[Il 19 settembre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo I «Il Parlamento», Titolo II «Il Capo dello Stato», Titolo III «Il Governo».
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. [...] Veniamo ora ad un capo del Titolo primo, meno vistoso, tecnico più che politico, di vivo ed attuale interesse: la formazione delle leggi. Si profilano problemi, che un giurista direbbe «eleganti» e che hanno ad un tempo importanza pratica altissima, perché implicano la possibilità del funzionamento parlamentare, e della vita stessa dello Stato.
Sono tre problemi. Il primo concerne il lavoro interno delle Camere. Il rilievo da me fatto più volte — e sembrò a taluno sconvenienza ed eresia — che il Parlamento è oggi incapace di legiferare, è riecheggiato in bocca di quasi tutti gli oratori. D'accordo tutti nel rilevare che, non per manchevolezza di uomini, ma per l'inevitabile processo di amplificazione dei compiti dello Stato e pel numero smisurato che ne deriva delle norme legislative, non si riesce a farle esaminare ed approvare dalle due Camere. Hanno svolto questo punto specialmente gli onorevoli Preti e Condorelli; e l'onorevole Clerici, rincalzato dall'onorevole Conti, ha esposto con dati statistici impressionanti la «disfunzione» legislativa che si riscontra nel Parlamento.
Si cerca il rimedio nel metodo di lavoro; e si propone che — mentre il progetto di Costituzione all'articolo 69 prevede l'istituzione eccezionale, volta per volta, di speciali commissioni per l'esame, non per l'approvazione finale, d'un disegno di legge — si adotti invece, in via permanente e regolare, il sistema della divisione d'ogni Camera in Commissioni cui sarebbe deferito in sostanza l'ordinario compito legislativo, come si faceva con la Camera dei fasci e delle corporazioni. Non basta, lo ripeto, la mala eredità del fascismo a far respingere un congegno, se è buono. Non si può ora entrare in dettagli sulle norme da stabilire sia pei casi obbligatori, in cui discussione e decisione dovrebbero riservarsi a tutta la Camera, sia per la facoltà di richiamare all'approvazione finale di questa i disegni di legge presentati dal Governo (ciò che è previsto nella legge che regola i lavori di quest'Assemblea Costituente). Tutto ciò sarà da vedere a suo tempo. Si suggerisce, intanto, di aprir la via ad opportune soluzioni, e di introdurre nella Costituzione una formula intermedia fra quella restrittiva dell'attuale progetto e l'altra troppo assoluta e rigida della sistematica abdicazione da parte dell'intera Camera nelle mani delle Commissioni. Si può, evitando correttamente di caricare troppo il testo costituzionale, rinviare al Regolamento delle Camere i casi e le forme in cui esame ed approvazione dei disegni di legge siano delegate a Commissioni anche permanenti.
Non si creda tuttavia che, col funzionamento delle Commissioni, si possa integralmente risolvere le difficoltà del sopralavoro legislativo. Non sono da escludere altre vie. Ed ecco il secondo problema: oltre a migliorare il lavoro interno, resta la possibilità della delega ad organi esterni.
A cura di Fabrizio Calzaretti