[Il 21 gennaio 1947 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sull'organizzazione costituzionale dello Stato.]

Il Presidente Terracini dà lettura dell'articolo formulato in base agli elementi approvati dalla Sottocommissione nella seduta di ieri[i]:

«Sarà indetto il referendum su una legge approvata dal Parlamento quando ne facciano richiesta 500 mila elettori e 7 Assemblee regionali.

Il termine della promulgazione è sospeso se entro 15 giorni dalla pubblicazione provvisoria della legge approvata, 50 mila elettori e tre Assemblee regionali dichiarino di prendere l'iniziativa del referendum. Il completamento del numero delle firme e delle adesioni delle Assemblee regionali, richieste per farsi luogo al referendum ai sensi del primo comma, deve avvenire entro due mesi dalla stessa data di pubblicazione.

Non potrà essere sottoposto a referendum un disegno di legge per il quale le due Camere a maggioranza assoluta abbiano dichiarato il carattere d'urgenza.

Non possono essere oggetto di referendum le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e le leggi di bilancio».

Tosato propone che — per usare una maggiore proprietà di linguaggio — invece di «leggi di bilancio» si dica «leggi di approvazione del bilancio».

Mortati, Relatore, si domanda se non sia opportuno aggiungere nel penultimo comma all'espressione «a maggioranza assoluta» le parole «dei loro membri».

Il Presidente Terracini non ritiene necessaria l'aggiunta suggerita dall'onorevole Mortati, perché, essendo «le due Camere» il soggetto della proposizione, è chiaro che la maggioranza assoluta riguarda i loro membri.

Non ha invece nulla in contrario ad accogliere la modificazione formale proposta dall'onorevole Tosato.

Pone ai voti la formulazione dell'articolo con l'emendamento Tosato.

(È approvata).

Rileva che, una volta fissati i casi in cui il referendum si può o non si può richiedere, si deve ora esaminare la questione del diritto di partecipazione al referendum.

Mortati, Relatore, osserva che la Sottocommissione dovrebbe ora prendere in considerazione l'articolo 3 del progetto da lui formulato, che è del seguente tenore:

«L'iniziativa popolare si esercita mediante la presentazione di un progetto, redatto in articoli, da parte di almeno 100 mila elettori.

«Ove tale progetto, che deve essere presentato subito dal Governo al Parlamento, non venga, nel termine di sei mesi dalla presentazione, preso in considerazione, o sia rigettato, o sottoposto ad emendamenti, si deve procedere al referendum su di esso, quando ciò sia stato stabilito originariamente o sia richiesto da almeno un ventesimo (o meglio da un decimo) degli elettori iscritti ed il progetto sia accompagnato dalla relazione di un comitato di tecnici della materia cui esso si riferisce.

«Si procede analogamente quando la richiesta degli elettori sia rivolta all'abrogazione di una legge già in vigore (o di singole parti di essa). L'abrogazione produce i suoi effetti dal momento in cui la deliberazione popolare che la dispone sia resa nota».

Illustrando la disposizione, osserva che, mentre l'articolo 2 del suo progetto ammette la richiesta del referendum da parte degli elettori su una legge approvata dal Parlamento, l'articolo 3 si riferisce al caso di una proposta che parta dal popolo e che non sia collegata ad una legge approvata dal Parlamento.

Il Presidente Terracini prospetta l'opportunità che anche per le leggi di iniziativa popolare si possa far funzionare il referendum nello stesso modo in cui funziona quando è stato provocato dalla deliberazione di una delle Camere, dal momento che, evidentemente, anche il progetto di legge di iniziativa popolare deve esser sempre sottoposto all'esame del Parlamento.

Mortati, Relatore, fa presente che si può anche ritenere che sul referendum richiesto dagli elettori su un progetto di legge di iniziativa popolare si pronunci direttamente il popolo senza passare attraverso il Parlamento.

Il Presidente Terracini non ha nulla in contrario ad esaminare tale ipotesi, ma osserva che sarebbe assai difficile far approvare per referendum un progetto di legge, perché gli elettori si troverebbero impacciati ad accettare o respingere nel suo complesso un progetto formato di un certo numero di articoli.

Mortati, Relatore, rileva che l'obiezione fatta dal Presidente si potrebbe sollevare anche nei riguardi del referendum su una legge approvata dal Parlamento.

Il Presidente Terracini risponde che la formulazione di una legge approvata dal Parlamento sarà evidentemente più chiara e più elaborata di quanto non possa esserlo un progetto di iniziativa popolare; e quindi l'espressione del parere della popolazione potrà essere nel primo caso più agevole che non nel secondo.

Einaudi concorda col Presidente, e distingue la formulazione del principio che è a base della proposta di iniziativa popolare, dalle particolarità di attuazione del principio stesso che, a suo avviso, spettano al Parlamento.

Mortati, Relatore, ricorda che anche in questo caso si richiede — e numerose Costituzioni lo esigono — che il progetto presentato attraverso l'iniziativa popolare sia redatto in articoli.

L'articolo 3 del suo progetto pone il seguente quesito: se su un progetto di iniziativa popolare, non preso in considerazione o rigettato dal Parlamento, si possa o meno procedere a referendum.

Il Presidente Terracini osserva che si tratta di risolvere due differenti ipotesi: la prima, secondo la quale un progetto di legge di iniziativa popolare viene direttamente e immediatamente sottoposto a referendum, dando così origine ad un procedimento di formazione della legge diverso da quello normale; la seconda, per cui può essere richiesto dagli elettori il referendum su un progetto di iniziativa popolare non preso in considerazione o rigettato dal Parlamento.

Perassi non è favorevole alla prima ipotesi, perché ritiene che il progetto di legge proposto e redatto in articoli dal popolo debba essere anzitutto sottoposto all'organo rappresentativo, il quale o l'adotta o lo modifica o fa un controprogetto; e che soltanto in un secondo tempo si possa giungere al referendum.

Fuschini è anch'egli contrario alla prima ipotesi fatta dal Presidente.

Il Presidente Terracini pone ai voti il principio che possa ammettersi la formazione di una legge direttamente per iniziativa popolare attraverso il referendum, senza ricorso all'esame del Parlamento.

(Non è approvato).

Considera ora la seconda ipotesi, che ha poc'anzi accennato, la quale risulta dall'articolo 3 del progetto Mortati.

Fuschini riterrebbe opportuno stabilire di quale natura ed importanza debbano essere le modificazioni apportate dal Parlamento al progetto di iniziativa popolare, per evitare che il referendum sia richiesto anche quando al provvedimento sono stati apportati emendamenti di carattere non sostanziale.

Il Presidente Terracini rileva che — dal momento che nell'articolo 3 proposto dall'onorevole Mortati il caso di approvazione con emendamenti è equiparato a quello del rigetto — il Parlamento o accoglierà o respingerà in blocco la proposta di iniziativa popolare; e — entrando in funzione il referendum, — gli elettori si pronunceranno anch'essi sul progetto nel suo complesso, dando così origine ad una procedura analoga a quella che la Sottocommissione ha respinto con la precedente votazione.

Tosato ritiene che il referendum — concepito come un correttivo, nel senso di ammettere il popolo a collaborare alla formazione delle leggi — debba ammettersi soltanto nel caso che il popolo si manifesti in senso contrario ad una legge approvata dal Parlamento. Non è quindi favorevole all'iniziativa popolare così come è concepita dall'articolo 3 del progetto Mortati. Aggiunge che quanto ha osservato ha valore limitatamente alle leggi dello Stato, e non per ciò che riguarda l'ordinamento regionale.

Mortati, Relatore, non vede quale ragione logica, giuridica o politica induca a trattare in modo differente il caso di referendum richiesto su un progetto di legge approvato dal Parlamento da quello di referendum richiesto su un progetto di iniziativa popolare, al quale il Parlamento si sia manifestato contrario. I due casi, infatti, partono dal medesimo presupposto, cioè da una posizione di contrasto tra il Parlamento ed un determinato numero di elettori.

Il Presidente Terracini concorda con l'onorevole Tosato nel ritenere che, quando si è ammessa la richiesta di referendum su una legge approvata dal Parlamento, si intendeva implicitamente escludere che il referendum potesse essere indetto su una legge respinta dal Parlamento.

Ritiene poi — pur ammettendo che lo stimolo popolare sia necessario — che, per le ragioni a cui ha accennato in precedenza, non si possa giungere senz'altro alla conclusione che l'iniziativa popolare possa, attraverso il referendum, sboccare direttamente in una legge, senza l'intervento degli organi legislativi.

Fabbri osserva che non è storicamente esatto che al diritto di veto — in cui si risolve, a suo avviso, il referendum di iniziativa popolare in opposizione ad una legge approvata dal Parlamento — abbia sempre corrisposto un diritto positivo di fare. Si tratta di due casi diversi, storicamente e costituzionalmente; e ritiene quindi che dalla concessione ad un certo organo di un diritto di veto da esercitare in determinate situazioni non debba derivare come conseguenza imprescindibile il diritto da parte di quell'organo di fare una legge per conto proprio.

Mortati, Relatore, fa presente che il caso ipotizzato dall'articolo 3 del suo progetto tende a stabilire la possibilità di richiedere — da parte degli elettori che hanno veduto non accolto dal Parlamento un progetto di iniziativa popolare — il referendum su tale progetto. Osserva in proposito che non può ritenersi materia grezza quella sulla quale dovrà esercitarsi la deliberazione popolare, perché si tratta di un progetto, redatto in articoli già elaborati, che, nel caso di esito favorevole del referendum, deve diventare legge.

Quanto alle considerazioni fatte dall'onorevole Fabbri, osserva che al popolo è stato attribuito non solo il diritto di veto, ma anche quello di iniziativa, che può trovare il suo sbocco anche quando manchi ad essa il consenso del Parlamento.

Il Presidente Terracini, premesso che la Sottocommissione ha già escluso il referendum per i progetti di legge di iniziativa parlamentare che siano stati respinti dal Parlamento, fa presente che ora si tratta di decidere se per i progetti di iniziativa popolare respinti o modificati dal Parlamento sia ammesso o meno il referendum.

Fabbri osserva che l'ipotesi di un progetto modificato dal Parlamento è diverso dall'ipotesi di un progetto respinto dal Parlamento. Il primo caso rientrerebbe in quello di una legge approvata, cioè nella norma generale riguardante il diritto di referendum sulle leggi approvate dal Parlamento.

Il Presidente Terracini prospetta l'opportunità di intendere compresi nella formula approvata nell'ultima seduta tanto i progetti di legge di iniziativa parlamentare quanto quelli di iniziativa popolare, i quali (sia gli uni che gli altri) abbiano subìto emendamenti nel corso delle discussioni innanzi al Parlamento.

Pone quindi ai voti il principio che sia ammesso il referendum sui progetti di legge di iniziativa popolare respinti dal Parlamento.

(Non è approvato).

Fa presente che ora deve risolversi la questione di principio — di cui all'ultimo comma dell'articolo 3 del progetto Mortati — circa l'ammissione o meno del referendum per chiedere l'abrogazione delle leggi in vigore.

Mortati, Relatore, osserva che, secondo il suo progetto, l'iniziativa popolare per la richiesta di abrogazione di una legge in vigore dovrebbe essere sottoposta al Parlamento; si dovrebbe ricorrere al referendum se tale richiesta non fosse accettata entro sei mesi.

Il Presidente Terracini non vede la necessità del vaglio parlamentare, dal momento che si tratta di abrogare una legge già in vigore.

Fuschini, ammesso il concetto che il referendum si possa domandare anche per l'abrogazione di una legge in vigore, è favorevole al principio che la proposta di abrogazione sia sottoposta all'esame del Parlamento, il che costituisce una notevole garanzia. Rileva poi i gravissimi inconvenienti a cui si andrebbe incontro, se si facesse a meno di tale garanzia e si stabilisse che, proposto il referendum, gli elettori debbano senz'altro votare sull'abrogazione della legge.

Fa presente che l'iniziativa popolare può esplicarsi sia con la richiesta di un nuovo progetto di legge, che con quella di abrogazione di una legge vigente. Nella prima ipotesi sono implicitamente previsti i due casi di presentazione di un nuovo progetto su materia nuova o su materia già elaborata; nella seconda si prevede poi sia il caso in cui l'abrogazione non comporti la necessità di una nuova legge che sostituisca la vecchia, che quello in cui vi sia tale necessità. Ritiene che tali ipotesi possano esser regolate diversamente, ma è, a suo parere, necessario che quando l'iniziativa popolare ravvisi la necessità di una nuova legge, il Parlamento debba interessarsene.

Perassi nulla ha da obiettare circa il fatto che l'iniziativa, di cui al primo comma dell'articolo 3, possa esplicarsi sia nel senso della presentazione di un progetto redatto in articoli, sia nel senso della richiesta di abrogazione di una legge esistente. Fa invece le sue riserve circa la possibilità di abrogare una legge unicamente per voto del popolo, perché quasi sempre l'abrogazione di una legge porta con sé problemi di diritto transitorio che — se non previsti nel progetto presentato per iniziativa popolare — possono dar luogo a difficoltà pratiche notevoli. Esprime perciò l'avviso che nel primo comma dell'articolo 3 si debba stabilire che il diritto di iniziativa popolare consiste non solo nella presentazione di un disegno di legge, ma anche nella richiesta di abrogazione di una legge esistente.

Tosato concorda con l'onorevole Perassi. Pone in rilievo la particolare importanza della domanda di abrogazione di norme giuridiche esistenti, la quale dovrebbe esser considerata a parte, in quanto implica sostanzialmente abrogazione di limiti posti dallo Stato all'attività dei singoli.

Rileva inoltre che, come si è ammessa la possibilità da parte del popolo di opporsi ad una nuova legge già approvata dal Parlamento, presentando un nuovo progetto da sottoporre a referendum, così si deve ammettere il diritto da parte del popolo di opporsi ad una legge già esistente.

Mortati, Relatore, dopo aver rilevato la diversa portata pratica che ha l'ipotesi di abrogazione di una legge già in vigore rispetto a quella del veto posto alla promulgazione di una legge, fa presente che una delle principali obiezioni che si sollevano contro il referendum consiste nell'affermazione che esso introduce una disarmonia e disturba l'attività del potere legislativo, il che ha ancora più peso nel caso di eliminazione di una legge in vigore, in quanto il Parlamento dovrà provvedere a colmare la lacuna legislativa originata dall'abrogazione. Osserva che tale rilievo può essere superato, una volta ammesso che il popolo ha il diritto di intervenire nella linea di condotta politica del Parlamento, facendola, all'occorrenza, deviare.

Aggiunge infine che come correttivo della norma, approvata nella seduta di ieri, per cui «non potrà esser sottoposto a referendum un disegno di legge per il quale le due Camere a maggioranza assoluta abbiano dichiarato il carattere d'urgenza» (norma della quale il Parlamento potrebbe essere indotto ad abusare), può essere opportuno concedere all'iniziativa popolare la possibilità di abrogare una legge entrata in vigore.

Perassi, premesso che il problema dell'abrogazione di una legge è sostanzialmente diverso da quello dell'introduzione di una legge nuova, e presenta quindi una particolarità sua propria, osserva che il primo quesito da risolvere è se l'iniziativa popolare debba esser sottoposta all'esame del Parlamento o comporti invece l'immediata effettuazione del referendum e l'attribuzione di un valore decisivo al risultato di esso. Poiché ritiene inammissibile la seconda soluzione, considera quale potrà essere il comportamento del Parlamento di fronte alla proposta, osservando che, ove quest'ultimo respinga la richiesta di abrogazione, si ricadrà nell'ipotesi — già esclusa dalla Sottocommissione — della possibilità di sottoporre a referendum un disegno di legge respinto dal Parlamento.

Riterrebbe quindi opportuno, per coerenza al concetto politico che è alla base del problema, stabilire che il referendum è possibile nel caso che il Parlamento respinga un disegno di legge di abrogazione, fissando determinate cautele, al fine di non rendere inutile l'esperimento del referendum, ed ammettendo che il Parlamento possa in qualche modo raccomandare al popolo la soluzione del quesito che gli viene sottoposto.

Tosato osserva che sarà compito naturale del Parlamento quello di rimediare agli inconvenienti che potrebbero sorgere dall'abrogazione di una legge in vigore, uniformandosi alla volontà del popolo, il quale, attraverso il suo voto, abbia chiaramente palesato il proprio avviso sulla questione.

Zuccarini, dal momento che il referendum costituisce un appello rivolto al popolo, non vede come possa ammettersi che questo appello sia rimesso alla decisione del Parlamento.

Il Presidente Terracini ritiene che non vi sia alcun dubbio sul principio dell'iniziativa popolare rivolta all'abrogazione di una legge. Fa presente però che in pratica non è possibile non subordinare la richiesta di abrogazione ad un organo diverso da quello che ha espresso tale desiderio.

Nobile, tenendo presente l'articolo già approvato circa l'iniziativa popolare, osserva che sarà sempre possibile a 500 mila elettori ottenere l'abrogazione di una legge con la presentazione di un disegno di legge tendente appunto a tale scopo.

Il Presidente Terracini pone ai voti il principio che si possa procedere direttamente (cioè senza l'intervento del Parlamento) al referendum per ottenere l'abrogazione di una legge.

(È approvato).

Fuschini prospetta l'opportunità di indicare le leggi nei confronti delle quali — in considerazione della materia che regolano — non sarà possibile richiedere un referendum che tenda alla loro abrogazione.

Einaudi è del parere che si debbano stabilire i medesimi limiti previsti per il referendum diretto ad ottenere la non applicazione di una legge approvata, ma non promulgata.

Il Presidente Terracini concorda con l'onorevole Einaudi sull'opportunità di non sottoporre a referendum abrogativo le leggi concernenti l'autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e le leggi di approvazione del bilancio; ma rileva che tali materie saranno certamente comprese nell'elenco che l'onorevole Fuschini ha proposto di compilare per indicare con chiarezza le leggi nei riguardi delle quali — in considerazione della materia — sarà esclusa la possibilità di richiedere un referendum abrogativo.

Fabbri osserva all'onorevole Fuschini che non è praticamente possibile fare un elenco delle leggi che escludono il referendum diretto ad ottenerne l'abrogazione.

Dichiara poi essere, a suo avviso, inconcepibile che la proposta di abrogazione non debba passare per il tramite degli organi legislativi. Fa quindi la proposta concreta che la Sottocommissione riveda la deliberazione presa poco fa, la quale stabilisce che si può procedere al referendum direttamente per ottenere l'abrogazione di una legge.

Il Presidente Terracini pone ai voti questa proposta dell'onorevole Fabbri.

(Non è approvata).

Riconosce che la proposta dell'onorevole Fuschini ha serio fondamento; ed invita gli onorevoli Einaudi, Fuschini e Mortati a concretare una formula nella quale siano indicate le materie che comportano l'esclusione della richiesta di un referendum abrogativo.

Nobile dà lettura della seguente proposta:

«Il referendum per l'iniziativa popolare può essere richiesto anche contro un decreto legislativo emanato dal Governo.

«Per l'esercizio di tale facoltà valgono le medesime norme stabilite negli articoli precedenti. Pertanto la promulgazione di un decreto legislativo non può avere luogo prima di due mesi dalla data della sua pubblicazione».

Spiega che tale proposta mira a dare al popolo il diritto di chiedere l'abrogazione anche di un decreto legislativo emanato dal Governo in seguito a delega ricevuta dal Parlamento. Aggiunge che non è concepibile che il Governo possa liberamente emanare tutti i provvedimenti che crede, indipendentemente dalla volontà popolare, quando si è ammesso che il popolo possa intervenire in ogni atto del Parlamento.

Il Presidente Terracini ritiene fondate le ragioni che hanno spinto l'onorevole Nobile a proporre l'emendamento, il cui concetto informatore potrebbe trovar posto in una disposizione già approvata nella passata seduta; si potrebbe cioè dire che «sarà indetto il referendum su una legge approvata dal Parlamento o su un decreto legislativo emanato dal Governo, quando ne facciano richiesta 500 mila elettori o sette assemblee regionali».

Fabbri è favorevole alla proposta Nobile, la quale permetterebbe di realizzare il vantaggio che nei casi di vera urgenza il Governo non richieda la delega per l'emanazione di un decreto legislativo (la cui entrata in vigore non potrebbe aver luogo prima di due mesi dalla data della sua pubblicazione), ma presenti un progetto di legge facendo dichiarare l'urgenza e sottraendo così il provvedimento alle more del referendum.

Lussu riconosce che il referendum costituisce un correttivo a tanti abusi che si sono constatati nel passato, ma dichiara che, a suo avviso, è antidemocratico quanto ora si vuole stabilire, consentendo l'attuazione del referendum anche nei riguardi di atti fondamentali di Governo determinati da esigenze eccezionali.

Il Presidente Terracini ricorda a tale proposito gli articoli, approvati dalla Sottocommissione, concernenti la delega del potere legislativo al Governo.

Perassi ritiene praticamente inconcepibile che una legislazione delegata — alla quale si ricorre in momenti particolarmente delicati — debba esser sottoposta alla procedura del referendum che, per quanto abbreviata, implica sempre una notevole perdita di tempo.

Tosato riconosce che la proposta dell'onorevole Nobile risponde ad un'effettiva esigenza logica, ma non può accoglierla in pieno. Dichiara di essere favorevole all'estensione della facoltà di referendum abrogativo, già ammesso per le leggi, ai decreti legislativi esistenti, tanto più quando si pensi che la massima parte della nostra legislazione si è avuta nella forma del decreto legislativo e non in quella della legge. Sarebbe invece riluttante ad ammettere il referendum nei riguardi di decreti non ancora emanati, deferiti alla competenza del potere esecutivo per mezzo di una legge del Parlamento, non solo per le grandi difficoltà di ordine tecnico che sorgerebbero circa la promulgazione o meno del provvedimento, ma anche perché i decreti legislativi, creati per alleggerire la già cospicua attività del Parlamento, pur vertendo su materie molto complesse, sono di carattere prevalentemente tecnico, mentre i grandi principî di politica legislativa, particolarmente delicati per la politica generale del Governo, resteranno sempre di competenza del potere legislativo e costituiranno quindi l'oggetto di leggi e non di decreti legislativi.

Aggiunge a tale proposito che un emendamento dell'onorevole Mortati, accolto dal Comitato di redazione, stabilisce che ogni singola delegazione da parte del potere legislativo dovrà contenere i principî relativi a cui il Governo sarà tenuto ad uniformarsi nell'esercizio del potere legislativo delegato.

Fa presente infine che, se vi fosse opposizione a questa delegazione, per quanto riguarda sia la natura che il contenuto dei principî direttivi fissati nella legge di delegazione, sarà sempre possibile domandare il referendum contro la legge, approvata dal Parlamento, della quale si attenda la pubblicazione.

Conclude dichiarando di essere favorevole alla proposta fatta dall'onorevole Nobile, intesa in questo senso e con queste limitazioni.

Laconi, concordando in sostanza con quanto ha osservato l'onorevole Tosato, non vede la necessità di ricorrere al referendum abrogativo dei decreti legislativi, dal momento che si potrà raggiungere lo stesso scopo facendo abrogare la legge con la quale il Parlamento ha delegato al Governo l'attività legislativa.

Il Presidente Terracini rileva che non è affatto pacifico che, abrogando la legge di delega, cadano anche i provvedimenti emanati in forza di questa.

Codacci Pisanelli non vede la necessità dell'articolo aggiuntivo proposto dall'onorevole Nobile, dal momento che i decreti legislativi emanati prima della Costituzione che si sta elaborando cesseranno di aver vigore un determinato numero di mesi dopo la firma del trattato di pace, mentre i decreti legislativi, emanati dal Governo, in forza di una legge di delega, i quali sono, a suo avviso, da considerarsi alla stessa stregua di leggi vere e proprie, saranno per tale motivo soggetti al referendum anche senza un'apposita dichiarazione nella Costituzione.

Il Presidente Terracini fa presente l'opportunità di decidere se — una volta ammessa la possibilità di un referendum nei confronti dei decreti legislativi — tale sistema si possa attuare soltanto per abrogare un decreto legislativo già in atto od anche per sospendere l'applicazione di un decreto legislativo emanato dal Governo.

Ricorda che la Sottocommissione ha ammesso il referendum abrogativo nei riguardi delle leggi; si tratterebbe ora di estenderlo anche ai decreti legislativi, tenendo presente che naturalmente saranno esclusi da tale sistema tanto le leggi quanto i decreti legislativi concernenti materie che il Comitato, composto dagli onorevoli Einaudi, Fuschini e Mortati, riterrà opportuno di elencare.

Mortati, Relatore, si associa alle osservazioni dell'onorevole Codacci Pisanelli; ritiene cioè che l'estensione del referendum abrogativo ai decreti legislativi sia implicito nei principî accolti nella Costituzione.

Perassi dichiara di essere favorevole alla proposta.

Il Presidente Terracini pone ai voti il principio che il referendum abrogativo possa essere chiesto anche nei riguardi dei decreti legislativi.

(È approvato).

Fabbri domanda che si metta ai voti la seconda parte del quesito, cioè se sia da ammettersi anche il referendum sospensivo nei riguardi dei decreti legislativi.

Il Presidente Terracini pone ai voti il principio che il referendum sospensivo si possa applicare nei confronti dei decreti legislativi.

(Non è approvato).

Apre ora la discussione sull'articolo 6 del progetto Mortati, così formulato:

«Il diritto di partecipare al referendum compete a tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei Deputati.

La proposta sottoposta a referendum s'intende approvata quando abbia raccolto la maggioranza dei voti espressi.

Una legge determinerà le altre modalità di attuazione del referendum».

Mortati, Relatore, circa il primo comma, fa presente di aver indicato la Camera dei Deputati, in quanto per il Senato potrebbero esser poste delle condizioni particolari, ed anche perché il diritto di eleggere i Deputati è quello che abbraccia la maggioranza dei cittadini.

Il Presidente Terracini pone ai voti il primo comma dell'articolo.

(È approvato).

Fabbri, a proposito del secondo comma, prospetta la necessità di non stabilire genericamente che la proposta s'intende approvata quando abbia raccolto la maggioranza dei voti espressi, ma di fissare, analogamente a quanto dispongono le legislazioni che ammettono il referendum, un quorum di elettori, allo scopo di dare al referendum stesso una rilevanza giuridica.

Fuschini si associa alle considerazioni dell'onorevole Fabbri, e propone di fissare il quorum in due quinti degli elettori stessi.

Nobile concorda anch'egli con l'onorevole Fabbri.

Grieco non è favorevole alla proposta Fabbri, perché, essendo contrario al principio di fissare un quorum nelle elezioni, è anche contrario al principio di stabilire un quorum per la validità del referendum.

Il Presidente Terracini pone ai voti il principio che sia da stabilire un quorum di votanti per la validità del referendum.

(È approvato).

Mette quindi in votazione la misura del quorum nei due quinti degli aventi diritto.

(È approvato).

Perassi prospetta l'opportunità di dire espressamente che non si tiene conto delle schede nulle e di quelle bianche, giacché tra le une e le altre vi è una differenza. Aggiunge che tale sua considerazione ha valore per stabilire la maggioranza.

Fabbri ritiene che ci si possa limitare a dire «voti validi espressi».

Il Presidente Terracini formulerebbe il secondo comma nel modo seguente:

«La proposta sottoposta a referendum si intende approvata quando abbia raccolto la maggioranza dei voti validi espressi, purché abbiano partecipato alla votazione i due quinti degli aventi diritto».

Lo pone ai voti.

(È approvato).

Pone ai voti il terzo comma.

(È approvato).


 

[i] Nella formulazione approvata nella seduta del giorno precedente, al primo e al secondo comma si diceva rispettivamente «o 7 Assemblee regionali» e «o tre Assemblee regionali» invece di «e». È da ritenersi corretta la formulazione iniziale («o») anche in considerazione del fatto che da quanto risulta dai documenti reperibili nell'Archivio Storico della Camera dei Deputati all'unità archivistica ITCD.00200.00040.00006.00006.00014 il Comitato di redazione ha utilizzato questa versione per l'analisi dell'articolo.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti