa anche all'iniziativa del Presidente».

Laconi ricorda di aver votato contro questa disposizione, perché gli sembrava troppo esiguo il numero dei deputati richiesto per la domanda di convocazione straordinaria della Assemblea. Per la stessa ragione è contrario alla proposta di adottare una simile disposizione per la convocazione straordinaria della seconda Camera.

Il Presidente Conti mette in votazione la disposizione anzidetta, lasciando però in sospeso la determinazione del numero dei membri necessario per poter chiedere la convocazione straordinaria della seconda Camera. Tale numero potrà essere fissato in seguito.

(È approvata).

Mette in votazione la proposta testé fatta dall'onorevole Zuccarini.

Bozzi dichiara che voterà contro questa proposta, perché con essa si dà luogo ad una ingerenza di una Camera sull'altra; il che non gli sembra opportuno.

Fabbri voterà contro la proposta dell'onorevole Zuccarini, ritenendola contraria ai principî fondamentali del diritto costituzionale.

Nobile si asterrà dal voto, perché ritiene che alla discussione odierna avrebbe dovuto farsi precedere quella sulla definizione dei rapporti fra le due Camere.

Piccioni voterà a favore della proposta Zuccarini, per la considerazione che, una volta ammesso il principio dell'autoconvocazione di una delle due Camere, occorre necessariamente assicurare alla Camera che si è autoconvocata una conclusione ai suoi lavori, ciò che potrebbe non aversi senza l'intervento dell'altra Camera.

Lussu voterà contro, perché, se può consentire a che l'autoconvocazione della prima Camera debba provocare la convocazione della seconda, non potrebbe assolutamente ammettere il caso inverso.

Einaudi voterà contro, sia perché avrebbe votato contro il principio dell'autoconvocazione della Camera dei Deputati, se fosse stato presente alla riunione in cui fu adottato, sia perché la proposta dell'onorevole Zuccarini, a suo avviso, inficia il principio della eguaglianza dei poteri tra le due Camere.

Mortati, Relatore, voterà a favore, perché la norma proposta dall'onorevole Zuccarini è una naturale conseguenza di quella precedentemente approvata sul diritto di autoconvocazione.

Lami Starnuti dichiara di astenersi.

(Con 13 voti favorevoli, 8 contrari e 2 astenuti, è approvata).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti