[Il 15 ottobre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Parlamento».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alla sezione delle appendici relativa agli articoli non entrati in Costituzione per il testo completo della discussione.]

Presidente Terracini. [...] Passiamo all'articolo 70. Se ne dia lettura.

Molinelli, Segretario, legge:

«I disegni di legge approvati da una Camera sono trasmessi all'altra, che deve pronunciarsi entro tre mesi dal giorno che li ha ricevuti. Il termine può essere variato per accordo delle Camere.

«Quando una Camera non si pronuncia entro il termine stabilito sopra un disegno di legge approvato dall'altra, o quando lo rigetta, il Presidente della Repubblica può chiedere che la Camera stessa si pronunci o riesamini il disegno. Se non si pronuncia o se con la nuova deliberazione conferma la precedente, il Presidente della Repubblica ha facoltà di indire il referendum popolare sul disegno non approvato».

[...]

Fuschini. [...] Ma quando siamo in tema di carattere legislativo vero e proprio, di discussione cioè sui disegni di legge o di formazione delle leggi, come dice il titolo del progetto della Costituzione che stiamo ora discutendo, io ritengo che sia un semplicismo troppo evidente quello di ridurre l'articolo 70 alla affermazione che un disegno di legge, una volta approvato da una Camera, deve essere trasmesso all'altra. Sarebbe questo un articolo che non avrebbe bisogno di essere inserito nella Costituzione, perché se è vero che le due Camere debbono collettivamente attendere alla formazione della legge, è evidente che una volta che una legge sia approvata da una Camera, deve essere trasmessa all'altra, e secondo me, l'articolo 70, formulato così come propone l'onorevole Mortati, sarebbe un pleonasmo. (Interruzione del deputato Uberti). Allora, amico Uberti, si dovrebbero sopprimere molte cose che sono nella Costituzione; ma noi abbiamo imparato in Sottocommissione ad occuparci delle più minute cose, che forse non erano necessarie, e le abbiamo volute, dirò così, costituzionalizzare, ed abbiamo voluto prevedere quasi tutto nella Costituzione, in modo da non lasciare molto alla prassi, alla consuetudine e, dirò così, ai rapporti di buona collaborazione che sempre sono esistiti, e speriamo, sempre esistano, fra le due Camere, perché questa dell'andar d'accordo è una necessità di vita.

[...]

Presidente Terracini. È stato presentato ora un emendamento a firma degli onorevoli Mortati, Uberti, Dominedò ed altri del seguente tenore:

«Limitare l'articolo alle seguenti parole del primo comma: i disegni di legge approvati da una Camera sono trasmessi all'altra».

L'onorevole Mortati ha facoltà di svolgerlo.

Mortati. Il nostro emendamento deriva dall'insoddisfazione delle varie soluzioni che sono state prospettate sia nel progetto sia negli emendamenti proposti.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Lei, onorevole Mortati, ha il diritto di mutare opinione, ma anch'io ho il diritto di ricordare che in Commissione fu proprio lei a proporre quanto poi noi abbiamo deciso: noi dunque non abbiamo fatto che approvare una sua proposta.

Mortati. Faccio osservare all'onorevole Ruini che la proposta era stata formulata quando non era ancora configurato l'assetto definitivo ed il modo di formazione delle Camere. In ogni caso non mi pare sia inibita una migliore riflessione su argomenti di tanta importanza.

Tornando all'emendamento, mi pare necessario illustrare brevemente le ragioni di debolezza dei vari sistemi suggeriti per giungere alla risoluzione dei conflitti fra le Camere. La prima proposta, la più importante, quella intorno a cui vi è raccolto il maggior numero di emendamenti, trova la soluzione affermando la supremazia di una Camera nei confronti dell'altra, dando la prevalenza all'opinione dell'una, e precisamente a quella della Camera dei deputati.

Ora, io osservo pregiudizialmente che una soluzione di questo genere non potrebbe esser presa così a sé stante, avulsa da tutto il resto, giacché questo problema è intimamente connesso con tutta l'architettonica, diremo così, del progetto e quindi anche con quello della posizione delle Camere nell'attività politica di conferimento della fiducia al Governo. Non sarebbe infatti giustificato ammettere che una Camera possa far cadere il Governo con il suo voto di sfiducia e non possa invece arrestare una proposta che abbia riportato il consenso dell'altra Camera.

Sembra pertanto che il principio della supremazia di una Camera sull'altra, non potrebbe ammettersi, se non allargando la discussione per comprendervi altresì gli altri casi in cui le due Camere debbono agire di conserva.

Non si riesce poi a comprendere per quali motivi noi dovremmo pregiudicare fin da ora la questione della posizione giuridica delle due Camere, quando non abbiamo ancora alcun elemento di giudizio sul quale fondare la preminenza di una sull'altra, e quando quindi tutto consiglia di affidare allo svolgimento avvenire delle istituzioni, alla formazione di quelle convinzioni, formate in base alla considerazione del prestigio ottenuto, dell'attività svolta, delle prove di capacità fornite, del seguito conseguito nel Paese, la determinazione del rispettivo peso politico di ciascuna delle due Assemblee.

Tutte le considerazioni addotte qui, per dimostrare che una Camera debba, a priori, avere una preminenza sull'altra, a mio avviso, non hanno consistenza.

Si è da alcuni giustificata tale opinione invocando il fatto che una delle due Camere è eletta col sistema della proporzionale e l'altra col collegio uninominale. Ma, a parte ogni indagine sul punto se la rappresentanza attraverso il collegio uninominale sia più o meno efficiente di quella ottenuta con la proporzionale, è da osservare che, secondo una decisione già presa dall'Assemblea, i procedimenti elettorali per la formazione della Camera non sono materia costituzionale, essendo da regolare con leggi semplici. Essi quindi sono soggetti a dei mutamenti, che potranno anche essere frequenti e condurre ad uno spostamento della base elettorale delle due Camere. Sicché, seguendo l'opinione confutata, noi stabiliremmo nella Costituzione una disposizione che statuisce la disparità fra le due Camere, fondandola su qualche cosa del tutto contingente, quindi legheremmo una situazione di carattere costituzionale con un evento che non ha carattere costituzionale. Questo mi pare così grave da non potere essere accettato.

Così neanche mi pare sia decisiva l'osservazione dell'onorevole Fuschini, secondo cui il numero diverso dei componenti le due Camere determini una maggiore rappresentatività di quella più numerosa rispetto all'altra. Potrebbe essere, invece, proprio quella di minor numero, che col suo lavoro più ponderato, più efficiente, riesca a riscuotere una maggiore fiducia nel popolo, e quindi ad acquistare quel prestigio, da cui solamente può argomentarsi una preminenza.

Perché, che nel sistema bicamerale una preminenza di una Camera sull'altra finisca per il determinarsi, possiamo anche ammetterlo; ma non possiamo ammettere che questa preminenza non si lasci al fatto, ma si consacri espressamente, ed a priori, quando, per di più, come ho detto, non abbiamo alcun elemento per poter giungere a questa differenziazione. Io avrei ancora capito la soluzione che ci si propone se una delle Camere fosse stata eletta con suffragio indiretto e l'altra col suffragio diretto; allora si sarebbe forse potuto argomentare — per me inesattamente — per una minore rappresentatività, per una minore forza politica della prima rispetto all'altra. Ma siccome si è deciso che tutte e due vengano elette col suffragio universale diretto, mi pare che non abbiamo elementi di giudizio per una condanna preventiva, per stabilire a priori l'inferiorità dell'una rispetto all'altra, e che anzi sia utile, sia opportuno non pregiudicare quelli che potranno essere gli svolgimenti avvenire per imporre fin d'ora una disparità.

[...]

Io invece propongo di eliminare ogni accenno all'ipotesi di contrasti e di lasciare solo l'inciso che si riferisce alla trasmissione all'altra Camera dei progetti approvati dalla prima. L'onorevole Fuschini osservava che quest'inciso si potrebbe eliminare; forse è utile conservarlo, intendendo la prescrizione come diretta a sancire l'obbligo della prosecuzione del procedimento e quindi il principio della necessità del passaggio all'altra Camera del progetto già approvato.

Per queste ragioni io prego l'Assemblea di approvare il mio emendamento.

Presidente Terracini. Chiedo all'onorevole Ruini di esprimere il parere della Commissione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Questo articolo del progetto contempla due punti: il primo è quello della trasmissione di un disegno di legge approvato da una Camera all'altra Camera; il secondo la questione, molto più grave, della divergenza, del conflitto tra le due Camere.

Quanto al primo punto io consento con quello che ha osservato l'onorevole Fuschini. Se si trattasse di dire che quando una Camera ha approvato un progetto lo trasmette all'altra, la disposizione evidentemente non sarebbe tale da doversi mettere nella Costituzione. Non si può perciò ridurre tutto ad una piccola frase, che ha valore di regolamento, e forse meno che di regolamento. L'intento dell'onorevole Mortati è evidentemente di sopprimere l'altra parte dell'articolo; ma allora bisogna anche sopprimere la prima disposizione che non dice nulla.

[...]

Io non credo che si debba proprio drammatizzare, e fare della divergenza tra le due Camere un vero conflitto. Più spesso — qui riconosco che l'onorevole Fuschini ha detto il vero — le due Camere finivano attraverso il riesame dei disegni di legge, per mettersi d'accordo. Anche se ciò non avverrà, non sarà gran male se parecchi disegni di legge andranno a finire in quello che è il cimitero dei disegni di legge, qui all'archivio di Montecitorio. L'onorevole Fuschini ha detto di non conoscere un caso in cui Camera e Senato non abbiano finito per accordarsi. Mi dispiace, ma molti disegni di legge non sono riusciti ad arrivare in porto e sono caduti nel famoso cimitero.

Uberti. Vuol dire che non meritavano.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Risponderò alla sua osservazione. Che possano esser stati non buoni, va bene, ma il criterio meccanico che non meritavano di essere approvati non regge. Non si può dire a priori che ciò che non è stato approvato o neppure esaminato da un ramo del Parlamento sia tutto stoppa. Io che ho una certa esperienza della vita amministrativa conosco Ministeri e Servizi che non sono riusciti a varare dei disegni di legge che erano utili e talvolta necessari per il buon funzionamento della loro amministrazione. E del resto il fatto dell'arenamento di disegni di legge perché una Camera non se ne è occupata ha dato talora luogo a quella fioritura di decreti-legge di cui si è parlato poco fa, specialmente dall'onorevole Clerici.

Tutto considerato — che le iniziali divergenze vanno spesso a posto e che non bisogna sempre rammaricarsi se parecchi e svariati disegni di legge si perdono per strada — non si può però dimenticare che in alcuni casi la divergente valutazione delle due Camere può avere un rilievo tale che non è da trascurare, e che può diventare veramente conflitto, quando si tratta di disegni di legge essenziali. Vi sono dei casi, saranno pochissimi, in cui è necessario dirimere questi conflitti delle Camere. Questo è stato il concetto base da cui è partita la Commissione.

[...]

Vediamo le soluzioni che sono state proposte.

L'onorevole Mortati — a parte il rilievo che lasciare le due prime parole dell'articolo non avrebbe significato — dice: lasciamo andare le cose per il loro corso; bisogna che confidiamo sull'azione del Governo, che sarà decisiva, e porterà in definitiva alla risoluzione del conflitto. L'osservazione è acuta; e certo il Governo, per mezzo della sua maggioranza, potrà influire a dirimere, in una via o nell'altra, il conflitto. Ma se non riesce? Potrà trovarsi allora nella necessità di dimettersi; oppure promuove lo scioglimento delle due Camere; che sono fatti di importanza molto più grave di quello che sia un referendum. Non sono d'accordo con l'onorevole Mortati, quando egli sostiene che, abbandonando le cose al loro corso, tutto vada a posto come nel migliore dei modi possibili. Non si creda che tutto possa essere risolto automaticamente, non facendo nulla. Vi sono dei casi — pochissimi casi — di conflitti gravi, i quali è molto meglio risolvere immediatamente col referendum, piuttosto che aspettare un giuoco di Governi, di loro mutamenti, e di rinnovazione delle Camere. Un atto di decisione del popolo tronca ogni incertezza.

[...]

Allora, noi siamo di fronte a tre proposte: vi è quella Mortati, che lascia aperta la questione del conflitto, confidando sul giuoco spontaneo del regime parlamentare; «lasciate fare, lasciate andare» le cose andranno a posto da sé; il che solleva forti dubbi.

[...]

Presidente Terracini. Chiedo ai presentatori degli emendamenti se li mantengono.

[...]

Presidente Terracini. Onorevole Mortati, mantiene il suo emendamento?

Mortati. Mantengo il mio emendamento.

Fabbri. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Fabbri. Io voterò a favore della soppressione completa dell'articolo 70 e quindi in sostanza aderisco all'emendamento dell'onorevole Mortati, poiché ritengo che le prime parole del primo comma che egli manterrebbe costituiscano in qualche modo un pleonasmo, una frase irrilevante; dunque nella sostanza sono d'accordo con lui. Mi vorrei in proposito permettere di ricordare all'Assemblea che nella nuova Costituzione noi abbiamo soppresso un importante istituto che esisteva nella precedente, cioè il decreto di chiusura della sessione, il quale aveva questa caratteristica particolare: di far cadere i progetti di legge che non fossero stati durante una legislatura definitivamente approvati. Questo istituto, che ha nel passato funzionato, dimostra che politicamente è utilissimo che possa verificarsi, da parte del Governo e della maggioranza parlamentare che vi consente, l'abbandono di un progetto di legge anche quando sia stato già approvato da uno dei due rami del Parlamento. Tutta, invece, la stesura dell'articolo 70 e tutte le discussioni che abbiamo sentito fare partono dal concetto che il Paese sia in qualunque momento, in qualunque caso, assetato di leggi e che quando un ramo del Parlamento ha approvato una proposta di legge, sia una catastrofe nazionale il fatto che l'altro ramo del Parlamento non consenta o taccia, la quale seconda ipotesi equivale a un non consenso. Ora, nell'istituto del Parlamento bicamerale, dal momento che per la formazione della legge occorrono due dichiarazioni di volontà perfettamente conformi, se queste non si formano o se una delle due dichiarazioni di volontà non interviene, la proposta di legge cade. Questo significa che il Governo non ha ragione di insistere per questa approvazione e se c'è un ramo del Parlamento il quale sia in assoluto dissenso da questo punto di vista, ha la facile soluzione di porre la questione di fiducia e di creare una crisi. D'altra parte, i due rami del Parlamento sono assolutamente sovrani. La pretesa di regolare con minute disposizioni la risoluzione di conflitti fra organi costituzionali supremi e sovrani è chiaro che non può sempre essere raggiunta e quindi ritengo che sia utilissimo lasciare al costume politico il regolamento di questi rapporti fra organi sovrani e ritengo che l'ipotesi della caduta di un progetto di legge, per il fatto che è stato approvato da un solo e unico ramo del Parlamento, sia un fenomeno che può anche essere utilissimo e che nel caso particolare equivarrebbe a quello che nel passato regime era l'effetto normale del decreto reale di chiusura della sessione, che noi abbiamo soppresso, in quanto è stato soppresso l'organo da cui dipendeva questo decreto. Nella realtà tuttavia e, sostanzialmente, nel regime monarchico parlamentare la facoltà di ricorrere al decreto di chiusura della sessione concerneva il Governo. Per questo voterò contro il mantenimento, in tutto o in parte, del contenuto dell'articolo 70.

Bozzi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Bozzi. Onorevoli colleghi, io concordo con l'ordine di idee espresso dall'onorevole Mortati, ma non concordo con la proposta formale da lui fatta per mantenere l'articolo 70 soltanto in questa dicitura:

«I disegni di legge approvati da una Camera sono trasmessi all'altra».

Questo non ha significato, perché ci possiamo domandare: sono trasmessi all'altra, a che titolo? Perché ne prenda atto, perché li registri? Si vuole dire tutt'altra cosa, si vuol dire cioè quello che è stato già detto nell'articolo 67, che la legge è un atto complesso, che a formare la legge devono concorrere le volontà dell'una Camera e dell'altra Camera.

Quindi, credo che si potrebbe sopprimere completamente l'articolo 70.

Mortati. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Mortati. Aderisco alla proposta dell'onorevole Bozzi e quindi trasformo il mio emendamento nel senso di proporre la soppressione di tutto l'articolo.

Lucifero. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lucifero. Vorrei dire due parole a conforto della tesi sostenuta dall'onorevole Fabbri e che ha incontrato anche l'adesione di altri colleghi.

Ho seguito con molta attenzione e con molta curiosità questa discussione e mi sono posto una domanda: ma è possibile che tanta gente pensi ancora — e potrei aggiungere un «purtroppo non è così» — che ci sia la Monarchia?

Si continua a discutere dei rapporti tra le due Camere come se fossero le due Camere di allora, come se fossero elette coi criteri di allora, come se l'una fosse di nomina popolare e l'altra di investitura regia, come se una trasformazione di tutto il sistema non fosse avvenuta. E quindi la preoccupazione che la Camera di investitura regia non possa prevalere su quella di investitura popolare, e quindi la preoccupazione di conflitti fra questi due organi che invece, oggi, sorgono entrambi da una investitura popolare. Il Senato è elettivo come elettiva è la Camera dei deputati: ci sarà una diversità di sistema di elezione; ma sono scomparse anche quelle che potevano essere le ragioni di preoccupazione per alcuni colleghi, o per alcuni settori dell'Assemblea, cioè la nomina con un criterio regionalistico, e la nomina con un sistema indiretto di elezione.

Tutto questo è cessato. Ed allora veramente ci si domanda perché noi vogliamo interferire a priori in questi rapporti tra due pari, tra due organi che sono entrambi strumenti della sovranità popolare; perché noi vogliamo stabilire questi rapporti con dei criteri che non hanno un fondamento sostanziale, come quando qualcuno si preoccupa che una Camera, quando un suo progetto di legge sia stato ripudiato dall'opinione pubblica, perda di prestigio. Ma quando mai uno di noi, anche dei più autorevoli, ha perso prestigio in questa Assemblea perché una sua proposta non è stata accolta?

Io ho la sensazione di assistere ad una discussione anacronistica e appunto per questo penso che cosa migliore sia di lasciare alla prassi di formare le regole che dovranno far funzionare gli istituti, così come fu per il passato, perché questo referendum, che può essere e può non essere indetto dal Capo dello Stato (il che significa praticamente che sarà sempre indetto perché un povero Capo dello Stato non troverà certo altra soluzione) non potrà che complicare maggiormente le cose.

Altrimenti questo Capo dello Stato finirà con l'essere estromesso da tutto, questo Capo dello Stato non avrà che l'autorità dell'impotenza, per completare l'espressione del collega Lami Starnuti.

Io credo quindi che la cosa migliore sia di sopprimere l'articolo 70; in tal modo noi affideremo alla prassi la soluzione della questione e d'altronde l'esperienza insegna che non v'è se non un unico modo per costringere gli organismi a fare il loro dovere: quello di renderli veramente responsabili delle loro azioni.

[...]

Bertone. Onorevoli colleghi, l'articolo 67 dispone che la funzione legislativa è collettivamente esercitata dalle due Camere. Per quanto non ancora approvato, esso tende a stabilire un principio sul quale non vi sarà dissenso: quello della collaborazione fra le Camere. L'articolo 70, di cui discutiamo ora, tende appunto a regolare in qualche modo questo lavoro coordinato delle Camere; e pertanto la sua soppressione potrebbe portare nocive imprevedibili conseguenze.

[...]

Dominedò. [...] Nel merito dichiaro, anche a nome dei colleghi di Gruppo, che, valutate le varie ragioni che sorreggerebbero i criteri proposti per l'ipotesi di conservazione della norma, criteri che singolarmente considerati non sembrano mai rispondere a una valutazione soddisfacente, noi pensiamo che l'articolo proposto possa essere senza danno depennato dal testo della Costituzione. E ciò dicasi anzitutto dal punto di vista giuridico, perché in tal modo non si ferisce il concetto che, trattandosi della formazione di un atto complesso come è quello legislativo, esso non risulta perfetto se non col concorso della volontà delle due Camere e fino a quel momento manca l'atto stesso, cosicché non si potrebbe nemmeno parlare tecnicamente di conflitto. Mentre, dal punto di vista politico, potranno sempre operare i mezzi a cui hanno fatto cenno parecchi oratori e che vanno dal giuoco dei rapporti che normalmente corrono fra il Governo e le Camere fino all'ipotesi estrema, che è rappresentata dalla facoltà di scioglimento della Camera spettante al Capo dello Stato. In tal modo, mentre la sola prospettiva dello scioglimento è già il più efficace motivo di remora, resta fermo che se si presentasse un conflitto politico di tale gravità da determinare quella sanzione, opererebbe sempre un provvedimento estremo, atto a fronteggiare la situazione e perciò rispondente ad una esigenza che può essere nella coscienza comune.

Sotto questo aspetto, ritenendo che la materia in discussione non resti scoperta ed insoluta, bensì che essa possa essere soddisfacentemente disciplinata secondo le norme della prassi costituzionale e il giuoco delle forze politiche in atto, noi voteremo a favore dell'emendamento soppressivo.

Presidente Terracini. Sull'emendamento soppressivo dell'articolo 70 proposto dall'onorevole Mortati gli onorevoli Moro, Rodinò Ugo, Numeroso, Salvatore, Castelli Avolio, Guerrieri Emanuele, Angelucci, Vigo, Baracco, Bosco Lucarelli, De Palma, Ferrarese, Scoca, Morelli Renato e Carratelli hanno chiesto la votazione per appello nominale; mentre gli onorevoli Laconi, Grieco, Maltagliati, Gervasi, Lombardi Carlo, Montagnana Rita, Bei Adele, Fedeli Armando, Spano, Barontini Anelito, Bardini, Allegato, Giolitti, Corbi, Pastore Raffaele, Minio, Farini, Bernamonti, Storchi e Fausto Gullo hanno chiesto quella a scrutinio segreto. Quest'ultimo metodo di votazione ha la precedenza a norma dell'articolo 77 del Regolamento.

Indico pertanto la votazione segreta.

Presidenza del Vicepresidente Targetti

(Segue la votazione).

Presidente Targetti. Dichiaro chiusa la votazione ed invito gli onorevoli segretari a procedere al computo dei voti.

(Gli onorevoli segretari procedono al computo dei voti).

Presidenza del Presidente Terracini

Presidente Terracini. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto:

Presenti e votanti............ 293
Maggioranza.............. 147
Voti favorevoli........... 177
Voti contrari.............. 116

(L'Assemblea approva).

[Nel resoconto stenografico della seduta segue l'elenco dei deputati che hanno preso parte alla votazione.]

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti