[Il 21 ottobre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Parlamento».]

Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Essendo stati svolti tutti gli emendamenti presentati all'articolo 75, il rappresentante del Comitato dei diciotto, onorevole Ghidini, risponderà a quanto è stato detto in merito al secondo comma dell'articolo 75, all'amnistia e all'indulto.

L'onorevole Ghidini ha facoltà di parlare.

[L'intervento dell'onorevole Ghidini è riportato a commento dell'articolo 79.]

Presidente Terracini. Prego l'onorevole Tosato di rispondere, a nome della Commissione, a coloro che hanno presentato e svolto emendamenti in merito al primo comma dell'articolo 75.

Tosato. Prima di esaminare i singoli emendamenti che sono stati presentati al primo comma dell'articolo 75, credo opportuno premettere due brevi osservazioni di carattere generale.

L'articolo 75, al primo comma, si occupa dei problemi inerenti alla mobilitazione e alla deliberazione della guerra.

Per quanto riguarda la mobilitazione generale, credo che sia appena necessario ricordare che, generalmente, in tutti gli Stati, non solo monarchici, ma anche repubblicani, questo potere rientra nel più ampio potere attribuito al Capo dello Stato, di disporre delle forze armate. Questo ampio potere di disporre delle forze armate comprende precisamente anche il potere di mobilitazione sia generale, sia parziale.

La Commissione, quando ha esaminato l'argomento, si è posta la questione se era opportuno rilasciare alla competenza generale di disporre delle forze armate proprio al Capo dello Stato anche questo potere speciale particolarmente delicato ed importante della mobilitazione. Ed è soltanto a queste proposito che ha creduto opportuno distinguere (e la distinzione non è stata creata da noi, perché è molto antica) fra mobilitazione parziale e mobilitazione generale, ritenendo essere più prudente e conveniente che soltanto per la mobilitazione generale, che più direttamente impegna lo Stato in situazioni gravi che spesso, se non sempre, conducono alla guerra, in questi casi soltanto sia opportuno limitare il generale potere di disposizione delle forze armate proprio al Capo dello Stato, per attribuirle invece, eccezionalmente in questo settore particolare, in questo momento così delicato della mobilitazione generale, alle Camere.

Osservazioni analoghe debbo fare per quanto riguarda la deliberazione della guerra. Voi sapete che in tutti gli stati monarchici al Capo dello Stato, al Re, spetta non soltanto la dichiarazione della guerra, ma anche la deliberazione della guerra. Sono due momenti distinti, quello della formazione della volontà, e quello della estrinsecazione della volontà. Invece negli Stati repubblicani si scinde la competenza in ordine a questi due diversi momenti, cioè si conserva al Capo dello Stato repubblicano il potere di dichiarare all'esterno lo stato di guerra, sia agli effetti internazionali, sia agli effetti interni, mentre, si riserva generalmente agli organi rappresentativi diretti del popolo, alle Camere, il potere di deliberare la guerra. A questo proposito la Commissione si è quindi uniformata semplicemente a quello che è l'indirizzo generale di tutti gli Stati repubblicani.

Ed ora veniamo direttamente, dopo queste necessarie premesse, di indole generale, all'esame dei singoli emendamenti che considererò in ordine, diremo così, logico, a seconda della loro distanza maggiore o minore dal testo della Costituzione.

Viene prima di tutto in considerazione l'emendamento, mi pare, presentato dall'onorevole Persico, che è quello che più degli altri si scosta dalla concezione che ha ispirato il progetto.

Secondo l'onorevole Persico «Soltanto le due Camere possono con legge deliberare la mobilitazione generale e l'entrata in guerra».

Quindi, secondo l'onorevole Persico, non si dovrebbe attribuire questo potere di mobilitazione generale e di deliberazione dell'entrata in guerra alle due Camere riunite, ma soltanto alle due Camere agenti separatamente. Perché la Commissione dei settantacinque ha preferito due Camere riunite insieme anziché le due Camere deliberanti separatamente, secondo la norma generale derivante dal principio bicamerale?

Perché in questi casi di grande urgenza si è ritenuto che la convocazione delle due Camere in unica Assemblea potrebbe essere più conveniente e più opportuna, e d'altra parte la materia è così importante che forse la solennità dell'Assemblea è più confacente alla solennità della materia. Aggiungo che non riesco veramente a immaginare e a giustificare la possibilità di un contrasto fra le due Camere, e l'utilità di giocare a questo proposito col principio bicamerale.

Viene poi in considerazione l'emendamento presentato dall'onorevole Fuschini, che pure si distanzia notevolmente dall'ordine di idee seguito nel progetto.

Secondo l'onorevole Fuschini, spetta alle Camere riunite in Assemblea Nazionale deliberare maggiori poteri al Governo in caso di guerra. Quindi, se ho ben capito, l'onorevole Fuschini non vuole parlare direttamente né di dichiarazione di guerra né di deliberazione di guerra, né di mobilitazione generale o parziale. Vuole risolvere il problema nell'intervento delle Camere in queste materie così delicate attraverso la necessità da parte delle Camere di accordare maggiori poteri e soprattutto maggiori mezzi finanziari al Governo per il caso di guerra.

A noi sembra che questo testo dell'onorevole Fuschini, che pure rispecchia una tesi che in parte risponde anche ad una prassi, ad un modo di comportarsi del passato, non dia sufficiente garanzia in quanto è troppo generico.

D'altra parte, approvando semplicemente e puramente quell'articolo, noi lasciamo impregiudicato il problema relativo alla determinazione dell'organo competente a dichiarare e deliberare la guerra.

La Commissione, nel progetto, ha seguito l'indirizzo generale dello Stato repubblicano che scinde, come ho spiegato prima, il momento della dichiarazione dal momento della deliberazione, per attribuire quest'ultima alla competenza delle Assemblee.

Emendamento Meda-Clerici.

Secondo questo emendamento, spetta alle Camere riunite in Assemblea Nazionale deliberare i provvedimenti necessari alla difesa del territorio nazionale.

Ora, a noi sembra che questo emendamento sia ancora più generico di quello Fuschini, e d'altra parte, almeno sotto certi aspetti, non sia accettabile, perché il deliberare i provvedimenti necessari alla difesa del territorio nazionale è di competenza assoluta ed esclusiva del potere esecutivo.

Gli organi del potere legislativo intervengono soltanto a titolo di garanzia, quando lo Stato versi in così gravi situazioni, per assumersi soprattutto la responsabilità della deliberazione della guerra, attestare così più direttamente l'unità, il consenso e l'impegno di tutto il popolo.

Il punto di vista consacrato in questo emendamento, che, in definitiva, viene a spostare notevolmente le competenze proprie e, secondo noi, necessarie e insostituibili del potere esecutivo, spostarle cioè dal potere esecutivo al potere legislativo, non è, a nostro avviso, accettabile.

Emendamento Gasparotto-Chatrian ed altri.

Secondo l'onorevole Gasparotto, si dovrebbe parlare soltanto di mobilitazione, senza distinzione fra mobilitazione generale e mobilitazione parziale.

E su questo punto concorda perfettamente l'emendamento presentato dall'onorevole Azzi.

Ora, io ho già spiegato perché la Commissione ha ritenuto opportuno distinguere fra mobilitazione generale e mobilitazione parziale.

Noi siamo partiti da questo punto di vista: è di competenza e deve necessariamente restare di competenza degli organi dell'esecutivo la disposizione delle Forze armate. Nella disposizione delle Forze armate rientra anche il potere di mobilitazione, sia militare che civile. Vogliamo limitare, per evidenti ragioni di garanzia, questi poteri del potere esecutivo? Allora sottraiamo al potere esecutivo quello e solo quello che è particolarmente essenziale ed importante: il potere di mobilitazione generale. Perché, d'altra parte, se noi riteniamo che il potere esecutivo ha non solo il potere, ma anche e soprattutto il dovere, di provvedere a tutto ciò che è necessario alla difesa del territorio dello Stato contro eventuali aggressioni, è evidente che il potere esecutivo deve avere anche i poteri di fare questa mobilitazione più o meno parziale, di prendere provvedimenti che sono indispensabili assolutamente per la difesa dello Stato. Sotto questo aspetto, l'emendamento Gasparotto è contraddittorio. Come fa e come può il Governo prendere i provvedimenti indispensabili per la difesa del Paese, se non può disporre in nessun modo, nemmeno limitatissimamente, la mobilitazione?

L'onorevole Gasparotto ammette tale potere e dovere del Governo in casi di «aggressioni improvvise». La limitazione è da un lato eccessiva, dall'altro superflua. Non dimenticate che avete già approvato una norma secondo la quale, in casi di urgente necessità, il Governo ha il potere di emanare decreti legge.

Cade a questo proposito un'osservazione relativamente a quanto diceva giorni fa l'onorevole Nitti: «la guerra non si delibera più; la guerra non si dichiara: la guerra si fa». Siamo d'accordo: questa è una constatazione di fatto. Lo stato di guerra precede spesso di fatto, è una triste esperienza, la dichiarazione di guerra. Ciò non significa, che la dichiarazione, sebbene successiva, sia irrilevante. Comunque, bisogna tener presente a questo punto un'altra considerazione: quando uno Stato è aggredito da un altro Stato, lo stato di guerra si afferma di diritto; quando lo Stato è aggredito, il Governo ha non solo il diritto, ma il dovere di provvedere immediatamente, senza che vi sia bisogno di un testo costituzionale che gli conceda questo potere. Non facciamo quindi dell'umorismo, troppo facile, ma fuor di luogo, sul testo del progetto.

L'emendamento Gasparotto soggiunge: «e convoca di urgenza l'Assemblea Nazionale». Perché? Per avere maggiori poteri, per avere gli stanziamenti finanziari necessari. Ma resta appunto da vedere se, per deliberare su questi oggetti sia più opportuno che le Camere agiscano in unica Assemblea o se si proceda invece secondo la norma per cui le due Camere agiscono indipendentemente e separatamente.

L'emendamento dell'onorevole Terranova propone una aggiunta: «Spetta all'Assemblea Nazionale deliberare la mobilitazione generale e l'entrata in guerra, sempre che ricorrano le condizioni di cui all'articolo 6, e previa la consultazione delle Assemblee regionali». Per quanto riguarda questa «previa consultazione delle Assemblee regionali», il richiamo mi sembra veramente fuori proposito. Per quanto riguarda «sempre che ricorrano le condizioni di cui all'articolo 6», non è affatto necessario richiamare l'articolo 6.

L'articolo 6 contiene una disposizione fondamentale del nuovo ordinamento costituzionale; e quello che è consacrato in questo articolo vale nonostante che vi possano essere altri articoli che possono avere una certa attinenza. S'intende che tutti i poteri del Capo dello Stato e della stessa Assemblea sono sempre limitati da quella disposizione generale contenuta nell'articolo 6. Ritengo, quindi, superfluo qualsiasi richiamo all'articolo 6 delle disposizioni generali. E prima che superfluo, dannoso. Il richiamo all'articolo 6 non ne conferma, ma ne indebolisce la portata.

L'osservazione vale anche per l'emendamento proposto dall'onorevole Damiani, il quale vorrebbe aggiungere al testo del progetto che, in relazione all'articolo 6, la guerra può essere dichiarata soltanto in caso di legittima difesa.

Presidente Terracini. Quell'emendamento è decaduto. C'è l'emendamento dell'onorevole Nobile, presentato questa mattina.

Tosato. La Commissione non è favorevole all'emendamento dell'onorevole Nobile, perché sopprimere un articolo non significa risolvere o sopprimere il problema. La questiona esiste, gravissima: può sorgere uno stato di guerra, ad un certo momento può sorgere la necessità di dover deliberare sulla guerra. Bisogna risolvere il problema. A chi spetta questo potere? al Capo dello Stato o alle Assemblee? Bisogna decidersi; non possiamo chiudere gli occhi. Per le ragioni esposte la Commissione resta ferma al suo testo.

Presidente Terracini. Dovremmo ora passare alla votazione.

Corbino. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Corbino. Io credo che noi qui siamo di fronte a due problemi completamente diversi uno dall'altro, e che quindi esigerebbero, come probabilmente accadrà, due votazioni diverse, perché la guerra e la mobilitazione sono un problema a sé, e l'amnistia e l'indulto costituiscono un altro problema completamente separato. In ogni caso penso che si dovrebbe accedere alla proposta dell'onorevole Azzi e di qualche altro, cioè che si facciano due articoli diversi ove il contenuto dei due capoversi riesca a salvarsi dalle critiche fatte. Per l'amnistia e l'indulto aderisco all'emendamento Leone, che mi pare risolva meglio il problema dal punto di vista politico e giuridico.

Mi permetto di insistere presso l'Assemblea perché non si richieda l'intervento delle due Camere, per la mobilitazione, perché per me la mobilitazione è funzione del Capo dello Stato. Se egli è il comandante supremo delle Forze armate e non gli diamo il potere di fare la mobilitazione, quando occorra, non capisco come il Capo dello Stato potrebbe diventare comandante supremo.

Ma il problema più grave per me è quello della dichiarazione di guerra.

Non dobbiamo dimenticare che non siamo più all'epoca, in cui le guerre si dichiaravano mandando gli araldi e ricevendo gli araldi dell'avversario, o lasciando all'avversario l'onore di tirare per primo. Oggi la guerra, quando scoppia, scoppia per la volontà deliberata di uno Stato aggressore, che predispone i mezzi aerei, bombe atomiche, razzi volanti, apparecchi radio comandati, più adatti per raggiungere, nel tempo più rapido possibile risultati decisivi. Come è possibile convocare l'Assemblea Nazionale quando tutti i centri ferroviari sono paralizzati, le grandi città probabilmente in disordine, per dichiarare la guerra?

Non dobbiamo poi dimenticare che la dichiarazione di guerra ha effetti importantissimi non soltanto rispetto a tante situazioni di ordine civile, che esistono all'interno del territorio, ma anche nei riguardi internazionali, per le navi italiane mercantili e da guerra, gli aerei, ed i cittadini, che si trovano all'estero, rispetto alla posizione giuridica dei quali il momento della dichiarazione di guerra può avere effetti talvolta decisivi.

Ecco perché ritengo che, malgrado il nostro desiderio di limitare i poteri dell'esecutivo in questa materia, si debba purtroppo lasciare ad esso la facoltà di dichiarare la guerra.

D'altra parte occorre rilevare che un potere esecutivo che voglia fare una guerra aggressiva, presumibilmente ha già il consenso delle Camere; in caso contrario, esso non potrebbe preparare la guerra, perché le Camere gli negherebbero la fiducia.

Rimettiamo dunque al potere esecutivo una facoltà che un tempo dipendeva dalle prerogative del re, e che oggi dipende dalle caratteristiche tecniche della guerra.

Gasparotto. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gasparotto. Ho troppo rispetto per il collega Corbino, perché non mi senta in obbligo di replicare alle sue osservazioni e, nel tempo stesso, alle altre, pur tanto sensate, del Relatore della Commissione onorevole Tosato.

Bisogna, per capirci, parlar chiaro.

Intende il Parlamento spossessarsi del supremo diritto e della suprema responsabilità di mobilitare e dichiarare la guerra? Intende esso delegare questo suo potere al Governo?

Il principio informativo del testo stesso redatto dalla Commissione e degli emendamenti proposti dagli onorevoli Azzi, Clerici, Meda, Persico e dallo stesso onorevole Terranova culmina in questo: che la Costituente intende avocare alle due Camere, riunite o no, perché questa questione sarà discussa in seguito, il supremo potere e la sua suprema responsabilità, potrei dire il supremo onore o la suprema sventura, di dichiarare la guerra: questo è il primo punto.

Secondo punto. È necessario che tutti convengano su questa verità realistica: che mobilitazione ormai vuol dire guerra, e che la mobilitazione generale non esiste più, perché colla voce di mobilitazione generale si intende mobilitazione militare, cioè la mobilitazione di tutte le forze di terra, di mare e di cielo e nel tempo stesso mobilitazione civile. Dichiarare di colpo la mobilitazione generale vorrebbe dire paralizzare con simile provvedimento tutta la vita nazionale ed arrestare o quanto meno sconvolgere tutta l'attrezzatura industriale del Paese. Tanto è vero questo, che nell'ultima guerra si sono avute tutte mobilitazioni parziali e le stesse mobilitazioni parziali sono avvenute in termini ed in forma graduali. Questa è una verità acquisita alla storia recente, e contro di essa non possiamo ribellarci. Ecco perché il generale Azzi ed io, siamo concordi — anche per aver sentite le opinioni dei competenti — nel domandare la soppressione di questa voce: «mobilitazione generale» e lasciare il termine generico di: «mobilitazione». Nel tempo stesso riconosciamo — ed ecco perché non concordo con il Relatore nel senso di sopprimere la seconda parte del mio emendamento — che bisogna richiamare l'attenzione sia di quello che sarà il Presidente della Repubblica sia del Governo sull'obbligo di provvedere ad immediate opere di difesa non solo di fronte alle aggressioni, ma anche di fronte al pericolo delle aggressioni. Il che si potrà fare col richiamo degli specializzati, con l'ammassamento di truppe alla frontiera minacciata e con gli altri provvedimenti preparatori. Ma è bene che questo sia detto. Non creda l'onorevole Nobile che la dichiarazione di guerra non avvenga più. Tutt'altro: nell'ultima guerra vi fu la nostra dichiarazione di guerra alla Francia e quella della Francia e dell'Inghilterra alla Germania, per quanto già fossero iniziate le operazioni militari in Albania, nei Sudeti ed in Moravia e Cecoslovacchia. La dichiarazione di guerra può avvenire, come è avvenuta infatti da parte di taluni paesi, Francia e Inghilterra, i quali hanno creduto doveroso di uniformarsi alla prassi costante delle leggi internazionali. Ma, ripeto, il punto fondamentale della questione è questo: attraverso l'esperienza dell'ultima guerra è da ritenersi che la mobilitazione generale non avvenga più, e che, quindi, subordinare soltanto alla generalità ed alla totalità della mobilitazione il potere e la responsabilità del Parlamento, vuol dire sottrarre il Parlamento a questo suo supremo diritto e dovere, e delegarlo al Governo. Contro la delegazione al Governo noi siamo decisi, e per questo è bene pronunziarsi con tutta chiarezza.

Azzi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Vorrei pregare i colleghi, specialmente coloro i quali hanno avuto già occasione di parlare per svolgere i loro emendamenti, di non ripetere ancora una volta le considerazioni già esposte, sia pure in forma polemica con chi ha espressa altra tesi. Onorevole Azzi, ha facoltà di parlare.

Azzi. A quanto ha già detto l'onorevole Gasparotto, debbo aggiungere la considerazione che la mobilitazione generale non si fa quasi mai e ad ogni modo costituisce la fine della mobilitazione, perché, come sappiamo, la mobilitazione generale deriva dalla somma di singole mobilitazioni parziali più o meno occulte che vanno a sboccare nella mobilitazione generale, magari dopo dichiarata la guerra. Quindi la parte più pericolosa di questa non è la mobilitazione generale, ma l'inizio della mobilitazione, perché da questo inizio possono derivare conseguenze di carattere interno e di carattere internazionale, le quali possono anche trascinare — non volendo — alla guerra. Perciò, insisto sull'emendamento presentato dall'onorevole Gasparotto e da me, di togliere cioè la parola «generale» dopo la parola «mobilitazione».

Per quanto riguarda l'osservazione fatta dall'onorevole Corbino devo dire che non la condivido, perché ritengo che delegare al Governo la facoltà di dichiarare la guerra costituisca un errore psicologico, in quanto che il popolo che deve combattere la guerra, meglio e più volentieri la combatterà se saprà che la guerra è stata dichiarata da tutti i rappresentanti del popolo liberamente eletti. La ritengo soluzione antidemocratica, perché, come ha detto l'onorevole Gasparotto, il Parlamento in questo modo rinunzia alla sua responsabilità proprio nel momento in cui questa responsabilità diventa per esso più grande per le deliberazioni che si devono prendere in circostanze così eccezionali. Ritengo in contrasto questo procedimento proposto dall'onorevole Corbino col principio prudenziale sancito nell'articolo 6 della nostra Costituzione, e lo ritengo infine pericoloso per l'arbitraria ed errata interpretazione che può essere data dal Governo alle cause che potrebbero determinare la guerra.

Ricordo a questo proposito, senza voler iniziare una polemica, che siamo entrati in guerra contro l'Africa Orientale per l'aggressione ammaestrata di Ual Ual, che fu da noi preparata proprio per determinare un pretesto di guerra.

Corbino. Ma, allora in Italia si era sotto un regime dittatoriale antidemocratico.

Azzi. Vi era un Governo non controllato dal Parlamento, e noi, delegando al Governo i poteri, rinunciamo al nostro controllo e lo lasciamo arbitro di fare quello che vuole. (Commenti).

Ho espresso la mia idea, in contrasto con quella dell'onorevole Corbino, e per riconfermare il mio accordo con quella dell'onorevole Gasparotto.

Fabbri. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Fabbri. Vorrei chiedere un chiarimento all'onorevole Gasparotto ed agli altri firmatari del suo emendamento. In sostanza, mi pare che essi escludano la mobilitazione generale, ma ritengano tuttavia indispensabile che sia il Parlamento a dare l'autorizzazione per una mobilitazione qualsiasi, cioè minore, e dunque, parziale; le misure di difesa in genere sono invece, secondo il loro punto di vista, affidate al Consiglio dei Ministri. Ma fra le misure di difesa non rientrano anche, ad esempio, gli eventuali richiami di alcune classi? E gli eventuali richiami di alcuni classi non costituiscono una mobilitazione parziale? Ed allora? Io chiedo ai presentatori dell'emendamento se non ritengano opportuno sopprimere l'accenno alla mobilitazione, dicendo cioè che spetta all'Assemblea la dichiarazione di entrata in guerra e spetta invece al Consiglio dei Ministri l'insieme delle misure di difesa.

Gasparotto. Ho già detto. Per esempio, richiamo di classi specializzate. Del resto, non dovrei dire troppo. Esistono tante forme larvate di preparazione militare.

Fabbri. Ad ogni modo i presentatori dell'emendamento hanno capito il mio concetto e possono, ove lo credano opportuno, tenerne conto.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Secondo il mio costume, farò alcune osservazioni molto semplici. Vi sono tre questioni; quella della mobilitazione, quella dell'entrata in guerra e quella dei poteri da concedere al Governo, dato che c'è stata anche questa ultima proposta dell'onorevole Fuschini che entra nel quadro dei temi che ora dobbiamo trattare.

Per quanto riguarda la mobilitazione, la seconda Sottocommissione tenne presente l'opportunità di sottrarre la mobilitazione generale alla competenza di un Governo, che potrebbe disporla anche indipendentemente dalla guerra come attentato alle libertà fondamentali. Prescindendo da questo riflesso, e considerando la mobilitazione soltanto nei riguardi della guerra, si era pensato di riservare, mediante una norma costituzionale, al Parlamento l'atto più pieno e formale della mobilitazione generale, salvo alle leggi stabilire le norme per la mobilitazione parziale. Ma i tecnici fanno ora presente che non vi è effettiva distinzione fra i vari gradi di mobilitazione, e quindi, potete, colleghi dell'Assemblea, togliere ogni specificazione e dosatura.

Sta ad ogni modo il fatto, e qui parlo dell'emendamento Gasparotto, che se non mettiamo nella Costituzione alcuna norma per la mobilitazione, potrà ugualmente ad essa ricorrere il Governo, come potrà ricorrere ad ogni altra norma necessaria per la difesa dello Stato, in via di urgenza e di necessità, con decreto-legge, in base alla norma generale che abbiamo messo nella Costituzione.

Aggiungo che l'emendamento dell'onorevole Gasparotto non mi sembra del tutto preciso, perché parla di aggressioni improvvise; ma vi possono essere altri casi (ad esempio la mobilitazione d'altri paesi), in cui il Governo è costretto a prendere misure di difesa e disporre la mobilitazione. «Aggressione» è toppo poco; se si mettesse «pericolo» sarebbe frase troppo generica. Né è priva di una certa efficacia l'osservazione dell'onorevole Fabbri; perché se noi riserviamo la mobilitazione alle Camere, e poi stabiliamo che in caso di aggressione si debbono prendere provvedimenti, sorge il dubbio se si possa fare la mobilitazione con atto di urgenza.

Secondo punto: la entrata in guerra. È da ritenere che con lo stato attuale della tecnica della guerra, nell'età che ormai si chiama della bomba atomica, la guerra si aprirà con aggressioni improvvise e non con cavalleresche dichiarazione di araldi, come al buon tempo antico. Il paese molto probabilmente, e più spesso, si troverà in guerra senza una previa proclamazione di essa, senza indugio, prima che si possa raccogliere il Parlamento e provvedere alla difesa in via della massima urgenza. Ma ciò non toglie che il Parlamento non debba, appena è possibile, intervenire. Vi è un atto necessario; ed è quello di stabilire — sarà di fatto più spesso riconoscere — che vi è la guerra; e che ne derivano conseguenze giuridiche di grandissimo rilievo, sia nei rapporti dei cittadini all'interno, sia nei rapporti esteri con stati e cittadini esteri. Non occorrono esemplificazioni. Si tratta, in sostanza, di deliberare lo «stato di guerra». L'espressione «stato di guerra» mi sembra la più esatta giuridicamente, e direi anche, psicologicamente. Ora volete che questa deliberazione dello stato di guerra sia lasciata al Governo? È compito del Parlamento: avremo queste fasi: difesa immediata con atto del Governo; deliberazione dello stato di guerra da parte del Parlamento; dichiarazione formale di guerra che spetta, come dice un altro articolo della Costituzione, al Capo dello Stato.

Il Parlamento avrà poi un altro compito — ecco il terzo punto — su cui ha richiamato l'attenzione dell'Assemblea l'onorevole Fuschini: accordare al Governo i necessari poteri. Non direi pieni poteri; né poteri adeguati; «necessari» mi pare l'espressione migliore.

Tutto ciò premesso, vi proporrei di stabilire che «l'Assemblea Nazionale o il Parlamento o le Camere riunite deliberano lo stato di guerra», e poi aggiungerei «e concedono i poteri necessari al Governo».

Non entro qui nel problema se si debba parlare di Assemblea Nazionale o di Parlamento (come propone con un suo emendamento l'onorevole Corbino) o di Camere riunite. A me sembra che non vi sia niente di male a dare un nome alle riunione delle due Camere; e — piuttosto che Parlamento, designazione che indica normalmente le due Camere, anche considerando che lavorino distintamente — si potrebbe usare l'espressione di Assemblea Nazionale, che ha per sé la tradizione di tante costituzioni straniere; e non risulta così eretica e pericolosa come appare all'onorevole Nitti. Ma di ciò a suo tempo.

La questione da decidere qui è se, per la deliberazione dello stato di guerra e la concessione dei poteri al Governo, convenga che le Camere deliberino insieme, o ciascuna per conto suo. È una deliberazione che non richiede discussioni minute e tecniche; e può avvenire in poche ore; in un'ora; è un compito che può benissimo essere adempiuto a Camere riunite. Ciò darà all'atto una solennità ed una grandezza che avrà anche effetti psicologici nel Paese. Né saprei concepire che una Camera decidesse lo stato di guerra e l'altra no. Ritengo che occorre la riunione delle due Camere.

In ogni modo ho voluto suggerire una formula tecnica che può prestarsi alle varie soluzioni, e che è sintetica e chiara.

Presidente Terracini. Desidero rammentare prima di passare alle votazioni su questo articolo, che ancora stamane, l'Assemblea ha riconosciuto l'opportunità di deliberare per prima cosa quali siano le particolari questioni che richiedono una decisione delle due Camere riunite, salvo a definire poi il modo di funzionamento e la denominazione che le due Camere riunite dovranno assumere.

Pertanto, anche in questo articolo, sia nel testo della Commissione come in tutti gli emendamenti che sono stati presentati e svolti e che metteremo in votazione, ogni indicazione che si riferisca all'Assemblea Nazionale per ora resta sospesa.

Dobbiamo semplicemente votare in ordine a questa questione: se la mobilitazione generale, l'entrata in guerra o altri atti di analoga importanza, debbano dipendere da una deliberazione delle due Camere riunite, oppur no.

Ora, dopo le risposte che hanno dato gli onorevoli Ghidini, Tosato e Ruini ai presentatori di emendamenti, domanderò a questi se conservano o meno, gli emendamenti stessi.

Poiché l'onorevole Terranova non è presente, il suo emendamento si intende decaduto.

Onorevole Persico, mantiene il suo emendamento?

Persico. Ritiro la prima parte del mio emendamento e conservo la seconda.

Presidente Terracini. L'onorevole Benvenuti mi ha fatto pervenire il testo di un emendamento alla formulazione dell'onorevole Gasparotto.

«Dopo le parole: uno Stato straniero, sostituire il testo con le seguenti parole: il Consiglio dei Ministri propone al Presidente della Repubblica i provvedimenti indispensabili per la difesa del Paese.

«Il Presidente della Repubblica dà corso ai provvedimenti e convoca d'urgenza l'Assemblea Nazionale».

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Io vorrei pregare l'onorevole Benvenuti di considerare se non sia il caso di ritirare il suo testo che è alquanto complesso, e non è necessario. Ripeto ancora una volta che, in base all'articolo da noi già votato sui provvedimenti d'urgenza e necessità, il Governo ha facoltà di provvedere senza perdere tempo.

Noi non faremmo con il testo proposto dall'onorevole Benvenuti, se non ripetere quella disposizione e — noti il collega Benvenuti — verremmo nel tempo stesso a diminuire la portata dei provvedimenti che il Governo può e deve prendere.

Presidente Terracini. Onorevole Gasparotto, accetta la proposta dell'onorevole Benvenuti?

Gasparotto. Onorevole Presidente, la proposta dell'onorevole Benvenuti è intuitiva. Mi parrebbe offensivo per qualsiasi Governo supporre che, di fronte a frangenti dai quali può dipendere la vita e la morte dei cittadini, esso possa restare inerte.

Presidente Terracini. Allora non l'accoglie.

Gasparotto. Onorevole Presidente, io proporrei questo testo: «Spetta all'Assemblea Nazionale di deliberare sulla mobilitazione e sullo stato di guerra e sui poteri da delegare al Governo stesso».

Presidente Terracini. Sta bene. Onorevole Benvenuti, ella mantiene il suo emendamento?

Benvenuti. No, onorevole Presidente, non lo mantengo sia perché aderisco alla proposta Gasparotto-Ruini, sia perché ritengo di dover prendere atto delle dichiarazioni dell'onorevole Gasparotto e di quelle dei rappresentanti della Commissione.

Presidente Terracini. Onorevole Meda, mantiene l'emendamento?

Meda. Onorevole Presidente, sarei disposto a ritirarlo, ma desidererei prima conoscere il testo preciso della Commissione.

Presidente Terracini. Ne do lettura: «L'Assemblea Nazionale delibera lo stato di guerra e concede al Governo i necessari poteri». Questa, onorevole Meda, è la proposta dell'onorevole Ruini.

Meda. Ritiro il mio emendamento.

Presidente Terracini. Sta bene. Onorevole Benvenuti, mantiene il suo emendamento?

Benvenuti. Lo ritiro.

Presidente Terracini. Onorevole Azzi, mantiene il suo?

Azzi. Accetto la formula del Presidente della Commissione, con l'aggiunta però della parola «mobilitazione», già proposta dall'onorevole Gasparotto e da me.

Presidente Terracini. Onorevole Fuschini, mantiene, il suo emendamento?

Fuschini. Lo ritiro.

Presidente Terracini. Onorevole Codacci Pisanelli, mantiene l'emendamento?

Codacci Pisanelli. Lo mantengo. Richiamo l'attenzione degli onorevoli colleghi sul fatto che presso i popoli civili l'amnistia e l'indulto sono sempre concessi con leggi di carattere costituzionale.

Presidente Terracini. Onorevole Carpano Maglioli, lei mantiene il suo emendamento?

Carpano Maglioli. Lo ritiro e aderisco all'emendamento dell'onorevole Persico.

Per quanto riguarda la prima parte dell'articolo, aderisco alla proposta della Commissione.

Presidente Terracini. Onorevole Leone Giovanni, mantiene il suo emendamento?

Leone Giovanni. Lo mantengo.

Benvenuti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Benvenuti. Onorevole Presidente, a nome del mio Gruppo, chiedo una breve sospensione, di dieci minuti, per deliberare sul nuovo testo propostoci dall'onorevole Ruini, che importa una notevole modificazione sia rispetto al testo originale, sia rispetto agli emendamenti che questa mattina abbiamo discusso.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Poiché si tratta di due temi completamente staccati — ed è anzi stata fatta la proposta di farne due articoli — sarebbe bene che li considerassimo distintamente, anche come ultimo scambio di idee; perché, quando si passerà al secondo comma, farò alcune osservazioni, dirò così, finali, come ho già fatto per il primo comma.

Fuschini. Deliberiamo di fare due articoli: uno che si riferisce alla guerra e uno all'amnistia.

Presidente Terracini. Lo stesso testo della Commissione ne fa intanto due commi separati; la questione di dividerli in due articoli è, direi, di carattere secondario. In questo momento decidiamo sul merito e votiamo intanto separatamente, prima sulla mobilitazione e lo stato di guerra e poi sull'amnistia e l'indulto. La divisione in due articoli è un problema che può essere risolto alla fine.

Persico. Vi è la proposta dell'onorevole Terranova, che prevede appunto la divisione in due articoli.

Presidente Terracini. Ma vi è anche quella dell'onorevole Azzi.

Se non vi sono osservazioni circa la richiesta dell'onorevole Benvenuti, la seduta è sospesa per un quarto d'ora. Chiedo all'onorevole Benvenuti se vi insista.

Benvenuti. Insisto nella mia richiesta.

(La seduta, sospesa alle 17,35, è ripresa alle 17,50).

Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, do lettura dei due testi del primo comma dell'articolo 75, sui quali dobbiamo decidere.

Il primo è quello dell'onorevole Ruini:

«L'Assemblea Nazionale delibera lo stato di guerra e concede i necessari poteri al Governo».

L'altro è il testo proposto dall'onorevole Gasparotto:

«Il Parlamento delibera la mobilitazione e lo stato di guerra e conferisce al Governo i necessari poteri».

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Si tratta di aggiungere al testo iniziale la parola «mobilitazione»; ciò che il Comitato non ritiene necessario.

Presidente Terracini. Rammento ancora una volta che i termini: «Assemblea Nazionale» e «Parlamento» per ora non hanno un valore conclusivo allo scopo della votazione. Queste parole vogliono soltanto significare che coloro che propongono questi testi intendono che le deliberazioni relative allo stato di guerra siano prese congiuntamente dalle due Camere.

Moro. Chiedo di parlare, per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Noi voteremo contro queste formulazioni. Poiché la questione è impostata, noi intendiamo che le due Camere debbano deliberare separatamente.

Rodi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Rodi. Voterò contro le formule proposte.

Uberti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Uberti. Ritengo che sarebbe opportuno dividere le questioni e decidere prima se il Parlamento debba deliberare a Camere riunite o separate e quindi, stabilire la materia delle deliberazioni.

Presidente Terracini. Mi sembra che si voglia riaprire una discussione già esaurita. Lei, onorevole Uberti, in questo momento ci ripropone la questione di ieri sera e di questa mattina. In questo momento noi stiamo cercando di risolvere questa questione: se debbano esservi particolari deliberazioni da attribuirsi alle due Camere in seduta comune. Se alla fine di questa votazione risultasse che l'Assemblea non intende affidare nessuna deliberazione alle due Camere insieme riunite, allora non vi sarà un organo in cui si unificano le due Camere. Ma se, con le votazioni che faremo, si stabilisse anche una sola materia per la quale le due Camere dovessero decidere insieme, la questione di principio se le due Camere si possono costituire in unica Assemblea sarebbe risolta, salvo il funzionamento e la struttura dell'organo unificato.

Nobile. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nobile. Vorrei proporre una piccola variazione di forma, che tuttavia ha una qualche importanza, vale a dire che si dicesse: «Le Camere riunite deliberano» non «lo stato di guerra» ma «sullo stato di guerra».

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Va bene. Si terrà presente la sua proposta in sede di coordinamento.

Rubilli. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Rubilli. Mi sembra che si dovrebbe stabilire con un criterio generale come dovranno procedere le due Camere quando occorrerà una delle deliberazioni che si prevedono in questo articolo.

Presidente Terracini. Onorevole Rubilli, le faccio osservare che su questo punto l'Assemblea ha già deciso la procedura da seguire.

Pongo in votazione la formula dell'onorevole Gasparotto, che è un emendamento al testo della Commissione per quanto ne riprenda in parte il contenuto:

«Il Parlamento delibera la mobilitazione e lo stato di guerra e conferisce al Governo i necessari poteri».

Comunico che è stata presentata una richiesta di appello nominale dall'onorevole Sullo e altri.

Moro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Vorrei domandare all'onorevole Gasparotto se con l'espressione «Il Parlamento» intenda le Camere separate o riunite.

Gasparotto. Intendo lasciare questo impregiudicato. La mia è una questione di merito. E cioè, resta impregiudicato se la deliberazione sull'entrata in guerra e la deliberazione sulla mobilitazione spetti alla Assemblea Nazionale, ove venga istituita, o alle Camere separatamente o congiuntamente. Di questo si parlerà a parte.

Presidente Terracini. È evidente, onorevole Moro, che se lei pone una domanda di questo genere, la risposta non può essere che quella che le ha dato l'onorevole Gasparotto. Ma mi pareva che fosse abbastanza chiaro che in questo momento, indipendentemente dal significato che i presentatori degli emendamenti danno al soggetto del loro emendamento, noi votiamo su questa questione: se le Camere devono essere riunite o no, e pertanto il termine: «Parlamento», e l'altro: «Assemblea Nazionale» vogliono proprio indicare le Camere riunite. Coloro che votano favorevolmente alla formula proposta, approvano che le Camere decidano insieme; coloro che votano contro, non respingono il merito, ma intendono affermare che le Camere non devono deliberare unite.

Moro. Allora noi voteremo contro questa formula.

Azzi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Azzi. A me pare che facendo la votazione in questi termini, noi che abbiamo presentato un emendamento alla sostanza dell'articolo, finiamo per vederlo respinto per una questione di forma.

Presidente Terracini. Onorevole Azzi, ho già precisato lo scopo della votazione. Qualora l'emendamento fosse respinto, la questione di merito verrebbe riproposta.

Rodi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Rodi. Desidererei chiedere una delucidazione in rapporto all'aggiunta della parola «mobilitazione» che ha fatto l'onorevole Gasparotto. Io credo che la mobilitazione rientri nei poteri che il Parlamento dà al Governo e quindi è inutile aggiungere la parola «mobilitazione».

Presidente Terracini. Passiamo alla votazione.

Si tratta dunque di decidere se le due Camere debbano sedere assieme per deliberare sulla mobilitazione, sullo stato di guerra e sul conferimento al Governo dei poteri necessari a questo scopo.

Vi erano alcuni emendamenti, ritirati dai presentatori, che ponevano molto chiaramente la questione. Ora, io non ho la facoltà di proporre formulazioni; ma se qualche collega volesse prendere una iniziativa in questo senso, ciò faciliterebbe le decisioni.

Moro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Proporrei di far votare la seguente formula:

«Le Camere riunite deliberano la mobilitazione». Così il senso del voto è chiaro. Noi votiamo contro, intendendo respingere il principio.

Presidente Terracini. Si potrebbe anche votare per divisione. Per prime si voterebbero le parole: «Le Camere riunite» e successivamente la materia della deliberazione.

Onorevole Sullo, mantiene la richiesta di appello nominale?

Sullo. La ritiro.

Arata. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Arata. Sarebbe bene che si votasse prima sulle parole «Le Camere», poi sulla parola «riunite», ed infine sulle singole materie.

Presidente Terracini. Allora si vota per divisione in tre parti.

Pongo in votazione le parole:

«Le Camere».

(Sono approvate).

Pongo in votazione la parola:

«riunite».

Coloro che votano favorevolmente accettano il criterio che le deliberazioni vengano prese in seduta comune dalle due Camere. Resta salva, poi, la decisione sul nome che devono avere le due Camere così riunite e sul funzionamento dell'organo che risulterà formato dalla loro unione.

(Dopo prova e controprova e votazione per divisione, non è approvata).

Pongo in votazione le parole:

«deliberano la mobilitazione».

Fabbri. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Fabbri. Voterò contro, ritenendo che soltanto la dichiarazione dello stato di guerra rientri nelle competenze della Camera. Una volta che è chiarito che per mobilitazione s'intende non solo la mobilitazione generale ma anche un parziale richiamo di classi, ritengo che il richiamo parziale di classi rientri in quelle tali facoltà e misure di difesa da delegarsi al Governo.

(Dopo prova e controprova e votazione per divisione non sono approvate).

Presidente Terracini. Pongo in votazione le parole:

«Deliberano lo stato di guerra».

(Sono approvate).

Pongo in votazione le parole:

«e conferiscono al Governo i necessari poteri».

(Sono approvate).

Il primo comma dell'articolo 75 risulta così approvato nel seguente testo:

«Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i necessari poteri».

Passiamo al secondo comma dell'articolo. [...]

[La discussione sul secondo comma dell'articolo è riportata per intero a commento dell'articolo 79.]

Presidente Terracini. [...] L'articolo 75 risulta così approvato, salvo coordinamento, nel seguente testo:

«Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i necessari poteri.

«L'amnistia e l'indulto sono concessi dal Presidente della Repubblica dietro delegazione delle Camere e non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla richiesta di delegazione».

Quanto alla proposta di dividere in due articoli la formulazione testé approvata la Commissione ne terrà conto nella redazione definitiva.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti