[Il 14 ottobre 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Parlamento».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 70 per il testo completo della discussione.]

Presidente Terracini. Passiamo all'esame della Sezione II: «la formazione delle leggi». Si dia lettura dell'articolo 67.

Amadei, Segretario, legge: «La funzione legislativa è collettivamente esercitata dalle due Camere».

Presidente Terracini. L'onorevole Bozzi ha presentato il seguente emendamento.

«Sostituirlo con il seguente»:

«La funzione legislativa è collettivamente esercitata dal Presidente della Repubblica e dalle due Camere».

L'onorevole Bozzi ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

Bozzi. Onorevoli colleghi, il mio emendamento — sulla cui redazione formale non insisto perché richiamo la vostra attenzione sulla sostanza — concerne un problema che, per me, ha un notevole rilievo.

Questo progetto di Costituzione esclude completamente il Presidente della Repubblica dalla funzione legislativa, perché affida al Capo dello Stato soltanto il potere di promulgare le leggi.

Io non voglio in questo momento addentrarmi in una discussione teorica, per vedere in che l'atto giuridico «promulgazione» differisca dall'atto «sanzione», ma è certo che la promulgazione non è un'attività che incida nel processo di formazione delle leggi, ma è un atto — dirò così — di accertamento sul piano esecutivo, con il quale il Capo dello Stato documenta che la legge si è formata e dà regolarmente ordine che la legge abbia esecutorietà.

Porta la legge — dirò così — dal piano interno al piano esterno, verso i soggetti destinatari della norma.

In seno alla Sottocommissione si discusse molto se il Capo dello Stato dovesse avere potestà di intervento nel processo di formazione della legge, e ricordo il progetto dell'onorevole Conti, che dava al Presidente della Repubblica il potere di intervenire mediante la sanzione. Nella stesura definitiva il Capo dello Stato è mantenuto fuori. Secondo me questo è un errore.

Il progetto affida al Capo dello Stato soltanto la potestà di intervenire nel caso in cui, per dissidio fra la volontà di una Camera e la volontà dell'altra, non si sia potuta formare quell'atto complesso che è la legge. In questo caso (articolo 70 del progetto) il Presidente della Repubblica ha il potere di indire il referendum.

Ora, se il Presidente della Repubblica deve essere — come dovrebbe essere — a capo di tutti i poteri, colui che impersona lo Stato nei tre poteri, nelle sue tre funzioni fondamentali, io non vedo perché il Presidente della Repubblica debba essere tenuto estraneo alla formazione del più importante atto della vita di uno Stato: la legge.

Egli, secondo il progetto, esprime la volontà dello Stato come potere esecutivo, anche nei confronti dei paesi stranieri; non è estraneo nemmeno alla funzione giudiziaria, perché con un suo atto, la grazia o l'indulto, può modificare una sentenza irrevocabile.

Si dice che in un regime veramente democratico la legge deve essere l'espressione delle Camere che sono le depositarie della volontà popolare. Io credo che questo concetto è indiscutibilmente esatto, ma tuttavia non può portare alla conseguenza di escludere il Presidente della Repubblica da una qualsiasi forma di intervento nella formazione della legge.

Per esempio, la Costituzione di Weimar, che pure non dà al Presidente del Reich il potere di sanzione, tuttavia gli conferisce il potere di intervenire, sia pure ab extra, in quanto egli può arrestare il procedimento di perfezionamento della legge; e dice l'articolo 73 della Costituzione di Weimar che le leggi votate dal Reichstag devono essere prima della pubblicazione sottoposte a referendum, se così decide nel termine di un mese il Presidente del Reich. Ciò significa che il Capo dello Stato ha un potere di intervento che si esplica sia pure in una forma negativa.

E la stessa Costituzione francese, nel testo, che diversifica dal progetto, all'articolo 36 dice che, nel termine fissato per la promulgazione, il Presidente della Repubblica può domandare alle due Camere una nuova deliberazione che non può essere rifiutata.

Tutta questa varietà di forme dimostra una cosa che sta alla base di questo mio intervento, che noi non possiamo escludere radicalmente il Presidente della Repubblica da questo atto importantissimo, che è la formazione della legge. Vogliamo dare a lui il potere di sanzione, che è un modo diretto di partecipare? Vogliamo dargli invece la possibilità di richiamare l'attenzione delle due Assemblee, secondo lo schema francese? Ovvero la potestà di esprimere un veto? Comunque io credo che il Capo dello Stato non possa essere mantenuto estraneo alla formazione della legge.

Si è detto che nel regime parlamentare, poiché le manifestazioni di volontà di un Capo dello Stato comportano la responsabilità governativa, è impossibile che si determini un conflitto fra Capo dello Stato e Camera, perché se il Governo deve essere appoggiato dalla fiducia parlamentare, è impossibile che si determini un conflitto per cui il Capo dello Stato neghi la sanzione. Io voglio richiamare la vostra attenzione sul fatto che questo problema da me prospettato ha due rilievi: uno di carattere formale (in questa materia la forma è anche sostanza), perché mantenere estraneo il Presidente della Repubblica da questo atto fondamentale che è la legge, è una diminuzione, secondo me, del prestigio stesso del Presidente della Repubblica; un altro sostanziale, perché nel sistema del progetto all'articolo 72, che dovremo prendere in esame e che è molto delicato, affidiamo al popolo, che consideriamo esattamente come un organo costituzionale, il potere di arrestare l'entrata in vigore di una legge votata dal Parlamento.

Quindi riconosciamo che, sebbene una legge sia votata regolarmente dall'una e dall'altra Camera, il popolo possa in una certa misura intervenire e arrestare effettivamente questa legge. Ora domando perché questo potere di arresto non lo dobbiamo riconoscere al Presidente della Repubblica, che noi dobbiamo configurare come l'organo supremo che, per la sua eminente posizione, può sentire le correnti del Paese, che possono rivelarsi in contrasto con l'interpretazione che ne ha dato il Parlamento.

Può essere un caso limite: comunque la stessa Costituzione lo prevede, perché ammette che una legge votata dal Parlamento possa essere arrestata da una manifestazione della volontà popolare. Infine se noi diamo al Capo dello Stato la possibilità di sciogliere le Camere, considerandolo moderatore ed arbitro della soluzione di conflitti tra Paese e Parlamento, possiamo ammettere che nello spazio di un mese può esservi tale mutamento, per cui una legge votata dal Parlamento stesso non incontra l'approvazione popolare, e il Capo dello Stato possa rendersi interprete delle correnti popolari e richiamare su di esse la volontà del Parlamento perché rimediti sul problema.

Io vorrei che su questo tema, che mi sembra molto delicato e che è connesso con una certa configurazione che si vorrà dare al Capo dello Stato (sarà eletto dalle due Camere o dal popolo?), si concentrasse l'attenzione dell'Assemblea. Non so se dobbiamo tenerlo accantonato per rimeditarlo quando avremo dinanzi la figura del Capo dello Stato in tutta la sua interezza, o se vogliamo affrontarlo adesso.

Comunque, insisto perché il mio emendamento sia preso in esame.

Presidente Terracini. L'onorevole Ruini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. L'onorevole Bozzi ha richiamato l'attenzione dell'Assemblea sopra un problema che non fu posto (almeno nei termini in cui egli lo ha posto ora) nei lavori della Commissione, di cui egli faceva parte. L'avrebbe potuto sollevare allora.

Lami Starnuti. Fu posto e respinto.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ad ogni modo non in questa forma. Io credo (l'avevo già accennato in un mio precedente intervento e vi tornerò sopra in seguito) che possa considerarsi il riconoscimento di qualche maggior potere del Capo dello Stato di fronte alle leggi, ma non posso accettare la formula che ha steso l'onorevole Bozzi e che è una riproduzione dell'articolo 3 dello Statuto albertino: «Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal re e dalle due Camere». Questo risponde a tutta una concezione che abbiamo superata. Quando uno dei piloni della Costituzione era il re, la Corona, si comprendeva la sua partecipazione come terzo ramo del Parlamento alla funzione legislativa. Ciò risaliva alla concezione inglese; ma anche là ormai certe frasi hanno un sapore, oserei dire, letterario più che giuridico; lo ammette anche il Dicey, uno dei maggiori studiosi della Costituzione inglese. Se oggi, anche col re, nella classica Inghilterra, non si può dire esattamente che la funzione legislativa è esercitata collettivamente, e per così dire alla pari, fra lui ed il Parlamento, si può tanto meno dirlo in una Repubblica, per il Capo dello Stato.

La formula dell'onorevole Bozzi, che sembra ormai inesatta ed arcaica, fa intervenire il Capo dello Stato come partecipe, allo stesso modo del Parlamento, alla funzione legislativa, che egli, il Capo dello Stato, può soltanto regolare e frenare. Non partecipa alla formazione delle leggi chi non la vieta. Oso dire che — anche dando al Capo dello Stato la sanzione delle leggi — ciò non implicherebbe la necessità di riesumare la impostazione dello Statuto albertino.

Il nostro progetto di Costituzione si è limitato a dare al Presidente della Repubblica la promulgazione delle leggi. Sanzione e promulgazione sono due istituti giuridici diversi fra loro, ma non così estremamente diversi, da non potere trovare un punto comune, per così dire, intermedio che sia strettamente, correttamente giuridico, e consenta al Capo dello Stato un intervento notevole e giusto di fronte alla funzione legislativa, intervento dall'esterno, non dall'interno della funzione stessa che spetta al Parlamento; intervento che può spettare al Capo dello Stato come supremo regolatore ed equilibratore dei poteri.

Mi sia consentito ricordare ciò che dicevo il 19 settembre all'Assemblea: «L'istituto della sanzione si comprendeva meglio, quando il re era considerato come il terzo ramo del Parlamento. È meno ammissibile ora; e del resto — se si crede di concedere al Capo dello Stato, nel caso di suo dissenso con le Camere sopra una legge, la facoltà di chiederne il riesame ed eventualmente di ricorrere al referendum — facoltà che gli è riconosciuta in caso di dissenso legislativo fra le due Camere — ciò si potrebbe fare, anche attenendosi al solo compito della promulgazione».

Mi sembra, da alcuni punti del suo discorso, che l'onorevole Bozzi si possa accontentare di qualcosa di simile; ed in ciò può aver ragione ed essere utile il suo richiamo; ma lo prego di rinunciare alla sua formula. Delibereremo a suo tempo meditatamente e tranquillamente. E potremo trovare soluzioni, che ammettendo un suo intervento di fronte alle leggi, non siano in contrasto con la figura del Capo dello Stato, in uno Stato parlamentare, e con la più corretta concezione repubblicana e democratica, che anima il nostro progetto.

Bozzi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Bozzi. All'inizio del mio intervento avevo detto che non insistevo sulla redazione formale, ma che facevo una questione di sostanza, che si riassumeva in ciò: la necessità che il Presidente della Repubblica, non sia del tutto estraneo all'esercizio della funzione legislativa.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non deve partecipare alla formazione.

Bozzi. Il problema politico e costituzionale è questo: il progetto di Costituzione tiene il Capo dello Stato fuori del processo che conduce alla formazione della legge.

Questo è un errore. Bisogna trovare una forma di intervento del Capo dello Stato.

Io avevo detto inizialmente che non facevo questione di sanzione. Posso aderire all'idea dell'onorevole Ruini, purché il problema venga ripreso in esame.

Persico. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Persico. Il problema posto dall'onorevole Bozzi è veramente molto grave. Il progetto di Costituzione tiene il Capo dello Stato fuori del processo di formazione della legge, tanto che l'articolo 83 del progetto dice soltanto che il Presidente promulga le leggi, e niente altro. Mettendo la figura del Presidente tra i tre poteri che formano le leggi — cioè le due Camere ed il Presidente — noi diamo al Presidente della Repubblica una facoltà, che egli non deve avere.

Basti pensare a questo: se la facoltà sanzionatoria non fosse esercitata, cioè il Presidente della Repubblica si rifiutasse di sanzionare una legge, nascerebbe un conflitto costituzionale fra le due Camere ed il Presidente della Repubblica. Ora, non è previsto nessun organo che sciolga questo conflitto. La Corte costituzionale prevista dal progetto ha altri compiti, non questo.

Quindi, noi veniamo a scardinare tutta la formazione della Costituzione, la quale, come Costituzione repubblicana, ha messo il Capo dello Stato in una funzione particolare, altissima, ma non tale da formare quella terza Camera cui ha accennato l'onorevole Ruini. Io sono contrario. Unico dubbio è questo: se convenga seguire l'esempio della Costituzione francese, che all'articolo 36 non dà un diritto né di sanzione, né di veto assoluto, ma che dice: «Il Presidente della Repubblica può, con un messaggio motivato, domandare alle due Camere una nuova deliberazione».

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Onorevole Persico, è il veto sospensivo. La classica dottrina francese lo configura appunto come un veto sospensivo.

Persico. Sì, veto sospensivo, che però dopo la seconda deliberazione si annulla.

Questa idea di chiedere il parere alla Camera per una seconda volta può essere esaminata a suo tempo. Ricordo che, per quanto riguarda l'articolo 70, io ho creduto opportuno — e questo conferma che sono della stessa opinione dell'onorevole Ruini — di togliere il potere al Presidente della Repubblica di indire referendum popolari sui disegni non approvati, perché questo potere darebbe al Capo dello Stato una facoltà legislativa, facoltà che il Capo dello Stato non deve avere. Per questo sono contrario all'emendamento dell'onorevole Bozzi.

Targetti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Targetti. Senza entrare per ora nel merito della questione, mi permetto di richiamare l'attenzione dell'Assemblea su questa circostanza: l'onorevole Bozzi, nell'illustrare il suo emendamento, è stato necessariamente costretto a riferirsi agli altri poteri e facoltà che il progetto di Costituzione attribuisce al Capo dello Stato. Questa necessità in cui l'onorevole Bozzi si è trovato è una conferma dello stretto legame che unisce la sua proposta con le facoltà che la Costituzione intende attribuire al Capo dello Stato. A seconda che il Capo dello Stato noi arriveremo a configurarlo in un modo o in un altro, la questione posta dall'onorevole Bozzi potrà avere un aspetto od un altro e potrà avere o no accoglimento. Io proporrei che si rinviasse l'esame di questa proposta...

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. No, onorevole Targetti!

Targetti. Lo so, onorevole Ruini, che qui ci si oppone la questione che per gli emendamenti non può valere la sospensiva.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non è per questo, onorevole Targetti. Se permette, ripeto il mio pensiero. Si tratta di respingere il principio di una partecipazione come terzo ramo del Parlamento. Noi non possiamo accogliere questo concetto. Se L'onorevole Bozzi lo mantiene, noi voteremo contro; se viceversa lo ritira, ci riserviamo di esaminare a suo tempo la questione, non sotto l'aspetto posto dall'emendamento, ma sotto l'aspetto che ci sembrerà opportuno, quale la possibilità di un voto sospensivo. Viceversa lei, onorevole Targetti, diceva di rimandare l'emendamento dell'onorevole Bozzi, così com'è ora formulato, in quella sede.

Targetti. Le posso assicurare che avevo capito con grande esattezza il concetto espresso dall'onorevole Bozzi, nel senso che egli intende costituire quella che, con ardita analogia, si chiama terza Camera, perché raffigurate nella forma di una Camera...

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Il caput Parlamenti: è la vecchia concezione della dottrina inglese.

Targetti. La mia proposta è questa: se alla sospensiva della discussione di un emendamento fa ostacolo una norma regolamentare, l'onorevole Bozzi potrebbe — se fosse persuaso delle mie osservazioni — ritirare in questa sede il suo emendamento, salvo a ripresentarlo quando si venga a discutere della questione del Capo dello Stato.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Onorevole Targetti, avevo pregato il collega Bozzi di ritirare il suo emendamento, salvo ad esaminare la questione a suo luogo, nella forma che sembrerà più opportuna, ma non mi sono affatto impegnato a riprendere allora in esame la sua proposta secondo la dizione attuale. Questo, onorevole Targetti, lei non aveva capito.

Bozzi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Bozzi. Volevo dire questo: non ho difficoltà a ritirare il mio emendamento. Non vorrei, però, che il problema fosse pregiudicato; perché se oggi si approva l'articolo 67 nel testo del progetto, potrebbe domani dirsi che il problema è pregiudicato. Allora, siccome l'articolo 67 non è necessariamente collegato con quello che segue, ne potremmo rinviare l'esame.

Gullo Fausto. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gullo Fausto. Il Gruppo in nome del quale parlo è contrario all'emendamento Bozzi, per le ragioni già dette sia dall'onorevole Ruini sia dall'onorevole Persico. Rivivrebbe una norma dello Statuto albertino, la quale in realtà costituiva anch'essa una transazione tra la «grazia di Dio e la volontà della Nazione», che dovevano camminare insieme; ma ora non è ammissibile che, nella Costituzione di una Repubblica parlamentare, il Capo dello Stato partecipi direttamente alla formazione delle leggi.

Bozzi. Perché può sciogliere le Camere?

Gullo Fausto. Lasciamo stare. Noi parliamo della formazione delle leggi, che giustamente l'onorevole Bozzi dice essere la manifestazione più essenziale della sovranità.

Ricordo però all'Assemblea che all'articolo 70 del progetto c'è qualcosa. Esso dice:

«Quando una Camera non si pronuncia entro il termine stabilito sopra un disegno di legge approvato dall'altra, o quando lo rigetta, il Presidente della Repubblica può chiedere che la Camera stessa si pronunci o riesamini il disegno».

Un intervento di questo genere può considerarsi opportuno appunto perché è pienamente giustificato da un contrasto che può nascere fra le due Camere. L'onorevole Persico ha detto una cosa molto sensata quando ha richiamato l'attenzione dell'Assemblea sull'eventualità di un altro contrasto che potrebbe sorgere. Che un contrasto sorga fra le due Camere è una cosa inevitabile, perché sono entrambe investite del potere di fare le leggi; ma creare la possibilità che sorga fra le due Camere ed il Capo dello Stato, conferendo al Capo dello Stato il potere di concorrere alla formazione delle leggi, significa creare la possibilità di un conflitto costituzionale, di cui bisogna senz'altro, fin da questo momento, calcolare la portata e l'importanza. Chi verrebbe a dirimere questo conflitto che può sorgere?

Ora, basterebbe solo questa considerazione, anche a prescindere per poco da quello che è l'aspetto centrale della questione. Noi siamo di fronte ad una Repubblica parlamentare, in cui la sovranità è rappresentata dalle due Camere ed alle due Camere spetta soltanto la potestà di fare le leggi. L'onorevole Bozzi si richiamava al fatto che noi riconosciamo al popolo il diritto di annullare la deliberazione delle due Camere; ma l'onorevole Bozzi dimenticava una cosa essenziale: la Costituzione parte dal principio che la sovranità risiede nel popolo, ed esclusivamente nel popolo. Che possa il popolo annullare, con un referendum, la deliberazione delle due Camere è una cosa che si spiega (vedremo poi in seguito se sia prudente ed opportuno sancire ciò nella Costituzione); non si contravviene al principio generale che è quello che la sovranità risiede nel popolo. Non mi spiegherei che questo potere dato al popolo possa essere dato anche al Presidente della Repubblica, che è eletto dalle Camere. In lui non risiede la sovranità, così come risiede nel popolo. Per queste ragioni siamo assolutamente contrari all'emendamento dell'onorevole Bozzi, così come siamo contrari a quello che diceva poco fa l'onorevole Targetti, cioè di rimandare la questione a quando si discuterà dei poteri da conferire al Capo dello Stato. Quali che siano questi poteri, qui è intanto da affermare un principio: che la potestà di fare le leggi risiede nelle Camere ed esclusivamente nelle Camere. Non è il caso di rinviare al momento in cui si discuterà dei poteri del Capo dello Stato. Al Capo dello Stato si potranno dare tutti i poteri che vorremo, tranne questo. Quindi un rinvio motivato, così come l'ha motivato l'onorevole Targetti, non si spiega. Lo spiegherei nel senso esposto dall'onorevole Ruini. L'onorevole Ruini, infatti, premette che debba essere affermato questo principio: che la facoltà di fare leggi risiede nelle Camere. Si vedrà dopo se è il caso di accettare un intervento di natura diversa da parte del Capo dello Stato. Chiediamo quindi che si respinga l'emendamento dell'onorevole Bozzi e si approvi la dizione del progetto così come è.

Codacci Pisanelli. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Codacci Pisanelli. Vorrei fare presente che aderisco anch'io alla proposta del rinvio sulla questione di principio, perché non vorrei che si ragionasse in odio di questa o quella Costituzione.

Noi facciamo questo ragionamento: siccome nella Costituzione precedente era prevista la partecipazione del Capo dello Stato all'esercizio della funzione legislativa, qui dobbiamo escluderla.

È importante viceversa questo rinvio senza pregiudicare la questione, perché se escludessimo completamente il Capo dello Stato dalla funzione legislativa avremmo due conseguenze: la prima è che lo ridurremmo a semplice capo del potere esecutivo, contrariamente alle nostre intenzioni, perché vogliamo che sia il Capo dello Stato. E non è male, per evitare che si riduca a semplice capo del potere esecutivo, ammettere la sua partecipazione alla funzione legislativa.

Altra conseguenza è questa: che noi non potremmo mai evitare, secondo me e secondo molti studiosi, questa partecipazione del Capo dello Stato all'esercizio della funzione legislativa. Non potremmo evitarla, perché nessuno ha messo in dubbio la necessità di attribuire al Capo dello Stato la facoltà di promulgazione.

Si è molto discusso, e ritornerò sull'argomento fra poco, circa la natura della promulgazione.

Alcuni hanno sostenuto che si tratti di un atto amministrativo, ma molti hanno invece pensato e ritengono che si tratti di un atto legislativo. In altri termini, promulgare significa partecipare all'esercizio della funzione legislativa. E credo che tale tesi sia da accettare, perché occorre distinguere lo statuire dal documentare; statuire cioè fissare il contenuto della norma; documentare, ossia offrire un mezzo materiale da cui possa desumersi con certezza che cosa ha stabilito il legislatore.

Quindi la facoltà di promulgare, in realtà, implica una partecipazione all'esercizio della funzione legislativa, sia pure ad una'attività meno elevata di quella del legislatore che statuisce. Ma ritengo, e ritengono molti, che si tratti anche qui di partecipazione alla funzione legislativa.

Penso, pertanto, che non manchino le ragioni per differire la questione, così da esaminarla allorché ci occuperemo dei poteri da attribuire al Capo dello Stato e della struttura da attribuire a tale organo nella nostra Costituzione. Altrimenti, come ripeto, da una parte, ridurremmo il Capo dello Stato a capo del potere esecutivo, contrariamente ai principî relativi al sistema parlamentare cui ha accennato l'oratore che mi ha preceduto, e, d'altro lato, escluderemmo la partecipazione del Capo dello Stato a quella attività legislativa meno elevata, ma sempre d'indole legislativa, che consiste nel promulgare.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Mi sembrava che l'onorevole Bozzi non fosse contrario ad aderire alla mia preghiera e cioè di rimandare la questione di questo intervento del Capo dello Stato, ma non accettasse la formulazione del progetto. L'amico Targetti è intervenuto a fine di bene; ma ha mosso nuovamente le acque; e la questione è ancora in alto mare...

Targetti. No, no, lei questo se lo immagina: riveda il testo stenografico: io non ho fatto nessuna proposta di rimandare!

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Onorevole Targetti, lei ha proposto di rimandare l'emendamento Bozzi. Al che io non posso consentire. Rimandare l'emendamento Bozzi significherebbe rimandare anche tutto l'articolo; che deve essere invece approvato nella forma proposta; il che non pregiudica — se non nei riguardi della sanzione vera e propria; ed anche per questo la formulazione Bozzi è eccessiva — l'adozione di quelle forme di intervento del Capo dello Stato, a cui ho già accennato.

Votiamo dunque l'articolo, mentre l'onorevole Bozzi potrà prendere atto dell'affidamento che gli do — e che tutta l'Assemblea condivide — che riprenderemo in esame questo punto, sempre tenendo fermo che la formazione delle leggi appartiene soltanto alle due Camere.

Bozzi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Bozzi. Desidero ripetere che non vorrei che votando oggi l'articolo 67 si producesse una specie di preclusione.

Tosato. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Tosato. Dopo quanto è stato detto sull'emendamento proposto dall'onorevole Bozzi, credo che non si possa fare altro se non rinviare la decisione e che non si possa accettare la proposta formulata or ora dall'onorevole Ruini, perché, accettandola, la questione sarebbe, almeno in parte, senza dubbio pregiudicata, nel senso che, se non si prevede una partecipazione del Capo dello Stato all'esercizio della funzione legislativa, resta ex adverso fissato senz'altro il principio che tale esercizio spetta soltanto alle Camere, rimanendo esclusa una partecipazione attiva del Capo dello Stato.

L'onorevole Ruini ha detto che la possibilità di questo intervento non rimarrebbe esclusa.

Ma bisogna intenderci su questo punto, perché fissare ora il principio che il potere legislativo spetta alle due Camere vuol dire, anzitutto, che non si potrà mai più parlare di un potere di sanzione del Capo dello Stato, che il Capo dello Stato è fuori del potere legislativo e che potrà avere invece, se mai, solo un potere di opposizione, di veto, da manifestarsi in vari modi.

Ora a me sembra che su tale questione, che investe così profondamente quella dei poteri da attribuirsi al Capo dello Stato — e in modo particolare e specifico del potere di sanzione — non si possa prendere attualmente posizione se non ci si mette d'accordo prima sulla figura generale del Capo dello Stato, quale sarà delineata nel Titolo II della Parte II.

Secondo l'onorevole Gullo la questione riguarderebbe non la figura del Capo dello Stato ma l'essenza della Repubblica parlamentare. Non condivido questo punto di vista: la Repubblica parlamentare non implica infatti l'esistenza di due soli organi costituzionali, le assemblee legislative, né tanto meno che le Camere siano i soli organi sovrani. Anche il Presidente della Repubblica è evidente[mente] un organo costituzionale, e nulla impedisce che la Costituzione attribuisca al Presidente poteri costituzionali anche nel quadro del potere legislativo. In tal caso i principî della Repubblica parlamentare non sarebbero affatto violati. Non è esatto parlare di sovranità delle Camere. Qui si tratta di vedere se sia opportuno o meno un intervento in forma diretta del Capo dello Stato nella funzione legislativa.

Per risolvere la questione bisogna accordarsi prima sulla figura da dare al Capo dello Stato. Se prevarrà la concezione formalistica, che tende a limitare i poteri del Capo dello Stato, è evidente che sarà difficile attribuire al Presidente della Repubblica una partecipazione attiva alla funzione legislativa; se invece noi decideremo di fare del Capo dello Stato non un figura solo simbolica, ma un organo dotato di effettivi sostanziali poteri, potremo facilmente attribuirgli anche quello di partecipazione all'esercizio della funzione legislativa.

D'altra parte, la questione è collegata non soltanto con quella della figura e dei poteri del Capo dello Stato ma anche con l'altra della forma di elezione del Capo dello Stato stesso. È evidente infatti che, se noi vogliamo dare, ad esempio, un potere di sanzione al Capo dello Stato, bisognerà che esso sia di elezione popolare, perché non vedo altrimenti come egli potrebbe opporsi ad un voto delle Camere, che sono di elezione popolare.

Per tutte queste ragioni, ritengo opportuno il rinvio dell'esame e della votazione sull'articolo 67.

Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, vi sono dunque varie proposte. Vi è quella dell'onorevole Ruini, il quale chiede che si proceda per intanto all'approvazione dell'articolo 67, salvo esaminare il contenuto dell'emendamento dell'onorevole Bozzi in successione di tempo, quando cioè si dovranno stabilire i poteri del Capo dello Stato. Vi è poi la proposta dell'onorevole Tosato, nel senso di rinviare invece senz'altro l'esame dello stesso articolo 67, e conseguentemente dell'emendamento Bozzi.

Invito il Presidente della Commissione a dichiarare se insiste nella richiesta di procedere alla votazione dell'articolo 67.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Io credo che la proposta di votare l'articolo 67, senza rimandarlo, sia perfettamente logica. Non così il rinviarlo. Ad ogni modo la questione ha più che altro un senso di tecnica formale. Anche se dovesse venire approvato il rinvio, resta fermo che non potremo mai ammettere, a suo tempo, una formula arcaica e superata come quella che era stata proposta dall'onorevole Bozzi, e consentire al Capo dello Stato interventi, che ne facciano un partecipe del Parlamento.

Lucifero. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lucifero. Prego l'Assemblea di voler accogliere la proposta di sospensiva dell'onorevole Tosato. Una volta che la questione è venuta in discussione, essa è troppo grave perché possa essere risolta seduta stante; ed è risolta, se noi approviamo l'articolo 67 così come viene proposto. Credo anche che la questione sia talmente grave e delicata da richiedere la presenza di un numero di deputati maggiore di quello attuale.

Presidente Terracini. Ricordo che le proposte di sospensiva hanno la precedenza nelle votazioni. Pongo pertanto ai voti la proposta dell'onorevole Tosato di sospendere l'esame e la votazione dell'articolo 67.

(Dopo prova e controprova, con votazione per divisione, è approvata).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti