[Il 29 gennaio 1947, nella seduta pomeridiana, la Commissione per la Costituzione in seduta plenaria discute sul referendum per l'entrata in vigore o per l'abrogazione di una legge.]

Presidente Ruini. È ora da esaminare la questione relativa al referendum per l'entrata in vigore o per l'abrogazione di una legge.

L'articolo proposto dalla seconda Sottocommissione, che il Comitato di redazione ha accolto, per il suo valore sostanziale, è del seguente tenore: «L'entrata in vigore di una legge non dichiarata urgente è sospesa quando, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione, cinquantamila elettori o tre Consigli regionali chieggono che sia sottoposta a referendum popolare. Il referendum ha luogo se nei due mesi dalla pubblicazione della legge l'iniziativa per indirlo ottiene l'adesione, complessivamente, di cinquecentomila elettori o di sette Consigli regionali. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie, di approvazione del bilancio e di ratifica dei trattati.

«Si procede altresì al referendum se cinquecentomila elettori o sette Consigli regionali fanno domanda di abrogare una legge che sia in vigore da almeno due anni. Il referendum non è ammesso per le leggi tributarie».

In ordine al caso previsto nel primo comma, l'onorevole Perassi ha proposto di escludere dal referendum anche le leggi approvate con maggioranza di due terzi dei membri di ciascuna Camera. L'onorevole Grassi ha poi proposto di sopprimere il primo comma e di modificare così il secondo: «Si procede a referendum popolare se cinquecentomila elettori o sette Consigli regionali fanno domanda di abrogare una legge. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie».

Grassi. Secondo il sistema proposto, ogni legge, anche la più piccola, può essere sospesa finché gli elettori non dicano se accettano o no di sottoporla a referendum. In altri termini, si viene a creare un veto nelle mani del popolo; quel veto che non si è accettato quando si diceva che dovesse essere affidato al Presidente della Repubblica o al monarca, in quanto costituiva un intralcio alla funzione legislativa. Dichiara di essere favorevole al referendum, ma nelle grandi questioni, nei problemi d'eccezione.

Ha pertanto proposto di conservare soltanto il referendum abrogativo, poiché ritiene il referendum preventivo antigiuridico e antidemocratico: si presterebbe all'ostruzionismo di una minoranza che volesse sabotare il potere legislativo e importerebbe una ingente spesa.

Togliatti concorda, nel complesso, con l'opinione espressa dall'onorevole Grassi e dice subito che questo articolo è a favore di un partito che ha due milioni di iscritti, perché potrà sempre sospendere qualsiasi legge, trattandosi di un espediente di organizzazione elementare raccogliere 500.000 firme. Con tale sistema, quindi, un partito fortemente organizzato avrebbe la facoltà praticamente di sospendere la vita di tutte le Assemblee, la vita cioè costituzionale del Paese. Si tratta, infatti, di qualsiasi legge, eccetto il solo bilancio che si fa poi presto a ridurre ad ordinaria amministrazione, e i trattati. Ritiene però che tale sistema non sia democratico: si passerebbe da una battaglia all'altra, nulla più funzionerebbe. Richiama pertanto l'attenzione dei Commissari sulle sue conseguenze, che metterebbero in forse la stabilità, la continuità e la possibilità stessa legislativa dello Stato repubblicano. Pensa che si debbano almeno imporre limiti ristretti all'attuazione di un tale sistema.

Perassi, per quanto concerne la proposta dell'onorevole Grassi, osserva che il rilievo che il referendum proposto dalla Sottocommissione dia luogo ad un assurdo teorico, gli pare sia una affermazione un po' ardita. In fondo, questo sistema di referendum, con qualche mutamento di ordine tecnico, vige in molti paesi: in Isvizzera, ad esempio, dal 1874. Ora, non risulta che l'esistenza di questo istituto vi abbia compromesso né la stabilità del Governo né, in generale, il funzionamento delle istituzioni dello Stato. Assurdo teorico quindi non c'è.

L'onorevole Togliatti, invece, fa delle riserve non di ordine teorico, ma di ordine pratico e, senza formulare una opposizione di principî all'istituto del referendum, mette in evidenza, sotto l'aspetto del funzionamento pratico, gli inconvenienti a cui, a suo avviso, potrebbe dar luogo, quando vi siano dei partiti che vogliano maneggiare questo strumento con spirito ostruzionistico. Le preoccupazioni dell'onorevole Togliatti gli sembrano in parte fondate ed appunto partendo da analoghe considerazioni egli, pur essendo fondamentalmente favorevole all'introduzione del referendum, ha ritenuto opportuno di proporre una notevole limitazione all'applicabilità del referendum, oltre quelle prevedute dalla Sottocommissione. Secondo le proposte della Sottocommissione, già sono sottratte al referendum le leggi dichiarate urgenti e certe categorie di leggi. Oltre queste limitazioni egli propone di sottrarre al referendum le leggi quando siano state approvate con una maggioranza di almeno due terzi dei membri di ciascuna Camera. Quando una legge è adottata da ciascuna Camera con una maggioranza così elevata, si può fondatamente presumere che essa risponda alle esigenze del Paese, onde una domanda di referendum potrebbe apparire come una manovra ostruzionistica. Con queste limitazioni, ritiene che nella Costituzione l'istituto del referendum facoltativo debba essere accolto come un opportuno e democratico correttivo del regime rappresentativo.

Fabbri ritiene infondate le preoccupazioni degli onorevoli Grassi e Togliatti, in quanto per una grandissima categoria di leggi è sufficiente che il Parlamento, nel momento stesso in cui approva la legge, dichiari a maggioranza normale l'urgenza, perché quella legge sia automaticamente sottratta al referendum. Si può quindi dire che il referendum è ammissibile per tutte le leggi che non siano di carattere tributario, che non siano urgenti, che non siano di approvazione di bilanci e di ratifica trattati. Il referendum si applicherebbe così solo nei confronti di una legge estranea al funzionamento normale dell'economia del Paese che non sia urgente.

Bisogna allora avere il coraggio di guardare il problema in faccia: o si è favorevoli al referendum ed esso troverà allora la sua ragion d'essere di fronte ad una legge nuova e non urgente; o si è viceversa contrari per teoria, o comunque per tendenza politica, e allora è il caso di dirlo francamente e non permettere che si pongano all'istituto del referendum tali limiti che sia in teoria ammesso, ma praticamente vietato.

La questione delle 500.000 firme non è da prendersi tanto alla leggera, perché costituisce una notevole remora. Dichiara concludendo, di essere favorevolissimo al referendum, mentre pensa che ulteriori limitazioni ad esso poste equivarrebbero alla esclusione del referendum stesso.

Grassi ricorda che fin dal 1911 ha scritto un libro sul referendum e ciò prova che non è contrario al principio; ma nella proposta della Sottocommissione il referendum si risolve come veto, mentre il referendum deve essere un appello al popolo per determinate questioni. L'onorevole Fabbri dice che tale diritto di veto è stato mitigato. Ora, vi sono tre specie di referendum: quello costituzionale, per cui tutti sono favorevoli; il referendum per leggi finanziarie, che non è generalmente ammesso, perché si esclude che il popolo possa intervenire in leggi contrarie ai suoi interessi; il referendum politico, che è invece generalmente ammesso. Non può però essere favorevole ad un sistema in base al quale il referendum entrerebbe continuamente nella prassi legislativa normale.

Il caso dell'urgenza citato dall'onorevole Fabbri è, a suo parere, un argomento che si ritorce contro di lui, perché, prima di tutto, non è stabilito se tutte e due le Camere debbano dichiarare l'urgenza, o se sia sufficiente che la dichiari una sola. Molto difficile sarà infatti che tutte e due le Camere si accordino su ciò. Ma basterebbe poi che le Assemblee si mettessero d'accordo nell'indicare l'urgenza per addivenire ad un sistema di cose per cui si verrebbe a sabotare il referendum stesso. Si farebbe, in sostanza, dell'ipocrisia democratica.

Fabbri osserva che l'argomento che il Parlamento può sopprimere di fatto il referendum con dichiarazioni abusive d'urgenza, implica un sospetto contro il Parlamento nella sua funzione legislativa che non può ammettere.

Einaudi è favorevole al testo del Comitato di redazione. L'osservazione pratica fatta dall'onorevole Togliatti non ha, a suo parere, grande importanza, in quanto che, prima di tutto, il referendum importa ingenti spese e nessun partito vuole sprecare denaro; in secondo luogo crede che nessun partito, grande o piccolo, voglia procurarsi l'odiosità presso gli elettori di disturbarli continuamente per fare un referendum. Solo nelle grandi occasioni, quando vi sia un motivo importante, si chiamano gli elettori a votare.

Nobile ricorda che in sede di Sottocommissione, ed in linea subordinata, aveva proposto che le leggi che fossero votate a maggioranza assoluta dai membri delle due Camere non potessero essere soggette al referendum.

Giudica, in proposito, eccessivi i due terzi richiesti dall'onorevole Perassi.

Osserva però che la ragione essenziale per la quale è contrario nel complesso all'articolo deriva dal fatto che mentre si prendono tutte le disposizioni per ostacolare in qualche modo la facoltà legislativa delle due Camere, niente si fa per la facoltà legislativa delegata al Governo.

Il Presidente Ruini avverte che le stesse norme che si applicano per le leggi si riferiscono anche a quelle delegate.

Nobile. Si può chiedere un referendum per abrogare una legge di delega, ma con ciò non si vengono ad abrogare tutti i provvedimenti già emanati in facoltà della legge di delega.

Il Presidente Ruini nota che si abroga la legge di delega.

Nobile mantiene, in ogni caso, la proposta di escludere dal referendum le leggi approvate a maggioranza assoluta dai membri delle due Camere.

Il Presidente Ruini pone ai voti la proposta dell'onorevole Grassi di sopprimere il primo comma relativo al referendum preventivo, e di modificare il secondo comma nel seguente modo:

«Si procede a referendum popolare, se cinquecentomila elettori o sette Consigli regionali fanno domanda di abrogare una legge. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie».

È stata chiesta la votazione per appello nominale.

(Segue la votazione nominale).

Rispondono sì: Bocconi, Bozzi, Calamandrei, Canevari, Cevolotto, Farini, Finocchiaro Aprile, Grassi, Grieco, Iotti Leonilde, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Lussu, Marinaro, Molè, Nobile, Ravagnan, Rossi Paolo, Ruini, Terracini, Togliatti.

Rispondono no: Ambrosini, Bulloni, Cappi, Conti, Corsanego, De Vita, Dominedò, Einaudi, Fabbri, Fanfani, Federici Maria, Froggio, Fuschini, Gotelli Angela, La Pira, Leone Giovanni, Mannironi, Moro, Mortati, Perassi, Piccioni, Tosato, Tupini, Uberti, Zuccarini.

Si astiene: Mastrojanni.

Comunica il risultato della votazione nominale:

Presenti e votanti.............. 48
Voti favorevoli............. 22
Voti contrari................ 25
Astenuti......................... 1

(La Commissione non approva).

Pone ai voti la proposta dell'onorevole Nobile di escludere dal referendum preventivo le leggi che sono approvate a maggioranza assoluta dei membri delle due Camere.

(La Commissione non approva).

Pone ai voti la proposta dell'onorevole Perassi di escludere dal referendum preventivo le leggi approvate con maggioranza di due terzi dei membri di ciascuna Camera.

(La Commissione approva).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti