[Il 12 novembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sull'organizzazione costituzionale dello Stato.]

Perassi dichiara che il Comitato incaricato di esaminare il problema della delegazione legislativa, dopo aver preso in considerazione le diverse proposte, è venuto nella decisione di presentare alla Sottocommissione la seguente formulazione:

«L'esercizio del potere legislativo non può essere delegato al Governo se non per tempo limitato e per materie determinate».

Mannironi è del parere che sia necessario stabilire nella Costituzione che per determinate materie, da elencare tassativamente (quali ad esempio quelle riguardanti le leggi elettorali, la legislazione delle regioni, la libertà personale, ecc.), sia da escludere la delega al Governo del potere legislativo.

Gli sembra anche opportuno stabilire che, ove le Camere decidano di delegare l'esercizio del potere legislativo al Governo, esse non debbano spogliarsi del tutto e a priori delle loro prerogative e della possibilità di controllo. Pertanto una Commissione, o parlamentare o interparlamentare, dovrebbe verificare se le leggi emanate dal Governo in virtù della delega rientrino nei limiti prestabiliti.

Sarebbe meglio, infine, sostituire nella formula proposta dal Comitato, alle parole: «al Governo», le seguenti: «al Consiglio dei Ministri»; ciò al fine di escludere che la delega legislativa possa essere concessa a un solo Ministro. È bene infatti chiarire, secondo la formula proposta dall'onorevole Bozzi nella precedente riunione, che l'esercizio della potestà legislativa non può essere delegato che al Consiglio dei Ministri.

Bozzi propone di aggiungere, alla formula di cui l'onorevole Perassi ha dato lettura, il seguente comma: «La delega non è ammessa per le materie per la cui regolamentazione la Costituzione fa rinvio alla legge».

Nella formula da lui proposta nella riunione precedente aveva fatto menzione del Consiglio dei Ministri, per evitare la possibilità di deleghe a singoli Ministri ed anche la possibilità di subdeleghe. Ma gli è stato fatto osservare che, usando la parola: «Governo», il concetto di investire della delega legislativa la collegialità dei Ministri era sufficientemente scolpito; onde non insiste nella formula già da lui proposta.

Alla proposta dell'onorevole Mannironi di elencare tassativamente nella Costituzione le materie per le quali dovrebbe essere esclusa ogni possibilità di delega legislativa non è favorevole, innanzi tutto perché la valutazione dell'opportunità di delegare al Governo la potestà legislativa su determinate materie non può essere affidata che alle Assemblee legislative; in secondo luogo perché una disposizione nel senso indicato dall'onorevole Mannironi potrebbe avere una portata o troppo vasta o troppo ristretta. A suo avviso è meglio attenersi al concetto espresso nella formula da lui proposta, vale a dire che la delega non debba essere ammessa per le materie per la cui regolamentazione la Costituzione fa rinvio alla legge, e ciò perché tali materie hanno una particolare natura, in quanto sono integrative o complementari della Costituzione stessa.

Si ha poi l'ultima questione, assai importante, della possibilità di un controllo relativamente al rispetto, da parte del Governo, dei limiti della delega parlamentare. L'onorevole Mannironi ha accennato in proposito alla istituzione di una Commissione parlamentare; ma non ne ha precisato i poteri. Tale Commissione dovrebbe emettere un voto deliberativo o manifestare un semplice parere? Nel secondo caso si avrebbe una notevole diminuzione del prestigio del Parlamento, perché il Governo potrebbe anche prescindere dal parere della Commissione. Se invece la Commissione dovesse ratificare la delega, si andrebbe al di là del concetto di delega legislativa e si snaturerebbe un istituto di tale genere. Si potrebbe prendere in considerazione l'idea di stabilire che il Governo debba chiedere il parere, limitatamente al quesito se la delega sia stata oppure no rispettata, ad un organo, quale il Consiglio di Stato, che per sua natura è chiamato a dare pareri: ma in questo campo, a suo avviso, è meglio limitarsi al controllo politico. Quando si delega al Governo l'esercizio della potestà legislativa, è il Governo stesso che assume la responsabilità dell'emanazione di una determinata legge; e, se tale emanazione non si è tenuta nei limiti della delega, è il Governo che diventa responsabile di fronte al Parlamento, con tutte le conseguenze che possono derivarne.

Per tali considerazioni dichiara di essere favorevole alla formula proposta dal Comitato incaricato di studiare il problema della delega legislativa, formula alla quale dovrebbe essere aggiunto il comma da lui proposto e di cui il Presidente ha dato lettura.

La Rocca dichiara di essere personalmente contrario a qualsiasi forma di delega del potere legislativo al Governo, e ciò in conformità al principio ormai sancito in tutte le costituzioni, da quella di Weimar a quella recente della Francia, per non parlare di altre, come la russa e la jugoslava. Il potere legislativo non può essere esercitato che dal Parlamento. Aggiunge che, con la delega della potestà legislativa al Governo, si può correre il rischio di far sorgere in un modo od in un altro il deprecato inconveniente dell'emanazione dei decreti-leggi, cosa che assolutamente è da evitare.

Fabbri dichiara che voterà contro la proposta di delegare al Governo la potestà legislativa per le ragioni indicate dall'onorevole La Rocca.

Ricorda che la Sottocommissione ha approvato una procedura che non si sa esattamente in qual modo definire: fu chiamata sulle prime procedura di urgenza, poi l'onorevole Mortati tenne a precisare che essa non aveva nulla a che fare con la procedura di urgenza. In ogni modo si avrebbero tre procedure: una, quella anzidetta, di denominazione imprecisa, e che potrebbe essere definita speciale; la seconda, quella delegata; la terza, su cui la Sottocommissione non ancora ha discusso, e che è la vera e propria procedura d'urgenza. Tutto ciò è, a suo avviso, deprecabile, perché in tal modo si viene ad agevolare il sorgere del lamentato inconveniente della cosiddetta inflazione legislativa. In ogni modo, v'è da domandarsi come sia pensabile di escludere determinate materie dalla procedura che ha definita speciale, quando venga ammessa la possibilità di una delega legislativa al Governo senza alcun limite o riserva. I criteri a cui si ispirano le due procedure sono in palese contrasto. Sarebbe opportuno quindi non ammettere la delega al Governo, almeno per quelle materie per le quali è stata esclusa la procedura speciale anzidetta.

Nobile non vede una sostanziale differenza tra la facoltà data al Governo di emettere decreti-legge e la delega del potere legislativo, sia pure ristretta a determinate materie. Se mai, la differenza sarebbe a favore del sistema dei decreti-legge, che, almeno formalmente, devono esser sottoposti alla successiva approvazione dell'Assemblea legislativa, mentre col delegare il proprio potere, questa si spoglia nel modo più completo della facoltà di intervenire nella formazione delle leggi.

Alcuni dei membri della Sottocommissione si sono opposti a che le assemblee elette adottino una procedura abbreviata per i disegni di legge ad esse presentati dal Governo. Tanto più, allora, per essere coerenti, dovrebbero opporsi a che si conceda al Governo la facoltà di fare leggi senza alcun intervento, sia pure sommario, da parte delle Camere. È, invero, difficile sostenere che sia preferibile che queste restino completamente estranee alla formazione di una data legge, anziché vi intervengano adottando una procedura abbreviata e sbrigativa, quale sarebbe, ad esempio, il deferirne l'esame e l'approvazione a commissioni delle Camere stesse, che rispecchino nella loro composizione le forze politiche che in quelle agiscono.

L'esperienza, che si va attualmente facendo nelle Commissioni legislative dell'Assemblea Costituente sta a confermare che le proposte di legge inviate dal Governo per l'esame preventivo sono tutt'altro che perfette, perché spesso contengono incongruenze che le Commissioni mettono in rilievo. La medesima esperienza mostra anche che le Commissioni potrebbero rapidamente esaminare ed emendare la maggior parte delle proposte, senza in alcun modo intralciare l'attività governativa.

Il nocciolo della questione sta precisamente in questo: rendere rapido l'esame, da parte delle Assemblee elette, dei disegni di legge proposti dal Governo, specialmente quando non abbiano rilevante importanza politica. Solo così facendo si potrà respingere la tesi di chi sostiene che l'esperienza delle grandi democrazie moderne abbia dimostrata la necessità che il Governo riunisca ad un tempo il potere legislativo ed esecutivo, lasciando alle Assemblee elette solo il potere politico e finanziario. Di questa interessante tesi estremista si può leggere una difesa in uno degli ultimi numeri della Revue politique et parlementaire, secondo cui il Parlamento dovrebbe delegare al Governo tutta la sua facoltà legislativa, riservandosi solo il diritto di discutere e votare i bilanci, in quanto la discussione sulla concessione dei crediti offre l'occasione di un dibattito sulla politica generale del Governo.

Ma la Sottocommissione sembra essere ben lontana da una tale concezione, tanto vero che ha negato, con precedente deliberazione, al Governo la facoltà di emanare decreti-legge. Per ragioni di coerenza deve, dunque, negare anche la facoltà di delega, salvo i casi di emergenza, come ad esempio lo stato di guerra. Ma, dopo aver fatto tali divieti, deve adottare le misure necessarie affinché essi non restino lettera morta, ed in particolare deve ammettere la procedura abbreviata per l'esame e la decisione sui disegni di legge presentati alle Camere dal Governo, specie quando essi abbiano scarsa importanza politica. Appunto in considerazione di tale necessità, egli si era dichiarato avverso al sistema bicamerale; e per questo anche aveva trovato eccessivo il termine di quattro mesi assegnato alla seconda Camera per pronunciarsi su una proposta di legge già approvata dalla prima.

Conclude esprimendo l'avviso che non si debba concedere, salvo il caso di guerra, la facoltà di delega, ma che si debbano nello stesso tempo prendere tutte le misure necessarie per affrettare la procedura dell'esame e dell'approvazione da parte delle Assemblee elette delle proposte di legge di iniziativa governativa. Nell'epoca della radio e dell'aeroplano non si possono, invero, applicare le medesime procedure che si seguivano un secolo o due or sono nel Parlamento inglese.

Ambrosini ha ragione di ritenere che l'onorevole Nobile abbia accennato all'ipotesi di attribuire al potere esecutivo la stessa potestà di quello legislativo soltanto per prospettare, come extrema ratio, una soluzione alla quale lo stesso onorevole Nobile, in ultima analisi, certo non accederebbe, e ciò perché ogni menomazione del principio della separazione dei poteri rappresenterebbe indubbiamente un regresso nell'ordinamento costituzionale dello Stato.

L'onorevole Nobile ha anche accennato al fatto che i decreti-legge ed i provvedimenti emanati in virtù di una delega al Governo del potere legislativo tendono a ridurre il lavoro del Parlamento. Ora, è bene precisare che le ragioni che inducono a far ricorso all'uno e all'altro genere di provvedimenti non sono le stesse. Difatti, l'emanazione dei decreti legge non deriva dal proposito di ridurre il lavoro alle Assemblee legislative, ma da una necessità che, come tale, è giustificata dalla dottrina ed è ormai consacrata dalla prassi costituzionale. Invece l'emanazione dei provvedimenti in virtù di delega è in relazione non solo alla necessità di rendere meno gravoso e complesso il lavoro del Parlamento, ma anche alla considerazione dell'opportunità che organi speciali del potere esecutivo siano stimati i più idonei a dare una soluzione adeguata a determinati problemi. Ma sono le assemblee legislative che con il loro potere sovrano delegano tale potestà al potere esecutivo: quindi non si ha alcuna menomazione del prestigio del Parlamento. Nessuna legge, anche costituzionale, può precludere ai rappresentanti della sovranità popolare la possibilità di esercitare questo loro diritto sovrano. Da più di un secolo la questione della delega e dell'emanazione dei decreti legge è in discussione, poiché alcuni temono che, attribuendo al potere esecutivo la facoltà di emanare determinate norme giuridiche, il potere legislativo possa essere più o meno menomato nell'esercizio delle sue prerogative. D'altra parte, bisogna riconoscere francamente che le varie necessità presentatesi di volta in volta hanno sempre consigliato di ammettere la possibilità dei decreti-legge e della delega legislativa.

Perciò non ritiene opportuno che nella Costituzione sia stabilito un divieto espresso al potere esecutivo di emanare decreti legge ed alle Camere di delegare la potestà legislativa al Governo.

La sola questione che potrebbe sorgere a proposito della delega è quella relativa ad una esorbitanza, da parte del potere esecutivo, dai limiti stabiliti per l'esercizio della delega stessa. Qualcuno ha proposto l'attuazione di un controllo parlamentare: sarebbe meglio, invece, affidare tale controllo alla magistratura, trattandosi di una questione di pura legittimità. Ciò naturalmente non può inficiare il principio della responsabilità politica del Governo nei confronti del Parlamento.

Uberti non è favorevole alle varie proposte fatte, perché ritiene che con esse si venga a concedere al Governo una troppo ampia delega legislativa. In ogni modo, se si vuole ammettere il principio che l'esercizio del potere legislativo possa essere delegato al Governo, occorre, a suo avviso, precisare nella Costituzione i casi in cui la delega possa essere consentita. Soltanto così facendo, si può assicurare il prestigio delle Assemblee legislative.

Laconi si associa alla dichiarazione dell'onorevole Uberti. Sarà bene, quindi, procedere a un'elencazione chiara e precisa di materie per le quali la delega al Governo potrà essere consentita o non dovrà essere ammessa. Gli sembra più facile elencare le materie per le quali l'esercizio del potere legislativo possa essere delegato al Governo; ma importante è di arrivare ad una formulazione concreta.

Castiglia pienamente d'accordo con gli onorevoli Nobile, Fabbri e La Rocca, è contrario a qualsiasi formulazione che possa prescrivere una benché minima limitazione del potere legislativo nei confronti del potere esecutivo. Crede si debba assolutamente evitare che il Governo possa legiferare in materia in cui deve legiferare soltanto il Parlamento.

Tosato è favorevole all'istituto della delegazione ed alla formula proposta dal Comitato incaricato di studiare la questione, specialmente in considerazione del fatto che assai probabilmente molto grande sarà la mole dei lavori delle Assemblee legislative, soprattutto per effetto del divieto di far ricorso all'uso dei decreti-legge.

All'onorevole La Rocca fa presente che in Francia si è fatto largo uso in determinati periodi della delega legislativa e che anche attualmente si fa ricorso ai decreti-legge. Nella stessa Inghilterra poi, la terra classica del parlamentarismo, è ammesso l'istituto della legislazione delegata.

All'onorevole Fabbri, il quale ritiene che con la procedura abbreviata e con la delega legislativa si venga a menomare il potere del Parlamento, fa osservare da un lato che la procedura abbreviata non inficia né elimina le funzioni delle due Camere, perché riguarda soltanto le modalità di esame e di approvazione dei disegni di legge; e dall'altro che la delega legislativa al Governo non compromette affatto il potere sovrano delle Assemblee legislative, perché sono appunto queste a concedere la delega, con assoluta libertà di giudizio, quando la ritengano necessaria.

Pensa invece che si avrebbe una vera e propria menomazione del potere legislativo se nella Costituzione fosse inclusa una norma con la quale si stabilisse il divieto della delega per determinate materie, perché occorre lasciare al potere legislativo la più ampia facoltà di determinare le materie per le quali può risultare necessario fare ricorso all'istituto della delega, stabilendo caso per caso le eventuali limitazioni e cautele per evitare abusi. Tale cura spetta alla sensibilità politica del Parlamento.

È quindi contrario ad ogni eventuale limitazione, sia negativamente, sia positivamente indicata, nel senso cioè che siano stabilite le materie per le quali la delega non può e quelle per le quali può essere ammessa. Per fare intendere il carattere eccezionale della delega, basta includere nella Costituzione una norma con la quale si sancisca la possibilità che le Camere deleghino l'esercizio del potere legislativo al Governo, solo per tempo limitato e per materie determinate, secondo la formula proposta dal Comitato.

Fuschini rileva che, indipendentemente da ogni impostazione dottrinaria del problema, si verificano sempre dei casi in cui il potere legislativo avverte da se stesso la necessità di ricorrere all'istituto della delega per provvedere a disciplinare con urgenza, nell'interesse generale, determinate materie.

D'altra parte, le Camere non siedono permanentemente e non possono essere convocate da un giorno all'altro. Se si esclude la possibilità di un intervento del potere esecutivo nel campo legislativo in circostanze in cui tale intervento possa essere necessario al Paese, si pone il Governo in condizione di non poter svolgere i suoi compiti.

Ma anche al di fuori dei casi di eccezione e di urgenza, si hanno alcune materie per le quali la delega può essere concessa in via normale, senza che per questo si menomi il prestigio del Parlamento: così, ad esempio, per le leggi concernenti variazioni di bilancio, contro cui la prassi parlamentare italiana non registra opposizioni.

Per quanto poi riguarda le così dette leggi «catenaccio», è convinto dell'opportunità di accordare al Governo la facoltà di emanarle senza preventiva discussione in seno alle Camere, data la particolare natura di tali provvedimenti, che non possono essere resi pubblici se non nel momento stesso in cui sono emanati.

Dichiara infine di essere favorevole alla formula proposta dall'onorevole Tosato nella riunione precedente, perché è assai semplice e comprensiva, come deve essere la formulazione di norme costituzionali.

Nobile, nonostante i chiarimenti forniti dagli onorevoli Ambrosini e Tosato, conferma la sua opinione che le Camere non debbano se non in casi veramente eccezionali, come, ad esempio in occasione di una guerra, delegare la loro potestà al potere esecutivo. Perciò, propone il seguente ordine del giorno:

«La seconda Sottocommissione ritiene che, salvo il caso di guerra, non si debba ammettere la delega al Governo della facoltà legislativa delle Assemblee elette».

Fabbri osserva che le dichiarazioni fatte dall'onorevole Fuschini a proposito dell'eventualità di una delega legislativa in materia di variazioni di bilancio stanno a dimostrare quanto sia pericoloso far ricorso all'istituto della delegazione. L'approvazione del bilancio è la funzione fondamentale del Parlamento e, ammettendo la possibilità di una delega legislativa in tale campo, si verrebbe veramente a distruggere il potere legislativo.

Il Presidente Terracini fa presente che, oltre alle formule proposte nelle riunioni precedenti dagli onorevoli Mortati, Bozzi e Tosato, nella riunione odierna ne sono state proposte altre: una dell'onorevole Nobile; una seconda del Comitato incaricato di studiare la questione della delega legislativa; una terza dell'onorevole Bozzi, consistente in un comma aggiuntivo alla formula del Comitato; una quarta dell'onorevole Mannironi, parimenti come comma aggiuntivo alla formula del Comitato, e così concepita:

«I decreti legislativi emanati per delega del Governo sono sottoposti, prima della loro entrata in vigore, all'approvazione di una Commissione parlamentare quale sarà costituita nel Regolamento».

Concorda nell'opinione manifestata nel corso della discussione che la delega legislativa debba essere ammessa non per materia, ma per oggetto, intendendo con tale parola uno scopo ben definito. Osserva inoltre che la determinazione del tempo relativamente all'esercizio della delega non è un elemento essenziale, perché il tempo è strettamente legato all'oggetto: per procedere ad un'opera di codificazione, ad esempio, occorreranno parecchi anni, mentre per legiferare su altri oggetti potrà occorrere un minor periodo di tempo.

Per tali considerazioni propone la seguente formula:

«L'esercizio del potere legislativo non può essere delegato al Governo se non per oggetti determinati e sempre che non attengano all'esercizio della libertà e dei diritti sanciti dalla Costituzione, alla elaborazione e approvazione dei bilanci e alla ratifica dei trattati internazionali».

Dichiara che, oltre ai trattati internazionali, aveva anche menzionato quelli di commercio, ma ha poi soppresso le parole «ivi compresi quelli di commercio», perché l'onorevole Perassi gli ha fatto osservare che i trattati di commercio sono compresi fra quelli internazionali.

Rossi Paolo dichiara, anche a nome degli appartenenti al suo gruppo, di essere favorevole alla formula proposta dal Presidente. Si augura che i colleghi che hanno presentato altre proposte le ritireranno, in quanto esse possono considerarsi superate dalla formula suggerita dall'onorevole Terracini.

Lussu è favorevole alla formula proposta dal Presidente; crede tuttavia che sarebbe bene sostituire la parola «oggetto».

Il Presidente Terracini conviene che questo termine non è il più appropriato. In ogni modo, si potrà trovare un'espressione migliore in sede di coordinamento delle varie deliberazioni approvate dalla Sottocommissione.

Mortati, Relatore, ricorda che nell'ultimo comma dell'articolo da lui suggerito si proponeva che i decreti emessi in conseguenza della delega dovessero sempre essere conformi ai principî stabiliti dal Parlamento nell'atto di delegazione. Il principio contenuto in tale disposizione risponde a una tesi generalmente ammessa da eminenti studiosi e uomini politici di vari Paesi a proposito della delegazione, e cioè che sia opportuno porre alcuni limiti alla libertà d'azione del potere esecutivo. Ora, la formula proposta dal Presidente gli appare a tale proposito del tutto inadeguata. Inoltre, stabilire che sia vietata la delegazione in tutti i casi in cui si tratti di materie attinenti alle libertà dei cittadini, significa togliere alla delegazione ogni pratica efficienza, rendendola così possibile soltanto per materie di scarsissima importanza. Tra l'altro sarebbero esclusi anche i codici, che evidentemente riguardano materie attinenti ai diritti e alle libertà dei cittadini.

Lo stesso può dirsi per la formula proposta dall'onorevole Bozzi, che esclude la possibilità della delega relativamente a quelle materie per la cui regolamentazione la Costituzione fa rinvio alla legge, perché ciò praticamente significa non ammettere alcuna possibilità di delega. Meglio quindi attenersi, per dare pratica efficienza all'istituto della delega e per porre giusti limiti alla libertà d'azione del potere esecutivo, al criterio espresso nell'ultimo comma della formula da lui proposta.

Perassi non crede necessario inserire nella Costituzione la formula proposta dall'onorevole Mortati, perché è pacifico che il Parlamento, in caso di delega legislativa, può sempre stabilire i criteri ai quali dovrà attenersi il Governo nel legiferare su una determinata materia. Non sono mancati esempi in proposito nella prassi parlamentare anteriore al 1922.

Con un altro espediente, infine, il Parlamento può in concreto dirigere l'esercizio dell'attività legislativa delegata, e cioè stabilendo nella legge di delegazione che si debba sentire una Commissione parlamentare. Questo procedimento è frequentemente usato; ma non è il caso di menzionarlo nella Costituzione, perché le Camere possono sempre farvi ricorso quando lo credano.

Mortati, Relatore, fa osservare all'onorevole Perassi che il fine che egli si proponeva con la formula da lui proposta era appunto quello di rendere sempre obbligatorio un certo limite all'attività legislativa delegata e di non lasciare alla discrezionalità delle Assemblee legislative il determinarlo.

Il Presidente Terracini mette ai voti la formula proposta dall'onorevole Nobile:

«La seconda Sottocommissione ritiene che, salvo il caso di guerra, non si debba ammettere la delega al Governo della facoltà legislativa delle Assemblee elette».

(Non è approvata).

Perassi propone di sopprimere, nella formula proposta dal Presidente, le parole «ed alla ratifica dei trattati internazionali», perché non è ammissibile la delegazione in tale materia.

Osserva poi che occorre distinguere tra la ratifica e l'approvazione di un trattato. Inserendo nella Costituzione una disposizione per cui il Capo dello Stato non possa ratificare un trattato senza la preventiva autorizzazione delle Camere, l'esclusione della delega in tale caso è automatica e non v'è bisogno che sia espressamente sancita. Se invece ci si riferisce all'emanazione di leggi interne per dare attuazione a un trattato, una norma nel senso proposto dal Presidente sarebbe eccessiva.

Il Presidente Terracini osserva che l'approvazione di un trattato da parte del Parlamento, da un punto di vista formale, equivale a qualsiasi altra legge. Quindi, ammettendo la possibilità di deleghe e non escludendola per i trattati internazionali, potrebbero essere ritenute valide anche le deleghe in materia di trattati. Ne conseguirebbe che il Capo dello Stato potrebbe apporre la sua ratifica a un trattato, indipendentemente dall'approvazione del Parlamento.

Tosato rileva che la ratifica dei trattati non può formare oggetto di delega, non trattandosi di materia legislativa. Inoltre una disposizione nel senso indicato dal Presidente potrebbe essere assai pericolosa, in quanto risponde a un'interpretazione dell'istituto della delegazione che potrebbe indurre qualcuno a sostenere la possibilità della delega anche in materia di approvazione dei bilanci.

Fabbri propone che sia messa ai voti la formula così come è stata presentata dal Presidente, con l'intesa che saranno soppresse le ultime parole relative alla ratifica dei trattati se verrà inclusa nella Costituzione la norma che un trattato non possa essere perfezionato senza la preventiva autorizzazione delle Camere.

Il Presidente Terracini non insiste affinché nella formula da lui proposta si faccia menzione della ratifica dei trattati.

Tosato propone di inserire nella formula proposta dal Presidente, fra le parole «se non» e «per oggetti determinati», le seguenti: «per tempo limitato». Occorre limitare nel tempo l'esercizio dell'attività legislativa delegata, perché altrimenti potrebbe sorgere la questione se il potere esecutivo, una volta emanata la legge delegata, possa disciplinare permanentemente una determinata materia. Ciò evidentemente non è ammissibile.

Per quanto poi si riferisce ai diritti sanciti dalla Costituzione, è chiaro come non possa aver luogo una delega in questo campo.

Il Presidente Terracini osserva che il problema in discussione è essenzialmente politico: ci si preoccupa, cioè, che a un certo momento possa esservi un Parlamento pronto, per ragioni politiche, a delegare al Governo i suoi poteri, che tanta importanza hanno per la vita del Paese. La fondamentale libertà dei cittadini può essere repressa anche con misure che non appaiono immediatamente lesive dei principî costituzionali; e si tratta appunto di evitare la possibilità che la repressione delle fondamentali libertà dei cittadini possa avvenire per delega.

Mannironi desidererebbe sapere se con la formula proposta dal Presidente si debba intendere esclusa, oppure no, la possibilità di delega al Governo relativamente al caso di eventuale nuova codificazione.

Tosato comprende perfettamente le preoccupazioni manifestate dal Presidente, ma si dichiara scettico sulla possibilità che l'esclusione della delega per le materie attinenti all'esercizio della libertà e dei diritti sanciti dalla Costituzione infonda il senso dei propri doveri in un Parlamento che non intenda esercitarli. In ogni modo, se si vuole porre un limite alla facoltà di delega, si potrebbe stabilire di escludere dalla delega tutte le leggi di carattere complementare della Costituzione, per quanto poi il termine «complementare» darebbe luogo a infinite discussioni.

Laconi propone di fare riferimento soltanto all'esercizio delle libertà personali e politiche.

Il Presidente Terracini fa presente che, tenuto conto delle varie osservazioni fatte nel corso della discussione, la formula da lui proposta potrebbe essere così modificata:

«L'esercizio del potere legislativo non può essere delegato al Governo se non per tempo limitato e per oggetti determinati e sempre che non attengano all'esercizio delle libertà personali e politiche, alle leggi complementari della Costituzione ed all'approvazione dei bilanci».

Mortati, Relatore, dichiara di votare contro, perché ritiene che con la formula proposta dal Presidente si venga praticamente a rendere nulla la facoltà di delega.

Il Presidente Terracini mette in votazione la formula di cui ha dato testé lettura, avvertendo che, ove sia approvata, le altre formule proposte dovranno ritenersi superate.

(È approvata).

 

PrecedenteSuccessiva

Home

 

 

A cura di Fabrizio Calzaretti